Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25145 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10907/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. dell’UMBRIA n. 201/2019 depositata il 16/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza epigrafata, in punto di fatto, si evince quanto segue:
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato gli avvisi di accertamento n. T3N031604178/2014, relativo all’anno 2010, e n. T3N031604194/2014, relativo all’anno 2011, con i quali l’Agenzia delle Entrate di Perugia ha accertato un maggiore imponibile ai fine Ires ed Irap, rispettivamente, di € 1.000.000,00= e di € 1.800.000,00=.
La verifica fiscale è stata originata da un controllo transfrontaliero effettuato in data 17/02/2011 nei confronti di COGNOME NOME , amministratore della RAGIONE_SOCIALE fra i vari documenti di carattere finanziario e commerciale che erano stati rinvenuti in occasione del controllo figuravano cinque fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società venezuelana RAGIONE_SOCIALE): la n. 61/2010 di € 700 .000,00=, la n. 62/2010 di € 1.000.000,00=, la n. 140/2010 di € 700.000,00=, la n. 1/2011 e la n. 2/2011 di € 900.000,00= ciascuna. Nella successiva attività di verifica presso la sede della RAGIONE_SOCIALE venivano rinvenute le medesime cinque fatture, di cui solo due erano state annotate in contabilità (la n. 61/2010 e la n. 140/2010, di 700.000,00= ciascuna); la Guardia di Finanza rinveniva anche un contratto di appalto del 2009 fra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE per la progettazione e realizzazione di due ospedali e di una piastra logistica in Venezuela per un valore complessivo di € 17.300.000,00=, con previsione di pagamento a stati di avanzamento al raggiungimento dell’importo di € 1.000.000,00=, nonché degli assegni consegnati da una società garante della RAGIONE_SOCIALE (tale RAGIONE_SOCIALE) a Betori Fabrizio per l’importo di 1.490.000,00 dollari, ma la società controllata documentava che gli stessi assegni erano tornati insoluti per mancanza di fondi.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi recuperato a tassazione le tre fatture emesse e non contabilizzate.
Con sentenza n. 341/03/2016, la CTP di Perugia, adita dalla contribuente, respingeva i ricorsi riuniti.
La contribuente proponeva appello, respinto dalla CTR dell’Umbria nel merito, con la sentenza in epigrafe, ritenendo che non vi fosse ‘prova della consegna, spedizione o trasmissione delle fatture in questione al committente COGNOME e che solo in relazione ad una delle tre fatture (la n. 62/2010) è stato rinvenuto un inizio di prova in tale senso, consistente in un’annotazione manoscritta sulla stessa fattura: “mandata via mail a COGNOME il 11/03/2010″; tuttavia tale annotazione avrebbe richiesto un riscontro sull’effettiva spedizione della fattura alla PDIO per posta elettronica, riscontro che invece non è stato effettuato. Inoltre per le altre due fatture difetta anche tale elemento indiziario’, ritenendo che le stesse costituissero un mero indizio ‘da solo non è sufficiente a dimostrare l’occultamento di materia imponibile’.
Osservava poi che la parte aveva dedotto che i lavori di cui al contratto di appalto con la RAGIONE_SOCIALE non sono mai stati eseguiti e nemmeno iniziati, circostanza che riteneva suffragata dal rilievo che la RAGIONE_SOCIALE non ha mai avuto un’organizzazione in Venezuela e che non ha sostenuto nessuna spesa in relazione al contratto di appalto’; inoltre, per quanto riguarda i pagamenti, le due fatture emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e regolarmente contabilizzate erano state pagate con assegni rimasti insoluti, mentre i verificatori non hanno rinvenuto altre movimentazioni bancarie o finanziarie fra le due società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE).
Escludeva la rilevanza dei documenti sequestrati all’amministratore di RAGIONE_SOCIALE al momento del controllo transfrontaliero
posto che: -i documenti n. 9 e n. 19 sono lettere sottoscritte da COGNOME in cui lo stesso afferma di avere “ricevuto dalla società RAGIONE_SOCIALE con sede in Caracas -come pagamento per prestazioni professionali personali e delle mie società -corporate band per un controvalore di € 100.000.000,00=” e chiede al destinatario della missiva (che in un caso è una società finanziaria del Liechtenstein, mentre nell’altro caso non è specificato essendo la lettera priva di intestazione) di “verificare la corrispondenza tra quanto dettomi e documentalmente consegnatomi e quanto in realtà depositato”; -nel documento n. 9 il COGNOME esprime apertamente perplessità circa la regolarità dei titoli finanziari in questione, riservandosi azioni idonee; -la lettera datata 29/01/2011, non sottoscritta ma apparentemente proveniente da NOME COGNOME con cui lo stesso dà una serie di disposizioni finanziarie a COGNOME, fra cui quella di effettuare un bonifico di € 2.400.000,00=, da un conto UBS in Svizzera a favore di RAGIONE_SOCIALE per il saldo delle fatture RAGIONE_SOCIALE era priva di firma e insufficiente a provare che il bonifico in favore di RAGIONE_SOCIALE fu poi effettuato.
Concludeva nel senso di ritenere che ‘la documentazione rinvenuta nel corso del controllo alla frontiera (che comprende anche altra corrispondenza e documentazione varia) dimostra senz’altro l’esistenza di una fitta rete di rapporti economici e finanziari fra COGNOME e COGNOME e le varie società di cui gli stessi erano amministratori, rapporti che verosimilmente tendevano anche ad occultare materi imponibile e/o risorse finanziarie, ma non è idonea a dimostrare il pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE a Bieffe RAGIONE_SOCIALE della somma di € 2.800.000,00= in corrispettivo di prestazioni d’opera, della cui effettiva esecuzione non vi è parimenti nessuna prova’.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; la contribuente resta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54 e 21 del d.p.r. 633/72 dell’art. 39, comma 1, lett. d) del dpr 600/73 e degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’.
1.1. I Giudici hanno trascurato ‘i numerosi elementi indiziari, acquisiti sia in occasione del controllo transfrontaliero effettuato in data 17/2/2011 dalla Guardia di Finanza di Ponte Chiasso nei confronti di COGNOME NOME, che nel corso delle attività di verifica svolte dalla Guardia di Finanza di Foligno nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di cui il COGNOME era rappresentante legale; ciò sebbene tutti i documenti acquisiti in occasione dei suddetti controlli (lettere, contratti, fatture, documenti di carattere finanziario/valutario e commerciale ecc.) fossero stati prodotti in giudizio dall’Ufficio sin dal primo grado di giudizio . ‘Ufficio ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE avesse omesso di contabilizzare e dichiarare ricavi per € 1.000.000 per l’anno 2010 ed € 1.800.000 per l’anno 2011, derivanti dal contratto di appalto stipulato con la società venezuelana RAGIONE_SOCIALE L’esistenza dei ricavi non contabilizzati è stata desunta dai seguenti elementi: 1. contratto di appalto tra RAGIONE_SOCIALE, nella persona del presidente NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE nella persona del presidente NOME COGNOME per la progettazione e realizzazione di due unità sanitarie (ospedali) ed una piastra logistica per stoccaggio attrezzature e macchinari per un valore complessivo di € 17.300.000,00. Modalità di pagamento previste: a stato avanzamento lavori, al raggiungimento della cifra di € 1.000.000,00 (All. 20 al PVC); 2. cinque fatture attive, di cui solo due contabilizzate (all. 2 e 4
al PVC), che nella descrizione delle prestazioni rese fanno espresso riferimento ai lavori previsti dal contratto di appalto. Le tre fatture non contabilizzate (una di € 1.000.000 per il 2010 e due di € 900.000 cadauna per il 2011) costituiscono gli allegati nn. 3, 5 e 6 al PVC 3. documenti attestanti che il Betori è stato beneficiario di ingenti pagamenti per le prestazioni effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE. Si richiama in proposito quanto indicato a pag. 16 del PVC, a proposito della lettera, datata 29/1/2011, nella quale il Sig. COGNOME NOMECOGNOME presidente della RAGIONE_SOCIALE, chiedeva al COGNOME di effettuare un bonifico di € 2.400.000,00 a saldo fatture PDIGO a favore di RAGIONE_SOCIALE, utilizzando somme depositate sul conto UBS di Zurigo (all. 14 PVC), nonché la lettera indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE con sede nel Liechtenstein, nella quale il Sig. COGNOME attestava di aver ricevuto dalla società RAGIONE_SOCIALE di Caracas (il cui presidente era sempre il COGNOME), per prestazioni professionali personali e delle società a lui riconducibili, il pagamento di corporate bonds per un controvalore di € 100.000.000,00 garantiti da certificati di deposito AU Gold (all. 19 PVC). I verbalizzanti al riguardo hanno debitamente evidenziato che l’unica società operativa del Betori che poteva aver effettuato le prestazioni come sopra retribuite era la RAGIONE_SOCIALE. Giustamente la Guardia di Finanza, alle pag. 16 e 17 del PVC sottolinea che, anche se i pagamenti delle fatture non sono confluiti nei conti italiani della RAGIONE_SOCIALE e del COGNOME questi aveva certamente la disponibilità di conti all’estero, come risulta dalla stessa lettera del 29/1/2011 sopra citata. Ebbene, a fronte dei sopra indicati documenti la sentenza afferma, ad esempio, che ‘non vi è prova della consegna, spedizione o trasmissione delle fatture in questione al committente RAGIONE_SOCIALE e che i verificatori, una volta reperita la fattura n. 62/2010, recante l’annotazione manoscritta ‘mandata via mail a COGNOME il 11/03/2010′, avrebbero anche dovuto effettuare, per poterla utilizzare come prova,
‘un riscontro ‘. La sentenza inoltre, del tutto illogicamente ed in contrasto con le stesse risultanze contabili, afferma poi che ‘i lavori di cui al contratto di appalto con la RAGIONE_SOCIALE non sono mai stati eseguiti ‘. E ciò, nonostante proprio in relazione al suddetto contratto e alle prestazioni ivi previste, la società abbia contabilizzato due fatture nell’anno 2010 per il complessivo importo di € 1.400.000,00 ‘. ‘In sintesi, dunque, a fronte di un complesso di elementi di prova documentali e circostanziat, che certamente nel loro complesso costituiscono le presunzioni gravi, precise e concordanti richieste dall’art. 39, comma 1, lett. d) del DPR 600/73, la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che l’A.F. avesse un ulteriore onere di procedere ad altri, irrealistici, adempimenti, mentre è sul contribuente che gravava l’onere di fornire la prova contraria per confutare l’impianto indiziano dell’Ufficio. La Commissione Tributaria Regionale ha fatto anche malgoverno dei richiamati principi ed ha male applicato gli artt. 2727 e 2729 ‘.
2. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
2.1. In tema di prova per presunzioni, cui ovviamente è abilitata l’Amministrazione ex art. 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600 del 1973, vige il principio a termini del quale ‘il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una
valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento’ (Sez. 3, n. 9059 del 12/04/2018, Rv. 648589 -01).
In specificazione del principio di cui innanzi s’è ulteriormente precisato che ‘il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1,
3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma’ (Sez. 2, n. 9054 del 21/03/2022, Rv. 664316 -01).
2.2. Il giudice d’appello ha inosservato i superiori principi.
Invero, ha parcellizzato il quadro indiziario offerto dall’Ufficio, isolando arbitrariamente solo taluni documenti per contestarne la rilevanza.
In tal guisa, tuttavia,
-anzitutto, cade in un’apodittica squalificazione, segnatamente, dell’annotazione manoscritta apposta sulla fattura n. 62 del 2010 (nonostante il chiaro e circostanziato, quanto ad uso della posta elettronica e data, contenuto della medesima: ‘Mandata via mail a COGNOME il 11/03/2010′), giungendo persino ad addossare all’Ufficio impropri oneri di approfondimento e riscontro (mentre invece, acquisito quantomeno un principio di prova documentale dell’invio della fattura via mail, incombeva alla contribuente la prova contraria);
-inoltre, e soprattutto, del tutto ingiustificatamente pretermette la disamina di elementi di per sé dotati di efficacia dimostrativa, viepiù in una visione d’insieme.
Con più specifico riguardo a tale secondo profilo, un tanto è a dirsi soprattutto per il dato basilare dell’effettiva contabilizzazione di due fatture su cinque, tutte espressamente riferite, nell’oggetto, al
cantiere (in contrasto, tra l’altro, con la tesi della contribuente, condivisa dalla sentenza impugnata, dell’inoperatività ed anzi finanche della mancata attivazione dello stesso); ciò senza contare che le fatture contabilizzate sono la prima e la terza della serie (la n. 61 del 2010 di € 700.000,00= e la n. 140 del 2010 di € 700.000,00=), mentre quella centrale (la n. 62 del 2010di € 1.000.000,00=), pur non contabilizzata, recava tuttavia l’annotazione manoscritta di cui s’è detto.
Aggiungasi, da un lato, esser stato il Betori, che disponeva di conti esteri, pacificamente beneficiario di ingenti pagamenti per le prestazioni di RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, aver rappresentato RAGIONE_SOCIALE l’unica società operativa del RAGIONE_SOCIALE.
In definitiva, il giudice d’appello non ha compiuto un’analisi effettiva di tutti gli indizi addotti dall’Ufficio, oltreché ‘singulatim’, in funzione cioè della loro intrinseca attitudine dimostrativa, altresì gli uni alla luce (e a mezzo) degli altri; indi, ‘a fortiori’, ha totalmente mancato -persino dal punto di vista grafico -di effettuare alcuna doverosa ricostruzione di sistema, tirando, per così dire, le fila del discorso, onde verificare la conducenza o meno di detti indizi, valutati nel loro complesso, in direzione della conferma, o meno, dell’allegazione della parte pubblica, entro un quadro intrinsecamente coerente ed estrinsecamente allineato alle evidenze documentali.
Il giudice d’appello ha, quindi, abdicato al dovere di compiere un’effettiva e completa valutazione della prova indiziaria sottesa all’accertamento, ingiustificatamente e contraddittoriamente relegando l”esistenza di una fitta rete di rapporti economici e finanziari fra Betori e COGNOME‘, la cui ‘dimostrazione’ assume acquisita, ad un piano di insufficienza rispetto alla finalità, data
finanche per ‘verosimile’, di ‘occultare materi imponibile e/o risorse finanziarie’.
Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame ed altresì per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 28 maggio 2025.