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Raddoppio dei termini: Cassazione chiarisce i limiti

Una società si è vista negare la deducibilità di costi per fatture ritenute false. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35096/2024, ha respinto i motivi relativi all’onere della prova e al contraddittorio preventivo, ma ha accolto quello sul raddoppio dei termini di accertamento. I Giudici hanno chiarito che l’estensione dei termini, legata a reati tributari, non si applica all’IRAP, le cui violazioni non sono penalmente rilevanti. La causa è stata rinviata per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei Termini per Accertamenti Fiscali: la Cassazione Fissa i Paletti per l’IRAP

Con la recente ordinanza n. 35096/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su temi cruciali del diritto tributario, offrendo chiarimenti fondamentali sull’onere della prova in caso di operazioni inesistenti, sul diritto al contraddittorio preventivo e, soprattutto, sui limiti di applicazione del cosiddetto raddoppio dei termini di accertamento. Quest’ultimo punto, in particolare, ha portato all’accoglimento parziale del ricorso di una società, stabilendo un principio netto per quanto riguarda l’IRAP.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata. L’Amministrazione Finanziaria contestava maggiori Ires, Irap e Iva per l’anno 2008, disconoscendo la deducibilità di costi per circa 370.000 euro derivanti da fatture emesse da due imprese considerate ‘cartiere’. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, queste imprese erano evasori totali, gestite di fatto da un soggetto che non era il titolare formale, e avevano architettato un sistema fraudolento per emettere fatture per operazioni inesistenti. La società contribuente, dopo un primo esito favorevole in Commissione Tributaria Provinciale, vedeva la decisione ribaltata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale, che confermava la legittimità dell’accertamento. Contro questa sentenza, la società proponeva ricorso in Cassazione, articolato su tre motivi.

I motivi del ricorso e l’analisi della Corte

La Corte ha esaminato i tre motivi di ricorso, rigettando i primi due ma accogliendo il terzo, che si è rivelato decisivo.

Onere della prova nelle operazioni inesistenti

Con il primo motivo, la società lamentava una violazione delle regole sull’onere probatorio. Sosteneva che l’Amministrazione Finanziaria non avesse fornito prove sufficienti sull’inesistenza delle operazioni. La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: per dimostrare l’esistenza di operazioni fittizie, l’Amministrazione può avvalersi di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Nel caso di specie, gli elementi erano solidi: la natura di ‘cartiera’ delle società emittenti, l’assenza di dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni autoaccusatorie del gestore di fatto delle stesse. Di fronte a un quadro probatorio così robusto, l’onere di dimostrare l’effettività delle operazioni si sposta sul contribuente, il quale non può limitarsi a esibire le fatture e la prova formale del pagamento, elementi tipici dei meccanismi elusivi.

Il contraddittorio preventivo e il raddoppio dei termini

Il secondo motivo riguardava la presunta violazione del diritto al contraddittorio endoprocedimentale, ossia il diritto di essere sentiti prima dell’emissione dell’atto. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che, per le imposte dirette (Ires) e in caso di accertamenti ‘a tavolino’ (senza accesso presso la sede del contribuente), non sussiste un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo. Per l’IVA, tributo armonizzato a livello europeo, tale obbligo esiste, ma il contribuente che ne lamenta la violazione deve superare la ‘prova di resistenza’: deve cioè specificare quali argomenti avrebbe potuto presentare per arrivare a un esito diverso, cosa che la società non ha fatto.

Il Raddoppio dei Termini e la sua esclusione per l’IRAP

Il terzo motivo, che è stato accolto, verteva sulla decadenza dell’Amministrazione dall’azione accertatrice. La società sosteneva che l’Ufficio avesse illegittimamente applicato il raddoppio dei termini di accertamento anche all’IRAP. Su questo punto, la Cassazione ha dato ragione alla ricorrente. Ha affermato che il raddoppio dei termini, previsto quando emerge l’obbligo di presentare una denuncia penale per reati tributari, è ormai un principio consolidato (ius receptum). Tuttavia, la sua applicazione non è indiscriminata. La Corte ha ribadito con forza che tale estensione non può operare per l’IRAP, poiché le violazioni relative a questo specifico tributo non sono presidiate da sanzioni penali. Di conseguenza, per l’IRAP devono essere rispettati i termini ordinari di accertamento.

le motivazioni

La motivazione della Corte per l’accoglimento del terzo motivo si fonda su una distinzione netta tra i tributi le cui violazioni possono costituire reato (come Ires e Iva) e quelli per cui ciò non è previsto (come l’IRAP). Il raddoppio dei termini è una norma eccezionale, strettamente legata alla rilevanza penale della condotta. Se manca il presupposto della fattispecie di reato tributario, come nel caso dell’IRAP, la norma che estende i termini non può trovare applicazione. La Commissione Tributaria Regionale ha quindi errato nel non distinguere le diverse imposte, applicando indistintamente un meccanismo previsto solo per alcune di esse. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio affinché il giudice di secondo grado riesamini il caso, limitatamente all’IRAP, per verificare se l’avviso di accertamento sia stato notificato entro i termini ordinari di decadenza.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida importanti principi in materia di contenzioso tributario e offre uno strumento di difesa concreto per i contribuenti. In primo luogo, conferma che di fronte a solidi indizi di frode, la prova contraria spetta al contribuente. In secondo luogo, circoscrive l’ambito del contraddittorio preventivo. Ma, soprattutto, pone un limite chiaro e invalicabile all’applicazione del raddoppio dei termini, escludendo l’IRAP. Ciò significa che, per questo tributo, l’Amministrazione Finanziaria deve agire entro i più brevi termini ordinari, e ogni accertamento notificato oltre tale scadenza è illegittimo, anche in presenza di contestazioni penalmente rilevanti per altre imposte. Una precisazione che garantisce maggiore certezza del diritto e tutela il contribuente da un’applicazione estensiva delle norme eccezionali.

Quando l’Agenzia delle Entrate contesta fatture per operazioni inesistenti, chi deve provare cosa?
L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare, anche tramite indizi gravi, precisi e concordanti (come la natura di ‘cartiera’ dell’emittente), che l’operazione non è mai avvenuta. Una volta fornita questa prova, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza e inerenza dei costi sostenuti, non essendo sufficiente la sola esibizione della fattura e dei mezzi di pagamento.

L’Amministrazione Finanziaria è sempre obbligata a sentire il contribuente prima di emettere un avviso di accertamento?
No. Secondo la sentenza, per gli accertamenti ‘a tavolino’ (senza accesso ai locali) relativi alle imposte dirette (come l’Ires), non vi è un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo. Per l’IVA, invece, l’obbligo sussiste, ma il contribuente deve superare una ‘prova di resistenza’, cioè dimostrare che, se fosse stato sentito, l’esito dell’accertamento sarebbe stato diverso.

Il ‘raddoppio dei termini’ per gli accertamenti fiscali si applica a tutte le imposte se viene commesso un reato tributario?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il raddoppio dei termini di accertamento si applica solo ai tributi le cui violazioni possono integrare una fattispecie di reato (come Ires e Iva). Non si applica, invece, all’IRAP, poiché le violazioni delle disposizioni relative a questa imposta non sono sanzionate penalmente. Per l’IRAP, quindi, valgono solo i termini ordinari di decadenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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