LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prova ritenuta d’acconto: sì alle prove alternative

Un contribuente si è visto negare la detrazione di una ritenuta d’acconto perché privo della certificazione ufficiale. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che la prova della ritenuta d’acconto può essere fornita con mezzi alternativi, come le dichiarazioni dei clienti. I giudici di merito non possono escludere tali prove solo per vizi formali, ma devono valutarle come elementi indiziari. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prova Ritenuta d’Acconto: la Cassazione Apre alle Prove Alternative

La certificazione del sostituto d’imposta non è l’unico modo per dimostrare di aver subito una ritenuta. Con l’ordinanza n. 15380/2025, la Corte di Cassazione ha chiarito che la prova della ritenuta d’acconto può essere fornita anche con mezzi alternativi, come le dichiarazioni dei clienti, che il giudice deve valutare attentamente. Questa decisione rappresenta un importante principio a tutela del contribuente che, pur avendo subito il prelievo, si trova senza il documento ufficiale.

I Fatti di Causa: Il Contribuente e la Ritenuta non Certificata

Il caso nasce da una cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente per il recupero di una ritenuta d’acconto di 15.000 euro, detratta nella dichiarazione dei redditi del 2012. L’Amministrazione Finanziaria contestava la detrazione poiché il contribuente non era in possesso della certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta.

Il professionista aveva tentato di difendersi producendo certificazioni in formato libero e dichiarazioni dei propri clienti, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i suoi ricorsi. Secondo i giudici di merito, tali documenti non erano sufficienti a sostituire la certificazione ufficiale o la documentazione bancaria, in quanto privi di formule rituali e di allegati documenti di identità.

La Decisione della Cassazione e la Prova della Ritenuta d’Acconto

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni precedenti, accogliendo il ricorso del contribuente. I giudici supremi hanno affermato un principio fondamentale: ai fini della detrazione, ciò che conta è il fatto oggettivo che la ritenuta sia stata ‘operata’, non la mera disponibilità del certificato.

Il Valore delle Prove Alternative

La Corte ha specificato che la prova dell’avvenuta ritenuta può essere fornita con qualsiasi mezzo equipollente alla certificazione. Questo include fatture, documentazione bancaria che attesti il pagamento del compenso al netto della ritenuta, e anche dichiarazioni di terzi.

Le Dichiarazioni di Terzi come Prova Indiziaria

Il punto più qualificante della decisione riguarda proprio il valore probatorio delle dichiarazioni dei clienti. La Cassazione ha stabilito che queste, anche se rese in sede extraprocessuale e prive di formalismi, costituiscono ‘elementi indiziari’. Il giudice di merito ha il dovere di valutarne l’attendibilità, considerando la credibilità dei dichiaranti e la coerenza con altri elementi, senza poterle scartare a priori solo per difetti di forma.

Le Motivazioni della Corte sulla prova della ritenuta d’acconto

La Corte ha fondato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale, inclusa una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 10378/2019). Il principio cardine è che il contribuente sostituito non può essere penalizzato due volte: una prima volta subendo la ritenuta e una seconda non potendola detrarre solo perché il sostituto d’imposta è inadempiente nell’emettere la certificazione.

Secondo la Cassazione, l’articolo 22 del TUIR subordina la detrazione alla sola condizione che le ritenute siano state ‘operate’. Pertanto, l’onere della prova a carico del contribuente può essere assolto dimostrando questo fatto oggettivo. I giudici di merito hanno commesso un ‘error in iudicando’ nel fare ‘mal governo’ dei principi sulla valutazione della prova, escludendo aprioristicamente le dichiarazioni prodotte dal contribuente. Queste, sebbene informali, dovevano essere vagliate nel merito come indizi gravi, precisi e concordanti.

Conclusioni: Cosa Cambia per i Contribuenti

Questa ordinanza rafforza la posizione del contribuente nei confronti del Fisco. In assenza della certificazione ufficiale, è possibile difendere il proprio diritto alla detrazione della ritenuta d’acconto attraverso un impianto probatorio alternativo. I professionisti e le imprese devono quindi essere consapevoli che anche le dichiarazioni scritte dei loro clienti, unitamente ad altri documenti come fatture e contratti, possono costituire una valida prova della ritenuta d’acconto in un eventuale contenzioso tributario. La decisione impone ai giudici di merito una valutazione più sostanziale e meno formalistica delle prove fornite, in linea con i principi del giusto processo.

È possibile detrarre una ritenuta d’acconto anche senza la certificazione ufficiale del sostituto d’imposta?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la detrazione è ammessa a condizione che il contribuente possa provare, con mezzi di prova equipollenti (come fatture, documentazione bancaria o dichiarazioni di terzi), che la ritenuta sia stata effettivamente operata sul suo compenso.

Che valore hanno le dichiarazioni scritte dei clienti per dimostrare che una ritenuta è stata applicata?
Le dichiarazioni di terzi, come quelle dei clienti, hanno il valore di elementi indiziari. Il giudice non può escluderle a priori, ma deve valutarne l’attendibilità e la credibilità, confrontandole con altri elementi di prova disponibili, secondo il principio del libero apprezzamento della prova.

Il giudice può rifiutare delle prove alternative solo perché non hanno una forma solenne o manca la documentazione bancaria?
No. Secondo la Corte, il giudice di merito commette un errore se rigetta prove come le dichiarazioni di terzi solo perché formalmente imperfette (es. prive di diciture sulle conseguenze penali) o perché non accompagnate da documentazione bancaria. Egli ha l’obbligo di valutare nel merito la loro attendibilità come prova indiziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati