Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33793 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Regime del perfezionamento
attivo- oli di oliva
vergini-
Prova organolettica- procedura rigidamente tipizzata dal legislatore comunitario
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33793 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 8119 del ruolo generale dell’anno 202 4, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, n. 1009/06/2023, depositata in data 16 ottobre 2023, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udita per la società ricorrente l’Avv.to NOME COGNOME e per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE, nel corso del 2018, effettuò un’ operazione doganale di importazione dalla Tunisia di merce dichiarata come ‘olio extravergine d’oliva”, olio scortato da documenti commerciali e certificatori che ne attestavano la corrispondenza alla categoria di “olio di oliva extravergine” secondo le norme COI (Consiglio oleicolo internazionale al quale aderisce anche l’unione europea). L’olio venne vincolato al regime di traffico di perfezionamento attivo (T.P.A.) ex artt. 114 e ss. del Reg. CEE n. 2913/1992 (C.D.C.), con sospensione dei diritti doganali fino alla successiva riesportazione verso Paesi extra UE, come da autorizzazione dell’Ufficio delle Dogane di Firenze secondo cui il prodotto importato doveva essere confezionato in Italia per essere riesportato ‘per identità’ verso Paesi terzi.
1.1.A seguito di controlli effettuati su campioni prelevati al momento della riesportazione, mediante analisi di assaggio (c.d. panel test presso il Laboratorio Chimico di Bari), l’Ufficio delle dogane di Firenze ritenne la merce riesportata –
pur presentante caratteri chimici propri della categoria olio extravergine d’oliva – non conforme al dichiarato con conseguente declassamento dalla categoria doganale di olio extravergine d’oliva a quella di olio vergine d’oliva. A seguito di richiesta di RAGIONE_SOCIALE, vennero effettuate due controanalisi (presso il Laboratorio RAGIONE_SOCIALE, Pescara e il Laboratorio RAGIONE_SOCIALE di Roma) che confermarono il giudizio delle analisi di prima istanza di non conformità delle caratteristiche del prodotto riesportato a quello dichiarato. Pertanto, sul presupposto della minore qualità della merce riesportata rispetto a quella importata, in contrasto con quanto autorizzato, la società venne ritenuta inadempiente al regime di perfezionamento attivo, con conseguente nascita dell’obbligazione doganale, ex art. 204 C.D.C.
1.2.Venne, quindi, emesso dall’Ufficio delle Dogane di Firenze il provvedimento di declassamento della merce da olio extravergine di oliva a olio di oliva vergine, con conseguenziali atto di invito al pagamento di dazi doganali, Iva all’importazione, contributo per la Stazione Sperimentale oli e grassi, interessi, e atto di irrogazione della relativa sanzione.
2.Avverso la suddetta determinazione e gli atti impositivi, la società propose ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze che, previa riunione, li rigettò, con sentenza n. 127/01/2022.
3.Avverso la sentenza di primo grado, la società contribuente propose appello dinanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che con sentenza n. 1009/06/2023, depositata in data 16 ottobre 2023, lo rigettò.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CGT (richiamando i principi di diritto enunciati da Cass. n. 13081/2020; n. 18748/2020; n.18749/2020; n. 33314/2019) ha osservato che: 1) quanto alla denunciata erroneità del provvedimento di declassamento della merce per inattendibilità delle analisi organolettiche ( panel test ), in base all’ art. 2, par.2, del Reg. CE n. 2568/91 (collegato all’art. 2, par. 1, lett. i), ‘l’olio ai fini della classificazione come extravergine di oliva, oltre alle caratteristiche chimiche di cui all’Allegato 1,
doveva possedere anche quelle organolettiche accertate attraverso il panel test di cui all’Allegato 12’; una pregiudiziale contestazione del metodo del panel test , costituiva un ‘chiaro fuor d’opera’ non potendo prescindersi, nella definizione dell’olio d’oliva da una valutazione sensoriale, demandata al fattore umano ; il rispetto del procedimento tecnico – amministrativo di verifica organolettica dell’olio di oliva in contraddittorio con la parte, predeterminato nei tempi, nelle forme e nei contenuti adot tato dall’Ufficio nel caso in esame, come risultava dalla documentazione allegata al fascicolo processuale, costituiva prova della legittimità dei conseguenti provvedimenti impugnati; 2) essendo il metodo di classificazione della merce codificato a livello comunitario, ritenere le analisi svolte privatamente dalla società, al di fuori dei canali ufficiali e in assenza di contraddittorio, una valida controprova avrebbe reso vano il controllo dell’Ufficio delle dogane; 3) quanto all’eccepita buona fede e legittimo affidamento della contribuente, il traffico di perfezionamento attivo, quale regime di carattere agevolativo, comportava precisi obblighi dell’importatore a tutela di superiori interessi comunitari per cui, nella specie, la prova della ‘ identità ‘ del prodotto riesportato a quello importato avrebbe dovuto essere fornita dalla contribuente sulla base di analisi ufficialmente condotte e non già sulla base di analisi svolte privatamente inidonee, pertanto, ad essere poste a fondamento dell’ assunto affidamento incolpevole; ciò in disparte che era erroneo il richiamo all’art. 220 Reg. 2913/1992 (CDC) afferente alla diversa fattispecie della mancata contabilizzazione dei dazi per errore dell’autorità doganale; 4) quanto alle sanzioni era sufficiente che la contribuente non avesse posto in essere, con la dovuta diligenza, comportamenti atti ad accertare le effettive caratteristiche della merce.
Avverso la suddetta sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a otto motivi.
6.Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
La società ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c., per avere la CGT, incorrendo in un vizio valutativo delle prove e in una violazione del criterio distributivo dell’onere probatorio, omesso l’esame della dedotta già con la memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992 in primo grado e nuovamente in sede di appello – sentenza penale del GUP presso il Tribunale di Firenze del 13.1.2021 di non luogo a procedere con formula piena perché ‘ il fatto non sussiste ‘ emessa nei confronti del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in relazione alla imputazione di frode in commercio e falso ideologico per induzione con riguardo alla medesima operazione di importazione (bolletta doganale Ex A Reg. 3T n. 446P del 28.12.2018) oggetto di verifica al momento della riesportazione con declassamento dell’olio da extra vergine d’oliva a vergine d’oliva e conseguenti atti impositivi impugnati nel giudizio tributario in esame.
1.2.Il motivo è infondato.
1.3. Va premesso, in termini generali, che, in tema di efficacia del giudicato penale nel processo tributario, è intervenuto l’art. 21bis (‘ Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione ‘) del d.lgs. n. 74/2000, introdotto con il d.lgs. 14 giugno 2024 n. 87, in forza del quale «1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi . 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione
perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati ». Secondo questa novella, quindi, il giudicato penale vincola il giudice tributario soltanto con riguardo all’accertamento dei «fatti materiali oggetto di valutazione» ma lascia impregiudicato, per il resto, il giudizio sul rapporto tributario secondo la normativa fiscale (Cass. n. Sez. 5, Ordinanza n. 23608 del 2024).
1.4. Ciò premesso, nel caso di specie, dallo stralcio dell’atto di appello riportato in ricorso (pagg. 10-11) risulta essere stata dedotta (come allegato alla memoria in primo grado ex art. 32 del d.lgs. n. 546/92) la sentenza penale di non luogo a procedere del G.U.P. presso il Tribunale di Firenze perché il ‘ fatto non sussiste ‘ che di per sé non costituisce pronuncia suscettibile di passare in giudicato (art. 428 c.p.p.). Pertanto, una volta esperiti tutti i mezzi di impugnazione la sentenza di non luogo a procedere acquista efficacia preclusiva allo stato degli atti: cioè tale sentenza può comunque essere soggetta a revoca (artt. 434 e segg. c.p.p.) ma in assenza di tale revoca, il pubblico ministero non potrebbe più validamente esercitare l’azione penale per il medesimo fatto e nei confronti degli stessi soggetti. Nè, comunque, viene dedotto dalla ricorrente l’avvenuto esperimento o decorso dei termini per proporre impugnazione avverso la richiamata sentenza penale ; né consegue che il giudice di appello , nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), non era tenuto nella formazione del proprio ‘libero convincimento’ a procedere ad un apprezzamento del contenuto della sentenza penale del GUP, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, par. 2, del Reg. CEE 2568/91 e S.M.I., in combinato disposto con gli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c.,
nonché con i principi in materia di autocontrollo del settore alimentare di cui al Reg. CE 178/2002 e del Reg. CE 852/2004 per avere la CGT introdotto una sorta di presunzione assoluta nella valutazione del panel test trasformando il panel test in una prova legale, i cui risultati sarebbero ex adverso inattaccabili (‘ ritenere le analisi svolte privatamente dalla società appellante, ossia al di fuori dei canali ufficiali e in assenza di contraddittorio, una valida controprova dell’accertamento svolto dall’U fficio, reso vano il controllo posto a presidio delle risorse proprie dell’Unione europea, della salute dei consumatori e del principio di libera concorrenza dei mercati, degli Uffici doganali sul prodotto ‘). Diversamente, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe dovuto apprezzare prudentemente le risultanze del panel test , trattandosi di un metodo (come confermato anche nel Reg. CE 1638/1998) affetto da una criticità insita connaturata al carattere soggettivo della prova di assaggio, e non escludere, in violazione del criterio di riparto dell’onere della prova, che la società potesse offrire la controprova attraverso certificazioni organolettiche effettuate in sede di autocontrollo (è richiamata la sentenza del C.d.S. n. 7566 del 2020).
2.1.Il secondo motivo si profila, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
2.2.Preliminarmente si osserva che il ricorso in esame è fondato, su uno specifico presupposto fattuale, ossia che la merce importata dalla Tunisia in regime di T.P.A. e quella riesportata fossero coincidenti anche dopo il trattamento autorizzato, laddove, l’assunto della coincidenza della merce è contestato dall’Agenzia delle Dogane, essendo emersa – a seguito di controlli effettuati su campioni prelevati al momento della riesportazione, mediante c.d. panel test , anche all’esito di due controanalisi – la non conformità della merce riesportata al dichiarato, con conseguente declassamento della stessa dalla categoria doganale di olio extravergine d’oliva a quella olio vergine d’oliva.
2.3.Ciò posto, va premesso che l’art. 2, par. 2, cit. , nel testo vigente ratione temporis , introdotto dal Regolamento esecutivo (UE) n. 1348/2013, stabilisce che “2. La verifica delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini da
parte delle autorità nazionali o dei loro rappresentanti è effettuata da panel di assaggiatori riconosciuti dagli Stati membri. Le caratteristiche organolettiche di un olio, ai sensi del primo comma, si considerano conformi alla categoria di olio di oliva dichiarata se il panel di assaggiatori riconosciuto dallo Stato membro ne conferma la classificazione. Qualora il panel non confermi la categoria dichiarata, sotto il profilo delle sue caratteristiche organolettiche, a richiesta dell’interessato le autorità nazionali o i loro rappresentanti incaricano altri panel riconosciuti di effettuare quanto prima due controanalisi, di cui almeno una deve essere effettuata da un panel riconosciuto dallo Stato membro di produzione dell’olio. Le caratteristiche in questione sono considerate conformi a quelle dichiarate se le due controanalisi confermano la classificazione dichiarata . In caso contrario il costo delle controanalisi è a carico dell’interessato”.
2.4.L’art. 1, par. 1, del Reg. citato, nel testo introdotto dal Reg. (CE) n. 1989/2003, stabilisce che “Sono considerati oli di oliva vergini ai sensi del punto 1, lettere a) e b), dell’allegato del regolamento n. 136/66/CEE gli oli le cui caratteristiche sono conformi a quelle indicate rispettivamente nei punti 1 e 2 dell’allegato I del presente regolamento”. Il citato punto 1 dell’Allegato I descrive esattamente le caratteristiche fisico-chimiche (da accertarsi mediante analisi chimiche di laboratorio), nonché quelle organolettiche (mediana del difetto =0, mediana del fruttato >0) che la partita di olio in considerazione deve possedere per essere catalogata come extravergine.
2.5.Il metodo del panel test , utilizzato per la verifica delle qualità organolettiche dell’olio, è disciplinato dall’art. 2, par. 2, del Regolamento (e dall’Allegato XII), ed è stato introdotto nella vigente conformazione (ossia, con la costituzione di un panel di assaggiatori, competendo tale valutazione, in precedenza, ad un solo analista, almeno in prima battuta) dal Reg. (CE) n. 796/2002. Ciò perché, come si evince dal quinto considerando, “In base alle esperienze maturate, il Consiglio oleicolo internazionale ha elaborato un nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini. Questo metodo si è rivelato più attendibile e semplice di quello attualmente previsto dall’allegato XII
del regolamento (CEE) n. 2568/91. È opportuno quindi sostituire il metodo previsto all’allegato XII con il nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini”. Inoltre (sesto considerando) “Ai fini dell’applicazione del nuovo metodo di valutazione organolettica è necessario prevedere una procedura di arbitrato in caso di contrasto tra la categoria dichiarata e quella attribuita dal panel riconosciuto che esegue la valutazione”.
2.6.Dal sistema sommariamente delineato emerge che il combinato disposto del punto 1, lett. a), dell’Allegato al Regolamento (CEE) n. 136/1966, nonché degli artt. 1 e 2 del Regolamento (CEE) n. 2568/1991 e s.m.i., nonché dell’Allegato XII a quest’ultimo, delinea normativamente le caratteristiche dell’olio di oliva extravergine, stabilendo che esso deve rispondere a determinati requisiti fisicochimici ed organolettici, ossia, quanto a questi ultimi, a specifiche caratteristiche apprezzabili dall’uomo per via sensoriale e, perciò, non oggettivamente certificabili. In altre parole, affinché in ambito UE una partita di olio d’oliva possa fregiarsi della qualità extravergine, occorre non soltanto che essa rispetti i parametri fisico-chimici di cui all’Allegato I, punto 1, del Regolamento in discorso, ma che essa superi anche l’analisi organolettica di cui all’Allegato XII dello stesso. L’esito negativo anche solo di tale ultima indagine è sufficiente a catalogare il prodotto come “non conforme alla categoria dichiarata” Quanto precede, peraltro, è del tutto in linea con la nozione commerciale di olio di oliva extravergine, attualmente tratteggiata dalla norma COI/T.15/NC n. 3/Rev. 12, emessa dal Consiglio Oleicolo Internazionale (C.O.I.), organizzazione intergovernativa nata sotto il patrocinio dell’O.N.U. nel 1959, i cui membri – tra cui la UE e la stessa Tunisia – sono i Paesi produttori di olio di oliva su scala mondiale. Non è affatto casuale che proprio al fine di rendere più efficaci e attendibili le valutazioni sensoriali in discorso, l’art. 2, par. 2, cit. è stato modificato dal Reg. (CE) n. 796/2002, che al quinto considerando (come s’è già detto) fa esplicito riferimento al “nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini” elaborato proprio dal C.O.I. In definitiva, la congiunta valutazione chimica ed organolettica dell’olio,
ai fini che interessano, è indefettibile non solo nell’ottica normativa eurounitaria, ma prima ancora su base convenzionale, nel contesto internazionale del settore oleicolo. (Cass. n. Sez. 5, Ordinanza n. 13081 del 2020). Pertanto, non può prescindersi, nella definizione dell’olio di oliva extravergine, da una valutazione sensoriale, ovviamente demandata al fattore umano.
2.7.Ciò premesso, la censura nella parte in cui denuncia l’introduzione da parte della CGT di una sorta di presunzione assoluta nella valutazione del panel test , i cui risultati non sarebbero superabili con prova contraria -non è conforme al decisum e, comunque, non è fondata in quanto muove da un erroneo presupposto interpretativo.
Invero, nella sentenza impugnata, il giudice di appello – dopo avere evidenziato, nella sostanza, l’eguale valore ponderale attribuito dal legislatore eurounitario alle analisi chimiche ed organolettiche, nel senso che le risultanze di entrambi gli esami devono ritenersi convergenti, al fine di attribuire all’olio valutato la qualità superiore -ha valutato in concreto il procedimento espletato di analisi organolettica del prodotto con esclusione dell’esistenza di irregolarità nelle analisi dei campioni prelevati al momento del riesportazione, e, nelle successive controanalisi (‘ il rispetto del procedimento tecnico-amministrativo di verifica organolettica dell’olio di oliva in contraddittorio con la parte, predeterminato nei tempi, nelle forme e nei contenuti adottato dall’Ufficio nel caso in esame, come risultava dalla documentazione allegata al fascicolo processuale, costituiva prova della legittimità dei conseguenti provvedimenti impugnati ‘) ; in particolare, la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado – nel quadro normativo richiamato e, in particolare, dopo avere evidenziato il rigore con cui lo stesso Regolamento (CEE) n. 2568/1991 disciplina il panel test , all’Allegato XII – ha apprezzato, in concreto, il procedimento espletato di analisi organolettica del prodotto riesportato il cui risultato, anche all’esito delle due controanalisi, aveva confermato che l’olio riesportato non era conforme al dichiarato. Pertanto, il giudice di appello non ha fatto assurgere le analisi effettuate al panel test a prova legale e/o presunzione assoluta (e quindi incontestabile), come dedotto dalla
ricorrente, ma ne ha valutato liberamente le risultanze, anche alla luce delle controanalisi effettuate, sicchè neppure può configurarsi la dedotta violazione della normativa nazionale e comunitaria; quanto alla controprova, il giudice di appello, ha affermato che (‘ ritenere le analisi svolte privatamente dalla società appellante, ossia al di fuori dei canali ufficiali e in assenza di contraddittorio, una valida controprova dell’accertamento svolto dall’Ufficio, reso vano il controllo posto a presidio delle risorse proprie dell’Unione europea, della salute dei consumatori e del principio di libera concorrenza dei mercati, degli Uffici doganali sul prodotto ‘) Con ciò la CGT -senza, peraltro, incorrere nella denunciata violazione del criterio di riparto dell’onere della prova ha correttamente escluso la valenza di prova a contrario delle certificazioni relative alle analisi commissionate dalla parte contribuente atteso che la esatta corrispondenza della qualità del prodotto importato e di quello riesportato poteva essere certificata – in forza della normativa comunitaria – solo da laboratori siti negli stati membri (v. nello stesso senso, Cass., sez. 5, sentenza n. 18748 del 2020), incaricati dalle ‘Autorità nazionali’ in base alla procedura, nel contraddittorio con la parte interessata, puntualmente disciplinata dall’art. 2, par. 2, del Regolamento e dall’Allegato XII, che prevede, al suo interno, in primo luogo, qualora il panel di prima istanza non confermi la categoria dichiarata, l’incarico da parte delle autorità nazionali ( o di loro rappresentanti), a richiesta dell’interessato, di altri panel riconosciuti per l’effettuazione di due controanalisi e, in ogni caso, la possibilità da parte dell’operatore, sempre all’interno della procedura tipizzata, di sindacare le modalità di svolgimento della prova medesima.
2.8.Invero, la tipicità del procedimento di analisi organolettica e la possibilità di sindacare la corretta formazione della prova è evidenziata anche nella richiamata sentenza del C.d.S. n. 7566 del 2020 in cui si osserva che ‘Benché l’analisi organolettica risenta della soggettività del suo autore, essendo fondata su esperienze sensoriali provocate dall’assaggio del prodotto, la normativa di riferimento limita la discrezionalità dell’organo accertatore, prevedendo: a) metodi di valutazione comuni (incentrati su un comune vocabolario specifico,
nonché su previsioni tecniche regolanti il bicchiere per l’assaggio, la sala di assaggio e le condizioni della prova – cfr. all. XII reg. n. 2568 del 1991 cit.), b) una qualificata formazione di comitati di assaggiatori selezionati ed esperti (art. 4 reg. n. 2568 del 1991 cit.), c) lo svolgimento di controanalisi per assicurare la convergenza dei risultati della relativa prova organolettica (art. 2, par. 2, reg. n. 2568 del 1991 cit.). Alla stregua del quadro regolatorio di riferimento, la valutazione organolettica, dunque:- da un lato, è essenziale per la corretta classificazione dell’olio e, come tale, non può prescindersi dal suo svolgimento quando occorra verificare (come nella specie) se un olio pubblicizzato come extravergine di oliva possieda effettivamente la qualità e la purezza vantate (cfr. Cass., Sez. V, 2 luglio 2020, n. 13474);- dall’altro, non si traduce in decisioni arbitrarie, non verificabili, ma implica l’esercizio di una discrezionalità tecnica limitata, governata da stringenti parametri normativi predeterminati, suscettibili di sindacato giurisdizionale. La possibilità di sindacare la corretta formazione della prova sulla base di parametri predefiniti, riguardanti – sotto il profilo soggettivo – la competenza ed esperienza del gruppo degli assaggiatori concretamente incaricati, nonché – sotto il profilo oggettivo – la metodologia osservata (con specifico riferimento alle modalità di svolgimento della prova), consente di considerare la prova organolettica un elemento istruttorio verificabile e, quindi, attendibile, come tale idoneo a fondare anche una responsabilità del professionista a titolo di pratica commerciale scorretta…’ .
2.9. Anche la sentenza della Corte di cassazione, V sezione penale, n. 17938 ( rectius : n. 17839) del 2023, depositata in data 28 aprile 2023- richiamata dalla ricorrente in memoriaconferma l’orientamento di questa Corte affermando che ‘ in casi di concreta applicazione degli esiti del panel test in relazione alla disciplina doganale, la natura di prova legale è stata esclusa anche da questa Corte in sede civile, e con essa si è affermata la impossibilità di configurare violazione di legge (Sez. 5 Civ., n. 18749 del 2020; Sez. 5 Civ., n. 18748 del 2020; Sez. 5 Civ., n. 13474 del 2020; Sez. 5, n. 33314 del 2019) .’
2.10 .Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « Dal combinato disposto degli artt. 1 e 2 del Regolamento (CEE) n. 2568/1991 e s.m.i., nonché dell’Allegato XII si evince la previsione da parte del legislatore comunitario di una procedura tipizzata per la verifica della corrispondenza della qualità del prodotto importato e di quello riesportato valevole ai fini della corretta applicazione dei regimi agevolativi, come quello del perfezionamento attivo; in particolare, premesso che – affinché in ambito UE una partita di olio d’oliva possa fregiarsi della qualità extravergine, occorre non soltanto che essa rispetti i parametri fisico-chimici di cui all’Allegato I, punto 1, del Regolamento in discorso, ma che essa superi anche l’analisi organolettica di cui all’Allegato XII dello stesso sicchè l’esito negativo anche solo di tale ultima indagine è sufficiente a catalogare il prodotto come non conforme alla categoria dichiarata -il legislatore comunitario ha disciplinato puntualmente il procedimento di analisi organolettica dell’olio importato con la previsione della relativa certificazione da parte di laboratori siti negli Stati membri incaricati dalle ‘Autorità nazionali’ attraverso il c.d. panel test (prova di assaggio), nel rispetto del contraddittorio con la parte interessata, con la prevista possibilità, al suo interno, in primo luogo, qualora il panel di prima istanza non confermi la categoria dichiarata, dell’incarico da parte delle autorità nazionali (o di loro rappresentanti), a rich iesta dell’interessato, di altri panel riconosciuti per l’effettuazione di due controanalisi e, in ogni caso, della possibilità da parte dell’operatore, sempre all’interno della procedura tipizzata, di sindacare la competenza ed esperienza del gruppo degli assaggiatori concretamente incaricati e/o le modalità di svolgimento della prova medesima; ne consegue che la formazione della prova organolettica, lungi dal concretare una presunzione assoluta, è l’esito di una rigida procedura tipizzata dal legislatore comunitario, nel rispetto del principio del contraddittorio, che vincola il giudice di merito
qualora quest’ultima sia svolta in ossequio ai parametri predefiniti dal legislatore ».
2.11.Nella sentenza impugnata, per quanto sopra precisato, il giudice di appello si è pienamente conformato.
2.12. Alla luce di quanto sopra precisato, non è dato quindi riscontrare, nella specie, né la violazione dell’art. 2697 c.c., né dell’art. 116 c.p.c.: non del primo, perché la C.T.R. non ha affatto invertito l’onere probatorio, addossandolo ad una parte diversa da quella tenutavi per legge (Cass. n. 26769/2018); ma neanche del secondo, in quanto ” La doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ” prudente apprezzamento “, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020).
Con il terzo motivo si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio e comunque una motivazione apparente/inesistente (in connessione con quanto illustrato nei primi due motivi) per avere la CGT ritenuto irrilevanti le controprove offerte dalla contribuente omettendo di considerare l’esistenza come documentato nei gradi di merito – di certificazioni di analisi organolettiche prodotte dalla società contribuente (certificato del panel test dell’Autorità tunisina, attraverso il laboratorio dell’O.NRAGIONE_SOCIALE, preventiv o rispetto all’importazione in Italia; certificato del panel test del Laboratorio di RAGIONE_SOCIALE effettuato in via preventiva
rispetto al confezionamento, certificato del panel test del venditore/intermediario RAGIONE_SOCIALE dotata di Laboratorio Assitol 1, certificato delle analisi organolettiche espletate dal Laboratorio Chimico Merceologico della Camera di Commercio delle Riviere di Liguria in data coeva al prelievo doganale).
3 .1.In disparte l’avere evocato, in maniera cumulata ed indistinta, vizi eterogenei (omesso esame di fatti decisivi e controversi e motivazione apparente/inesistente), il motivo si profila inammissibile quanto al vizio di omesso esame e infondato quanto all’assunta motivazione inesistente .
3.2. Il vizio ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis concerne l’omesso esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). A tal fine costituisce un “fatto” non una “questione” o un “punto” ma un vero e proprio “accadimento storico”. Non costituiscono, viceversa, “fatti” suscettibili di fondare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802, Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. 9637 del 2021). Nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame
di un ‘fatto storico’, ma peraltro -quanto all’assunta mancata valutazione da parte della CGT delle certificazioni relative ad ‘analisi organolettiche’ commissionate dalla società contribuente – di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte.
3.3.Invero, la CGT nell’affermare che ‘ ritenere le analisi svolte privatamente dalla società appellante, ossia al di fuori dei canali ufficiali e in assenza di contraddittorio, una valida controprova dell’accertamento svolto dall’Ufficio, reso vano il controllo …degli Uffici doganali sul prodotto ‘) ‘ e che ‘ la prova di tale identità doveva essere effettuata, ex lege, sulla base di analisi ufficialmente condotte ‘ ha apprezzato in concreto, con una motivazione congrua ed esente da vizi logici-giuridici, la valenza delle certificazioni relative alle analisi commissionate dalla parte contribuente, escludendone la idoneità di valida prova a contrario.
4.Con il quarto motivo si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio e , comunque, una motivazione apparente/inesistente (in connessione con quanto illustrato nei motivi quinto e sesto) per avere la CGT -pur avendo dato atto, nella parte in fatto, dei motivi di censura della società, ribaditi in sede di appello, inerenti errori procedurali commessi dall’Ufficio doganale -omesso la disamina degli stessi (mancato accreditamento da parte di Accredia del Laboratorio delle Dogane di Bari; mancata specificazione della tabella utilizzata nella fase di campionamento; mancato prelievo dei campioni in punti identificati della partita; mancata omogeneizzazione del c.d. campione di laboratorio; mancata conservazione corretta del campione; mancata predisposizione del verbale di cui all’art. 43, comma 1ter.5 del d.l. n. 83/2012 attestante le condizioni della prova organolettica, mancata dimostrazione della calibrazione periodica del panel; mancata effettuazione delle controanalisi da un panel riconosciuto dallo Stato membro di produzione dell’olio ovvero la Tunisia ).
4.1. In disparte l’avere evocato, in maniera cumulata ed indistinta, vizi eterogenei (omesso esame di fatti decisivi e controversi e motivazione
apparente/inesistente), il motivo si profila inammissibile quanto al vizio di omesso esame e infondato quanto all’assunta motivazione inesistente.
4.2.L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021).
La censura formulata dalla ricorrente non riguarda l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma la valutazione di deduzioni difensive svolte nel giudizio di merito concernenti pretese irregolarità nella procedura di analisi organolettica sicché essa esula dal dedotto vizio di motivazione. Peraltro, la CGT ha espressamente affermato – con una motivazione ben al di sopra del minimo costituzionale -che ‘ il rispetto del procedimento tecnico- amministrativo di verifica organolettica dell’oli o di oliva in contraddittorio con la parte, predeterminato nei tempi, nelle forme e nei contenuti adottato dall’Ufficio nel caso in esame, come risultava dalla documentazione allegata al fascicolo processuale, costituiva prova della legittimità dei conseguenti provvedimenti impugnati ‘ ; invero, la valutazione delle risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Sez. 5,n. 15266 del 2023;Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097).
5. Con il quinto motivo si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, par. 3, del Reg. CE 2568/1991 e S.M.I., anche in combinato con l’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 43, comma 1ter.5 del d.l. n. 83/2012 e del combinato disposto del punto 7.1. allegato XII e dell’art. 4 del Reg. CEE n. 2568/1991, sotto il profilo degli assunti vizi procedurali, per avere la CGT, incorrendo in error in iudicando , rigettato richiamandosi genericamente alle con trodeduzioni dell’Agenzia – le specifiche eccezioni svolte dalla contribuente nei gradi di merito (mancata riparazione dello stesso da fonti di luce e calore; consegna in ritardo del campione al laboratorio di analisi di prima istanza; etc. ) svalutando l’importanza della conservazione del campione medesimo e la necessità di ripararlo da agenti esterni (luce e calore) nel caso di mancato rispetto del detto termine (è richiamata in tema di meticolosa conservazione del campione nelle analisi or ganolettiche dell’olio, la sentenza del C.d.S. n. 7566 del 2020), senza fornire alcuna risposta con riguardo, in particolare, all’eccezione di omessa verbalizzazione ex art. 43, comma 1ter.5, di una serie di circostanze afferenti alla corretta effettuazione dell’analisi e con riguardo all’eccezione di mancata dimostrazione da parte dell’Agenzia della calibrazione periodica del panel richiesta dal COI e dal punto 7.1. dell’Allegato XII del Reg. CE n. 2568/91.
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. Va ricordato che, ai sensi dell’art. 2, par. 3 del Reg. CEE 2568/1991, nel testo vigente ratione temporis , introdotto dal Regolamento esecutivo (UE) n. 1348/2013 (con decorrenza dal 1° marzo 2014): «3. Per quanto riguarda la verifica delle caratteristiche degli oli da parte delle autorità nazionali o di loro rappresentanti, prevista al paragrafo 1, il prelievo dei campioni si effettua secondo le norme internazionali EN ISO 661 relativa alla preparazione dei campioni per le prove e EN ISO 5555 relativa al ca mpionamento (…). Fatte salve le disposizioni della norma EN ISO 5555 e del capitolo 6 della norma EN ISO 661, i campioni prelevati sono messi quanto prima al riparo dalla luce e da fonti di calore elevato e sono inviati al laboratorio per le analisi entro il quinto giorno
lavorativo successivo a quello del prelievo; altrimenti i campioni sono conservati in modo da evitarne il degrado o il danneggiamento durante il trasporto o lo stoccaggio in attesa di essere inviati al laboratorio .». Risulta evidente che, nella versione vigente ratione temporis , non è prevista la perentorietà del termine entro il quale dovere inviare i campioni prelevati al laboratorio, essendo ‘altrimenti’ (ovvero nel caso di invio dei campioni oltre il detto termine) necessaria la conservazione degli stessi in modo tale da evitarne il degrado o il danneggiamento durante il trasporto o lo stoccaggio in attesa di essere inviati al laboratorio.
5.3.Posto quanto sopra, nella sentenza impugnata, la CGT -premesso nella parte in fatto che l’Oleificio aveva dedotto ‘ l’inattendibilità ed invalidità del declassamento dell’olio per mancato rispetto delle regole previste per legge ‘ precisando che il giudice di primo grado ‘ non avrebbe considerato gli errori procedurali commessi dall’Ufficio doganale che aveva provveduto al declassamento dell’olio con una procedura in contrasto con la normativa europea e, altresì, in contrasto con le regole fissate dal C.O.I. ‘ e che l’Ufficio, nel costituirsi in giudizio, aveva ‘ confutato, punto per punto, i motivi avversi riguardanti la supposta inattendibilità ed invalidità del declassamento dell’olio per mancato rispetto della procedura prevista dalla legge ‘ -con un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità -ha ritenuto che ‘ il rispetto del procedimento tecnico-amministrativo di verifica organolettica dell’olio di oliva in contraddittorio con la parte, predeterminato nei tempi, nelle forme e nei contenuti adottato dall’Ufficio nel caso in esame, come risultava dalla documentazione allegata al fascicolo processuale, costituiva prova della legittimità dei conseguenti provvedimenti impugnati ‘.
5.4.Quanto alla denunciata erroneità della statuizione del giudice di appello di rigetto delle ulteriori irregolarità procedimentali (di incompletezza del verbale, ex art. 43, comma 1ter.5 cit., da parte del Laboratorio di Verona con riguardo ad serie di circostanze di corretta effettuazione dell’analisi e di mancata calibrazione periodica de i panel prevista dall’Allegato XII del Reg. CE n. 2568
del 1991 alla quale condizione è subordinato, tra l’altro, il riconoscimento dei panel di assaggiatori), la censura si profila inammissibile per difetto specificità (non avendo la ricorrente precisato quali elementi non sarebbero stati indicati nel verbale di campionamento né quale conseguenza avrebbe avuto, nel caso di specie, l’asserita mancata calibrazione periodica del panel, limitandosi ad affermare che ‘il riconoscimento dei panel di assaggiatori da parte degli Stati è subordinato ad alcune condizioni tra cui la calibrazione annuale del panel’) e di autosufficienza in quanto, in mancanza della trascrizione nel ricorso del contenuto, per le parti rilevanti, degli atti difensivi dei gradi di merito, non è dato a questa Corte verificare gli esatti termini della questione e di averne la completa cognizione al fine di valutare la fondatezza delle doglianza medesima; invero, il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa ( ex multis , Cass. n. 7825 e n. 12688 del 2006; Cass. n. 14784 del 2015; nello stesso senso, Cass. sez. 6-5, Ord. n. 32804 del 13/12/2019; Cass. sez. 5, n. 40224 del 2021).
5.5.In ogni caso, anche tale sub censura è infondata.
5.6. Quanto all’assunta violazione dell’art. 43, comma 1ter5 del d.l. n. 83/2012, va premesso che, sul piano della normativa comunitaria, il punto 7.1. dell’Allegato XII al Reg. CE n. 2568/91 prevede che il capo panel ‘Redige un rendiconto relativo agli aspetti sopra citati, in cui dichiara che la prova si è svolta nel rispetto delle condizioni previste ‘ senza prescrivere specifiche formalità né prevedere un obbligo di consegna dello stesso alla parte, rimanendo i risultati del rapporto di prova a sua disposizione ai sensi dell ‘art. 25, comma 2, della legge 241/90.
Nel diritto interno, l’art. 43, comma 1ter5 del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 (nella versione vigente ratione
temporis , come modificato dall’art. 18 della legge del 30/10/2014 n. 161):dispone che: ‘ Ai fini della validita’ delle prove organolettiche è redatto un verbale dal quale devono risultare i seguenti elementi: a) numero del verbale; b) data e ora del prelevamento dei campioni; c) descrizione delle partite di olio, con riferimento al quantitativo, alla provenienza del relativo prodotto, alla tipologia, ai recipienti; d) nominativo del capo del comitato di assaggio responsabile della preparazione e della codificazione dei campioni ai sensi dell’allegato XII in materia di valutazione organolettica dell’olio di oliva vergine, di cui al regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione, dell’11 luglio 1991, e successive modificazioni; e) attestazione dei requisiti dei campioni di cui al comma 1-ter.2; f) nominativi delle persone che partecipano all’accertamento come assaggiatori; g) dichiarazione attestante il rispetto delle condizioni per intervenire in una prova organolettica di cui al comma 1-ter.3; h) orario di inizio e di chiusura della procedura di prova. Tale disposizione si applica con riferimento alle analisi organolettiche effettuate sugli ‘ (1bis) …oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura “Italia” o “italiano”, o che comunque evocano un’origine italiana …’. La norma è, dunque, come da titolazione, volta a tutelare specificamente il Made in Italy.
Ai sensi dell’art. 43 1 -quater: ‘ per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale”.
Posto quanto sopra, il giudice di appello ha, comunque, accertato – con una valutazione in fatto non sindacabile in questa sede – che, nella specie, in base alla documentazione allegata in atti, era stato puntualmente rispettato, ‘ il procedimento tecnicoamministrativo di verifica organolettica dell’olio d’oliva, in contraddittorio con la parte, predeterminato nei tempi, nelle forme e nei contenuti’.
5.7. Quanto all’assunta violazione dell’Allegato XII del Reg. CE n. 2568 del 1991 avuto riguardo alla calibrazione periodica del panel ivi indicata, va osservato che
il punto 7.1. dell’Allegato XII prevede che ‘ In ogni caso, il capo panel deve essere sempre in grado di dimostrare che ha il pieno controllo del metodo e degli assaggiatori. Si raccomanda la calibrazione periodica del panel ‘, senza prescrivere specifiche conseguenze in caso di inadempimento di tale raccomandazione (né tantomeno, nel caso di specie, l’assunto inadempimento di tale raccomandazione ha comportato l’ipotizzato mancato riconoscimento del Laboratorio chimico di Bari, essendo incontestato il conseguimento dello stesso da parte del MIPAAF in forza del DM 30.7.2003, aggiornato con DM 16.12.2015 e del DM 28.2.2012, v. pag. 37 del ricorso; pagg. 22-23 del controricorso).
6.Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del Reg. CE n. 882/2004, in combinato disposto con le disposizioni del Reg. CE n. 765/2008 (art. 4) e della legge n. 99/2009, nonché dell’art. 2697 c.c. sotto il profilo dell’errore nel procedimento analitico, per avere la CGT rigettato l’eccezione relativa al mancato accreditamento Accredia del Laboratorio delle Dogane di Bari (per la prova in prima istanza del panel test ), quale presupposto per garantire il rispetto delle norme tecniche (in particolare EN/ISO/IEC 17025) diverso dall’avvenuto riconoscimento in forza del DM 30.7.2003, aggiornato con DM 16.12.2015 e del DM 28.2.2012). In particolare, la ricorrente evidenzia come il ‘riconoscimento’ di Accredia non fosse surrogabile con altri e la sua mancanza comportasse l’inattendibilità de risultati delle analisi organolettiche.
6.1.Il motivo è infondato.
6.2. Invero, la censura muove dall’erroneo presupposto che il concetto di riconoscimento coincida con quello di accreditamento.
Premessa la finalità del Reg. CE n. 2568/91/CEE, chiaramente evincibile dal terzo considerando, secondo cui ” è opportuno stabilire in modo uniforme in tutta la Comunità la presenza delle caratteristiche dei vari tipi di olio; che a tal fine occorre stabilire i metodi comunitari di analisi chimica e di valutazione organolettica; che occorre tuttavia autorizzare, durante un periodo transitorio, il
ricorso ad altri metodi di analisi applicati negli Stati membri pur prevedendo che, in caso di divergenza dei risultati, saranno determinanti quelli ottenuti in base al metodo comune’ , ai sensi dell’art. 4 del regolamento in questione: ‘Ai fini della valutazione e del controllo delle caratteristiche organolettiche da parte delle autorità nazionali o dei loro rappresentanti, gli Stati membri possono procedere al riconoscimento di panel di assaggiatori. Le condizioni del riconoscimento sono stabilite dallo Stato membro in particolare in modo da: – rispondere alle condizioni di cui all’allegato XII, punto 4, – garantire che la formazione del capo del panel si compia presso un organismo riconosciuto e alle condizioni a tal fine stabilite dallo Stato membro, – subordinare la validità del riconoscimento ai risultati ottenuti nell’ambito di un sistema di controllo annuale istituito dallo Stato membro. Ogni Stato membro comunica alla Commissione l’elenco dei panel riconosciuti e le misure adottate conformemente al p resente paragrafo’.
In questo quadro, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali con DM 30 luglio 2003 (poi aggiornato con DM 16 dicembre 2005) ha disciplinato le procedure nazionali relative al riconoscimento dei Panel di assaggiatori, le condizioni per la formazione del capo del Panel di assaggiatori presso un organismo riconosciuto dallo Stato membro e definisce i criteri per la compilazione, la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco dei Panel di assaggiatori incaricati dell’accertamento delle caratteristich e organolettiche degli oli di oliva vergini, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2568/91 della commissione dell’11 luglio 1991, relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa, nonché ai metodi ad essi attinenti come modificato dal regolamento (CE) n. 796/2002 della commissione del 6 maggio 2002, di seguito denominato «regolamento».
6.3.Nella specie, dagli atti difensivi delle parti (v. pag. 37 del ricorso; pagg. 2223 del controricorso) risulta incontestato il conseguimento del riconoscimento del Laboratorio chimico di Bari da parte del MIPAAF in forza del DM 30.7.2003, aggiornato con DM 16.12.2015 e del DM 28.2.2012 nonché la mancanza in capo allo stesso dell’accreditamento da parte dell’Ente nazionale ACCREDIA.
Invero, come già precisato da questa Corte (Cass., sez.5, sentenza n. 5518/2013) l’accreditamento dei laboratori riguarda le procedure di “controllo ufficiale dei prodotti alimentari” in attuazione delle direttive 93/99/CEE e 89/397/CEE, così come emerge dalle rubriche stesse rispettivamente del D.LGS. n. 156 del 1997 e del presupposto D.Lgs. n. 123 del 1993. P. La direttiva “madre” (89/397/CEE, art. 1) stabilisce: “1.-La presente direttiva definisce i principi generali per l’esecuzione del controllo ufficiale dei prodotti alimentari. 2.-Ai fini della presente direttiva si intende per “controllo ufficiale dei prodotti alimentari” – in appresso denominato “controllo” – il controllo, effettuato dalle autorità competenti, della conformità dei prodotti alimentari, degli additivi alimentari, delle vitamine, dei sali minerali, degli oligoelementi e degli altri additivi destinati ad essere venduti in quanto tali, dei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con tali prodotti alimentari, alle disposizioni miranti a prevenire i rischi per la pubblica sanità, ad assicurare la lealtà delle transazioni commerciali o a proteggere gli interessi dei consumatori, tra cui quelli inerenti all’informazione di questi ultimi. 3.- L’applicazione della presente direttiva non pregiudica le disposizioni adottate nel quadro di regolamentazioni comunitarie più specifiche. 4.- La presente direttiva non si applica ai controlli metrologici”. Dunque, il “controllo ufficiale dei prodotti alimentari” è quello diretto “a prevenire i rischi per la pubblica sanità, ad assicurare la lealtà delle transazioni commerciali o a proteggere gli interessi dei consumatori”. Resta fuori la materia doganale, che rimane regolata dall’art. 61 TULD secondo cui: “Qualora per esigenze tecniche ovvero per disposizioni legislative od amministrative la dogana non possa determinare i caratteri, la natura o la composizione delle merci che le vengono presentate, si procede … all’invio dei campioni … al Laboratorio chimico delle dogane e delle imposte indirette ovvero ad altro laboratorio di Stato od organo tecnico al quale sia devoluta la specifica competenza in materia”. Rimane esclusa la necessità di particolare accreditamento, bastando la “specifica competenza in materia”.
6.4.Come chiarito dalla Corte di Giustizia, nella sentenza del 6 maggio 2021, causa C-142/20, ‘ Al fine di conseguire gli obiettivi previsti dal regolamento
n. 765/2008, ossia che i prodotti soddisfino i requisiti che offrono un grado elevato di protezione degli interessi pubblici , il legislatore dell’Unione ha (…) previsto disposizioni disciplinanti l’accreditamento, relative in particolare alla natura e al funzionamento dell’organismo incaricato di tale compito o al rilascio dei certificati di conformità e al loro mutuo riconoscimento, destinate a garantire la fiducia necessaria in questi ultimi ‘ (punto 41).
6.5.Chiamata a pronunciarsi, in via pregiudiziale ex art. 267 TFUE, sull’interpretazione e sulla validità del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93, nell’ambito di una controversia tra la RAGIONE_SOCIALE, laboratorio di analisi che opera quale organismo di valutazione della conformità delle imprese alimentari e che svolge la propria attività in Italia, e la Regione Siciliana, in merito alla validità dell’attestazione di accreditamento rilasciata a tale laboratorio dalla RAGIONE_SOCIALE. («PJLA»), organismo con sede negli Stati Uniti, la Corte di Giustizia nella richiamata sentenza, ha dichiarato che l ‘articolo 4, paragrafi 1 e 5, e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93, devono essere interpretati nel senso che essi ostano all’interpretazione di una legislazione nazionale secondo la quale l’attività di accreditamento può essere svolta da organismi diversi dall’unico organismo nazionale di accreditamento, ai sensi dello stesso regolamento, aventi sede in uno Stato terzo, quand’anche tali organismi garantiscano il rispe tto delle norme internazionali e dimostrino, in particolare mediante accordi di mutuo riconoscimento, di essere in possesso di una qualifica equivalente a quella di detto unico organismo nazionale di accreditamento. Nella detta pronuncia, la
CGE ha precisato che ‘ Dal combinato disposto delle disposizioni citate deriva che ciascuno Stato membro è tenuto a designare un unico organismo nazionale di accreditamento e che gli organismi di valutazione della conformità sono tenuti, in linea di principio, a chiedere l’accre ditamento presso tale organismo. .. le disposizioni in questione non consentono quindi a un organismo di valutazione della conformità di presentare una domanda di accreditamento presso un organismo nazionale di accreditamento diverso da quello dello Stato membro in cui esso è stabilito. Queste stesse disposizioni non consentono neppure a un organismo di valutazione della conformità di conseguire un accreditamento presso un organismo stabilito in uno Stato terzo al fine di svolgere la propria attività nel territorio dell’Unione. (p. 32)… .il valore particolare dell’accreditamento sta nel fatto che esso fornisce un’attestazione dotata di autorità della competenza tecnica degli organismi cui spetta assicurare la conformità alle norme appli cabili (p.38). l’accreditamento trasparente, garantendo il necessario livello di fiducia nei certificati di conformità, dovrebbe essere considerato lo strumento preferito per dimostrare la competenza tecnica degli organismi di valutazione della conformità da parte delle autorità pubbliche nazionali dell’Unione. Le regole vincolanti alla base del sistema di accreditamento hanno lo scopo di accrescere la fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto alla competenza degli organismi di valutazione della conformità e, conseguentemente, quanto alla validità dei certificati e dei rapporti di prova da questi rilasciati, rafforzando in tal modo il principio del riconoscimento reciproco (p.39).
6.6. Orbene, l’accreditamento di Accredia di cui la contribuente denuncia l’assenza per quanto riguarda il Laboratorio chimico delle dogane di Bari non è richiesto dall’art. 4 del Reg. CE n. 2568/91 ai fini del riconoscimento dei panel di assaggiatori. In particolare, l’accreditamento è stato individuato dal legislatore europeo che nazionale, come strumento di supporto per la protezione di interessi pubblici generali (come la tutela della salute e dell’ambiente, la sicurezza delle persone, dei prodotti e delle informazioni e la qualità agroalimentare) e la mancanza dello stesso non è in grado di inficiare l’attività svolta dal panel di
assaggiatori del Laboratorio di analisi delle dogane di Bari, pacificamente riconosciuto, all’epoca dei fatti, dal MIPAAF.
6.7.Né, tantomeno, la necessità del l’ accreditamento ACCREDIA ai fini al riconoscimento dei panel di assaggiatori dei Laboratori di analisi delle dogane, preposti alla valutazione e al controllo delle caratteristiche organolettiche delle merci (importate/ riesportate) , si può desumere dall’evocato art. 12 del Reg. CEE n. 882/2004 (abrogato dall’art. 146, par. 1, Regolamento 15 marzo 2017, n. 2017/625/UE, con applicazione a decorrere dal 14 dicembre 2019), che disciplina i criteri di designazione dei laboratori di analisi relativi ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali . Peraltro, come precisato dal punto 10 del Considerando ‘ Per la verifica della conformità alle norme sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (seminativi, vino, olio d’oliva, ortofrutticoli, luppolo, latte e prodotti a base di latte, carne di manzo e di vitello, carni ovine e caprine e miele) esiste già un sistema collaudato e specifico di controllo. Il presente regolamento non dovrebbe quindi applicarsi a tali ambiti, tanto più che i suoi obiettivi sono diversi da quelli perseguiti dai meccanismi di controllo relativi all’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli. ‘
7.Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa fatti decisivi e controversi per il giudizio e, comunque, l’inesistenza della motivazione – anche in connessione con quanto esposto nell’ottavo motivo per avere la CGT affermato, incorrendo in omissioni motivazionali, che erano integrati i requisiti anche sul piano soggettivo per il recupero dei dazi e per la irrogazione delle sanzioni non avendo la società posto in essere comportamenti diligenti atti a controllare le caratteristiche della merce sebbene, come risultava dagli atti, la contribuente si fosse attivata per effettuare controlli organolettici sul prodotto (certificato di panel test dell’Autorità tunisina, attraverso il laboratorio dell’O.N.H., preventiv o rispetto all’importazione in Italia; certificato del panel test del Laboratorio di RAGIONE_SOCIALE effettuato in via
preventiva rispetto al confezionamento, certificato del panel test del venditore/intermediario Costa RAGIONE_SOCIALE dotata di Laboratorio Assitol 1, certificato delle analisi organolettiche espletate dal Laboratorio Chimico Merceologico della Camera di Commercio delle Riviere di Liguria effettuate in data coeva al prelievo doganale).
8. Con l’ottavo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 del d.lgs. n. 472/97 e 10 della legge n. 212/2000 nonché degli artt. 220, par. 2, lett. b) del Reg. n. 2913/1992 e 239 del Reg. CEE n. 2913/1992 per avere la CGT ritenuto erroneamente che: 1) quanto alle contestazioni relative alla sanzione ex art. 311 TULD, il comportamento della società non era stato sufficientemente diligente da escludere l’irrogazione delle medesime, sebbene le prove relative all’autocontrollo dell’operatore ( certificato di panel test dell’Autorità tunisina, attraverso il laboratorio dell’O.N.H., preventivo rispetto all’importazione in Italia; certificato del panel test del Laboratorio di RAGIONE_SOCIALE effettuato in via preventiva rispetto al confezionamento, certificato del panel test del venditore/intermediario Costa RAGIONE_SOCIALE, dotata di Laboratorio RAGIONE_SOCIALE, certificato delle analisi organolettiche espletate dal Laboratorio Chimico Merceologico della Camera di Commercio delle Riviere di Liguria effettuate in data coeva al prelievo doganale su campione con sigillo doganale) fossero in grado di escludere, in applicazione del principio di buona fede espresso anche dall’art. 10 dello Statuto del contribuente, oltre il profilo oggettivo della violazione anche quello soggettivo, potendo valere per vincere qualsiasi presunzione di colpevolezza;2) quanto all’invito di pagamento, non fosse applicabile il principio della buona fede di cui all’art. 220, par. 2, lett. b) cit. – né tantomeno (implicitamente) il pur evocato art. 239 Reg. CEE 2913/1992, quale clausola di equità del sistema -sebbene la contribuente, prima di procedere alle importazioni, si fosse giovata del comportamento attivo della Autorità doganale e ministeriale tunisina che, attraverso le certificazioni delle analisi organolettiche conformi dell’O.N.H. (poi confermate dagli accertamenti, in autocontrollo, presso il Laboratorio professionale di RAGIONE_SOCIALE e presso il Laboratorio RAGIONE_SOCIALE 1 del
fornitore RAGIONE_SOCIALE aveva suscitato l’affidamento incolpevole della medesima.
9.I motivi settimo e ottavo vanno trattati congiuntamente per connessione.
9.1. In disparte l’avere evocato, in maniera cumulata ed indistinta, vizi eterogenei (omesso esame di fatti decisivi e controversi e motivazione apparente/inesistente), il settimo motivo si profila inammissibile quanto al vizio di omesso esame (per le medesime ragioni già esposte con riguardo al quarto motivo, concernendo la censura l’omessa valutazione di deduzioni difensive ) e infondato quanto all’assunta motivazione inesistente.
9.2. L’ottavo motivo con il quale viene denunciato il vizio di violazione di legge è infondato.
9.3.Invero del tutto correttamente e senza incorrere in vizi motivazionali, la CGT ha escluso l’esistenza dei presupposti dell’esimente di cui all’art. 220 par. 2 lett.b. cit.
Infatti, posto che la invocazione della esimente in parola da parte della contribuente sottintende l’allegazione di un errore da parte dell’autorità doganale tunisina, le risultanze escludono, tuttavia, pacificamente che alcun errore sia stato posto in essere da detta autorità: l’olio extravergine dichiarato in entrata era effettivamente tale. Da quanto precede, discende, quindi, come non possa esservi spazio per l’invocazione della buona fede da parte dell’odierna ricorrente, presupposto dell ‘ esimente essendo che, per effetto di un errore dell’autorità doganale (anche straniera), l ‘ importatore sia incorso in un affidamento incolpevole: affidamento che non può sussistere ove errore dell’autorità non vi sia (v. nello stesso senso, Cass. n. 13081 del 2020 e Cass. n. 18748 del 2020). Il che è quanto, nella sostanza, ha correttamente ritenuto il giudice d’appello nel rigettare, comunque, nel merito l’eccezione di buona fede atteso che il traffico di perfezionamento attivo, quale regime di carattere agevolativo, comportava precisi obblighi dell’importatore a tutela di superiori interessi comunitari per cui, nella specie, la prova della ‘identità’ del prodotto riesportato a quello importa to
avrebbe dovuto essere fornita dalla contribuente ‘ sulla base di analisi ufficialmente condotte e non già sulla base di analisi svolte privatamente ‘ inidonee, pertanto, ad essere poste a fondamento dell’assunto affidamento incolpevole; ciò ‘ in disparte che era erroneo il richiamo all’art. 220 Reg. 2913/1992 afferente alla diversa fattispecie della mancata contabilizzazione dei dazi per errore dell’autorità doganale ‘. Ugualmente, la C GT ha correttamente disatteso l’eccezione di buona fede anche con riguardo all’irrogazione delle sanzioni atteso che ‘ era sufficiente per la loro applicazione che la parte non si comportata con la dovuta diligenza ponendo in essere comportamenti atti ad accertare le effettive caratteristiche della merce in temporanea importazione ‘; peraltro, va ricordato che l’art. 220, par. 2, lett. b), del CDC non fa alcun cenno al piano sanzionatorio, posto che l’esimente dallo stesso prevista attiene esclusivamente all’obbligazione doganale relativa ai dazi, potendo la stessa riguardare la sanzione amministrativa solo indirettamente, nella misura in cui, dovendosi escludere la sussistenza dell’obbligazione doganale per la ricorrenza dei relativi presupposti, resti conseguentemente esclusa anche la violazione della norma tributaria (Cass. 4.08.2020, n. 16625; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18473 del 2023).
10.In conclusione, il ricorso va rigettato.
11.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 7.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2024