Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10033 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10033 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
del processo; querela di falso; impugnazione: regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c..
NOME COGNOME
Presidente
COGNOME
Consigliere – Rel.
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 1/13/03/2025 C.C. PU R.G. 7874/2022 –
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Cron. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 7874/2022 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
R.G.N. 17987/2019
COGNOME Stefano;
– intimato – avverso l ‘ordinanza della Commissione tributaria regionale di ABRUZZO n. 302/2021, depositata in data 16 settembre 2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale, definitivamente pronunciando, ha accolto l’appello di Capannolo Stefano, disponendo la sospensione del giudizio, stante la accertata pregiudizialità della querela di falso, rispetto alla decisione sulle censure di merito opposte dal ricorrente, gravame proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato i ricorsi, riuniti, avente ad oggetto gli avvisi di accertamento, notificati entrambi in data 17 settembre 2018, relativi ad imposte dirette ed Iva, per gli anni 2014 e 2015, con i quali l’Uffic io, verificato che l’ammontare complessivo delle operazioni attive dichiarate dal contribuente risultava inferiore all’ammontare complessivo delle operazioni di acquisto comunicate dalle controparti commerciali e che era stato disatteso, da parte del contribuente, l’invito n. I00221/2018 (ex art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 e art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973) a fornire dati e notizie in grado di chiarire la posizione dichiarativa, nonché ad esibire la documentazione contabile, aveva determinato il reddito d’impresa sulla base delle informazioni presenti nel sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria, risultanti dai modelli dichiarativi e dall’applicativo «Spesometro», ai sensi dell’art. 39, secondo comma, lettera dbis), del d.P.R. n. 600 del 1973.
I giudici di secondo grado hanno recepito la doglianza del contribuente sull’operato del primo giudice, rilevandosi che questi, da una parte aveva respinto la censura del contribuente in merito alla pregiudizialità della querela solo implicitamente, dunque non fornendo di ciò il motivo, e dall’altro aveva pronunciato indebitamente sul merito della stessa, laddove aveva motivato «…L’avvenuta notifica è stata provata in atti dalla resistente, per cui tale motivo formulato dal ricorrente risulta infondato… », stabilendo di fatto la regolarità della
notifica; inoltre, hanno affermato che, in tale decisione, si ravvisavano due vizi, il primo per la mancata motivazione della non pregiudizialità, il secondo per avere giudicato su ciò che gli era precluso; che il contribuente aveva contestato che l’Ufficio potesse motivare l’accertamento eseguito ai sensi dell’art. 39, secondo comma, lettera dbis), del d.P.R. n. 600/1973, ribadendo che le modalità adottate erano conseguenti alla mancata adesione del contribuente all’invito che si asseriva era stato regolarmente notificato; che, di fatto, l’art. 39, secondo comma, lettera dbis) , del d.P.R. n. 600 del 1973 consentiva di determinare il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, e ciò confermava la necessità di acquisire l’esito della predetta querela di falso ai fini della presente pronuncia.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a sei motivi.
COGNOME NOME non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo deduce la nullità dell’ordinanza e/o del procedimento ex art. 36 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c. Il provvedimento con il quale il Giudice tributario pronunciava definitivamente su un ricorso introduttivo o su un ricorso in appello, era la sentenza, che doveva essere pronunciata in nome del popolo italiano ed intestata alla Repubblica italiana, mentre nel caso in esame la Commissione tributaria regionale, aveva accolto l’appello con un’ordinanza , definitivamente pronunciando e nemmeno intestato alla Repubblica Italiana, dunque privo dei requisiti di legge e, dunque, nullo.
Il secondo motivo deduce la nullità dell’ordinanza e/o del procedimento ex artt. 111 Cost., 1, 2, e 36 del d. lgs. n. 546 del 1992, 132 e 274 c.p.c. e 118 e disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Era evidente il limite argomentativo della pronuncia impugnata poiché l’ordinanza, nel dispositivo, richiamava e decideva su una sentenza del tutto estranea al presente giudizio ossia la sentenza della CTP di Teramo n. 290/2019 laddove il giudizio avrebbe dovuto riguardare la sentenza della CTP di Pescara n. 511/01/2019. E l’errore non era meramente formale ma essenziale ed insanabile poiché non era dato sapere se anche la motivazione si riferiva ad altro e diverso giudizio alla luce del fatto che la CTR riferiva, nella parte argomentativa, di una presunta querela di falso che, nella fattispecie in esame, non esisteva. Parte contribuente, infatti, nel ricorso in appello, aveva riferito di avere depositato, nell’imminenza dell’udienza pubblica, la denuncia-querela sporta dal contribuente nei confronti del portalettere assumendo esservi pendenza di processo penale, ma non aveva mai affermato di avere presentato querela di falso. La pronuncia era illogica e contraddittoria perché la CTR aveva emesso un’ordinanza di sospensione, per sua natura provvedimento interinale, cui però aveva riconnesso effetti conclusivi del procedimento di secondo grado disponendo di avere definitivamente pronunciato.
Il terzo motivo deduce la nullità dell’ordinanza e/o del procedimento ex art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., in quanto l’ordinanza in esame era contraria alle norme procedurali poiché, dopo avere deciso definitivamente sulla controversia accogliendo l’appello, aveva sospeso il processo.
Il quarto mezzo deduce la nullità dell’ordinanza e/o del procedimento ex art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., in quanto la CTR, pur richiamando una querela di falso la cui esistenza non era stata dimostrata, sostanzialmente, aveva disposto la sospensione pur risultando in atti, solo l’affermata pendenza
di un procedimento penale nei confronti del portalettere che il contribuente assumeva costituire ipotesi di sospensione necessaria dal giudizio.
Il quinto mezzo deduce la nullità dell’ordinanza e/o del procedimento ex art. 20 del d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la CTR, in presenza di denuncia-querela non avrebbe potuto, comunque, se non incorrendo nel censurato vizio, disporre la sospensione stante l’indipendenza del giudizio tributario dal giudizio penale.
Il sesto mezzo deduce la nullità dell’ordinanza e/o del procedimento ex art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., avendo errato la CTR ad affermare che la decisione della causa nel merito non spettava ai giudici di primo grado, in quanto la decisione sulla prova dell’avvenuta notifica dell’invito n. I00221/2018 (notificato in data 21 maggio 2018), riguardante entrambi gli anni d’imposta in contestazione, stante la mancata dimostrazione dell’avvenuta presentazione di una querela di falso, rientrava proprio nella giurisdizione del giudice tributario.
L’esame delle esposte censure porta all’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi.
7.1 Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte la cd. inesistenza giuridica o la nullità radicale di un provvedimento avente contenuto decisorio, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o che emana un provvedimento abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, può essere fatta valere in ogni tempo, mediante un’azione di accertamento negativo. Tuttavia, ciò non esclude che la parte possa dedurre tempestivamente l’inesistenza giuridica con i normali mezzi di impugnazione, stante l’interesse all’espressa rimozione di un atto processuale efficace (in questo senso Cass., 29 settembre 1999 n. 10784; Cass., 16 luglio 2004, n. 13171;
Cass., 29 novembre 2005, n. 26040; Cass., 28 dicembre 2009, n. 27428 del 2009).
7.2 La giurisprudenza ha, infatti, ritenuto che, oltre all’ipotesi espressamente prevista dall’art. 161, comma 2, c.p.c., (mancanza della sottoscrizione del giudice), è possibile configurare altri casi di cd. inesistenza giuridica della sentenza o di provvedimento decisorio e definitivo ad essa equiparabile, tutte le volte che, o il giudice sia carente di potere, o il provvedimento processuale emesso possa qualificarsi abnorme, perché privo di quel minimo di elementi o di presupposti tipizzanti, necessari per produrre certezza giuridica. Tali vizi, per lo più qualificati come ipotesi d’inesistenza giuridica o di nullità radicale ed insanabile, rilevabili anche d’ufficio, possono, però, essere fatti valere anche con gli ordinari mezzi di impugnazione, nei tempi e nei modi previsti dall’ordinamento, ove ricorra l’interesse della parte ad una espressa rimozione del provvedimento processuale viziato, anche se materialmente esistente; interesse che coincide con quello del sistema che tende ad espellere dall’ordinamento i provvedimenti processuali errati o abnormi, anche mediante il ricorso nell’interesse della legge (art. 363 c.p.c.) (Cass., 7 febbraio 2022, n. 3810).
7.4 Nel caso in esame, la CTR, dapprima nella parte motivazionale ha affermato che ≪ L’appello va accolto, disponendo la sospensione del giudizio, stante la qui accertata pregiudizialità della querela di falso, rispetto alla decisione sulle censure di merito opposte dal ricorrente ≫ e, nella parte dispositiva, ha statuito ≪ La Commissione, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza 290/2019 emanata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo, così provvede: accoglie l’appello del contribuente dichiarando la sospensione del processo fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela. Spese a definitivo ≫ ; i giudici di secondo grado, dunque, hanno, da un lato, deciso ≪ definitivamente pronunciando ≫ , dall’altro hanno disposto la
≪ sospensione del giudizio stante l’accertata pregiudizialità della querela di falso ≫ e, dall’altro ancora, hanno accolto l’appello del contribuente. E ‘ , dunque, certamente abnorme una pronuncia che decide in via definitiva e, al contempo, sospende il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela di falso, ciò senza prescindere dall’ulteriore profilo pure rilevato dall’Agenzia delle Entrate che, nella vicenda in esame, non veniva in rilievo una querela di falso, la cui esistenza non era stata dimostrata, ma piuttosto una denuncia-querela, ovvero la pendenza di un procedimento penale nei confronti del portalettere che il contribuente assumeva costituire ipotesi di sospensione necessaria dal giudizio.
Per quanto esposto va accolto il primo motivo, assorbiti i restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Abruzzo, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Abruzzo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2025.