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Quietanza di pagamento: la prova spetta al contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3285/2024, ha stabilito che, in caso di contestazione, la semplice esibizione di un modello F24 con un timbro lineare non costituisce prova sufficiente della quietanza di pagamento. Se l’ente creditore e la banca negano l’avvenuto versamento, l’onere di dimostrare l’effettivo pagamento grava interamente sul contribuente. La Corte ha rigettato i ricorsi di una contribuente che non è riuscita a provare il pagamento di somme dovute per un condono fiscale, confermando la legittimità della cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Quietanza di pagamento F24: non basta il timbro se il Fisco contesta

Ottenere una quietanza di pagamento valida è fondamentale per estinguere un debito, specialmente quando si tratta di obblighi fiscali. Ma cosa succede se il modello F24, pur recando un timbro della banca, viene contestato dall’Agenzia delle Entrate? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3285 del 5 febbraio 2024, ha fornito un’importante chiarimento: la prova dell’effettivo versamento ricade sul contribuente, e un timbro contestato potrebbe non essere sufficiente. Analizziamo insieme questa decisione che sottolinea l’importanza di una prova di pagamento inequivocabile.

I Fatti del Caso: La controversia sul pagamento del condono

Una contribuente, dopo aver aderito a un condono fiscale per gli anni dal 1997 al 2002, sosteneva di aver regolarmente pagato l’importo dovuto tramite un modello F24 presso uno sportello bancario nel 2004. Ciononostante, l’Agenzia delle Entrate le notificava delle cartelle di pagamento per gli anni oggetto di condono. Sebbene in un primo momento tali cartelle fossero state annullate in autotutela, l’Amministrazione Finanziaria emetteva successivamente una nuova cartella, sostenendo che il pagamento del condono non fosse mai avvenuto. La banca, interpellata, confermava di non aver registrato alcun versamento e che il timbro apposto sul modello F24 era un semplice timbro lineare di ricevuta del modello, non una quietanza.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della contribuente, ma la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, ritenendo che il giudice di primo grado fosse incorso in un “palese errore di fatto” nel considerare il modello F24 come prova del pagamento. Contro questa decisione, la contribuente ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla prova della quietanza di pagamento

La Corte di Cassazione ha esaminato due distinti ricorsi: uno contro la sentenza d’appello e uno contro la successiva decisione che aveva rigettato l’istanza di revocazione della stessa. La Suprema Corte ha rigettato entrambi, confermando la posizione dell’Agenzia delle Entrate.

L’inefficacia del nuovo documento nel giudizio di revocazione

Nel tentativo di far revocare la sentenza sfavorevole, la contribuente aveva prodotto un diverso modello F24 del 2009, recante un timbro analogo, per dimostrare che quella era la prassi della banca nel rilasciare quietanze. La Corte ha ritenuto questo documento non “decisivo”. Per la revocazione, un documento scoperto successivamente deve provare direttamente il fatto controverso (il pagamento), non fornire solo un elemento indiziario su una prassi aziendale.

La valutazione della prova della quietanza di pagamento nel merito

Sul ricorso principale, la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la valutazione delle prove è compito del giudice di merito. La C.T.R. aveva legittimamente risolto la controversia di fatto valutando le prove disponibili: da un lato, un modello F24 con un timbro contestato e privo di quietanza esplicita; dall’altro, la dichiarazione della banca che negava l’avvenuto versamento. In questo contesto, il giudice di merito ha correttamente concluso che la prova del pagamento non era stata fornita. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di principi consolidati. In primo luogo, ha ribadito che il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non un terzo grado di merito. I ricorrenti non possono chiedere alla Corte di rivalutare i fatti o l’apprezzamento delle prove già operato dai giudici precedenti. I motivi di ricorso che, pur apparendo come violazioni di legge, mirano in realtà a una nuova valutazione dei fatti, sono considerati inammissibili.

In secondo luogo, riguardo alla quietanza di pagamento, la Corte ha implicitamente confermato che l’onere della prova del pagamento grava sul debitore, ossia sul contribuente. Di fronte a una specifica contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria, corroborata da una dichiarazione dell’intermediario finanziario, il contribuente deve fornire una prova certa e inequivocabile dell’avvenuto versamento. Un documento ambiguo, come un F24 con un timbro lineare non quietanzato, si è rivelato insufficiente.

Infine, per quanto riguarda l’omessa pronuncia sull’istanza di cessazione della materia del contendere, la Corte ha osservato che la decisione di merito sulla legittimità della pretesa tributaria assorbe e rigetta implicitamente tale eccezione.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione offre una lezione importante per tutti i contribuenti: conservare e, se necessario, produrre prove di pagamento inoppugnabili è cruciale. Una semplice ricevuta o un timbro lineare potrebbero non bastare a dimostrare una quietanza di pagamento se l’effettivo accredito delle somme viene messo in discussione. La sentenza rafforza il principio secondo cui, in un contenzioso tributario, l’onere di provare i fatti a sostegno delle proprie ragioni ricade sulla parte che li allega. Per il contribuente, ciò significa non solo pagare, ma essere sempre in grado di dimostrare, senza ombra di dubbio, di averlo fatto.

Un modello F24 con un timbro della banca è sempre una prova sufficiente di pagamento?
No. Secondo la Corte, se la quietanza di pagamento è contestata dall’amministrazione finanziaria e la banca stessa nega di aver ricevuto il versamento, il solo modello F24 con un timbro lineare può non essere considerato prova sufficiente. L’onere di dimostrare l’effettivo pagamento ricade sul contribuente.

Cosa significa che un documento “nuovo” deve essere “decisivo” per poter chiedere la revocazione di una sentenza?
Significa che il documento deve essere in grado di provare direttamente un fatto chiave della causa e che, se il giudice ne fosse stato a conoscenza, avrebbe quasi certamente emesso una decisione di segno opposto. Non è sufficiente che il documento offra solo elementi indiziari, come nel caso di specie, per dimostrare una prassi operativa.

La Corte di Cassazione può rivalutare le prove, come un modello F24?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove per decidere chi ha ragione sui fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato adeguatamente la loro decisione. La valutazione delle prove spetta esclusivamente ai giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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