Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15406 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15406 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25048/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME;
-intimata- avverso la SENTENZA della COMM. TRIB. REG. della LOMBARDIA n. 2366/2021, depositata il 25/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente NOME COGNOME fu destinataria di un avviso di contestazione con contestuale irrogazione di sanzioni per mancata
compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi sull’anno di imposta 2012. Nello specifico, l’Ufficio contestò la sua disponibilità ed effettiva movimentazione di capitali detenuti all’estero, in Paesi a fiscalità privilegiata, la cui esistenza dev’essere esposta in dichiarazione, con la compilazione del predetto quadro RW, diversamente incorrendo in ipotesi di illecito, sanzionabile in via amministrativa, salva più grave ipotesi.
L’adita CTP rigettò l’impugnativa del suddetto avviso con sentenza che fu, però, riformata in appello, con accoglimento delle ragioni della COGNOME, sulla scorta della considerazione del risultato del processo penale con cui era stata scoperta un’associazion e a delinquere transnazionale, alla quale, tuttavia, la citata contribuente era rimasta estranea (con archiviazione della sua posizione), essendo risultato l’abuso del proprio nome perpetrato dal fratello. Il giudice di secondo grado ritenne che la contribuente non poteva ritenersi titolare dei fondi, né beneficiaria, ma che – al più – avesse agito come ‘proxy’, ovvero delegata alla movimentazione di somme non sue e di cui non aveva, comunque, la disponibilità.
Valutata la non decisività delle distinzioni civilistiche fra le diverse figure di titolarità, disponibilità e detenzione, la CTR, con giudizio di bilanciamento sul compendio probatorio offerto, riteneva la contribuente estranea agli affari esteri, non tenuta alla compilazione del quadro RW per l’anno di imposta 2012 ed annullava le relative sanzioni.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandolo a due motivi.
E’ rimasta intimata la parte contribuente.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si denuncia -ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile – la violazione e falsa applicazione dell’articolo 4 del decreto-legge numero 167 del
1990, convertito in legge numero 227 del 1990, nonché dell’articolo 1140 del codice civile.
Nello specifico si prospetta che debbano compilare il quadro RW della dichiarazione dei redditi non solo i titolari di somme detenute all’estero, ma anche coloro che siano meri intermediari e che abbiano possibilità di operare movimentazioni su di essi.
1.2. Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5 del codice di procedura civile – la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 del codice civile, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giud izio, ossia che la contribuente, pur non essendo titolare effettiva di conto estero, detenesse disponibilità finanziaria all’estero suscettibili di dichiarazione ex articolo 4 del decreto-legge numero 167 del 1990, come da prova emergente dalla documentazione versata in atti e considerata dal giudice di merito.
Il primo motivo è fondato ed assorbente.
2.1. Ed infatti, il secondo comma dell’art. 4 del citato d.l. n.167/1990 prevede l’obbligo di compilazione del quadro RW anche in capo a chi abbia il mero potere di operare movimentazioni di capitali estero su estero, a prescinderne dalla titolarità effettiva o anche dalla mera disponibilità dei prefati cespiti.
2.2. Sul punto è intervenuta più volte questa Corte di legittimità, con orientamento al quale di intende dare continuità non intravedendosi ragioni per discostarsene. È stato affermato che l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167 (Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titolo e valori), convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 1990, n. 227, riguarda non solo l’intestatario formale e il beneficiario effettivo di investimenti o attività di natura finanziaria all’estero, ma anche colui che, all’estero, abbia la disponibilità di fatto di somme di denaro non proprie, con il compito fiduciario di movimentarle a beneficio dell’effettivo titolare, atteso che, tenuto
conto della “ratio” della previsione, rileva una nozione onnicomprensiva di detenzione, che include anche le situazioni di detenzione nell’interesse altrui (Cass., Sez. V, n. 26848/2014; Cass., Sez. V, n. 26965/2020).
In altri termini, quando un soggetto ha comunque una univoca disponibilità di fatto su certi capitali, anche se non rientranti propriamente nella sua titolarità, e ne dispone materialmente per la loro destinazione all’estero, indipendentemente dai m otivi di tale situazione (non essendo, quindi, necessaria la malafede dell’autore dell’omissione), viene a concretizzarsi una ipotesi che si incasella nell’ambito delle prescrizioni rivolte ai ‘detentori’ ai sensi dell’art. 4 d.l. n. 167/1990, con i derivanti obblighi di procedere alla dichiarazione nel Quadro RW dei fatti e delle attività riguardanti detti capitali destinati all’estero.
La normativa in esame è, del resto, volta ad assicurare il monitoraggio delle operazioni da e per l’estero, per l’alto rischio di sottrazione di imponibile che esse comportano, sicché la mancanza di dichiarazione può incidere negativamente sull’attività di pianificazione dei controlli dell’Amministrazione finanziaria, e non va certo derubricata a mera omissione formale, ovvero neutra dal punto di vista del danno erariale, in quanto l’obbligo dichiarativo risponde alla finalità di consentire il suddetto monitoraggio dei beni detenuti all’estero, quali manifestazioni del principio costituzionale di capacità contributiva. L’obbligo di comunicazione di dati, cui il contribuente non ha assolto, è previsto da una disposizione -per l’appunto, l’art. 4 del d.l. n. 167 del 1990 – che è sempre stata univoca, nelle sue diverse formulazioni, nel delineare il contenuto degli adempimenti e nell’indicare i soggetti obbligati.
Ciò posto, dalle risultanze di causa, così come valutate dalla Corte di merito, è emerso come non sia controverso che la contribuente NOME COGNOME (rimanendo irrilevante, a tal fine, l’esito del procedimento penale nei suoi confronti) operasse su
capitali, quantomeno con situazioni assimilabili alla detenzione nell’interesse altrui o all’intermediazione.
Il motivo è, quindi, fondato e merita accoglimento.
Il secondo motivo, attinente a censura di mancato esame di fatti rilevanti, resta assorbito dall’accoglimento del primo.
In definitiva, il ricorso va accolto per le ragioni attinte dal primo motivo, con assorbimento del secondo e la derivante cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Lombardia che, nell’esaminare le complessive risultanze processuali con riguardo alla condotta ascritta all’COGNOME costituente oggetto del PVC, si uniformerà all’indicato principio di diritto circa la configurabilità della violazione in questione, prevista dall’art. 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 1990, n. 227.
Al giudice di rinvio è devoluta anche la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, Sez. staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 21/05/2025.