Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5885 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
Oggetto: Contraddittorio endoprocedimentale – Prova di resistenza -Contenuto -Questione rimessa alle Sezioni Unite – Rinvio interlocutorio
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 35220/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno, n. 7064/12/2018, depositata il 23 luglio 2018.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 18 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno l’avviso di accertamento n. TF9031200800/2015, emesso ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva induttivamente accertato maggiori ricavi, richiedendo maggiori imposte ai fini IVA, IRES ed IRAP.
La società eccepiva, per quanto qui ancora interessi: a) la violazione dell’art. 12, comma 7, l. 212/2000, per l’omessa attivazione del contraddittorio preventivo; b) l’inattendibilità della ricostruzione operata dall’Ufficio.
Si costituiva l’Agenzia delle entrate, sostenendo la legittimità del suo operato , evidenziando, da un lato, l’insussistenza dell’obbligo di contraddittorio preventivo, e, dall’altro, la legittimità dell’accertamento induttivo dei ricavi, stante la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della società.
La CTP rigettava il ricorso, affermando la legittimità dell’impugnato avviso.
Avverso tale sentenza proponeva appello la contribuente, ribadendo le censure mosse in primo grado.
La Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, rigettava il gravame, ritenendo dirimente, ai fini del decidere, la mancata prospettazione, da parte della contribuente, di un risultato diverso da quello a cui era giunto l’ufficio in sede di accertamento induttivo, ove fosse stato assicurato il contraddittorio preventivo.
La contribuente propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto con il quale ha chiesto di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 18/02/2025.
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione la contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., «la violazione dell’art. 12, comma 7 della L. 27 luglio 2000, n. 212». Afferma di avere indicato, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, gli elementi fattuali che, se esaminati nel contraddittorio endoprocedimentale, avrebbero potuto condurre ad una determinazione diversa da parte dell’Ufficio, ovvero: a) il costo del lavoro, che non può essere determinato solo da quanto riportato nel modello 770; b) la percentuale d’incidenza del costo del lavoro (pari al 30%), che non è determinato dall’art. 1 della l. 383/2011, che si riferisce al lavoro sommerso; c) l’aver eseguito, nell’anno di imposta di riferimento, solo due lavori di costruzione di immobili soggetti all’agevolazione prima casa; d) l’incidenza degli altri cost i non poteva essere del 15%, atteso che la redditività media del settore di operatività della società si attesta intorno al 13-15%.
Pertanto, con riferimento ai tributi armonizzati, l’Ufficio avrebbe dovuto attivare il contraddittorio endoprocedimentale e, in tal modo, valutare gli elementi fattuali che la società avrebbe addotto in quella sede.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’ «omessa pronuncia: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.)» per non avere la CTR valutato gli elementi fattuali già indicati nel primo motivo di ricorso.
L’esame del primo motivo presuppone la soluzione della controversa questione dei limiti della cd. prova di resistenza che il contribuente è tenuto a fornire.
3.1. E’ noto che nel sistema tributario, species del procedimento amministrativo (ove si esclude espressamente l’applicabilità delle disposizioni del Capo III, dedicate alla «partecipazione al procedimento amministrativo», ai procedimenti tributari, v. art. 13, comma 2, della legge n. 241 del 1990), al di fuori delle fattispecie normative in cui ciò è espressamente previsto
è mancato un generale obbligo, in capo all’amministrazione finanziaria, di attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, almeno sino al d.lgs. n. 219 del 30 dicembre 2023 che ha introdotto nello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000) l’art. 6 bis rubricato ‘Principio del contraddittorio’.
3.2. Come è noto, infatti, la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha escluso che un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale si potesse ricavare dalla previsione dell’art. 12, comma 7 della legge n. 212/2000, la cui applicazione è limitata, secondo il suo tenore testuale, ai soli accertamenti conseguenziali ad accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi di riferimento del contribuente con esclusione delle verifiche ‘a tavolino’ ( ex multis , Cass. 13/12/2022, n. 36502; Cass. 29/07/2022, n. 23729; Cass. 06/04/2020, n. 7690).
3.3. Al di fuori delle disposizioni specifiche che prescrivono l’interlocuzione preventiva con il contribuente con modalità ed effetti differentemente declinati (ad es. in materia di studi di settore o di redditometro), si è, quindi, negata l’esistenza di un obbligo di tal fatta in capo all’Amministrazione finanziaria.
3.4. Nell’ambito del diritto eurounionale, invece, l’obbligo generale di attivazione del contraddittorio in capo all’Amministrazione rappresenta un principio pienamente acquisito: dal diritto a una buona amministrazione sancito dall’art. 41, paragrafo 1, d ella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, inteso come « il diritto a che le questioni siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione», deriva, al paragrafo 2, «il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio » (da ultimo, Corte giust., 24 febbraio 2022, in causa C- 582/20, RAGIONE_SOCIALE ). L’obbligo del contraddittorio preventivo impone all’Amministrazione, ove adotti provvedimenti destinati ad incidere sulle posizioni soggettive dei destinatari, di mettere costoro in
condizione di esporre utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi posti a fondamento dell’atto medesimo; qualora l’Amministrazione non sia stata rispettosa dell’obbligo di contraddittorio, la violazione – in assenza di una norma specifica che ne definisca in termini puntuali le conseguenze (come pure precisato, per il nostro ordinamento, da Cass. 15/01/2019, n. 701) – comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e se, in mancanza del suddetto vizio, il procedimento si sarebbe potuto concludere in maniera diversa (Corte giust., 10 ottobre 2009, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE , in C-141/08, punto 94; Corte giust., 10 settembre 2013, M.G. e N.R ., in C-383/13, punto 38; Corte giust., 26 settembre 2013, Texdata Software , in C-418/11, punto 84; Corte giust., 3 luglio 2014, RAGIONE_SOCIALE e NOME RAGIONE_SOCIALE , in C-129/13 e C-130/13, punti 79 e 82).
3.5. L’ orientamento eurounionale è stato recepito dal giudice nazionale, il quale riconosce che i principi fondamentali del diritto europeo impongono, nell’ambito dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, ove ha « luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione », un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preventiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell’atto impositivo, ma solo quando quest’ultimo assolve alla ‘prova di resistenza’ (Cass. Sez. U., 09/12/2015, n. 24823; in senso conforme, tra le tante , Cass. 01/04/2021 n. 9076; Cass. 03/10/2019, n. 24699).
In particolare, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24823/2015 cit., hanno utilmente precisato che il requisito in questione va inteso « nel senso che l’effetto della nullità dell’accertamento si verifichi allorché, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali », aggiungendo che « non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga
si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (…), e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto ».
3.6. In relazione al contenuto ed ai limiti della cd. prova di resistenza questa Corte ha evidenziato l’assenza di specifici orientamenti, assenza ritenuta aggravata dalla non perfetta coincidenza, almeno sul piano letterale, della giurisprudenza nazionale con i principi unionali: mentre la Corte di giustizia, per esempio, nella sentenza Kamino , richiede che il contribuente dimostri che « in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso », le Sezioni Unite (n. 24823/2015 cit.) indicano ragioni che non siano « puramente pretestuose » ovvero elementi difensivi « non del tutto vacui ».
L’ utilizzo di termini che hanno significati diversi rese necessario il chiarimento da parte delle Sezioni Unite, la cui scelta di far gravitare la ‘prova di resistenza’ intorno alla ‘non pretestuosità’ delle ragioni difensive sembra attestarsi su un criterio minimale, quasi in termini di mera possibilità, superato il quale la prova può ritenersi comunque raggiunta; sotto altro verso, la formula adottata sposta l’attenzione più sulle ragioni difensive in sé considerate che sulla concreta vicenda processuale, alla luce della quale gli elementi addotti dal contribuente dovrebbero essere considerati.
La soluzione offerta dal supremo consesso nel 2015 è stata, quindi, ritenuta non pienamente aderente alla ‘prova di resistenza’ come intesa dalla giurisprudenza unionale che, invece, richiede un giudizio di prognosi postuma da condursi « caso per caso » (Cass.
11/09/2019, n. 22644), attraverso la « concreta valutazione » delle ragioni addotte dal contribuente (Cass. n. 701/2019 cit.; Cass. 17/11/2023, n. 31997), e richiama un criterio di valutazione essenzialmente probabilistico: infatti, dovendosi garantire la ‘piena efficacia’ del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale può comportare « l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso » (Corte giust., 3 luglio 2014, Kamino , cit., punto 82, enfasi aggiunta).
La giurisprudenza di legittimità successiva al 2015 non ha approfondito la questione, oscillando tra la necessità della verifica in concreto dell’impatto della violazione sull’esito del provvedimento, « se, nel caso del suo rispetto, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso » (Cass. 21/06/2022, n. 19958; Cass. 30/06/2021, n. 18413; Cass. n. 701/2019 cit.; Cass. 30/05/2018, n. 12832; Cass. 25/01/2017, n. 1969; Cass. 21/09/2016, n. 18450), e la sufficienza che il contribuente abbia enunciato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass. 05/05/2021, n. 11685; Cass. 05/11/2019, n. 28344; Cass. 11/11/2015, n. 23050).
3.6. Per tale motivo la questione del contenuto e dei limiti della cd. prova di resistenza è stata rimessa alla Sezioni Unite con l’ordinanza n. 7829 del 22/03/2024.
Nella specie la CTR ha ritenuto non fornita la cd. prova di resistenza dall’odierna ricorrente per non avere questa ‘prospettato alcun risultato diverso da quello cui è giunto l’Ufficio nell’individuazione dei redditi sulla base degli elementi a sua disposizione’ (pag. 4 della sentenza), aderendo, in definitiva, alla prima delle due tesi poc’anzi esposte, ovvero a quella secondo cui s’impone la verifica in concreto dell’impatto della violazione sull’esito del provvedimento, ovvero « se, nel caso del suo rispetto, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso ».
La pendenza della questione innanzi alla Sezioni Unite di questa Corte impone, nella specie, il rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte rinvia il giudizio a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione rimessa con l’ordinanza n. 7829/2024 . Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025.