Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33780 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Regime del perfezionamento attivo- oli di oliva
vergini-
Prova
organolettica- procedura rigidamente tipizzata dal legislatore comunitario
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33780 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 3551 del ruolo generale dell’anno 202 3, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Umbria , n. 245/02/2022, depositata in data 20 luglio 2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udita per la società ricorrente l’Avv.to NOME COGNOME e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE procedette, in data 10.09.2018, con bolletta doganale IM A Registro 5T n. 85W del 10.09.2018 ad estrarre dal proprio deposito olio di oliva di origine tunisina acquistato circa un mese prima, scortato da documenti commerciali e certificatori che ne attestavano la corrispondenza alla categoria dichiarata di “olio di oliva extravergine” secondo le norme C.O.I. (Consiglio oleicolo internazionale al quale aderisce anche l’unione europea). L’olio venne vincolato al regime di traffico di perfezionamento attivo (T.P.A.) ex artt. 114 e ss. del Reg. CEE n. 2913/1992 (C.D.C.), con sospensione dei diritti doganali fino alla successiva riesportazione verso Paesi extra UE, come da autorizzazione dell’Ufficio delle Dogane di Perugia secondo cui il prodotto importato doveva essere confezionato in Italia per essere riesportato ‘per identità’ verso Paesi terzi.
1.1. A seguito di controlli effettuati su campioni prelevati con verbale n. 16649RU dell’ 11.9.2018 , mediante analisi di assaggio (c.d. panel test presso il Laboratorio delle Dogane di Roma), l’Ufficio delle dogane di Perugia ritenne la merce – pur
presentante caratteri chimici propri della categoria olio extravergine d’oliva – non conforme al dichiarato con conseguente declassamento dalla categoria doganale di olio extravergine d’oliva a quella di olio vergine d’oliva. A seguito di richiesta di Costa RAGIONE_SOCIALE , vennero effettuate due controanalisi (presso il Laboratorio RAGIONE_SOCIALE in Pescara e il Laboratorio del MIPAF) che confermarono il giudizio delle analisi di prima istanza di non conformità delle caratteristiche del prodotto verificato a quello dichiarato. Pertanto, sul presupposto della minore qualità della merce riesportata rispetto a quella importata, in contrasto con quanto autorizzato, la società venne ritenuta inadempiente al regime di perfezionamento attivo, con conseguente nascita dell’obbligazione doganale, ex art. 204 C.D.C.
1.2. Venne, quindi, emesso dall’Ufficio delle Dogane di Perugia il provvedimento di declassamento della merce da olio extravergine di oliva a olio di oliva vergine e il conseguenziale atto di invito al pagamento di dazi doganali, Iva all’importazione e interessi.
2.Avverso la suddetta determinazione e l’atto impositivo, la società propose ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia che, con sentenze n. 148/02/2020 e 295/02/2020, li rigettò.
3.Avverso le sentenze di primo grado, la società contribuente propose separati appelli dinanzi alla Co mmissione tributaria regionale dell’Umbria che, previa riunione, con sentenza n. 245/02/2022, depositata in data 20 luglio 2022, li rigettò.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) era infondata la censura relativa ad un assunto vizio nel procedimento delle analisi effettuate dal Laboratorio delle dogane di Roma e dal MIPAF per mancata consegna alla parte dei verbali delle operazioni di assaggio da parte del panel; al riguardo, premessa la mancata previsione con il Regolamento CEE 2568/1991 dell’obbligo di consegnare alla parte il rendiconto, era onere della società – al fine di verificare la correttezza delle operazioni ed eventualmente contestarle –
richiedere copia dei verbali delle medesime, richiesta che, nella specie, non risultava essere stata effettuata; 2) era infondata la censura relativa all’assunto vizio procedimentale per mancata calibratura periodica dei panel considerato che i comitati di assaggio, riconosciuti ai sensi del DM 28.2.2012 n. 1334 dal MPAAF nonché accreditati dall’Ente nazionale di Accreditamento, operavano in regime di conformità alla norma UNI EN ISO/IEC 17025; peraltro, premesso che la contestazione concerneva non l’analis i chimicofisica ma l’attendibilità del test di assaggio, la società non aveva specificato quali strumenti dovessero essere oggetto di calibratura; 3) quanto all’assunta erroneità della classificazione della merce in conseguenza della inattendibilità delle analisi organolettiche – premesso che, ai sensi dell’art. 2 par.2, del Reg. CE n. 2568/91 (collegato all’art. 2, par. 1), ai fini della classificazione come extravergine, l’olio di oliva, oltre alle caratteristiche chimiche doveva possedere anche quelle organolettiche accertate attraverso il panel test di cui all’Allegato 12 , tipologia di esame non suscettibile di valutazioni critiche a priori -i certificati relativi ad analisi organolettiche eseguite, su commissione della società , prima dell’importazione, da un laboratorio tunisino e da uno italiano (delle Dogane di Genova), non erano idonei a contrastare le risultanze del panel test effettuato in sede di analisi e controanalisi in quanto – oltre ad essere sempre possibile un ‘ alterazione del prodotto (successivamente alle analisi effettuate sul prodotto prima dell’importazione ) nel corso del trasporto o a seguito delle operazioni di miscelazione consentite – trattavasi di analisi effettuate ‘ al di fuori dello schema procedurale individuato dal legislatore comunitario ‘ , essendo solo le ‘ autorità nazionali ‘ e non le singole ditte preposte ad individuare i panel di riferimento ed incaricarli dei test; né ciò limitava il diritto di difesa della società la quale aveva la possibilità di chiedere due controanalisi da svolgersi con procedura rigidamente procedimentalizzata a garanzia del contraddittorio, con la partecipazione di propri esperti e facoltà di sollevare obiezioni nel corso delle stesse; 4) era infondata l’eccezione di buona fede quale esimente per il pagamento dei dazi doganali, ai sensi degli artt. 119 e 120 del Reg. UE 952/2013 (CDU), in quanto non sussistevano i presupposti né per l’applicazione dell’art.
119 cit. (presupponendo tale fattispecie un errore delle autorità competenti nella richiesta di pagamento dell’obbligazione doganale mentre, nel caso di specie, il presunto errore sarebbe stato compiuto nello svolgimento delle analisi ‘preventive’ che, seppure effettuate da un laboratorio dell’Agenzia delle dogane , erano state commissionate dalla società e, quindi, non erano state espletate nell’esercizio dei poteri impositivi) né dell’art. 120 cit. non ravvisandosi alcuna delle circostanze indicate nella detta norma per escludere la contabilizzazione a posteriori; peraltro, la contribuente non aveva neanche dedotto l’esistenza di un errore nelle analisi del prodotto effettuate prima della importazione.
Avverso la suddetta sentenza, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
6.Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
La società ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 . Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, par. 2, del Reg. CEE 2568/91 e S.M.I., in combinato disposto con gli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., nonché con i principi in materia di autocontrollo del settore alimentare di cui al Reg. CE 178/2002 e del Reg. CE 852/2004 per avere la CTR introdotto una sorta di presunzione assoluta nella valutazione del panel test trasformando il panel test in una prova legale, i cui risultati sarebbero ex adverso inattaccabili. Diversamente, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe dovuto apprezzare prudentemente le risultanze del panel test, trattandosi di un metodo (come confermato anche nel Reg. CE 1638/1998) affetto da una criticità insita connaturata al carattere soggettivo della prova di assaggio, e non escludere, in violazione del criterio di riparto dell’onere della prova, che la società potesse offrire la controprova attraverso certificazioni organolettiche effettuate in sede di autocontrollo da laboratori pubblici, quali quello della Dogana e del Ministero
dell’Agricoltura del paese produttore (ONH) e delle Dogane di Genova (è richiamata la sentenza del C.d.S. n. 7566 del 2020).
1.1.Il primo motivo si profila, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
1.2.Va premesso che presupposto essenziale per il regime agevolativo del perfezionamento attivo per identità – come nella fattispecie – è l’esatta corrispondenza della qualità del prodotto importato con quello riesportato, corrispondenza certificata da esami di laboratorio e da valutazioni organolettiche per come stabilito dalla normativa comunitaria (reg. Cee 2568/91), la quale richiede che il prodotto soddisfi tutti i requisiti chimici ed organolettici per essere classificato in una categoria di olio piuttosto che un’altra.
1.3, Ciò posto, l’art. 2, par. 2, del Reg. CEE 2568/91 cit ., nel testo vigente ratione temporis , introdotto dal Regolamento esecutivo (UE) n. 1348/2013, stabilisce che “2. La verifica delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini da parte delle autorità nazionali o dei loro rappresentanti è effettuata da panel di assaggiatori riconosciuti dagli Stati membri. Le caratteristiche organolettiche di un olio, ai sensi del primo comma, si considerano conformi alla categoria di olio di oliva dichiarata se il panel di assaggiatori riconosciuto dallo Stato membro ne conferma la classificazione. Qualora il panel non confermi la categoria dichiarata, sotto il profilo delle sue caratteristiche organolettiche, a richiesta dell’interessato le autorità nazionali o i loro rappresentanti incaricano altri panel riconosciuti di effettuare quanto prima due controanalisi, di cui almeno una deve essere effettuata da un panel riconosciuto dallo Stato membro di produzione dell’olio. Le caratteristiche in questione sono considerate conformi a quelle dichiarate se le due controanalisi confermano la classificazione dichiarata. In caso contrario il costo delle controanalisi è a carico dell’interessato”.
1.4.L’art. 1, par. 1, del Reg. citato, nel testo introdotto dal Reg. (CE) n. 1989/2003, stabilisce che “Sono considerati oli di oliva vergini ai sensi del punto 1, lettere a) e b), dell’allegato del regolamento n. 136/66/CEE gli oli le cui caratteristiche sono conformi a quelle indicate rispettivamente nei punti 1 e 2
dell’allegato I del presente regolamento”. Il citato punto 1 dell’Allegato I descrive esattamente le caratteristiche fisico-chimiche (da accertarsi mediante analisi chimiche di laboratorio), nonché quelle organolettiche (mediana del difetto =0, mediana del fruttato >0) che la partita di olio in considerazione deve possedere per essere catalogata come extravergine.
1.5.Il metodo del panel test, utilizzato per la verifica delle qualità organolettiche dell’olio, è disciplinato dall’art. 2, par. 2, del Regolamento (e dall’Allegato XII), ed è stato introdotto nella vigente conformazione (ossia, con la costituzione di un panel di assaggiatori, competendo tale valutazione, in precedenza, ad un solo analista, almeno in prima battuta) dal Reg. (CE) n. 796/2002. Ciò perché, come si evince dal quinto considerando, “In base alle esperienze maturate, il Consiglio oleicolo internazionale ha elaborato un nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini. Questo metodo si è rivelato più attendibile e semplice di quello attualmente previsto dall’allegato XII del regolamento (CEE) n. 2568/91. È opportuno quindi sostituire il metodo previsto all’allegato XII con il nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini”. Inoltre (sesto considerando) “Ai fini dell’applicazione del nuovo metodo di valutazione organolettica è necessario prevedere una procedura di arbitrato in caso di contrasto tra la categoria dichiarata e quella attribuita dal panel riconosciuto che esegue la valutazione”.
1.6.Dal sistema sommariamente delineato emerge che il combinato disposto del punto 1, lett. a), dell’Allegato al Regolamento (CEE) n. 136/1966, nonché degli artt. 1 e 2 del Regolamento (CEE) n. 2568/1991 e s.m.i., nonché dell’Allegato XII a quest’ultimo, delinea normativamente le caratteristiche dell’olio di oliva extravergine, stabilendo che esso deve rispondere a determinati requisiti fisicochimici ed organolettici, ossia, quanto a questi ultimi, a specifiche caratteristiche apprezzabili dall’uomo per via sensoriale e, perciò, non oggettivamente certificabili. In altre parole, affinché in ambito UE una partita di olio d’oliva possa fregiarsi della qualità extravergine, occorre non soltanto che essa rispetti i
parametri fisico-chimici di cui all’Allegato I, punto 1, del Regolamento in discorso, ma che essa superi anche l’analisi organolettica di cui all’Allegato XII dello stesso. L’esito negativo anche solo di tale ultima indagine è sufficiente a catalogare il prodotto come “non conforme alla categoria dichiarata” Quanto precede, peraltro, è del tutto in linea con la nozione commerciale di olio di oliva extravergine, attualmente tratteggiata dalla norma COI/T.15/NC n. 3/Rev. 12, emessa dal Consiglio Oleicolo Internazionale (C.O.I.), organizzazione intergovernativa nata sotto il patrocinio dell’O.N.U. nel 1959, i cui membri – tra cui la UE e la stessa Tunisia – sono i Paesi produttori di olio di oliva su scala mondiale. Non è affatto casuale che proprio al fine di rendere più efficaci e attendibili le valutazioni sensoriali in discorso, l’art. 2, par. 2, cit. è stato modificato dal Reg. (CE) n. 796/2002, che al quinto considerando (come s’è già detto) fa esplicito riferimento al “nuovo metodo per la valutazione delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini” elaborato proprio dal C.O.I. In definitiva, la congiunta valutazione chimica ed organolettica dell’olio, ai fini che interessano, è indefettibile non solo nell’ottica normativa eurounitaria, ma prima ancora su base convenzionale, nel contesto internazionale del settore oleicolo. (Cass. n. Sez. 5, Ordinanza n. 13081 del 2020). Pertanto, non può prescindersi, nella definizione dell’olio di oliva extravergine, da una valutazione sensoriale, ovviamente demandata al fattore umano.
1.7.Ciò premesso, la censura nella parte in cui denuncia l’introduzione da parte della CTR di una sorta di presunzione assoluta nella valutazione del panel test, i cui risultati non sarebbero superabili con prova contraria -non è conforme al decisum e, comunque, non è fondata in quanto muove da un erroneo presupposto interpretativo.
1.8.Invero, nella sentenza impugnata, il giudice di appello – dopo avere evidenziato, nella sostanza, l’eguale valore ponderale attribuito dal legislatore eurounitario alle analisi chimiche ed organolettiche, nel senso che le risultanze di entrambi gli esami devono ritenersi convergenti, al fine di attribuire all’olio valutato la qualità superiore -ha valutato, in concreto, il procedimento espletato
di analisi organolettica del prodotto rigettando preliminarmente le eccezioni concernenti presunti vizi procedurali (per mancata consegna dei verbali alla parte; mancata calibratura periodica dei panel; mancato rispetto della norma comunitaria in ordine alla necessaria effettuazione di una delle due controanalisi da un panel riconosciuto dallo Stato membro di produzione dell’olio ); in particolare, la CTR – nel quadro normativo richiamato e, in particolare, dopo avere evidenziato il rigore con cui lo stesso Regolamento (CEE) n. 2568/1991 disciplina il panel test, all’Allegato XII -ha apprezzato, in concreto, il procedimento espletato di analisi organolettica del prodotto il cui risultato, anche all’esito delle due controanalisi, aveva confermato la non conformità dello stesso al dichiarato ( ‘ Entrambe le controanalisi confermavano il giudizio di non conformità dell’olio al dichiarato e classificavano il prodotto come olio di oliva ‘ ). Pertanto, il giudice di appello non ha fatto assurgere le analisi effettuate al panel test a prova legale e/o presunzione assoluta (e quindi incontestabile), come dedotto dalla ricorrente, ma, alla luce della procedura tipizzata puntualmente disciplinata dal legislatore comunitario, ne ha valutato liberamente le risultanze, anche alla luce delle controanalisi effettuate, sicchè neppure può configurarsi la dedotta violazione della normativa nazionale e comunitaria; quanto alla controprova, il giudice di app ello, ha affermato che (‘ In conclusione, sul punto si ritiene che la parte non abbia prodotto alcuna prova in grado di inficiare il risultato del panel test … risultato che, di fatto, è contrastato solo con altre analisi, effettuate però al di fuori dello schema procedurale individuato dal legislatore comunitario. In altre parole, fra le analisi effettuate nel rispetto della procedura e quelle effettuate privatamente devono necessariamente prevalere quelle effettuate ai sensi di legge ‘) . Con ciò la CTR -senza, peraltro, incorrere nella denunciata violazione del criterio di riparto dell’onere della prova ha correttamente escluso la valenza di prova a contrario delle certificazioni relative alle analisi commissionate dalla parte contribuente (per quanto svolte da Laboratori ‘pubblici’) atteso che la esatta corrispondenza della qualità del prodotto importato e di quello riesportato poteva essere certificata – in forza della normativa comunitaria – solo da laboratori siti negli Stati membri (v. nello
stesso senso, Cass., sez. 5, sentenza n. 18748 del 2020) incaricati dalle ‘Autorità nazionali’ in base alla procedura, nel contraddittorio con la parte interessata, puntualmente disciplinata dall’art. 2, par. 2, del Regolamento(CEE) n. 2568/1991 e dall’Allegato XII, che prevede, al suo interno, in primo luogo, qualora il panel di prima istanza non confermi la categoria dichiarata, l’incarico da parte delle autorità nazionali (o di loro rappresentanti), a richiesta dell’interessato, di altri panel riconosciuti per l’effettuazione di due controanalisi e, in ogni caso, la possibilità da parte dell’operatore, sempre all’interno della procedura tipizzata, di sindacare le modalità di svolgimento della prova medesima.
1.9.Invero, la tipicità del procedimento di analisi organolettica e la possibilità di sindacare la corretta formazione della prova è evidenziata anche nella richiamata sentenza del C.d.S. n. 7566 del 2020 in cui si osserva che ‘Benché l’analisi organolettica risenta della soggettività del suo autore, essendo fondata su esperienze sensoriali provocate dall’assaggio del prodotto, la normativa di riferimento limita la discrezionalità dell’organo accertatore, prevedendo: a) metodi di valutazione comuni (incentrati su un comune vocabolario specifico, nonché su previsioni tecniche regolanti il bicchiere per l’assaggio, la sala di assaggio e le condizioni della prova – cfr. all. XII reg. n. 2568 del 1991 cit.), b) una qualificata formazione di comitati di assaggiatori selezionati ed esperti (art. 4 reg. n. 2568 del 1991 cit.), c) lo svolgimento di controanalisi per assicurare la convergenza dei risultati della relativa prova organolettica (art. 2, par. 2, reg. n. 2568 del 1991 cit.).Alla stregua del quadro regolatorio di riferimento, la valutazione organolettica, dunque:- da un lato, è essenziale per la corretta classificazione dell’olio e, come tale, non può prescindersi dal suo svolgimento quando occorra verificare (come nella specie) se un olio pubblicizzato come extravergine di oliva possieda effettivamente la qualità e la purezza vantate (cfr. Cass., Sez. V, 2 luglio 2020, n. 13474);- dall’altro, non si traduce in decisioni arbitrarie, non verificabili, ma implica l’esercizio di una discrezionalità tecnica limitata, governata da stringenti parametri normativi predeterminati, suscettibili di sindacato giurisdizionale. La possibilità di sindacare la corretta formazione
della prova sulla base di parametri predefiniti, riguardanti – sotto il profilo soggettivo – la competenza ed esperienza del gruppo degli assaggiatori concretamente incaricati, nonché – sotto il profilo oggettivo – la metodologia osservata (con specifico riferimento alle modalità di svolgimento della prova), consente di considerare la prova organolettica un elemento istruttorio verificabile e, quindi, attendibile, come tale idoneo a fondare anche una responsabilità del professionista a titolo di pratica com merciale scorretta…’
1.10. Anche la sentenza della Corte di cassazione, V sezione penale, n. 17938 ( rectius : n. 17839) del 2023, depositata in data 28 aprile 2023- richiamata dalla ricorrente in memoriaconferma l’orientamento di questa Corte affermando che ‘ in casi di concreta applicazione degli esiti del panel test in relazione alla disciplina doganale, la natura di prova legale è stata esclusa anche da questa Corte in sede civile, e con essa si è affermata la impossibilità di configurare violazione di legge (Sez. 5 Civ., n. 18749 del 2020; Sez. 5 Civ., n. 18748 del 2020; Sez. 5 Civ., n. 13474 del 2020; Sez. 5, n. 33314 del 2019) .’
1.11. Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « Dal combinato disposto degli artt. 1 e 2 del Regolamento (CEE) n. 2568/1991 e s.m.i., nonché dell’Allegato XII si evince la previsione da parte del legislatore comunitario di una procedura tipizzata per la verifica della corrispondenza della qualità del prodotto importato e di quello riesportato valevole ai fini della corretta applicazione dei regimi agevolativi, come quello del perfezionamento attivo; in particolare, premesso che – affinché in ambito UE una partita di olio d’oliva possa fregiarsi della qualità extravergine, occorre non soltanto che essa rispetti i parametri fisico-chimici di cui all’Allegato I, punto 1, del Regolamento in discorso, ma che essa superi anche l’analisi organolettica di cui all’Allegato XII dello stesso sicchè l’esito negativo anche solo di tale ultima indagine è sufficiente a catalogare il prodotto come non conforme alla categoria dichiarata -il legislatore comunitario ha disciplinato puntualmente il procedimento di analisi organolettica
dell’olio importato con la previsione della relativa certificazione da parte di laboratori siti negli Stati membri incaricati dalle ‘Autorità nazionali’ attraverso il c.d. panel test (prova di assaggio), nel rispetto del contraddittorio con la parte interessata, con la prevista possibilità, al suo interno, in primo luogo, qualora il panel di prima istanza non confermi la categoria dichiarata, dell’incarico da parte delle autorità nazionali (o di loro rappresentanti), a richiesta dell’interessato, di alt ri panel riconosciuti per l’effettuazione di due controanalisi e, in ogni caso, della possibilità da parte dell’operatore, sempre all’interno della procedura tipizzata, di sindacare la competenza ed esperienza del gruppo degli assaggiatori concretamente incaricati e/o le modalità di svolgimento della prova medesima; ne consegue che la formazione della prova organolettica, lungi dal concretare una presunzione assoluta, è l’esito di una rigida procedura tipizzata dal legislatore comunitario, nel rispetto del principio del contraddittorio, che vincola il giudice di merito qualora quest’ultima sia svolta in ossequio ai parametri predefiniti dal legislatore ».
1.12. Nella sentenza impugnata, per quanto sopra precisato, il giudice di appello si è pienamente conformato.
1.13. Inoltre, alla luce di quanto sopra precisato, non è dato quindi riscontrare, nella specie, né la violazione dell’art. 2697 c.c., né dell’art. 116 c.p.c.: non del primo, perché la C.T.R. non ha affatto invertito l’onere probatorio, addossandolo ad una parte diversa da quella tenutavi per legge (Cass. n. 26769/2018); ma neanche del secondo, in quanto ” La doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di
valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020).
2. Con il secondo motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per inesistenza ed apparenza della motivazione e per violazione dell’art. 115 c.p.c. nonché, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’ omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio (in connessione con il primo motivo) per avere la CTR, con una motivazione apparente/inesistente, affermato l’irrilevanza delle analisi effettuate sull’olio prima dell’importazione considerando che era ‘senz’altro possibile una alterazione o modificazione del prodotto successivamente alle analisi, nel corso del trasporto o a seguito delle operazioni di miscelazione consentite’; con ciò incorrendo anche in un travisamento del contenuto oggettivo della prova avuto riguardo alle effettive risultanze del giudizio (prelievo del prodotto da parte della Dogana di Perugia in data 11.9.2018 al momento della importazione prima di qualsiasi operazione di manipolazione e miscelazione; intercorrenza di un breve lasso di tempo tra il prelievo dell’11.9.2018 e le analisi preventive dell’ONH in Tunisia del 3.8.2018; analisi da parte del Laboratorio delle Dogane di Genova coeve al prelievo dell’11.9.2018 ; svolgimento delle operazioni di trasporto con carico effettuato in contenitori idonei al trasporto e alla conservazione come da certificazione in atti; regime del TPA in regime di identità e non di equivalenza) e, in ogni caso, omettendo di considerare -come documentato nei gradi di merito l’esistenza di certificazioni di analisi organolettiche prodotte dalla società contribuente (certificati del panel test dell’Autorità tunisina, attraverso il laboratorio dell’O.N.H., preventivi rispetto all’importaz ione in Italia; certificati delle analisi organolettiche espletate dal Laboratorio delle dogane di Genova e dal Laboratorio interno di Costa d’Oro RAGIONE_SOCIALE, in date coeve al prelievo doganale;
il verbale di ispezione di conformità dei cointainer utilizzati per il trasporto Tunisia-Italia di SGS del 15.8.2018 ; l’autorizzazione del TPA per identità ).
2.1. In disparte l’avere evocato, in maniera cumulata ed indistinta, vizi eterogenei (motivazione apparente/inesistente, vizio di travisamento della prova e omesso esame di fatti decisivi e controversi), il motivo si profila, in parte, inammissibile, in parte, infondato.
2.2. Quanto all’assunta inesistenza/apparenza della motivazione in merito alla statuizione della CTR di inidoneità della prova contraria fornita dalla contribuente -consistente nelle analisi organolettiche eseguite prima dell’importazione (dal L aboratorio dell’O.N.H. , da quello delle dogane di Genova e da quello interno di Costa d’Oro ) – si rileva che la motivazione della sentenza d’appello va letta complessivamente, e non può essere, dunque, parcellizzata e sezionata, in vari segmenti, resi incomunicabili tra loro. Nella specie, la motivazione è presente, non solo graficamente, ma anche attraverso un apparato argomentativo che, per quanto non condivisibile dalla ricorrente, comunque esprime appieno le argomentazioni della Commissione regionale e le successive conclusioni. In particolare, la CTR ha ritenuto che la società non avesse fornito una prova idonea ad inficiare il risultato del panel test (effettuato in sede di prime analisi dal Laboratorio doganale di Roma e in sede di controanalisi dal Laboratorio CREA in Pescara e da quello del MIPAF) atteso che -oltre ad essere senz’altro possibile un ‘ alteraz ione o modificazione del prodotto successivamente all’analisi nel corso del trasporto o a seguito delle operazioni di miscelazione consentite -le analisi commissionate dalla società non trovavano fondamento nella normativa comunitaria di cui all’art. 2, par. 2 e segg. del Reg. CE n. 2568/91 ai sensi del quale le ‘Autorità nazionali’ (nella specie, l’Autorità delle dogane) e non le singole ditte erano preposte ad individuare i panel di riferimento e a incaricarli del test. In conclusione, la CTR ha ritenuto ‘ il risultato del panel test contrastato solo con altre analisi effettuate però al di fuori dello schema procedurale individuato dal legislatore comunitario. In altre parole, tra le analisi effettuate nel rispetto della procedura e quelle effettuate privatamente dovevano necessariamente prevalere quelle effettuate ai sensi di legge ‘ . E’ evidente che il
giudice di appello ha ritenuto sostanzialmente l’inidoneità delle analisi eseguite , su commissione della società, prima dell’importazione a superare le risultanze delle prove organolettiche effettuate in sede di analisi e controanalisi, in quanto espletate al di fuori della procedura puntualmente disciplinata dall’art. 2, par. 2, del Regolamento CE n. 2568/91 e dall’Allegato XII, all’interno della quale viene garantito il rispetto del contraddittorio con la parte interessata.
2.3. Quanto all’assunta violazione dell’art. 115 c.p.c. per travisamento del contenuto oggettivo della prova, questa Corte, a sezioni unite, con sentenza n. 5792 del 05/03/2024, nel comporre un contrasto giurisprudenziale, ha affermato che ‘ Il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale. ‘ Ciò premesso nella specie – la CTR -dopo avere chiarito, in punto di fatto, che ‘Costa d’Oro aveva importato dalla Tunisia una partita di olio classificato come extravergine di oliva in regime di perfezionamento attivo per identità e quindi in sospensione dai dazi, essendo stata la società autorizz ata all’importazione temporanea dell’olio per sottoporlo a miscelazione e confezionamento per poi riesportarlo alla necessaria condizione che il prodotto importato e quello riesportato fossero identici dal punto di vista fisico e conformi qualitativamente alla classificazione dichiarata extravergine ‘ (pag. 3 della sentenza impugnata) -lungi dall’incorrere in un travisamento del contenuto oggettivo delle risultanze probatorie acquisite agli atti (prelievo del prodotto da parte della Dogana di Perugia in data 11.9.2018 al momento della importazione; intercorrenza di un breve lasso di tempo tra il prelievo dell’11.9.2018 e le analisi preventive dell’ONH in Tunisia del 3.8.2018; analisi da parte del Laboratorio delle Dogane di Genova
coeve al prelievo dell’11.9.2018; svolgimento delle operazioni di trasporto dalla Tunisia in Italia con carico effettuato in contenitori idonei al trasporto e alla conservazione) ha ritenuto -nel rispetto della normativa comunitaria e dei principi di diritto richiamati al punto 1.8. -le analisi organolettiche eseguite, su commissione della società, prima della importazione -inidonee a superare i risultati delle prove eseguite in sede di analisi e controanalisi in quanto, in sostanza, ‘effettuate al di fuori dello schema procedurale individuato dal legislatore comunitario’.
2.4.Quanto al denunciato vizio di omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, va ribadito che l’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. – come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis -concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra l e parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). A tal fine costituisce un “fatto” non una “questione” o un “punto” ma un vero e proprio “accadimento storico”. Non costituiscono, viceversa, “fatti” suscettibili di fondare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802, Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. 9637 del 2021). Nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo
dedotto l’omesso esame di un ‘fatto storico’, ma peraltro -quanto all’assunta mancata valutazione da parte della CTR delle certificazioni relative ad ‘analisi organolettiche’ commissionate dalla società contribuente, dell’autorizzazione al T.P.A. per identità e non per equivalenza e del verbale di ispezione di conformità dei container utilizzati per il trasporto Tunisia- Italia di SGS – di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte. Tanto più che, nel caso di specie, la CTR – premessa, in punto di fatto, la concessione dell’ autorizzazione al regime di perfezionamento attivo ‘ per identità ‘ – ha apprezzato, in concreto, la valenza delle certificazioni relative alle analisi commissionate dalla parte contribuente, escludendone la idoneità di valida prova a contrario in quanto, in base ad una valutazione conclusiva, ‘ effettuate al di fuori dello schema procedurale individuato dal legislatore comunitario’ di cui all’art. 2, par. 2, del Regolamento CE n. 2568/91 e all’Allegato XII.
3. Con il terzo motivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione del punto 7.1. allegato XII del Reg. CE 2568/1991 e S.M.I., dell’art. 43, comma 1ter.5 del d.l. n. 83/2012, dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 4 del Reg. CEE 2568/91 e S.M.I. sotto il profilo degli assunti vizi procedurali, per avere la CTR, incorrendo in error in iudicando : 1) rigettato l’eccezione di omessa verbalizzazione ex art. 43, comma 1ter.5 cit., ritenendo che il Reg. CE 2568/91 non prevede va l’obbligo di consegnare il rendiconto alla parte -né tantomeno sanzionava la mancata consegna con la nullità/invalidità della prova – e che quest’ultima avrebbe potuto richiederne copia al laboratorio di analisi, richiesta che, nella specie, non era stata effettuata; ciò sebbene la mancata redazione del verbale da parte del Laboratorio delle dogane di Roma e del MIPAF e la sua mancata esternazione comportassero l’invalidità dell’atto di declassamento -anche per vizio di motivazione dello stesso- e del conseguenziale invito di pagamento; senza, peraltro, considerare che, come si evinceva dall’istanza di ripresa del contraddittorio del 18.12.2018 indirizzata all’Ufficio delle Dogane di Perugia (allegato al ricorso introduttivo), la società aveva richiesto copia del verbale delle operazioni ; 2) rigettato l’eccezione di mancata dimostrazione da
parte dell’Agenzia della calibrazione periodica del panel richiesta dal COI e dal punto 7.1. dell’Allegato XII del Reg. CE n. 2568/91, pur essendo il riconoscimento dei panel di assaggiatori da parte degli Stati subordinato al rispetto anche di questa condizione.
3.1.Il motivo si profila in parte infondato in parte inammissibile.
3.2. Quanto all’assunta violazione dell’art. 43 comma 1ter.5 del d.l. n. 83/2012 per mancata redazione da parte del Laboratorio delle dogane di Roma e del MIPAF del verbale delle operazioni e sua mancata consegna/allegazione con conseguente nullità dell’atto di declassamento anche per difetto di motivazione , va premesso che, sul piano della normativa comunitaria, il punto 7.1. dell’Allegato XII al Reg. CE n. 2568/91 prevede che il capo panel ‘Redige un rendiconto relativo agli aspetti sopra citati, in cui dichiara che la prova si è svolta nel rispetto delle condizioni previste’ senza prescrivere specifiche formalità né prevedere un obbligo di consegna dello stesso alla parte, rimanendo i risultati del rapporto di prova a sua disposizione, ai sensi dell’art. 25, comma 2, della legge 241/90.
3.3. Nel diritto interno, l’art. 43, comma 1ter5 del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 (nella versione vigente ratione temporis , come modificato dall’art. 18 della legge del 30/10/2014 n. 161):dispone che: ‘Ai fini della validita’ delle prove organolettiche è redatto un verbale dal quale devono risultare i seguenti elementi: a) numero del verbale; b) data e ora del prelevamento dei campioni; c) descrizione delle partite di olio, con riferimento al quantitativo, alla provenienza del relativo prodotto, alla tipologia, ai recipienti; d) nominativo del capo del comitato di assaggio responsabile della preparazione e della codificazione dei campioni ai sensi dell’allegato XII in materia di valutazione organolettica dell’olio di oliva vergine, di cui al regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione, dell’11 luglio 1991, e successive modificazioni; e) attestazione dei requisiti dei campioni di cui al comma 1-ter.2; f) nominativi delle persone che partecipano all’accertamento come assaggiatori; g) dichiarazione attestante il rispetto delle condizioni per
intervenire in una prova organolettica di cui al comma 1-ter.3; h) orario di inizio e di chiusura della procedura di prova. Tale disposizione si applica con riferimento alle analisi organolettiche effettuate sugli ‘(1bis) …oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura “Italia” o “italiano”, o che comunque evocano un’origine italiana …’. La norma è, dunque, come da titolazione, volta a tutelare specificamente il Made in Italy.
Ai sensi dell’art. 43 1 -quater : ‘per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale”.
3.4.Posto quanto sopra, il giudice di appello ha correttamente ritenuto che l’obbligo di consegnare il rendiconto non fosse previsto dal Reg. CE n. 2568 del 1991 né tantomeno sanzionata la mancata consegna dello stesso, fatta salva la facoltà della parte di richiederne copia al L aboratorio di analisi (ai sensi dell’art. 25, comma 2, della legge n. 241/90) -richiesta nella specie- con una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità -non effettuata dalla società (tanto più che, nel ricorso, viene sostenuta l’avvenuta richiesta della copia del verbale nella istanza di ripresa del contraddittorio del 18.2.2018, asseritamente allegata al ricorso introduttivo, indirizzata all’Ufficio delle Dogane di Perugia, e non già al Laboratorio delle dogane di Roma o a quello del MIPAF).
3.5. Quanto all’assunta violazione del punto 7.1. dell’Allegato XII del Reg. CE n. 2568/91, per mancata dimostrazione da parte dell’Agenzia dell’avvenuta calibrazione annuale dei panel , va osservato che il punto 7.1. dell’Allegato XII prevede che ‘I n ogni caso, il capo panel deve essere sempre in grado di dimostrare che ha il pieno controllo del metodo e degli assaggiatori. Si raccomanda la calibrazione periodica del panel’, senza prescrivere specifiche conseguenze in caso di inadempimento di tale raccomandazione né tantomeno, nel caso di specie, l’assunto inadempimento di tale raccomandazione ha comportato l’ipotizzato mancato riconoscimento dei comitati di assaggio, avvenuto – come statuito dallo stesso giudice di appello- con D.M. del MPAAF n.
1334 del 28.2.2012 (panel, peraltro, anche accreditati da parte dell’Ente italiano di Accreditamento dei Laboratori) con operatività degli stessi in regime di conformità alla norma UNI EN ISO/IEC 17025.
4.Con il quarto motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso l’esame dell’eccezione sollevata dalla contribuente nei gradi di merito -di erronea conservazione dei campioni prelevati dall’Ufficio delle Dogane di Perugia (invio dei campioni al laboratorio oltre il quinto giorno lavorativo successivo a quello del prelievo; mancata conservazione refrigerata a temperatura – ad un massimo di 10 gradi C – dei campioni); 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, par. 3, del Reg. CE 2568/1991 e S.M.I., anche in combinato con l’art. 2697 c.c., per avere la CTR violato i principi in materia di conservazione dei campioni (è richiamata in tema di meticolosa conservazione del campione nelle analisi organolettiche dell’olio, la sentenza del C.d.S. n. 7566 del 2020).
4.1.In primo luogo, la censura di assunta violazione dell’art. 112 c.p.c. si espone a un profilo di inammissibilità atteso che costituisce principio consolidato quello secondo cui “è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, si da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano nuove e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dovere procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte”.(cfr. Cass. 39869 del 2021; Cass. n. 7536 del 2019; Cass. 17049 del 2015; Cass 29366 del 2022). Nella specie, risulta trascritto in ricorso soltanto uno stralcio di uno dei due atti di gravame (con riferimento al ricorso RG n. 14/21).
4.2.In ogni caso , va, al riguardo, ribadito che ‘ nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata
dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto’ (ex multis, Sez. 5, n. 21968 del 28/10/2015; Cass., Sez. 5, 24 novembre 2022, n. 34689).
4.3 .Va ricordato che, ai sensi dell’art. 2, par. 3 del Reg. CEE 2568/1991, nel testo vigente ratione temporis , introdotto dal Regolamento esecutivo (UE) n. 1348/2013 (con decorrenza dal 1° marzo 2014): «3. Per quanto riguarda la verifica delle caratteristiche degli oli da parte delle autorità nazionali o di loro rappresentanti, prevista al paragrafo 1, il prelievo dei campioni si effettua secondo le norme internazionali EN ISO 661 relativa alla preparazione dei campioni per le prove e EN ISO 5555 relativa a l campionamento (…). Fatte salve le disposizioni della norma EN ISO 5555 e del capitolo 6 della norma EN ISO 661, i campioni prelevati sono messi quanto prima al riparo dalla luce e da fonti di calore elevato e sono inviati al laboratorio per le analisi entro il quinto giorno lavorativo successivo a quello del prelievo; altrimenti i campioni sono conservati in modo da evitarne il degrado o il danneggiamento durante il trasporto o lo stoccaggio in attesa di essere inviati al laboratorio.». Risulta evidente che, nella versione vigente ratione temporis, non è prevista la perentorietà del termine entro il quale dovere inviare i campioni prelevati al laboratorio, essendo ‘altrimenti’ (ovvero nel caso di invio dei campioni oltre il detto termine) necessaria la conservazione degli stessi in modo tale da evitarne il degrado o il danneggiamento durante il trasporto o lo stoccaggio in attesa di essere inviati al laboratorio.
4.4.Quanto alle modalità di conservazione refrigerata dei campioni a temperatura massima di 10 gradi C durante il trasporto o lo stoccaggio in attesa di invio al laboratorio, questa Corte ha precisato che ‘ … le regole sub par. 6 EN ISO 6661, si applicano ex reg. CEE n. 2248/98 dal 1° novembre 1998. Esse prescrivono la conservazione dei campioni di laboratorio in contenitori refrigerati, ad un massimo di 10 gradi C, ma la prescrizione è per un certo verso
priva di sanzione, per un altro non sono allegati riscontri scientifici circa gli effetti dell’eventuale conservazione a temperatura maggiore. Si consideri inoltre che il par. 7.1 EN ISO -5555, riguardo all’imballaggio, afferma semplicemente che ‘tutti i campioni devono essere mantenuti per quanto possibile al fresco ed al riparo dalla luce, mentre il prospetto A.1 individua gli intervalli di temperatura che devono essere tenuti durante il prelievo in ‘min. ambiente max 20 gradi C’ per l’olio di oliva’. (Cass., sez. 5, n. 5518/2013).
5. Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 119 e 120 Reg. UE 952/2013 (CDU) per avere la CTR, nel rigettare l’eccezione di affidamento incolpevole e buona fede dell’operatore, ritenuto : 1) erroneamente irrilevanti le analisi organolettiche ‘preventive’ espletate dal Laboratorio delle dogane di Genova in quanto commissionate dalla contribuente (‘ il presunto errore sarebbe stato compiuto nell’effettuazione delle analisi preventive che, se pure effettuate da un laboratorio dell’agenzia delle dogane erano state commissionate dal contribuente e quindi non nell’esercizio dei poteri impositivi riconosciuti dall’autorità doganale’) senza considerare, sotto il profilo qualitativo, l’esito delle stesse confermativo della bontà delle analisi svolte dall’Autorità tunisina (ONH) -peraltro neanche valutate sebbene altresì dedotte – nonché la qualità istituzionale del laboratorio doganale medesimo; 2) la mancata deduzione da parte della contribuente di un errore nelle analisi del prodotto (da parte dell’ONH e del Laboratorio delle Dogane di Genova) prima della partenza dello stesso sebbene la società avesse paventato nell’atto di appello la possibile attribuzione della difformità ad errore, ancorché per sola negligenza, nelle dette analisi ‘preventive’ (‘se difformità vi è stata essa è attribuibile ad errore ancorch é per sola negligenza dell’Autorità tunisina -ONH- e italiana- Laboratorio delle dogane di Genova’) ; 3) la derivazione del declassamento del prodotto dal trasporto, dal tempo trascorso o manipolazioni asseritamente effettuate dalla società senza considerare che, nella specie, trattavasi di prelievo del campione al momento della importazione (e non della riesportazione) prima di procedere ad alcuna miscelazione consentita e che, comunque, possibili discrepanze tra l’olio
importato e quello riesportato derivanti da comportamento ‘inattivo’ dell’operatore non avrebbero comportato alcuna violazione del regime del perfezionamento attivo (per qualità e non per equivalenza come erroneamente affermato in sentenza) da parte della società; in particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe erroneamente interpretato le norme comunitarie in materia di buona fede atteso che, nella specie, sussistevano i presupposti per la configurabilità di un affidamento incolpevole dell’operatore ai sensi dell’art. 119 C.D.U. (identico al previgente art. 220, par. 2, lett. b del Reg. CE n. 2913/1992) essendo l’errore attribuibile all’Autorità estera (tunisina) – dovendo intendersi, per giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenze del 27 giugno 1991, causa C- 348/89; del 14 maggio 1996, RAGIONE_SOCIALE; del 16 marzo 2017, causa C47/16), per Autorità competente non solo quella dello Stato di importazione ma anche quella dello Stato di esportazione, anche se extracomunitario -e avendo la societàcome accertato dallo stesso giudice di appello (‘la diligenza del contribuente nell’effettuare le operazioni di importazione’) – agito con la dovuta diligenza.
5.1.Il motivo è infondato.
5.2. Ai sensi dell’art. 116 del Reg. UE 952/2013 (CDU): 1. Fatte salve le condizioni stabilite nella presente sezione, si procede al rimborso o allo sgravio degli importi del dazio all’importazione o all’esportazione per uno dei seguenti motivi:
importi del dazio all’importazione o all’esportazione applicati in eccesso;
merci difettose o non conformi alle clausole del contratto;
errore delle autorità competenti;
equità (…)
5.3. Ai sensi dell’art. 119 (CDU) : 1.In casi diversi da quelli di cui all’articolo 116, paragrafo 1, secondo comma, e diversi da quelli di cui agli articoli
117, 118 e 120 si procede al rimborso o allo sgravio dell’importo del dazio all’importazione o all’esportazione se, per un errore delle autorità competenti, l’importo corrispondente all’obbligazione doganale inizialmente notificata era inferiore all’importo dovuto, purché sussistano le seguenti condizioni:
l’errore non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore, e
il debitore ha agito in buona fede.
5.4. L’art. 120 (CD U) dispone che: 1. In casi diversi da quelli di cui all’articolo 116, paragrafo 1, secondo comma, e diversi da quelli di cui agli articoli 117, 118 e 119, si procede, per motivi di equità, al rimborso o allo sgravio dell’importo di un dazio all’importazione o all’esportazione quando un’obbligazione doganale sorge in circostanze particolari che non implicano frode o manifesta negligenza da parte del debitore.
5.5.Ciò premesso, nel caso di specie, non può esservi spazio per l’invocazione della buona fede da parte dell’odierna ricorrente, presupposto dell’esimente essendo che, per effetto di un errore dell’autorità doganale (anche straniera), l’importatore sia incorso in un affidamento incolpevole: affidamento che non può sussistere ove ‘ errore dell’autorità ‘ non vi sia (per essere state le analisi ‘ preventive ‘ , se pure effettuate da un laboratorio dell’Agenzia delle dogane, ‘ commissionate dalla contribuente e non già nell’esercizio dei poteri impositivi riconosciuti all’autorità doganale ‘) o non sia stato nemmeno dedotto (‘ Peraltro, non è stato nemmeno dedotto che le analisi del prodotto prima della partenza non fossero corrette e quindi che sia stato un errore ‘). Il che è quanto, nella sostanza, ha correttamente affermato il giudice d’appello, escludendo la ricorrenza, nella fattispecie, anche delle specifiche circostanze indicate per l’applicabilità dell’art. 120 CDU .
6.In conclusione, il ricorso va rigettato.
7.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 7.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2024