Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 967 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 967 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16162/2015 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. VERONA n. 2182/2014 depositata il 18/12/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’estinzione del giudizio nei confronti di NOME COGNOME ed il rigetto del ricorso promosso da RAGIONE_SOCIALE;
uditi l’Avvocato prof. NOME COGNOME per la parte contribuente e l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per la parte pubblica.
FATTI DI CAUSA
Il nome di NOME COGNOME, titolare della RAGIONE_SOCIALE, compare nella ‘Lista COGNOME‘, cioè nei file estrapolati dal computer dell’avvocato e notaio elvetico NOME COGNOME, arrestato all’aeroporto di Milano il 1° febbraio 2009. In sede di contraddittorio nel corso delle indagini, il signor NOME COGNOME confermava di aver conosciuto il notaio NOME COGNOME di aver con lui lavorato fino al suo arresto, confermava di essere referente delle infrascritte società straniere e di aver operato con conti estero su estero, tramite la sua società italiana RAGIONE_SOCIALE che intratteneva numerosi rapporti con la società RAGIONE_SOCIALE, di cui titolare è sempre il sig. COGNOME Altresì, il signor COGNOME è stato riconosciuto come unico referente ed unico interlocutore dei clienti italiani della società RAGIONE_SOCIALE
Le verifiche svolte si sono tradotte in atti impositivi per il recupero a tassazione del maggior reddito occultato in fondi svizzeri, tramite due società ritenute riferibili a NOME COGNOME: la lussemburghese RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, corrente in Madeira, in area a fiscalità privilegiata, ma non inserita in Black List, le cui operazioni sono state ritenute elusive, perché tese a veicolare denaro in Paesi Black List.
La ripresa a tassazione per gli anni 2003-2006 era confermata in CTP, mentre altra sezione della CTP annullava gli atti per il 2007 ed il 2008, parimenti con diversa sentenza la CTP annullava gli atti impositivi relativi alla società RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2003-2009. Gli appelli principali ed incidentali, ciascuno per la parte di soccombenza, erano riuniti ed esitavano nella sentenza qui in scrutinio di conferma integrale delle riprese a tassazione.
Per quanto maggiormente interessa il prosieguo del presente giudizio di legittimità, le questioni controverse attenevano alla legittimità o meno del raddoppiamento dei termini per l’adozione degli atti impositivi, in presenza di fatti astrattamente costituenti reato, alla violazione delle disposizioni in materia di Iva, anche in assenza di attuale danno per lo Stato, alle conseguenti sanzioni in materia di Iva ove non ci fosse lesione al patrimonio dello Stato.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione il signor NOME COGNOME in proprio, proponendo 13 motivi, nonché la società RAGIONE_SOCIALE unipersonale di COGNOME NOME, proponendo 17 mezzi di ricorso.
Nelle more del giudizio, il contribuente NOME COGNOME ha fatto accesso alla procedura clemenziale di cui al decreto-legge 119 del 2018, versando in atti altresì le quietanze del pagamento delle somme necessarie per l’estinzione del giudizio. Occorre rilevare che nessuna opposizione è stata sollevata dall’Agenzia delle entrate,
donde viene chiesta l’estinzione del giudizio per la sua posizione come persona fisica.
In prossimità dell’udienza, ha depositato conclusioni scritte in forma di memoria il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi estinto il giudizio nei confronti di NOME COGNOME e rigettarsi il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 In via preliminare di rito occorre esaminare la posizione del contribuente NOME COGNOME Esaminata la documentazione versata in atti che dà atto dell’intervenuto pagamento delle oblazioni necessarie ai fini dell’estinzione del giudizio, secondo la procedura clemenziale di cui al d.l. n. 119/2018 e sentite le concordi conclusioni delle parti sul punto, deve disporsi l’estinzione del giudizio limitatamente alla posizione del contribuente NOME COGNOME come persona fisica.
Occorre ora esaminare il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE, istituita induttivamente dal Fisco italiano, con attribuzione di codice fiscale, quale soggetto operante in Italia.
Vengono proposti diciassette mezzi di impugnazione.
Con il primo motivo di ricorso si prospetta censura ex articolo 360 numero 3 cpc per violazione falsa applicazione degli articoli 57 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972, dell’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973 e delle regole sul raddoppio dei termini per l’accertamento in materia di Iva ed imposte dirette, in relazione alla ritenuta applicabilità l’articolo 43 comma due bis del dPR numero 600 del 1973 agli avvisi emessi dall’Ufficio finanziario anche per la parte relativa alle contestazioni in materia di Iva.
Con il secondo motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 3 cpc per violazione e falsa applicazione sotto altro profilo degli articoli numero 57 del dPR numero 633 del 1972 e 43 comma
due bis del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973, nonché delle norme sul raddoppio dei termini per l’accertamento in materia di Iva ed imposte dirette, in relazione alla ritenuta tempestività degli atti impositivi riguardanti le annualità 2003 e 2004.
Con il terzo motivo si propone censura ex articolo 360 numero 5 novellato cpc per omesso esame per totale trascuratezza di fatti decisivi dedotti nel giudizio precedente ovvero la presentazione di una denuncia penale nel 2008 contro un soggetto diverso dal signor COGNOME e la presentazione di denunce contro il ritenuto amministratore di Atinel, non sufficientemente tempestive per permettere di fruire del raddoppio dei termini di accertamento e non fondate in relazione alla ritenuta applicabilità nella fattispecie dell’articolo 43, comma due bis del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973.
Con il quarto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 cpc per nullità della sentenza per violazione falsa applicazione dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992 richiamato per le sentenze d’appello dell’articolo 61 del medesimo decreto legislativo, nonché dell’articolo 132 cpc, dell’articolo 118 del regio decreto numero 1368 del 1941, applicabile al processo tributario in forza dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo numero 546 del 1992, a causa della carente motivazione circa la ritenuta valenza delle denunce penali presentate dall’Agenzia a consentire il prolungamento del termine per l’accertamento fiscale.
Con il quinto motivo si prospetta ancora censura ex articolo 360 numero 4 cpc per Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 56 del decreto legislativo numero 546 del 1992, dell’articolo 112 cpc, estensibile al processo tributario in forza dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo numero 546 del 1992, nonché dell’articolo 324 cpc applicabile al processo
tributario d’appello in forza dell’articolo 49 del decreto legislativo numero 546 del 1992, anche a causa della riconosciuta applicabilità ai provvedimenti impugnati della presunzione riguardante il possesso di redditi esteri sottratti a tassazione e del prolungamento dei termini di accertamento stabiliti dall’articolo 12 del decreto legge numero 78 del 2009.
Con il sesto motivo si profila censura ex articolo 360 numero 4 cpc per nullità della sentenza per violazione falsa applicazione dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992 richiamato per le sentenze d’appello dell’articolo 61 del medesimo decreto legislativo, nonché dell’articolo 132 cpc e dell’articolo 118 del Regio decreto numero 1368 nel 1941 estensibile il processo tributario in forza dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo numero 546 del 1992, a causa dell’omessa motivazione riguardo al rigetto dell’eccezione proposta dalla ricorrente nelle controdeduzioni redatte in secondo grado, in merito al passaggio in giudicato della sentenza di prime cure sulla questione dell’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009.
Con il settimo motivo si profila censura ex articolo 360 numero 5 cpc novellato per omesso esame per totale trascuratezza di un fatto decisivo dedotto nel giudizio precedente ovvero il passaggio in giudicato del capo della sentenza di prime cure relativo l’inapplicabilità dell’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009 agli accertamenti emessi nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE
Con l’ottavo motivo si prospetta censura di cui all’articolo 360 numero 3 cpc per violazione in falsa applicazione dell’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009 in quanto la commissione regionale d’appello ha ritenuto erroneamente efficaci nel caso concreto le previsioni recate dal medesimo articolo 12 sia sulla presunzione relativa al possesso di redditi esteri sottratti a tassazione, sia sul raddoppio dei termini per l’accertamento.
Con il nono motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 5 cpc novellato per omesso esame per totale trascuratezza di fatti decisivi dedotti nel giudizio precedente ovvero che Madeira non è un territorio fiscalità privilegiata, le somme prelevate dai conti correnti di RAGIONE_SOCIALE e trasferite in Paesi a bassa fiscalità sono state versate a terzi, diversi dal signor COGNOME costituiscono pagamenti di servizi dalle società del gruppo COGNOME e di altri fornitori ad RAGIONE_SOCIALE, per tali ragioni a queste somme non è estensibile la presunzione di evasione d’imposta e il raddoppio dei termini di accertamento disposto dell’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009.
Con il decimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 cpc per nullità della sentenza per violazione falsa applicazione dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992, richiamato per le sentenze d’appello dell’articolo 61 del medesimo decreto legislativo, nonché dell’articolo 132 cpc e dell’articolo 118 del Regio decreto numero 1368 del 1941 applicabile al processo tributario in forza dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo numero 546 del 1992, a causa della motivazione sostanzialmente inesistente circa la ritenuta applicabilità nella fattispecie delle disposizioni recate dall’articolo 12 del decreto-legge numero 78 del 2009.
Con l’undicesimo motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 3 cpc per violazione falsa applicazione degli articoli 38, 40, 41, 44, 45, 46 e 47 del decreto-legge numero 331 del 1993 e in generale delle disposizioni formali e sostanziali sulle cessioni e sugli acquisti intracomunitari, degli articoli 19, 21, 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972 e delle regole sugli obblighi formali e sostanziali in tema di cessione interne di beni, nei testi vigenti negli anni in cui fanno riferimento agli avvisi impugnati, nonché del principio fondamentale della neutralità
dell’imposta sul valore aggiunto con riguardo al dovere di versare l’Iva sia sugli acquisti sia sulle vendite compiuti da RAGIONE_SOCIALE
Con il dodicesimo motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 3 cpc per violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 del dPR numero 633 del 1972 e degli articoli 38, 40, 41 e il 44 del decreto-legge numero 331 del 1993, nel testo vigente negli anni in cui si riferiscono gli accertamenti impugnati e, in generale, della disciplina Iva concernente le operazioni intracomunitarie le vendite di beni interni. Questo motivo è formulato nel caso in cui le operazioni di acquisto e di rivendita posta in essere da COGNOME non fossero considerate, come invece sono, legate le une alle altre in guisa da costituire nel loro insieme delle transazioni intracomunitarie triangolari, ma fossero considerate indipendenti le une dalle altre.
Con il tredicesimo motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 5 cpc novellato per omesso esame per totale trascuratezza di fatti decisivi per il giudizio irrilevanza del luogo della sede di Atinel, collocazione dei beni compravenduti all’estero, mancanza di danno per l’erario, con riferimento al passo in cui la commissione regionale d’appello ha deciso favorevolmente all’Ufficio finanziario la questione relativa all’assoggettamento ad Iva degli acquisti e delle vendite effettuati da Atinel.
Con il quattordicesimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 cpc per nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992, richiamato per le sentenze d’appello dell’articolo 61 del medesimo decreto legislativo, nonché dell’articolo 132 cpc e dell’articolo 118 del Regio decreto numero 1368 del 1941, applicabili al processo tributario in forza dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo numero 546 del 1992, a causa della carente motivazione circa i presupposti giustificativi della
richiesta di pagamento dell’Iva sulle compravendite compiute da Atmel avanzate negli accertamenti impugnati.
Con il quindicesimo motivo si prospetta censura in sensi dell’articolo 360 numero 3 cpc per violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo numero 471 del 1997, dell’articolo 6 del decreto legislativo numero 472 del 1997 e dell’articolo 10 della legge numero 212 del 2000 nel testo vigente negli anni in cui si riferiscono gli accertamenti impugnati, laddove la commissione d’appello ha implicitamente confermato i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni in materia di Iva, contenute negli atti impositivi notificati alla società.
Con il sedicesimo motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 4 cpc per nullità della sentenza impugnata, violazione e falsa applicazione dell’articolo 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992, richiamato per le sentenze d’appello dell’articolo 61 del medesimo decreto legislativo nonché dell’articolo 132 cpc e dell’articolo 118 del Regio decreto numero 1368 del 1941, applicabili al processo tributario in forza dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo numero 546 del 1992, a causa dell’omessa motivazione con riguardo alla ritenuta applicabilità delle sanzioni Iva nel caso di specie.
Con il diciassettesimo ed ultimo motivo si prospetta censura ex articolo 360 numero 5 cpc novellato per omesso esame per totale trascuratezza di fatti decisivi per il giudizio cioè la mancanza di danni sostanziali per l’erario nella statuizione in cui la commissione regionale d’appello ha deciso favorevolmente all’Ufficio finanziario la questione sull’irrogabilità delle sanzioni Iva.
I 17 motivi possono essere raccolti in quattro gruppi omogenei in ragione dei temi trattati o dell’eccezione svolta. Un primo gruppo attiene al raddoppiamento dei termini per l’accertamento tributario in presenza di fatti astrattamente costituenti reato. Il secondo gruppo attiene alle violazioni Iva
quando siasi in presenza di alcun danno attuale per lo Stato. Il terzo gruppo attiene all’irrogazione delle sanzioni in materia Iva quando sia accertata l’assenza di danno per lo Stato. Il quarto gruppo attiene ai vizi caratterizzati dal numero 5 dell’articolo 360 cpc, cioè tutti i motivi che lamentano l’omesso esame di un fatto.
3.1 Conviene muovere da quest’ultimo gruppo di motivi, in cui rientrano il 3, 7, 9, 13 e 17, ove si lamenta l’omissione dell’esame di un fatto o la sua ‘totale trascuratezza.’
Tutti i motivi non si traducono in mancata valutazione di un fatto, che è spesso oggetto del motivo che di volta in volti precede ciascuno di essi, quanto piuttosto nella richiesta di una rivalutazione delle evenienze probatorie per raggiungere una conclusone diversa da quella fatta propria dal collegio d’appello. E così si danno per non considerati dal giudicante d’appello gli elementi che hanno portato a ritenere esistenti le condizioni per il raddoppio dei termini dell’azione impositiva per caratteri penalmente rilevanti (motivo 3), ovvero il passaggio in giudicato di un capo di sentenza in ordine alla presunzione di capitali esteri sottratti al Fisco ed al raddoppio dei termini, di cui all’art. 12 d.l. n. 78/2009 (motivo 7); alla circostanza che Madeira sia stata ritenuta località a fiscalità privilegiata (motivo 9); sulla mancanza di danno per l’erario relativamente al sistema Iva adottato (motivo 13); delle condizioni per l’irrogazione delle sanzioni Iva (motivo 17).
Ed infatti, è appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di
motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Pertanto, i motivi 3, 7, 9, 13 e 17 debbono essere dichiarati inammissibili.
3.2 Occorre ora esaminare i motivi che si sostanziano in censura del raddoppiamento dei termini per l’azione amministrativa di recupero a tassazione. Essi da un lato fanno riferimento all’assenza di denuncia o alla sua tardività, dall’altro sottolineano l’astratta rilevanza penale del comportamento di un soggetto terzo e diverso tanto dalla società qui ricorrente, quanto dal suo legale rappresentante su cui non potrebbe ricadere la conseguenza sfavorevole del raddoppio dei termini dell’azione amministrativa.
Sul punto è intervenuta questa Corte, affermando che in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte cost. nella sentenza n. 247 del 2011, sicché, ove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, deve contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, non potendo mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento
è precluso al giudice tributario (Cfr. Cass. V, n. 13481/2020, ma già Cass. VI-5, n. 11171/2016 ed altre). Se ne ricava che è l’astratta rilevanza penale -nella sua oggettività- a giustificare il raddoppiamento dei termini per tutti i contribuenti coinvolti nella verifica che da quel fatto scaturisce e che regge l’attività di accertamento e di ripresa a tassazione. Né possono definirsi la società ricorrente -ed il suo legale rappresentantesoggetti estranei alla fattispecie penalmente rilevante. Non è controverso, per essere stato dichiarato dallo stesso sig. COGNOME che egli ha conosciuto il (e collaborato col) notaio COGNOME fino al momento del suo arresto, mentre è stato accertato in fatto che il denaro veicolato a Madeira è giunto alle società lussemburghesi facenti riferimento sempre al sig. COGNOME Pertanto, se Madeira -pur luogo a fiscalità privilegiata- non è Paese black list , non di meno, il trasferimento di ricchezza era puramente temporaneo e funzionale a raggiungere la sua destinazione finale in Paesi che quella lista compongono. Per i principi di World Wide Taxation, occorre guardare la destinazione finale ed il beneficiario effettivo delle somme, per cogliere se sussista o meno un regime di fiscalità privilegiata (Cass. V, n. 32840/2018; n. 20409/2023; n. 21140/2023). Ed in questo senso dev’essere interpretata la disposizione di cui all’art. 12 d.l. n. 78/2009 che si pone in linea con la prevenzione di lesioni all’interesse economico e finanziario degli Stati e dell’Unione Europea di cui all’art. 325 del TFUE.
Superfluo ricordare che le previsioni normative simili riguardano tanto le imposte dirette che i tributi armonizzati, per cui il ragionamento appena esposto vale per tutte le riprese a tassazione qui in oggetto.
Pertanto, i motivi 1, 2, 4, 5, 6, 8, 9 (per questo profilo) e 10 sono infondati e non possono essere accolti, conforme essendo ai prefati principi la sentenza qui in scrutinio in ordine alle condizioni per il raddoppio dei termini per esercitare l’azione amministrativa
tributaria, la cui motivazione ha consistenza e congruenza tali da superare il perimetro della cognizione di questa suprema Corte di legittimità, ponendosi al di sopra del ‘minimo costituzionale’ indicato dalla pronuncia a Sezioni Unite di questa Corte n. 8053/2014, già citata.
In limine , con riguardo all’eccezione di giudicato del capo di sentenza di primo grado ove ritiene inoperante la più volte citata presunzione di cui al nominato articolo 12 d.l. n. 78/2009 (sull’argomento che Madeira non è Paese a fiscalità privilegiata), giova ricordare il carattere integralmente devolutivo dell’appello erariale che -a difesa dell’operato dell’Ufficio -rappresenta la necessità di guardare alla destinazione finale del denaro in Paese black list , ancorché transitato per Paese a fiscalità privilegiata non in quella lista. Nessun consolidamento può essere individuato nei capi di sentenza di primo grado che un tanto trattano, né è immotivata -sul punto- la sentenza in esame: non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. III, n. 24953/2020). Peraltro, come già detto, la soluzione ermeneutica adottata dal collegio di secondo grado circa la portata del citato articolo 12 d.l. n. 78/2009 è coerente con l’orientamento di questa Corte, come sopra evidenziato.
3.4 Occorre ora esaminare il gruppo di censure attinenti all’affermata neutralità dell’IVA, assolta con il sistema del reverese
charge , comunque non lesiva dell’Erario, da cui consegue l’inapplicabilità delle sanzioni. Si tratta dei residui motivi 11, 12, 14, e, per quanto attiene alle sanzioni, il n. 15 e 16.
Giova premettere che se i clienti hanno avuto contatti solo col sig. COGNOME (sentenza CTR, pag.15) e questi lavorava in Italia per la società RAGIONE_SOCIALE (CTR, pag.16), è corretto presumere che il centro direzionale della società estera e unipersonale RAGIONE_SOCIALE fosse sempre e solo in capo al sig. COGNOME, operante in Italia. In tal caso, le operazioni sono state erroneamente regolate in regime di reverse charge , quale IVA all’importazione, essendo invece soggette IVA nazionale in regime ordinario.
Sul punto, occorre rammentare come con risposta a interpello n. 501 del 21 luglio 2021 sia stato chiarito che l’IVA relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia rese da un cedente o prestatore “estero” (soggetto passivo IVA stabilito in Stato estero), senza stabile organizzazione in Italia, è assolta dal cessionario o committente italiano (soggetto passivo IVA stabilito in Italia) mediante l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, reverse charge .
Diversamente opera l’art. 4 DPR 633/1972, laddove prevede che tutte le attività imprenditoriali svolte in Italia sono ivi assoggettate ad imposizione (cfr. Cass. Pen. III, n. 20856/2018). Dunque, tutte le operazioni che la esterovestita ha posto in essere, anziché qualificarsi ipotetiche operazioni intracomunitarie o territorialmente non rilevanti, debbono ritenersi nazionali da sottoporre ad IVA in Italia. Ne consegue che tutte le suddette operazioni sono riconducibili a cessioni o prestazioni nazionali soggette ad IVA, con il corollario delle conseguenti sanzioni.
La conclusione è confermata dalla sentenza SGS-COGNOME, ove la Corte di giustizia dell’Unione europea afferma che ‘è debitore dell’Iva solo il soggetto passivo che fornisce una prestazione … quando quest’ultima è fornita a partire da un’organizzazione stabile
situata nello Stato membro in cui tale imposta è dovuta’ (punto 25), sicché ‘la circostanza che il destinatario … abbia assolto l’Iva basandosi sull’errata supposizione che il prestatore non disponesse di un’organizzazione stabile ai sensi della direttiva Iva, non può consentire all’amministrazione tributaria di derogare a tale regola considerando soggetto passivo dell’Iva non già il prestatore …, bensì il destinatario’ (punto 29). Dalla stessa sentenza SGS –COGNOME, si evince che l’erroneo versamento dell’imposta da parte del cliente, anziché dal fornitore, non esclude il diritto dell’Erario di pretendere da quest’ultimo il riversamento dell’Iva illegittimamente assolta dalla propria controparte. L’obbligo di riversamento dell’imposta nell’ipotesi considerata dalla pronuncia in precedenza esaminata trova un’ulteriore conferma nella sentenza Equoland che porta a conclusioni diverse rispetto a quanto affermato dalla difesa della contribuente.
In definitiva, il ricorso proposto dal Sig. NOME COGNOME dev’essere dichiarato estinto per definizione agevolata con spese a carico di chi le ha sostenute a mente dell’art. 6, comma 13, d.l. n. 119/2018, mentre il ricorso della soc. COGNOME dev’essere rigettato, con condanna alle spese secondo la regola della soccombenza, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio nei confronti di NOME COGNOME con spese a carico di chi le ha anticipate a mente dell’art. 6, comma 13, d.l. n. 119/2018; rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE Condanna la ricorrente soc. RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. diecimila/00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell ‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 30/11/2023.