Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23826 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23826 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11935/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO .(NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NEW LINE SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.TOSCANA n. 811/2020, depositata il 09/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
L’ Ufficio emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento per recuperare a tassazione IRES, IVA e IRAP dovute per l’anno d’imposta 2012, stante la natura commerciale dell’attività in realtà esercitata.
La società contribuente presentava ricorso che veniva respinto, in prime cure, dalla C.T.P. di Lucca, con la sentenza n. 786/2018.
Al contrario, la C.T.R. della Toscana, con la sentenza oggetto della presente impugnazione, accoglieva l’appello della contribuente e annullava l’atto impositivo impugnato, ritenendo non dimostrata la ‘insussistenza dei requisiti per la qualificazione della società quale dilettantistica senza scopo di lucro’.
L’Agenzia delle Entrate ha , quindi, proposto ricorso per cassazione sulla scorta di due motivi di impugnazione, mentre la contribuente resiste con controricorso.
E’ stata, quindi, fissata udienza camerale per il 02.07.2025.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dall’ Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, n. 811/2020, depositata il 09.11.2020 e non notificata, si fonda su due motivi di doglianza di seguito schematizzati:
Violazione e falsa applicazione art. 90 co. 17, 18, 18 bis l. 289/2002 nonché artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 co, 1 n. 3 c.p.c.;
Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro intrinseca connessione: con gli stessi motivi, infatti, la ricorrente si duole che i giudici di secondo
grado abbiano compiuto un esame isolato e decontestualizzato di alcuni indici di rilevanza della natura commerciale dell’attività esercitata dalla società contribuente, ignorando completamente una serie di ulteriori elementi probatori che erano stati, all’opposto, forniti dall’amministrazione e valorizzati dalla sentenza di primo grado.
In particolare, la sentenza impugnata prende in esame il dato, in sé considerato, dell’esorbitanza dai valori OMI del canone pagato dalla società contribuente alla società proprietaria dei locali, il cui socio al 50% sig. COGNOME è, altresì, socio della stessa contribuente, per poi affermare ‘i valori OMI hanno una valenza indicativa e il loro superamento non può essere dato che implica l’accertamento di una fraudolenza dell’ammontare determinato, tale da disvelare una occulta distribuzione di utili’.
In secondo luogo, la stessa sentenza prende in esame i rimborsi per manutenzioni erogati dalla società dilettantistica alla stessa locatrice per rilevare che, effettivamente, gli importi non corrispondono a quelli delle fatture prodotte quale giustificativo, per poi affermare che ‘qui non si tratta solo di disconoscere la valenza di fatture ma di ricavarne la conclusione che esse mascheravano invero una distribuzione occulta di utili’.
La motivazione della sentenza, estremamente succinta e generica, si ferma qui, senza considerare una serie di ulteriori elementi in atti, quali:
la mancata spendita della denominazione di società sportiva dilettantistica nel sito internet alla medesima riconducibile (genericamente indicata invece come ‘palestra newline’);
mancato reinvestimento nella società degli utili relativi al 2012;
oltre al contratto di locazione già ricordato con la RAGIONE_SOCIALE, la presenza di un contratto di comodato con la società RAGIONE_SOCIALE con cui la SSD aveva ottenuto la gestione di spazi
all’interno di uno stabilimento balneare con distribuzione alla società comodante del 50% degli incassi così ottenuti;
prestazioni di servizi a costi di mercato;
percorso storico di costituzione della società sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE, la cui attività era stata svolta negli stessi locali inizialmente da una ditta individuale di natura commerciale RAGIONE_SOCIALE di Lari Igor, per poi venir trasformata in RAGIONE_SOCIALE Associazione sportiva dilettantistica la cui attività sarebbe stata trasferita proprio nel 2012 alla neo costituita ed omonima RAGIONE_SOCIALE, con nomina quale amministratore della sorella del COGNOME il quale oltre che socio era contemporaneamente socio della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE locatrice dell’immobile in cui la SSD svolgeva la propria attività.
Di tutto questo nella scarna motivazione della decisione impugnata non vi è traccia. Inoltre, anche i singoli elementi indiziari pure considerati, vengono trattati in modo atomistico e decontestualizzato, giungendo a sminuirne la rilevanza senza che venga compiuto un accertamento più complessivo dei fatti da cui desumere la natura commerciale o senza scopo di lucro dell’attività svolta dalla contribuente.
In tema di prova presuntiva, quale è quella oggetto di applicazione da parte della sentenza di merito, si è da tempo affermato che il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia ? di regola ? desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti,
e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in Cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass., Sez. 2, ord. n. 9054 del 21/03/2022; conforme anche Sez. 2, ord. n. 22544 del 04/08/2025).
Nel caso di specie, il giudice del merito ha preso in esame in modo isolato alcuni elementi, trascurandone arbitrariamente e senza motivazione altri, di poi mancando di operare quella necessaria ‘convergenza del molteplice’ che impone di analizzare anche in modo complessivo i singoli elementi indiziari, così incorrendo in un tipico errore di sussunzione, posto che anche un singolo fatto secondario può acquisire carattere di gravità e concordanza se, invece di essere riguardato in modo atomistico, sia messo in relazione con le altre circostanze di fatto che identificano la fattispecie.
Si veda a quest’ultimo proposito Cass., Sez. 3, ord. n. 9178 del 13/04/2018, che ha ammesso la censura del ragionamento indiziario condotto per escludere la sussistenza del danno parentale, osservando che ‘i requisiti della gravità, precisione e
concordanza degli elementi presuntivi devono essere ricavati dal complesso degli indizi da valutarsi non atomisticamente ma nel loro insieme e l’uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno, quand’anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, potrebbe rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento’, di poi cassando la relativa sentenza di merito.
In definitiva, la decisione impugnata -omettendo una corretta applicazione delle regole di valutazione della prova indiziaria – è altresì incorsa in un vizio c.d. di sussunzione, espressione con la quale si indica non tanto l’accertamento dei fatti da parte del giudice -che certamente appartiene alla potestà giudicante meritale -quanto la valorizzazione di elementi di fatto che appaiono inidonei a trarre le conseguenze giuridiche che vengono affermate dalla decisione di merito. Vero e proprio crocevia fra giudizio di fatto e giudizio di diritto, il difetto di sussunzione rileva nel giudizio di legittimità come vizio della sentenza impugnata che ne consente la critica sotto il profilo della violazione e, più in particolare, della falsa applicazione di legge, sub art. 360 n. 3 c.p.c., così come in effetti denunciato dalla ricorrente.
I motivi di ricorso, pertanto, congiuntamente considerati appaiono fondati.
La pronuncia impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Toscana affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso, tenendo conto dei principi sopra espressi.
Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie i motivi di ricorso e cassa, di conseguenza, la sentenza impugnata;
rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Toscana, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2025.