Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18162 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18162 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3392-2018 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso, giusta procura estesa in calce al ricorso, da ll’ Avv.to COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato, in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
REGIONE ABRUZZO , in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-resistente-
RAGIONE_SOCIALE SOCIETÀ DI GESTIONE ENTRATE E TRIBUTI , in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- avverso la sentenza n. 528/03/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del l’ABRUZZO , depositata l’8 /6/2017, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale del l’Abruzzo , con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello di NOME COGNOME nei confronti della Regione Abruzzo e di RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia n. 456/2016 della Commissione Tributaria Provinciale d e L’Aquila con cui era stato respinto il ricorso avverso ingiunzione di pagamento, ed avvisi di accertamento ad essa pregiudiziali, per tasse automobilistiche, annualità 2005, dovute dalla società RAGIONE_SOCIALE di cui il ricorrente era socio.
Avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi ed illustrati da memoria.
A seguito del rinnovo della notifica nei confronti della Regione Abruzzo, disposta dal Collegio con ordinanza depositata in data 21/4/2023, la Regione si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione; la Concessionaria è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo il contribuente denuncia, in rubrica, «violazione dell’art. 29 D.Lgs. 546/1992 …(per)… omessa riunione di procedimenti oggettivamente connessi» proposti dagli altri due soci, parimenti destinatari degli atti impugnati.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione dell’art. 29 D.Lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 co. 5 c.p.c., motivazione ‘apparente’, ‘perplessa’ ed ‘incomprensibile’ dovuta
all’errata valutazione su un punto (fatto) decisivo della controversia» con riferimento alla circostanza che le questioni sottese ai tre giudizi instaurati dai soci erano le medesime e lamenta che nella sentenza impugnata non era rinvenibile l’ iter logico sotteso alla decisione di non dare luogo alla richiesta riunione.
1.2. Le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno disattese sul rilievo, assorbente rispetto ad ogni altra questione, che l’esercizio del potere di riunione previsto dall’art. 274 c.p.c. (sostanzialmente corrispondente all’art. 29 D.Lgs. 546/1992) ha natura discrezionale, laddove l’art. 335 c.p.c. (applicabile anche al processo tributario ex art. 1, comma 2, D.Lgs. 546/1992) impone la riunione soltanto delle impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza (cfr. Cass. n. 1542 del 2007; Cass. n. 7645 del 2006), ipotesi che non ricorreva nella presente fattispecie.
2.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione dell’art. 39 D.Lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 co. 5 c.p.c. , motivazione ‘apparente’, ‘perplessa’ ed ‘incomprensibile’ dovuta all’errata valutazione su un punto (fatto) decisivo della controversia» con riferimento alla circostanza che gli avvisi di accertamento impugnati erano stati notificati, in data 18/11/2008, alla società RAGIONE_SOCIALE -non più esistente con la suddetta denominazione, avendo assunto nel 2005 quella di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME, legale rappresentante di quest’ultima nell’anno 2008, aveva proposto querela di falso in relazione alla sottoscrizione asseritamente apposta dalla medesima sui relativi avvisi di ricevimento.
2.2. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 39 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 «per omessa sospensione del giudizio in seguito alla proposizione della querela di falso».
2.3. Le doglianze vanno esaminate congiuntamente per ragioni di connessione.
2.4. La Commissione Tributaria Regionale motiva, con riguardo alla questione, nei seguenti termini: «La querela di falso per l’accertamento della falsità della firma apposta sulla cartolina di ricevimento dell’avviso di accertamento è stata presentata solo dalla socia NOME Marino COGNOME, in proprio e non già quale titolare e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e C. Gli altri soci (NOME COGNOME e NOME COGNOME) della suindicata società in nome collettivo, pure destinatari dell’avviso di accertamento (atto presupposto dell’impugnata ingiunzione), non hanno, invece, presentato querela di falso. Si deve ragionevolmente presumere che, visto il disconoscimento della sottoscrizione e la presentazione della querela di falso da parte della signora NOME, la sottoscrizione apposta in calce ad ambedue gli avvisi di ricevimento … destinati a La RAGIONE_SOCIALE e C. di COGNOME Rocco e C. in qualità di ‘ titolare ‘ della ditta sia riconducibile ad uno degli altri soci … Trattandosi di soci di una società in nome collettivo, ciascun socio (tra cui l’appellante COGNOME NOME) era legittimato a ricevere la corrispondenza e ciascuno dei soci ben poteva essere individuato … quale ‘titolare’ della società ».
2.5. In diritto, va preliminarmente evidenziato che la trasformazione di una società commerciale in altra di nome diverso non comporta l’estinzione di un soggetto giuridico e la nascita di uno nuovo e diverso soggetto, con la conseguenza che deve ritenersi valida la notifica eseguita alla società nella sua originaria denominazione, presso una sede, non secondaria, della società stessa (cfr. Cass. n. 3269 del 10/02/2009; Cass. n. 12752 del 01/09/2003).
2.6. Stante, quindi, la validità della notifica eseguita alla società nella sua originaria denominazione, non sussistevano ostacoli alla proposizione della querela di falso da parte del legale rappresentante della società con riguardo ad atti riferibili a quest’ultima .
2.7. È opportuno, peraltro, altresì evidenziare che legittimato a proporre querela di falso è «chiunque abbia interesse a contrastare l’efficacia probatoria di un documento munito di fede privilegiata in relazione ad una pretesa che su esso si fondi, non esclusa la stessa parte
che l’abbia prodotto in giudizio» (cfr. Cass. n. 8575 del 2019; n. 3305 del 1997).
2.8. Invero, l’interesse a proporre querela di falso in via principale, «che tende a rimuovere erga omnes l’efficacia probatoria del documento che ne forma oggetto, sussiste in capo a tutti coloro nei cui confronti il medesimo documento è o può essere fatto valere» (cfr. Cass. n. 18323 del 2007; Cass. n. 9013 del 1992).
2.9. Ciò posto, ai fini della sospensione necessaria del processo, nel quale sia stato prodotto il medesimo documento, impugnato con querela di falso in via principale in altro giudizio, occorre stabilire se l’eventuale dichiarazione di falsità del documento costituisca non già soltanto uno dei tanti elementi di valutazione, dei quali il giudice della causa asseritamente pregiudicata deve tenere conto nella formazione del proprio convincimento (ciò che implicherebbe, tutt’al più, un rapporto di pregiudizialità logica, ma non giuridica), bensì se tale dichiarazione costituisca il passaggio necessario della decisione in ordine ad un elemento costitutivo della pretesa dell’attore o di un’eccezione decisiva del convenuto in tale causa (cfr. Cass. n. 14578 del 2011).
2.10. Occorrerebbe, invero, evidenziare la peculiarità del giudizio di falso proposto in via principale e la circostanza che, all’esito di siffatto giudizio, l’eventuale accertamento della falsità spiega i suoi effetti erga omnes e non soltanto tra le parti del giudizio medesimo (si veda tra le altre, in argomento, Cass. n. 13190 del 2006).
2.11. Tale considerazione, tuttavia, non è sufficiente a far concludere che sussista sempre un rapporto di pregiudizialità necessaria, nel senso tecnico-giuridico di cui sopra s’è detto, tra il giudizio di falso proposto in via principale (altro è, naturalmente, se la querela fosse stata proposta in via incidentale) e qualsivoglia altro giudizio nel quale sia stato prodotto il documento impugnato di falso, indipendentemente da chi lo abbia impugnato, in quanto occorre comunque stabilire se l’eventuale dichiarazione di falsità di quel documento costituisca, non già soltanto uno dei tanti elementi di valutazione dei quali il giudice della causa (asseritamente) pregiudicata deve tener conto nella formazione delle
proprie convinzioni al fine di decidere detta causa – ciò che implicherebbe, tutt’al più, un rapporto di pregiudizialità logica, ma non anche giuridica, bensì la decisione in ordine ad un elemento costitutivo della pretesa dell’attore o di un’eccezione decisiva del convenuto in tale causa.
2.12. Deve trattarsi, quindi, di una dipendenza necessaria dell’una decisione rispetto all’altra, e non di uno dei tanti elementi di valutazione rimessi al prudente apprezzamento del Giudice.
2.13. Nel caso in esame, come già rilevato, è la stessa motivazione del provvedimento impugnato a suggerire che il rapporto tra l’accertamento della falsità del documento ed il procedimento in oggetto non implichi una pregiudizialità meramente logica ma investa un giudizio di necessità giuridica, in quanto l’eventuale accertata falsità della sottoscrizione apposta sulla relata di notifica dell’atto impositivo, presupposto dell’impugnata ingiunzione di pagamento, potrebbe determinare il venir meno della pretesa azionata nei confronti del contribuente, che ha sollevato anche questioni circa «la prescrizione del tributo (bollo auto) e la non corretta formazione del titolo esecutivo, per inesistente notifica degli atti presupposti» (cfr. pagg. 3-4, 23 ricorso).
2.14. Ne consegue che la Commissione Tributaria Regionale, nel decidere la causa relativa all’ingiunzione di pagamento e all’avviso di accertamento ad esso sotteso, non ha fatto corretto uso dei principi dianzi richiamati in quanto, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 -secondo il quale il processo è sospeso soltanto «quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio» -, avrebbe dovuto, sulla base della pendenza del giudizio di querela di falso relativo al suddetto avviso di accertamento, sospendere il processo sino alla definizione di quel giudizio con sentenza non più suscettibile di gravame.
2.15. Va tuttavia evidenziato che in allegato alla memoria difensiva parte ricorrente ha prodotto copia della sentenza relativa al suddetto procedimento di querela di falso, con attestazione di passaggio in
giudicato, che ha dichiarato la falsità della sottoscrizione apposta della sottoscrizione apposta sulla relata di notifica dell’atto impositivo .
2.16. Ciò comporta, esclusa la necessità di sospendere il giudizio, la necessità, invece, di tenere conto di tale pronuncia ai fini del giudizio sulla validità dell’atto oggetto del presente giudizio .
2.17. In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce, infatti, un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato, e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione, ingiunzione di pagamento ), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria, cosicché spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa (cfr. Cass. n. 1144 del 2018; Cass. S.U. n. 5791/2008, ripresa da ultimo, da Cass. SU n. 10012/2021).
2.18. Nella fattispecie in esame ricorre il primo caso, avendo il contribuente impugnato l’ingiunzione di pagamento al fine di farne valere la nullità per mancata notifica dell’avviso di accertamento anche in relazione all’intervenuta «prescrizione» ( rectius , decadenza) della pretesa tributaria relativa a bollo auto -annualità 2008.
3.1. Vanno dunque accolti il terzo ed il quarto motivo, respinti il primo e secondo motivo, con assorbimento dei rimanenti motivi relativi alle questioni rimaste assorbite in primo grado ed alla regolamentazione delle spese.
3.2. Inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., primo comma, con l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.
Poiché l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, s’è consolidato dopo la proposizione del ricorso per cassazione, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito, con condanna della Regione Abruzzo e della Concessionaria, in solido, al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, respinti il primo e secondo motivo ed assorbiti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente; compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna, in solido, la Regione Abruzzo e la Concessionaria al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di