Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6736 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6736 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente e controricorrente incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa, giusta procura speciale depositata in allegato al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del Foro di Modena, in sostituzione del precedente difensore scomparso, avendo la società dichiarato domicilio presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso
la sentenza n. 95, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna il 19.10.2015, e pubblicata il 25.1.2016;
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME la Corte osserva:
Oggetto: Ires, Iva ed Irap, 2006 Compravendite immobiliari -Reddito non dichiarato – Prova presuntiva.
Fatti di causa
L’Agenzia dele Entrate, a seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza e concluse con la consegna di Processo Verbale di Costatazione, notificava alla società RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. THH03T402691/2010, avente ad oggetto il maggior reddito ritenuto conseguito dalla società nell’anno 2006 e non dichiarato, ai fini Ires, Iva ed Irap, con riferimento alla vendita di 32 unità immobiliari, ritenendo l’Amministrazione finanziaria che la società avesse occultato parte dei corrispettivi ricevuti dagli acquirenti. Era svolta anche procedura di accertamento con adesione, che non si concludeva con esito positivo.
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Modena, proponendo censure procedimentali e di merito e contestando, tra l’altro, le modalità di accertamento del preteso maggior reddito. La CTP riteneva parzialmente fondate le critiche di merito proposte dalla società, e riduceva significativamente l’importo del maggior reddito ritenuto accertato.
Avverso la decisione parzialmente sfavorevole conseguita dai primi giudici ha spiegato appello l’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna. La CTR riteneva parzialmente fondate le contestazioni proposte dalla ricorrente, e reputava accertato il conseguimento di un maggior reddito rispetto a quanto valutato dai giudici di primo grado, ma sempre in misura largamente inferiore rispetto a quanto contestato nell’originario avviso di accertamento.
L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia del giudice del gravame, affidandosi a due motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso la società, che ha pure introdotto un motivo di ricorso
incidentale, cui l’Agenzia delle Entrate ha reagito mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., dell’art. 39, comma 1, lett. d), del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 54, comma 2, del Dpr n. 633 del 1972, per avere la CTR erroneamente svalutato la rilevanza indiziaria dell’esercizio antieconomico dell’attività d’impresa, e trascurato gli ulteriori numerosi elementi indiziari offerti.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria censura la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
Con il suo motivo di ricorso incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società contesta la violazione dell’art. 1, comma 265, della legge n. 244 del 24.10.2007, per non avere la CTR rilevato, con riferimento ad alcune vendite di immobili, che gli atti di cessione erano stati formati prima del 4.7.2006, e l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto pertanto fornire la ‘prova diretta’ della vendita a prezzo maggiore del dichiarato, mentre ‘le risultanze dei mutui non costituiscono prova diretta (e perciò prova legale) ma solo prova indiziaria non ammessa per legge per l’accertamento del ‘nero’ circa gli atti notarili stipulati prima del 4.7.2006′ (ric. inc., p. 13).
La contribuente ha contestato nel suo controricorso l’inammissibilità del primo motivo di impugnazione proposto dall’Amministrazione finanziaria perché intenderebbe far valere soltanto ‘la mera ingiustizia della sentenza impugnata’ (controric., p. 6) domandando in realtà un nuovo giudizio di merito. La critica
non è condivisibile, nella sua genericità, perché l’Agenzia delle Entrate propone censure di diritto alla decisione impugnata, in particolare l’errato governo della prova presuntiva, come si evidenzierà anche nel prosieguo.
La società critica ancora l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di autosufficienza, per non avere l’Ente impositore riferito di una pluralità di fatti di causa, come la contestata eliminazione del riferimento normativo ai valori OMI. Occorre allora chiarire che il ricorso dell’Amministrazione finanziaria assolve al vincolo dell’autosufficienza, e riporta con adeguata chiarezza lo svolgimento del processo e le critiche proposte avverso la decisione impugnata, non essendo necessario operare riferimento ad ogni questione dibattuta in corso di causa perché l’impugnativa sia ammissibile.
La contribuente lamenta inoltre l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso, perché commistiona tra loro ragioni di critica non compatibili, la violazione di legge ed il vizio di motivazione. Deve in proposito osservarsi che la formulazione tecnica del secondo motivo di ricorso risulta effettivamente non impeccabile, tuttavia le critiche proposte sono esposte chiaramente anche con riferimento al loro fondamento, e tanto esclude che ricorra una causa di inammissibilità delle censure.
Tanto premesso, con il suo primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per aver erroneamente svalutato la rilevanza indiziaria dell’esercizio antieconomico dell’attività d’impresa, e trascurato gli ulteriori numerosi elementi indiziari offerti. Mediante il secondo strumento di impugnazione l’Agenzia delle Entrate critica la violazione di legge ed il vizio di motivazione in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per avere la CTR omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati
oggetto di discussione tra le parti, peraltro travisando le specifiche prove indiziarie offerte.
I motivi di ricorso presentano ragioni di connessione e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di chiarezza e sintesi espositiva.
5.1. Occorre allora ricordare che l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria, riprendendo gli esiti del PVC redatto dalla Guardia di Finanza, si fonda su una pluralità di indizi. In primo luogo la verifica si è basata sulla riscontrata antieconomicità della gestione d’impresa che, stando ai dati dichiarati dalla contribuente, avrebbe registrato un indice di redditività pari all’1,21% ed una percentuale di ricarico dello 0,35%, a fronte di vendite di immobili complessivamente milionarie. Inoltre, l’accertamento si è avvalso anche, ma non esclusivamente, del raffronto dei prezzi di vendita dichiarati con i valori OMI, risultati molto superiori, e da considerarsi comunque indici presuntivi. Ancora, l’Ente impositore ha valorizzato le ipotesi in cui gli acquirenti hanno contratto mutui per l’acquisto di valore anche molto superiore a quello indicato nei rogiti di acquisto, ed ha stimato il valore degli appartamenti per cui non disponeva di dati ulteriori mediante il raffronto con immobili in relazione ai quali erano stati acquisiti gli elementi indiziari che si sono ricordati, perché trattavasi di immobili facenti parte di un medesimo complesso.
5.2. Tanto premesso, la CTP aveva confermato l’avviso di accertamento in relazione ad un certo numero di vendite immobiliari, e la società ha prestato acquiescenza in merito.
Vengono quindi in rilievo una pluralità di cessioni in cui le vendite sono state assistite da mutui finalizzati all’acquisto di importi superiori stipulati dei compratori con Istituti di credito. In relazione a queste compravendite la CTR ha ritenuto che sussistesse un sufficiente accertamento della dichiarazione di un
prezzo di vendita inferiore al reale, ma ha ridotto il valore accertato dall’Ente impositore.
In relazione alle ulteriori cessioni la CTR ha ritenuto di condividere l’annullamento dell’accertamento come disposto dalla CTP, per l’arbitrarietà della scelta dell’Agenzia delle Entrate di estendere il prezzo medio di cessione accertato in relazione alle vendite per le quali sono stati acquisiti dati certi a tutte le altre cessioni.
5.3. L’Amministrazione finanziaria critica che le valutazioni espresse dalla CTR appaiono errate ed irrispettose delle regole che disciplinano la prova presuntiva, oltre a trascurare l’antieconomicità della condotta dell’impresa, anch’essa un sintomo di evasione fiscale.
5.4. La CTR, innanzitutto, scrive che ‘la supposta antieconomicità degli imprenditori trascura la circostanza che siamo di fronte non ad un’impresa, ma come affermato dalla Società già in prime cure, senza smentita né dall’Ufficio né dai primi giudici ad una scatola vuota, priva di sede, di personale, di progettisti, di capitali, nella quale si sono raggruppati tre soci in tutt’altre faccende affaccendati e dediti ad un intervento di pura speculazione: ma l’azzardo (perché di questo in definitiva si tratta), non è misurabile col metro della razionalità/irrazionalità’ (sent. CTR, p. 10).
5.5. la motivazione espressa sul punto non è condivisibile. Il giudice dell’appello parla di una ‘supposta’ antieconomicità della gestione d’impresa, che pertanto neppure provvede a rilevare se risulti effettivamente sussistente. Quindi svaluta comunque il rilievo del dato, qualificandolo: ‘assai fragile’ (sent. CTR, p. 10), scrivendo che ci si trova in presenza non di un’impresa bensì di una scatola vuota, priva di mezzi e personale. Questo dato, però, si presta a plurime letture, perché una società priva di mezzi e personale consegue un cospicuo risparmio di oneri.
Invero la RAGIONE_SOCIALE aveva, all’epoca dei fatti, natura di società commerciale, e realizzava annualmente fatturazioni comunque milionarie, non si comprende pertanto in qual modo possa rilevare la valutazione che si sarebbe trattato di una scatola vuota. Il riferimento alla razionalità/irrazionalità dell’azzardo (quale?), in assenza di maggiori chiarimenti, non risulta neppure comprensibile.
5.6. La CTR scrive pure che le presunzioni allegate dall’Ente impositore sono in parte inutilizzabili perché ‘non sono ammissibili presunzioni da presunzioni’, mostrando di aderire alla tesi che ritiene vietato il ricorso alle c.d. presunzioni di secondo grado o doppie presunzioni.
Questa Corte regolatrice ha però già avuto modo di chiarire che ‘nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea -in quanto a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto’, Cass. sez. V, 1°.8.2019, n. 20748; e non si è mancato recentemente di ribadire che ‘nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata a fondare l’accertamento del fatto ignoto; ne consegue che, qualora si giunga a stabilire, anche a mezzo di presunzioni semplici, che un fatto secondario è vero, ciò può costituire la premessa di un’ulteriore inferenza presuntiva, volta a confermare l’ipotesi che riguarda un fatto principale o la verità di un altro fatto secondario’, Cass. sez. III, 27.5.2024, n. 14788.
5.7. Anche la confermata tesi secondo cui risulterebbe arbitraria la valutazione dell’Amministrazione finanziaria di estendere il prezzo medio di cessione accertato in relazione alle vendite per le quali sono stati acquisiti dati certi a tutte le altre non risulta adeguatamente sviluppata. L’Agenzia delle Entrate evidenzia che gli immobili si trovano nel medesimo complesso, ed hanno perciò verosimilmente il medesimo valore commerciale, e la CTR non chiarisce perché questo dato di fatto debba ritenersi non rilevante. Questo non esclude, naturalmente, che in casi specifici la valutazione possa considerarsi non attendibile. La CTR segnala che in alcuni casi gli acquirenti avrebbero contratto mutui inferiori al prezzo di rogito, ma neppure indica a quali casi intenda operare riferimento.
5.8. In relazione alle vendite in cui gli acquirenti avevano stipulato mutui superiori rispetto al prezzo di vendita dichiarato nel rogito, poi, in ordine alle quali la CTR ha ritenuto di dover parzialmente accogliere le pretese dell’Amministrazione finanziaria, la riduzione del valore accertato non appare adeguatamente illustrata. Scrive la CTR, rifacendosi anche al PVC, che dal valore dei mutui deve detrarsi il corrispettivo dell’IVA, ma non chiarisce il perché, e secondo la tesi del giudice del gravame deve detrarsi anche ‘quanto analiticamente ammissibile dopo aver sentito in contraddittorio gli acquirenti’ (sent. CTR, p. 11), ma il giudice dell’appello neppure esplicita a che cosa intenda riferirsi, e perché lo ritenga rilevante, almeno a livello indiziario. Peraltro l’Amministrazione finanziaria evidenzia che il PVC indicava un valore imponibile maggiore di quello indicato nell’avviso di accertamento (ric., p. 14).
Il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria risulta pertanto fondato e deve essere accolto.
Con il suo motivo di ricorso incidentale la società contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR con
riferimento ad alcune vendite di immobili, in relazione alle quali gli atti di cessione erano stati formati prima del 4.7.2006, e l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto pertanto fornire la ‘prova diretta’ della vendita a prezzo maggiore del dichiarato, mentre le risultanze dei mutui non costituiscono prova diretta (e perciò prova legale) ma solo prova indiziaria, non ammessa per legge per l’accertamento del ‘nero’ circa gli atti notarili stipulati prima del 4.7.2006′ (ric. inc., p. 13).
6.1. Invero la CTR non afferma che ricorra nel caso di specie una presunzione legale, ma esprime il suo giudizio sulla base degli elementi indiziari forniti da entrambe le parti, e la valutazione fondata su presunzioni, anche semplici, in materia di accertamento tributario del maggior reddito, era consentita anche prima dell’entrata in vigore della normativa richiamata dalla ricorrente incidentale, di cui all’art. 1, comma 265, della legge n. 244 del 24.10.2007, ed anzi risulta dalla stessa esplicitamente confermata.
Il motivo di ricorso incidentale risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
In definitiva deve essere accolto il ricorso principale, respinto l’incidentale, e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna perché proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
7.1. Deve ancora darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, del cd. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
accoglie il ricorso principale proposto dall’ Agenzia delle Entrate , respinto il ricorso incidentale, cassa la decisione impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia innanzi alla Corte
di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna perché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio nel rispetto dei principi esposti, e provveda anche a regolare le spese processuali del giudizio di legittimità tra le parti.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6.3.2025.