Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8019 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8019 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31727/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (-) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 1039/2020 depositata il 21/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello della contribuente avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso contro l’avviso di accertamento relativo all’ICI, anno 2009, per terreni della contribuente, destinati a cava;
ricorre in cassazione la contribuente con tre motivi di ricorso integrati da successiva memoria;
Resiste con controricorso la concessionaria del Comune di Guidonia Montecelio, RAGIONE_SOCIALE (integrato da successiva memoria) che chiede il rigetto del ricorso.
Considerato che
Il primo motivo di ricorso (Violazione degli art. 115 e 116 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.) è inammissibile.
In presenza di una doppia conforme di merito risulta inammissibile il ricorso ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.: «Nell’ipotesi di doppia conforme, prevista dall’art. 348ter , comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse» (Sez. 3 – , Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023, Rv. 667202 – 01).
La sentenza impugnata evidenzia, comunque, che la potenzialità edificatoria si evince chiaramente dalla destinazione dei terreni a cava di per sé edificabili, tranne una valutazione degli indici di edificabilità, e del valore delle aree. Si tratta di una evidente
valutazione delle prove insindacabile in sede di legittimità, e il ricorso mira sostanzialmente ad una rivalutazione del fatto non consentita: «È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento ad un motivo di ricorso che, pur prospettando una violazione degli artt. 1988 c.c. e 2697 c.c., in realtà tendeva ad una nuova interpretazione di questioni di mero fatto, quali l’avvenuta estinzione dei crediti azionati, già esclusa dal giudice d’appello a lla luce dei rapporti commerciali di fornitura intercorsi tra le parti e dei pagamenti effettuati tramite cambiali ed altri titoli di crediti riferibili a precedenti fatture non oggetto di causa)» (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 643690 – 01).
2. Infondato il secondo motivo di ricorso (violazione o falsa applicazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.); omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale sulla domanda di disapplicazione delle sanzioni, per l’incertezza normativa in materia.
La questione della disapplicazione delle sanzioni (rigettata esplicitamente in primo grado) risulta implicitamente rigettata in secondo grado, in quanto la decisione impugnata richiama il consolidato orientamento della Cassazione sulla natura edificabile dei terreni adibiti a cava, esprimendo in tal modo una incompatibilità logica per la disapplicazione delle sanzioni (per incertezza normativa sulla questione): «È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra
questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di rigetto dell’appello, affermando che il giudizio di irrilevanza della questione attinente alla tardività della domanda di risoluzione ex art. 1456 c.c. doveva reputarsi implicito nella pronuncia di primo grado, che aveva risolto la locazione ex art. 1453 c.c. per gravità dell’inadempimento della conduttrice, non già in applicazione della clausola risolutiva espressa convenuta tra le parti)» (Sez. 3 – , Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023, Rv. 667614 – 01).
E’ fondato invece il terzo motivo di ricorso.
3.1.Con il terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione di legge, art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, in relazione all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. per aver subito la condanna al raddoppio del contributo unificato.
Deve confermarsi la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha escluso il raddoppio del contributo unificato nel processo tributario: «L’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sulla condanna al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nell’ipotesi di declaratoria di infondatezza o inammissibilità dell’impugnazione, non trova applicazione nei giudizi tributari, trattandosi, come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 18 del 2018, di una misura eccezionale di carattere sanzionatorio, la cui operatività
deve, pertanto, essere circoscritta al processo civile» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15111 del 11/06/2018, Rv. 649208 -02; vedi anche Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20018 del 27/07/2018, Rv. 650106 – 01).
La sentenza, pertanto, deve essere cassata sul punto, con decisione nel merito non essendo necessarie ulteriori valutazioni; conseguentemente, si elimina il raddoppio del contributo unificato.
In considerazione del parziale accoglimento del ricorso le spese devono compensarsi.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso, cassa sul punto la sentenza impugnata e dichiara non applicabile il raddoppio del contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012; rigetta il ricorso nel resto;
spese compensate interamente. Così deciso in Roma, il 09/01/2024.