Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 666 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3042/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 3170/34/2015, depositata in data 9 luglio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con avviso n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato sia alla società cooperativa
Avv. Acc. IRPEF 2007
RAGIONE_SOCIALE che al sig. COGNOME in qualità di “amministratore di fatto”, veniva accertato in capo alla detta società per l’anno 2007 (per il quale la società non risultava avere presentato alcuna dichiarazione) un reddito d’impresa pari a € 1.450.161,88, ottenuto dalla differenza tra i ricavi (€ 1.990.549,29) e i costi (€ 540.387,41); tale accertamento diveniva definitivo per mancata impugnazione della sentenza della C.t.p. di Milano n. 370/24/2012. In conseguenza della definitività del suddetto avviso, considerato che gli utili distribuiti non contabilizzati dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2007 dovevano ritenersi attribuibili al sig. COGNOME in ragione del 50%, quale amministratore di fatto (l’altro 50% da imputare all’amministratore legale accertato da parte dei militari verbalizzanti), l’Ufficio aveva rilevato come, ai sensi degli artt. 44, lett. e), e 47 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), gli utili “percepiti in nero” da imputare, per l’anno 2007, erano pari a € 725.080,69 (50% di € 1.450.161,38) ed accertava con l’avviso n. CODICE_FISCALE un reddito imponibile di € 290.032,27 ai fini delle imposte dirette.
Avverso quest’ultimo avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE di Milano, con sentenza n. 7025/12/2014, accoglieva il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche il contribuente, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 3170/34/2015, depositata in data 9 luglio 2015, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo mentre la contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, cosi rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto non applicabile la disciplina del raddoppio dei termini, nonostante l’avviso in oggetto presupponesse contestazione dei reati di cui agli art. 5 e 10 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per i quali sussiste obbligo di denuncia, e non fosse necessaria l’effettiva avvenuta presentazione di quest’ultima.
Il motivo di ricorso proposto è fondato.
2.1. Sul tema del raddoppio dei termini di decadenza del potere di accertamento fiscale in ipotesi di seri indizi di reato, questa Corte si è più volte pronunciata, individuando i seguenti principi:
( i ) il raddoppio dei termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’Irpef e 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per l’Iva, nella versione applicabile ‘ ratione temporis ‘, in forza delle modifiche introdotte con l’art. 37, comma 24, del d.l. 04/07/2003 n. 223, presuppone unicamente l’obbligo di presentazione di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, con la conseguenza che ove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte del fisco, è tenuto a contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia senza poter mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento è precluso al giudice tributario ( ex pluribus , Cass. n. 13481/2020; Cass. n. 17586/2019; Cass. n. 22337/2018; Cass. n. 14440/2018);
( ii ) «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza», applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice; tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 cod. proc. pen., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario» (Cass. n. 9974/2015); ( iii ) su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento (art. 1, commi da 130 a 132, Legge 28 dicembre 2015, n. 208, nonché art. 2 D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati -come nel caso in esame, in cui l’avviso riguardante l’anno 2007 risulta notificato nel 2013 si applica la disciplina dettata dall’art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015 (che non è stato modificato dalla successiva legge n. 208 del 2015), la quale fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto (Cass. n. 16728/2016);
( iv ) qualora si tratti di pretesa fiscale su tributi Irap, giacché le violazioni delle disposizioni che prevedono e disciplinano tale tributo non sono presidiate da sanzioni penali, a differenza di quanto accade per l’Irpef e per l’Iva, non è applicabile il raddoppio dei termini di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600/1973 (Cass. n. 27250/2022; Cass. n. 10483/2018; Cass. n. 11552/2022).
2.2. Ancora, In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati. (Cass. 09/08/2016, n. 16728; Cass. 16/12/2016, n. 26037; Cass. 19/12/2019, n. 33793).
2.3. Infine, si è precisato (Cass. 14/05/2018, n. 11620) che In tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati. la denunzia ben potrebbe essere stata anche omessa).
2.4. Alla stregua di tali superiori principi risulta evidente l’errore in cui è incorsa la C.t.r. nella fattispecie in esame laddove, dapprima, ha affermato astrattamente che l’ente erariale non avrebbe provato
la sussistenza dell’obbligo di denuncia e di poi, quando ha esplicitato ulteriormente la ratio decidendi, non ha fatto una prognosi postuma circa la presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo della denuncia (a prescindere dalla sua effettiva presentazione o dal suo esito), ma ha evidenziato che non erano state dimostrate le modalità soggettive ed oggettive di proposizione della denuncia, dati che, in relazione alla disciplina intertemporale applicabile, non rilevavano.
3. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2024.