Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27900 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27900 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza n. 2833/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 22/03/2016;
Impugnazione cartella di pagamento – querela di falso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24487/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, difeso da se medesimo nonché dall’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in ROMA, alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis ;
– controricorrente –
nonché
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 settembre 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava in parte inammissibile e in parte infondato l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli in relazione al ricorso dal medesimo presentato contro una cartella di pagamento e la successiva intimazione, emesse per Irpef, Irap e Iva dell’anno di imposta 2005.
In particolare, la CTR evidenziava che la sentenza di primo grado aveva rigettato il ricorso affermando che la querela di falso proposta contro la sottoscrizione apposta sulla relata della notifica della cartella era tardiva ed irrituale e che l’appello sul punto era inammissibile laddove la parte censurava la statuizione di tardività ma non quella di irritualità; i giudici dell’appello evidenziavano, inoltre, che anche in appello la presentazione di nuova querela era irrituale perché priva dei requisiti previsti a pena di nullità dall’art. 221 c.p.c. , e cioè degli «elementi su cui si fonda e le prove», oltre a non replicare alla dedotta irrilevanza della sottoscrizione in caso di notifica effettuata alla parte personalmente.
Contro tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso , mentre RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
La causa è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c. per l’adunanza camerale dell’ 11 settembre 2025, per la quale il ricorrente ha depositato tempestiva memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che nel corso del giudizio di legittimità la parte ricorrente ha depositato istanza di sospensione del giudizio ai
sensi dell’art. 295 c.p.c., evidenziando di aver proposto in via autonoma, davanti al Tribunale civile di Napoli, giudizio di querela di falso in relazione alla sua sottoscrizione apposta sulla relata di notifica della cartella oggetto di lite.
1.1. L’istanza non è stata reiterata nella memoria depositata in vista dell’adunanza camerale , dovendosi considerare abbandonata, e comunque va disattesa.
In primo luogo, infatti, occorre evidenziare che l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato la sentenza n. 11077 del 2019 pubblicata il 12/12/2019 con la quale il Tribunale di Napoli ha rigettato la querela.
Inoltre, si deve ribadire che, nel giudizio di cassazione, la querela di falso in via incidentale può essere proposta limitatamente agli atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, o ai documenti che possono essere prodotti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., o ai soli vizi di nullità della sentenza per mancanza dei requisiti essenziali, di sostanza o di forma (Cass. 22/11/2006, n. 24856; Cass. 29/01/2019, n. 2343): viene dunque in rilievo la sola nullità che inficia direttamente la sentenza, e non anche la nullità che si è verificata nel processo e che solo indirettamente si riverbera sulla decisione (Cass., S.U., 25/07/2007, n. 16402).
La querela di falso, per contro, non può riguardare atti e documenti che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione impugnata o che siano stati prodotti nel giudizio di merito, senza essere stati impugnati per la loro asserita falsità (Cass., S.U., 31/05/2011, n. 11964; in senso conforme, Cass. 5/03/2004, n. 4603; Cass. 14/11/2001, n. 14147).
Nel giudizio di cassazione, pertanto, ove si deduca la falsità degli atti del procedimento di merito, dev’essere proposta la querela di falso in via principale, com’è avvenuto nel caso di specie.
Dai principi richiamati, questa Corte (Cass. 17/02/2023, n. 5028) ha già tratto il corollario per cui l’eventuale falsità degli atti del giudizio di merito, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere come motivo di revocazione (Cass. 16/01/2009, n. 986; Cass. 29/01/2019, n. 2343, cit.; nello stesso senso, Cass. 6/11/2020, n. 24846). Una volta che sia stata accertata la falsità degli atti con sentenza passata in giudicato, è la revocazione, regolata dall’art. 395, primo comma, n. 2, c.p.c., il solo mezzo per rescindere la sentenza fondata su atti dichiarati falsi. L’apprezzamento dell’incidenza RAGIONE_SOCIALE prove false sulla sentenza che s’impugna per revocazione travalica infatti i confini di un sindacato di pura legittimità e presuppone un giudizio, instaurato con l’indicazione di specifici motivi (art. 398, secondo comma, c.p.c.) e contraddistinto da una cognizione piena e dalla possibilità di svolgere ogni più appropriato approfondimento istruttorio.
1.2. Sempre preliminarmente va evidenziata la novità della deduzione, contenuta in memoria, circa la nullità della notificazione della cartella perché sarebbe stata eseguita, in assenza di potere certificativo, dai messi notificatori di società private, evocando Cass. Sez. U. n. 299/2020 (invero riferita alla notificazione di atti processuali).
In primo luogo, infatti, il principio per il quale la funzione RAGIONE_SOCIALE memorie è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di introdurre nuove doglianze o integrare i motivi originariamente generici e, quindi, inammissibili (Cass. 29/03/2006, n. 7237; Cass. 07/03/2018, n. 5355), impone di ritenere la novità RAGIONE_SOCIALE doglianze di cui alla memoria, non essendo esse formulate nel ricorso.
Comunque è orientamento consolidato di questa Corte che nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda
nella forma della impugnazione dell’atto tributario per vizi formali o sostanziali, l’indagine sul rapporto sostanziale non può che essere limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che, ove il contribuente deduca specifici vizi di invalidità dell’atto impugnato, il giudice deve attenersi all’esame di essi e non può, ex officio , annullare il provvedimento impositivo per vizi diversi da quelli dedotti, anche se risultanti dagli stessi elementi acquisiti al giudizio, in quanto tali ulteriori profili di illegittimità debbono ritenersi estranei al thema controversum , come definito dalle scelte del ricorrente (tra le molte, Cass. 22/09/2011, n. 19337; Cass. 15/10/2013, n. 23326; Cass. 05/09/2024, n. 23856).
Nel caso di specie la parte non indica in alcun modo se e dove la questione (implicante peraltro anche accertamenti in fatto sulle modalità della notificazione) sia stata posta nel corso del giudizio di merito.
2. Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 295 c.p.c., 221 c.p.c., 654 c.p.p., 211 disp. att. c.p.p., 39 del d.lgs. n. 546 del 1992 e deduce che, avendo presentato querela di falso in sede penale, querela da cui aveva avuto origine il procedimento penale poi archiviato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, era obbligatoria la sospensione del processo tributario, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992 in quanto la presentazione della querela in sede civile, ex artt. 221 e seguenti c.p.c., si sarebbe risolta in un mero adempimento formale dovendo il giudice in quella sede obbligatoriamente sospendere lo stesso fino all’esito del medesimo, come sancito da Cass. 7/02/2006, n. 2524.
2.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, in quanto la stessa parte evidenzia l’intervenuta archiviazione del procedimento penale, e comunque infondato , in quanto l’art. 39 d.lgs. n. 546 del 1992 nel riferirsi alla querela di falso fa evidentemente riferimento all’istituto processualcivilistico. La giurisprudenza citata e in particolare Cass. n. 2524/2006, nel ribadire la differenza tra la querela di falso in sede civile e la denuncia di falso in sede penale, poiché mentre l’una tende soltanto a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione, l’altra, al contrario, oltre che ad accertare il fatto della falsificazione, mira ad identificarne l’autore, al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge (Cass. 23/05/1969, n. 2862), nel far salvo l’obbligo del giudice civile di sospendere il giudizio civile sulla querela allorché sia iniziato il procedimento penale, fa evidente riferimento alla precedente formulazione dell’art. 295 c.p.c. , е all’efficacia propria della sentenza penale sul giudizio civile, all’epoca regolata dal vecchio codice di procedura penale.
Comunque, ed infine, questa Corte (Cass. 14/05/2018, n. 11688; Cass. 30/07/2021, n. 21954) ha evidenziato che la sospensione necessaria del processo civile per pregiudizialità penale, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., nell’ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, è subordinata alla condizione della contemporanea pendenza dei due processi, civile e penale e, quindi, dell’avvenuto esercizio dell’azione penale da parte del P.M. nei modi previsti dall’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione o la richiesta di rinvio a giudizio, sicché tale sospensione non può essere disposta sul presupposto della mera presentazione di una denuncia e della conseguente apertura di indagini preliminari.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 26, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973, 137, secondo comma, 138, 148 e 160 c.p.c.
Si censura, in particolare, l’affermazione con la quale la CTR ha evidenziato che la parte non aveva replicato all’argomento della irrilevanza della sottoscrizione in caso di notifica effettuata dalla parte personalmente e si evidenzia che la CTR avrebbe confuso la non contestazione dei fatti con la non contestazione di una realtà giuridica alla quale il principio di non contestazione è estraneo.
3.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, la CTR ha ritenuto inammissibile la querela di falso per due concorrenti ragioni, la prima RAGIONE_SOCIALE quali è data dalla mancata indicazione degli elementi e RAGIONE_SOCIALE prove della falsità di cui all’art. 221 c.p.c., evidenziando, poi, anche che essa «comunque non appare risolutiva» , posto che la parte non aveva replicato all’argomento della irrilevanza della sottoscrizione in caso di notifica affermata alla parte personalmente.
Essendo incensurata la prima ratio , relativa all ‘ assenza dei requisiti formali della querela, è inammissibile la censura solo della seconda affermazione, attinente alla rilevanza della stessa.
Giova comunque precisare che appare evidente che la CTR, con l’affermazione in parola, non abbia inteso dare rilievo alla mancata contestazione ma semplicemente evidenziare la mancata esplicitazione della rilevanza della querela, nel complessivo quadro processuale emerso.
Concludendo, il ricorso va dichiarato inammissibile, essendo inammissibili entrambi i motivi.
Alla soccombenza segue la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità in favore della sola RAGIONE_SOCIALE, che ha svolto attività difensiva.
Infine, a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/ 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 /2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente COGNOME NOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 /2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME