Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6564 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
Oggetto:
tributi-
accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19373/2016 R.G. proposto da COGNOME NOME, con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto presso lo studio del AVV_NOTAIO COGNOME in Roma, INDIRIZZO; -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Piemonte, Torino, n. 227/01/16 pronunciata l’1 dicembre 2015 e depositata il 17 febbraio 2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
Il contribuente, socio e presidente della società RAGIONE_SOCIALE, era attinto da dieci avvisi di accertamento, di cui otto in relazione alle annualità d’imposta 2002/2008 emessi, avvalendosi del raddoppio dei termini, ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973 e 57 d.P.R. n. 633/1972 ai fini Irpef, Irap ed IVA e i rimanenti due a titolo di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni in relazione alla cosiddetta ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘.
Le circostanze di fatto fondanti il preteso credito erariale poggiavano su una complessa indagine condotta dalla GdF a carico dell’AVV_NOTAIO svizzero NOME COGNOME. Segnatamente, a seguito dell’esame del personal computer di quest’ultimo posto sotto sequestro, erano stati individuati dei soggetti italiani a favore dei quali, secondo la prospettazione, veniva consentita la costituzione di una disponibilità finanziaria all’estero, in danno del fisco italiano, mediante operazioni inesistenti con società estere. In particolare, nel suddetto computer venivano reperiti n. 20 tabulati/elenchi in cui figurava il sig. COGNOME (denominato anche NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE) e un mandato all’incasso, non sottoscritto dal contribuente, e finalizzato ad incassare somme in suo favore presso la banca ABN AMRO di Lugano, previa ritenuta di una commissione.
Gli avvisi di accertamento venivano impugnati sotto plurimi profili innanzi la CTP che, previa riunione, li accoglieva. Riteneva il Giudice di prime cure che la pretesa erariale fosse infondata perché sfornita di prova giacché tutta la documentazione assunta a supporto probatorio dall’Ufficio era stata prelevata da un computer riferibile
ad un soggetto terzo, osservando altresì come la stessa, a partire dal mandato di pagamento, fosse priva di firma da parte del contribuente.
La sentenza di primo grado veniva riformata dalla CTR a seguito dell’appello promosso dall’Ufficio. Secondo il giudice di secondo grado la decisione di primo grado meritava di essere riformata tenuto conto che l’Ufficio aveva fatto applicazione dell’art. 2729 c.c. in tema di presunzioni semplici e non dell’art. 2702 c.c., afferente all’efficacia della scrittura privata, sicché era inconferente ogni richiamo alla mancanza di firma. Rilevava poi la legittimità dell’operato erariale, essendo ammesso l’uso RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici basate su documenti provenienti da terzi, anche estranei all’accertamento, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte.
Invoca la cassazione della sentenza il contribuente, che svolge due motivi di doglianza, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte contribuente denunzia la violazione degli artt. 2702 c.c. e 39, co. 2, e 41, co. 2, d.P.R. n. 600/1973 e artt. 54 e 55, co. 1, d.P.R. n. 633/1972 così come interpretati alla luce della sentenza Cass. n. 17183/2015 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
1.1 In particolare, censura la decisione di riforma laddove la CTR ha ritenuto che dovesse trovare applicazione l’art. 2729 c.c. in luogo dell’art. 2702 c.c. ripercorrendo, in seno al motivo, tutte le questioni di fatto esaminate nei precedenti gradi di merito. Ricorda come il punto di partenza essenziale di ogni ripresa erariale sia la movimentazione di danaro, che, nel caso in commento, difettava stante l’assenza di un mandato all’incasso per mancanza della firma del contribuente sui documenti. Circa gli altri documenti (estratti dal computer dell’AVV_NOTAIO) era evincibile solo il cognome del
contribuente (alcuni erano privi anche di quest’ultimo). A fronte di tali ‘evidenze’, l’Ufficio avrebbe inopinatamente fatto ricorso all’art. 2702 c.c.. Inoltre, diversamente da quanto assunto dalla CTR, la CTP non avrebbe sostenuto la necessità che dovessero essere sottoscritti tutti i documenti quanto, tra questi, solo il mandato di incasso stante la sua centralità. Infine, corretta era la conclusione cui era giunta la CTP, ossia che fosse necessario dimostrare la compartecipazione del contribuente alla realizzazione dell’operazione, quale richiesta di un quid pluris sancito anche da questa Corte con la pronuncia n. 17183/2015 e invece non provato dall’Ufficio.
2. Con il secondo motivo il ricorrente prospetta la violazione degli artt. 39, co. 2, e 41, co. 2, d.P.R. n. 600/1973 e artt. 54 e 55, co. 1, d.P.R. n. 633/1972 in riferimento ai canoni giurisprudenziali di valutazione RAGIONE_SOCIALE presunzioni sulla base -ex multis -della sentenza Cass. n. 8102/2012 (citata anche dalla CTR) e sull’asserita errata valutazione RAGIONE_SOCIALE motivazioni della CTP in punto di valutazione della documentazione bancaria allegata dalla ricorrente in parametro all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
2.2 Dopo aver ripercorso la tesi sostenuta dalla CTP, il ricorrente afferma che la CTR avrebbe errato nel riformare la pronuncia di primo grado giacché la decisione della CTP, in linea con gli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, avrebbe vagliato tutti i documenti da cui poteva evincersi la estraneità del contribuente rispetto all’operazione contestata. Afferma , poi, che, nei precedenti gradi di merito, sarebbe stata fornita la prova della mancanza di collegamento tra il contribuente e le movimentazioni bancarie. Tale prova sarebbe riconducibile ad una comunicazione del 02/12/2019, che però non trascrive in ricorso ai fini dell’autosufficienza, ma di cui riporta la lettura datane (ancora) dalla CTP: trattavasi di una richiesta proveniente dal ricorrente, e rivolta alla Banca ABN AMRO, avente ad oggetto l’intestazione del conto Trekking: dalla risposta fornita dalla banca sarebbe risultata l’estraneità del contribuente.
Censura dunque la diversa valutazione condotta sul punto dalla CTR: quest’ultima, invero, riteneva inattendibile tale comunicazione in virtù della disciplina elvetica in tema di segreto bancario, che avrebbe impedito alla banca di rilevare il nominativo de ll’intestatario del conto. Lamenta dunque che la CTR avrebbe falsamente inteso la valutazione della CTP giacché la Banca avrebbe invece confermato l’assoluta estraneità del contribuente rispetto al conto in oggetto.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, scontando lo stesso profilo di inammissibilità.
3.1 Previa loro riqualificazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., è appena il caso di rammentare che «il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610). Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4
aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662). Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053).» (Cfr. Cass, V, n. 967/2024).
3.2 Più precisamente «il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta
interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità» (Cfr. Cass., n. 3340/2019).
3.3 Le censure proposte, che raccolgono le circostanze di fatto omesse nella parte introduttiva del ricorso, si esauriscono in una richiesta di rivalutazione RAGIONE_SOCIALE evidenze probatorie per raggiungere una conclusione diversa da quella fatta propria dal collegio d’appello. Il ricorrente non disvela, invero, la corretta interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme né esplicita in modo congruo la loro corretta applicazione, limitandosi ad esporre l’apporto probatorio e instando per una sua diversa lettura.
3.4 Un tanto in disparte il fatto che la parte ricorrente richiama la sentenza favorevole della CTP ovvero alcune fonti di prova, che però non trascrive né ne riporta sommariamente il contenuto in violazione al principio di autosufficienza.
In ogni caso i due motivi sono anche infondati.
4.1 Segnatamente, il primo motivo è infondato giacché, e diversamente da quanto assunto dal ricorrente, con la sentenza n. 17183/2015 questa Corte, dopo aver riconosciuto la possibilità di introdurre nell’accertamento fiscale, prima, e nel processo tributario, poi, di elementi comunque acquisiti e, dunque, anche di prove atipiche ovvero di datti acquisiti in forme diverse da quelle regolamentate, non ha chiesto un quid pluris , quanto ha stabilito che il giudice di merito è tenuto a valutare «i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza di tutti gli elementi offerti in giudizio attraverso un esame non parcellizzato, posto che la scorretta valutazione degli elementi, in quanto operata senza il rispetto dei criteri di legge, non integra un giudizio di fatto, ma una vera e propria valutazione in diritto soggetta al controllo di legittimità, , anche in esito alla modifica dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (Cass. 9760/2015, In tema di RAGIONE_SOCIALE; conf. S.U., 8054/2014/SU e Cass. 19894/2005). Infatti, compete alla Corte di cassazione,
nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettiva mente risultino o no ascrivibili alla fattispecie astratta (Cass. 17535/2008). Se è sicuramente devoluto al monopolio del giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ. per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, tale giudizio, tuttavia, non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’invocato art. 360 n. 3 cod. proc. civ., se, violando i succitati criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore Indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne la capacità di assumere rilievo in tal senso, ove valutati nella loro sintesi (Cass. 9760/2015 e 19894/2005)».
4.2 Parimenti infondato, proprio alla luce di quanto deciso con la sentenza n. 9102/2012, è anche il secondo motivo, essendo ivi stato stabilito che «se il fatto od i fatti indizianti allegati dalla Amministrazione finanziaria, unitariamente considerati, rivestono i caratteri della presunzione semplice in quanto reputati idonei, in relazione ai requisiti di precisione, rilevanza e convergenza, a soddisfare il meccanismo logico di inferenza del fatto ignorato, allora alcun ulteriore dato probatorio occorre ai fini del raggiungimento della prova, non essendo richiesta la acquisizione “a conforto” di ulteriori “elementi presuntivi o probatori” (cfr. motivazione sentenza CTR) desunti dall’esame della documentazione contabile o bancaria del contribuente (“tertium non datur”: se gli indizi hanno raggiunto la consistenza di prova presuntiva, non occorre ricercarne altri, nè tanto meno si rende necessaria la ricerca di ulteriori fonti di prova): ed infatti “le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento,
nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza ed infine scegliere tra gli elementi probatori sottoposti al suo esame quelli ritenuti più idonei a dim ostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione” (cfr Corte Cass. sez. lav. 21.10.2003 n. 15737; id. 2^ sez. 16.11.2005 n. 23079; id. sez. lav. 4.6.2004 n. 10669; 3^ scz. 11.5.2007 n. 10847; id. 3^ sez. 13.11.2009 n. 2408; id. 2^ sez. 27.10.2010 n. 21961).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che liquida in €.cinquemilaseicento/00 , oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024