Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10025 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10025 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
Oggetto:
dichiarazione
integrativa
–
prova
spedizione
–
rimborso
IVA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difeso come da procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (PEC: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (PEC: EMAIL)
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE n. 36/01/19 depositata in data 25/01/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/01/2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME;
Rilevato che:
-il RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE impugnava il diniego di rimborso Iva emesso dall’Ufficio relativo al periodo d’imposta 1998, emerso in sede di presentazione di dichiarazione integrativa nella quale si riteneva detraibile -a seguito della Ris. Min. n. 150E del 1999 -l’iva corrisposta per la rivalsa sugli acquisti di beni e servizi riferibili ad attività oggetto di finanziamento da parte di enti pubblici;
-dopo l’invio di svariati solleciti, rimasti senza seguito, l’RAGIONE_SOCIALE richiedeva documentazione, depositata dalla contribuente;
-all’esito della procedura, l’Ufficio negava il rimborso in quanto riteneva inesistente il credito;
-la società impugnava il diniego; la CTP accoglieva il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la pronuncia impugnata, la CTR ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo fondato il diniego unicamente su ragioni di ordine formale attenenti alla rimborsabilità del credito che alla sua esistenza (la irrituale presentazione della dichiarazione integrativa, il decorso del termine biennale, l’erronea legittimazione del soggetto individuato come tale, il difetto degli elementi soggettivi e oggettivi per il rimborso); tali profili formali, secondo la pronuncia impugnata, non precludevano il rimborso in oggetto;
-ricorre a questa Corte l’RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a quattro motivi;
-resiste con controricorso la società contribuente;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 322 del 1998 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la sentenza di appello operato una erronea e parziale valutazione RAGIONE_SOCIALE prove su cui si fonda il diniego, sfociando in una palese violazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di valida presentazione della dichiarazione;
-il motivo è inammissibile;
-invero, le modalità di presentazione della dichiarazione in parola sono disciplinate come segue dall’ art. 3 del d.P.R. n. 322 del 1998, in vigore dal 30/06/2019 come modificato dal decretolegge del 30/04/2019 n. 34, all’art. 4 ter e vigente ratione temporis : ‘ 1. Le dichiarazioni sono presentate all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in via telematica ovvero per il tramite di una banca convenzionata o di un ufficio della Poste italiane S.p.a. secondo le disposizioni di cui ai commi successivi. 2. Le dichiarazioni previste dal presente decreto, compresa quella unificata, sono presentate in via telematica all’RAGIONE_SOCIALE, direttamente o tramite gli incaricati di cui ai commi 2bis e 3, dai soggetti tenuti per il periodo d’imposta cui si riferiscono le predette dichiarazioni alla presentazione della dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto, dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta di cui all’articolo 4 e dai soggetti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, dai soggetti tenuti alla presentazione del moRAGIONE_SOCIALE per la comunicazione dei dati relativi all’applicazione degli RAGIONE_SOCIALE di settore e dei parametri. Le predette dichiarazioni sono trasmesse avvalendosi del servizio
telematico RAGIONE_SOCIALE; il collegamento telematico con l’RAGIONE_SOCIALE è gratuito per gli utenti. I soggetti di cui al primo periodo obbligati alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta, in relazione ad un numero di soggetti non superiore a venti, si avvalgono per la presentazione in via telematica del servizio telematico Internet ovvero di un incaricato di cui al comma 3′; in particolare il comma 6 prevede che ‘le banche e gli uffici postali rilasciano, anche se non richiesta, ricevuta di presentazione della dichiarazione. I soggetti di cui ai commi 2-bis e 3 rilasciano al contribuente o al sostituto di imposta, anche se non richiesto, l’impegno a trasmettere in via telematica all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE i dati contenuti nella dichiarazione, contestualmente alla ricezione della stessa o dell’assunzione dell’incarico per la sua predisposizione nonché, entro trenta giorni dal termine previsto per la presentazione in via telematica, la dichiarazione trasmessa, redatta su moRAGIONE_SOCIALE conforme a quello approvato con il provvedimento di cui all’articolo 1, comma 1 e copia della comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE di ricezione della dichiarazione’;
-a fronte di ciò, la RAGIONE_SOCIALE ha in fatto accertato che la società non ha spedito all’Ufficio la dichiarazione integrativa nella quale chiedeva il rimborso per cui è causa; essa ha in realtà -in osservanza alle disposizioni sopra riportate -presentata la dichiarazione con consegna all’Ufficio Postale che ha rilasciato la prescritta ricevuta. In tal senso si è chiaramente espressa la sentenza impugnata, secondo la quale ‘il contribuente ha prodotto la ricevuta attestante la presentazione alle Poste, in data 20.11.2000, della suddetta dichiarazione. Il fatto che tale ricevuta sia stata resa dall’ente ricevente in un modulo a stampa destinato alle raccomandate non inficia la sua rilevanza probatoria poiché il tenore della dichiarazione è tale da non
lasciare alcuna incertezza o dubbio: …’; si precisa poi ancora nella pronuncia gravata che ‘deve concludersi che la dichiarazione integrativa in parola non sia mai stata spedita mediante raccomandata dall’Ufficio Postale ma soltanto consegnata alle Poste’;
-orbene, tale accertamento in fatto non è scalfito dal motivo, che peraltro nell’esordio fa riferimento espresso (contra se) a una errata valutazione RAGIONE_SOCIALE prove da parte della CTR, in quanto lo stesso sollecita la Corte a un nuovo esame del fatto, qui non consentito;
-come è noto (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023)
il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione;
-il secondo motivo si incentra sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR mancato di considerare che in Anagrafe tributaria non è presente la dichiarazione integrativa, non potendo considerarsi la copia in possesso della società prova della regolare compilazione dei
quadri, dovendo quindi valutarsi il contenuto solo della dichiarazione telematica presente, dalla quale non si evince l’esistenza del credito;
-anche tale motivo è inammissibile;
-infatti, la CTR ha ritenuto regolarmente presentata per il tramite RAGIONE_SOCIALE Poste la dichiarazione integrativa, applicando il disposto del comma 8 dell’art. 3 del d.P.R. n. 322 del 1998, secondo il quale ‘la dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all’ufficio ovvero è trasmessa all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE mediante procedure telematiche direttamente o tramite uno dei soggetti di cui ai commi 2bis e 3′. Tale data è stata individuata in quella del 20 novembre 2000 (pag. 7 secondo capoverso della sentenza impugnata). Quanto alla prova della presentazione, la CTR ha correttamente applicato il seguente comma 10 dell’art. 3 surrichiamato, secondo il quale, come si scrive chiaramente, ‘la prova della presentazione della dichiarazione è data dalla comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione presentata in via telematica direttamente o tramite i soggetti di cui ai commi 2-bis e 3, ovvero dalla ricevuta della banca, dell’ufficio postale o dalla ricevuta di invio della raccomandata di cui al comma 5 ‘ (sottolineatura aggiunta);
-sotto questo profilo, l’affermazione sul punto della CTR è netta: ‘il tenore della dichiarazione è tale da non lasciare alcuna incertezza o dubbio: è indicato testualmente il destinatario e il contenuto dell’atto (‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE finanze dichiarazione iva 99 integrativa anno 1998 RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO‘) mentre mancano le indicazioni tipiche di una ricevuta di raccomandata (indirizzo e codice di avviamento postale del destinatario, i codici e costo della raccomandata)’;
-a fronte di tale accertamento in fatto, il motivo propone in parte una interpretazione della disposizione di cui sopra che non è corretta -facendo discendere la prova della presentazione della dichiarazione da elementi diversi della ricevuta che qui rileva e in parte tende a una nuova valutazione del fatto che non può trovare ingresso in sede di Legittimità;
-il terzo motivo si duole della violazione falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 30 e 38bis del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. Per non avere la CTR considerato che spettava in ogni caso al contribuente fornire la prova del fatto costitutivo del diritto rimborso;
-il motivo è infondato;
-è ben vero che secondo questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1822 del 23/01/2019) in tema di IVA, anche nell’ipotesi di domanda di rimborso presentata a seguito della cessazione dell’attività l’Amministrazione finanziaria è tenuta a verificare la sussistenza del credito del contribuente che dovrà assolvere, in caso di contestazione, all’onere probatorio sullo stesso gravante; peraltro (in argomento Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18427 del 26/10/2012; Sez. 5, Ordinanza n. 27580 del 30/10/2018; conf. Sez. 5, Sentenza n. 18427 del 26/10/2012) fermo restando che incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo. Alla luce di ciò, il contribuente era tenuto a fornire detta prova dell’esistenza del credito mediante esibizione del registro IVA RAGIONE_SOCIALE vendite, RAGIONE_SOCIALE fatture e di quant’altro atto a dar conto della formazione del credito in argomento;
-ebbene, rileva il Collegio che proprio su questo profilo, la CTR ha accertato come ‘l’ufficio soltanto in data 12/04/2011 aveva richiesto documentazione depositata in data 12/05/2011’ (pag. 3 secondo capoverso della sentenza impugnata); e ancora che ‘la società (aveva) prodotto tutta la documentazione richiesta dall’ufficio e comprovante il credito (dichiarazione integrativa, fatture, registro acquisti, convenzione stipulata con la regione relativa ai finanziamenti pubblici ricevuti, progetto sottoposto a finanziamento), cosicché il diniego (perché ‘il credito risulta inesistente’) costituivo una omessa motivazione’ (pag. 3 terzultimo periodo della sentenza impugnata); ancora che ‘il contribuente aveva prodotto e comunque messo a disposizione dell’ufficio (si vedono lettere 12 Aprile 2011 11 maggio 2011) la documentazione (fatture, registri, ecc.) che a suo avviso dimostrava l’esistenza del credito a cui si riferiva la richiesta’ (pag. 5 penultimo periodo della sentenza impugnata);
-da quanto sopra deriva che il contribuente ha dimostrato -come ha accertato in fatto la sentenza di appello, facendo in diritto corretta applicazione dei ridetti principi -l’esistenza del credito, derivante dall’esibizione dei registri IVA e RAGIONE_SOCIALE fatture attive e passive, dalla quale regolare registrazione e liquidazione deriva il credito (Cass. 25071/2023);
-il quarto motivo denuncia la nullità della sentenza e/o del procedimento ex artt. 111 Cost., 1, 2, 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992, 132 e 274 c.p.c. e 118 RAGIONE_SOCIALE disp. att. ne c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere il giudice di appello mancato di pronunciarsi sull’esistenza o meno dei requisiti legittimanti il diritto al rimborso, rendendo pertanto motivazione solo apparente;
-il motivo è manifestamente infondato;
-va ricordato che poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile
ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053);
-non sussistono i presupposti per accogliere il motivo secondo per i principi più volte ribaditi da questa Corte in merito al concetto di motivazione apparente. Il rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Ricorre, quindi, il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni
obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. n. 6758 del 2022). Nella specie la motivazione rispetta i principi innanzi indicati, consentendo di comprendere agevolmente il ragionamento effettuato dal giudice di seconde cure.
-conclusivamente, il ricorso va integralmente rigettato;
-la soccombenza regola le spese;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 8.000,00 cui aggiungersi euro 200 per esborsi, 15% per spese generali oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024.