Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 21271 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U Num. 21271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
Sezione Tributaria rimetteva gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite sul metro di giudizio da adottare viste anche ‘ la discrasia tra principio unionale e giurisprudenza nazionale ‘, nonché la mancanza di precise indicazioni ‘ su quanto a fondo ci si debba spingere ‘ – nella valutazione della prova di resistenza e delle difese addotte dal contribuente.
Osservano, segnatamente, i giudici rimettenti che:
ferme talune specifiche previsioni di legge, almeno fino alla recente introduzione dell’art. 6 bis nella legge 212/00 da parte del d.lgs. n. 219/23, faceva difetto nell’ordinamento tributario interno un generale obbligo, in capo all’amministrazione finanziaria, di attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, essendosi del resto escluso che un simile obbligo potesse desumersi dall’interpretazione estensiva dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, la cui
applicazione è limitata, secondo il suo tenore testuale, ai soli accertamenti consequenziali ad accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi di riferimento del contribuente, con esclusione quindi delle verifiche cc.dd. ‘a tavolino’ come quella in esame (tra le molte pronunce vengono citate: Cass. n. 36502 del 2022; Cass. n. 23729 del 2022; Cass. n. 7690 del 2020);
al contrario, nel diritto UE l’obbligo generale di attivazione del contraddittorio in capo all’Amministrazione rappresenta un principio pienamente acquisito, posto che ‘ dal diritto a una buona amministrazione sancito dall’art. 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, inteso come ‘il diritto a che le questioni siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione’, deriva, al paragrafo 2, ‘il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio’ (da ultimo, Corte Giust., 24 febbraio 2022, in causa C582/20, RAGIONE_SOCIALE‘ ; in modo tale che sia ‘ garantita ‘a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, la propria opinione durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi’ (ex multis, Corte Giust., 4 giugno 2020, in causa C-430/19, RAGIONE_SOCIALE; Corte Giust., 16 ottobre 2019, in causa C-189/18, RAGIONE_SOCIALE; Corte Giust., 3 luglio 2014, in cause riunite C-129/13 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘;
sempre secondo il diritto UE, qualora l’Amministrazione non sia stata rispettosa dell’obbligo di contraddittorio, la violazione -‘ in assenza di una norma specifica che ne definisca in termini
puntuali le conseguenze (come pure precisato, per il nostro ordinamento, da Cass. n. 701 del 2019)’ – comporta l’invalidità dell’atto non in ogni caso, ma solo quando ‘ il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e se, in mancanza del suddetto vizio, il procedimento si sarebbe potuto concludere in maniera diversa (Corte Giust., 10 ottobre 2009, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in C-141/08, punto 94; Corte Giust., 10 settembre 2013, M.G. e N.R., in C-383/13, punto 38; Corte Giust., 26 settembre 2013, Texdata Software, in C-418/11, punto 84; Corte Giust., 3 luglio 2014, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in C-129/13 e C-130/13, punti 79 e 82) ‘;
questi criteri sono stati recepiti dal giudice nazionale il quale riconosce che i principi fondamentali del diritto europeo impongono, nell’ambito dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, ove ha luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preventiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare sì all’invalidità dell’atto impositivo, ‘ ma solo quando quest’ultimo assolve alla prova di resistenza (Cass. sez. un., n. 24823 del 2015; in senso conforme, tra le tante, Cass. n. 9076 del 2021; Cass. n. 7690 del 2020; Cass. n. 24699 del 2019; Cass. n. 17897 del 2019; Cass. n. 218 del 2019; Cass. n. 20036 del 2018; Cass. n. 20799 del 2017; Cass. 20267 del 2017)’;
Cass. SS.UU. n.24823/15 cit., in particolare, ha chiarito che la nullità dell’accertamento si realizza ‘ allorché, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito
una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali ‘;
in fase applicativa, questi criteri di valutazione della prova di resistenza non appaiono tuttavia di uniforme portata, e questa incertezza sarebbe aggravata dalla non perfetta coincidenza, almeno sul piano letterale, della giurisprudenza nazionale con i principi unionali; infatti ‘ mentre la Corte di Giustizia, per esempio, nella sentenza Kamino, richiede che il contribuente dimostri che ‘in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso’, le Sezioni Unite (n. 24823/15) indicano ragioni che non siano ‘puramente pretestuose’ ovvero elementi difensivi ‘non del tutto vacui’ ‘, così ponendosi la distinzione tra ragioni meramente pretestuose e ragioni infondate ma non pretestuose, in cui la ‘ non pretestuosità’ è stata declinata, in termini positivi, riferendosi ad allegazioni ‘ragionevoli’ e ‘meritevoli di considerazione’ ovvero ‘ragioni serie, ancorché in concreto inidonee a respingere la pretesa erariale’ (Cass. n. 527 del 2015)’;
la giurisprudenza nazionale successiva alle Sezioni Unite del 2015 avrebbe fornito interpretazioni oscillanti dell’oggetto della prova di resistenza, così da confermare, se non acuire, lo stato di incertezza ricostruttiva;
quanto alle ragioni qui addotte dalla COGNOME se ne dovrebbe rilevare l’inconsistenza, posto che: -nel caso di specie (mancata presentazione della dichiarazione Iva per il 2010, a nulla rilevando la presentazione della dichiarazione dei redditi) il termine decadenziale andava fissato al 31 dicembre del quinto (non quarto) anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, ex art. 57 co. 2^ d.P.R.
633/72; – per quanto le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003), siano in effetti poste esclusivamente a carico della persona giuridica, anche quando sia gestita da un amministratore di fatto (Cass., sez. 25/10/2017, n. 25284), ‘ in caso di utilizzazione artificiosa dello strumento societario (Cass. n. 28332 del 2018) non trova applicazione l’art. 7 del d.l. n. 269/2003 e delle sanzioni risponde anche il soggetto (amministratore di diritto o di fatto) che ha agito per un interesse estraneo a quello della società (Cass. n. 10651 del 2022; Cass. n. 5924 del 2017), come contestato in questo caso alla COGNOME, ammettendosi anche la responsabilità per l’IVA a carico del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali (Cass. n. 23231 del 2022) ‘; – quanto, infine, al fatto che la COGNOME non aveva sottoscritto bilancio e dichiarazioni fiscali del 2010, essendo già cessata dalla carica, la questione non poteva risultare rilevante a fronte di una pretesa di recupero basata su operazioni illecite compiute all’epoca in cui la COGNOME era amministratrice di diritto e, quindi, giuridicamente responsabile in relazione a quei fatti.
§ 3. Assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ribadite in udienza, con le quali ha chiesto che venga stabilito il seguente principio di diritto: ‘ La violazione del principio di contraddittorio comporta l’invalidità dell’atto emesso al termine del procedimento amministrativo di accertamento, ove il contribuente alleghi elementi fattuali che non ha potuto portare all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria, tali da apparire, con giudizio da svolgersi in relazione alle circostanze del caso concreto, in
grado di incidere sulle determinazioni di questa, con esclusione solo degli elementi pretestuosi, vacui o chiaramente infondati’.
Premesso che la tutela del contribuente in sede di contraddittorio preventivo non può essere limitata alle sole ipotesi nelle quali questi risulti infine vittorioso nel merito nei confronti del Fisco, osserva il Procuratore Generale che ‘ il diritto ad una difesa effettiva deve essere riconosciuta ad ogni soggetto passivo del rapporto tributario; fondate od infondate che risultino poi essere le sue pretese. Con l’unica eccezione dell’abuso del diritto mediante la proposizione di difese pretestuose, vacue o dilatorie; ipotesi che il principio del contraddittorio preventivo non intende tutelare ‘. Questa tutela preventiva, inoltre, deve avere ad oggetto gli elementi di tipo esclusivamente fattuale, e non giuridico, dell’imposizione, atteso che: ‘ Sostanzialmente, il contraddittorio preventivo ha lo scopo di fornire all’Amministrazione finanziaria ogni apporto conoscitivo utile da parte del contribuente che possa permettere di completare nel modo più esauriente l’istruttoria e di consentire la considerazione di elementi di fatto in precedenza non emersi o tralasciati o sottovalutati ‘.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.
Ragioni della decisione .
§ 4.1 Queste Sezioni Unite si sono occupate più volte del contraddittorio preventivo endoprocedimentale in ambito tributario.
Chiamate a pronunciarsi sulla corretta individuazione dei confini di applicabilità dell’art. 12 co. 7^ l. 212/00 (poi abrogato dall’art. 1, comma 1, lettera o) del d. lgs. 30 dicembre 2023, n. 219) in materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali mediante accesso nei locali di svolgimento dell’attività imprenditoriale o professionale, già Cass. SSUU n. 18184/13 ebbero a rimarcare come il termine di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento -termine decorrente dal rilascio al contribuente della
copia del processo verbale di chiusura delle operazioni -determinasse di per sé, salvo il ricorso di specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus , dal momento che: ‘ detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva ‘.
Ancor più pregnante, perché slegata dalla fattispecie di accesso ai locali del contribuente e riferita tanto ai precetti costituzionali quanto al diritto unionale, fu poi l’affermazione contenuta in Cass.SSUU nn.19667 -19668/14, le quali -pur con riferimento all’ipotesi dell’iscrizione ipotecaria ex art. 77 d.P.R. n. 602/73 nella formulazione allora vigente -osservarono come l’omessa attivazione del contraddittorio endoprocedimentale in materia comportasse la nullità dell’iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, diritto ‘ garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea ‘.
Con la sentenza richiamata nell’ordinanza di rimessione qui in esame (n. 24823/15) le Sezioni Unite hanno poi precisato che -nel caso di verifiche non mediante accesso nei locali ma ‘a tavolino’, come tali sottratte alla disciplina di cui all’art. 12 cit. -quel diritto al contraddittorio sancito dalle Sezioni Unite nel 2014 sussisteva nella sua pienezza ed inderogabilità, appunto, solo con riguardo ai tributi armonizzati assoggettati al diritto UE, ferma restando l’insussistenza nell’ordinamento interno, per i tributi non -armonizzati, di un principio generale di contraddittorio preventivo (non rinvenibile né nell’art.24 né nell’art. 97 Cost.), sicchè quest’ultimo sussisteva solo se prescritto dalle singole leggi d’imposta e secondo la disciplina di volta in volta fissata. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a
verifiche fiscali, quindi, l’Amministrazione finanziaria era gravata da un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, ‘ esclusivamente per i tributi ‘armonizzati’, mentre, per quelli ‘non armonizzati’, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito ‘. Rilevavano così particolari ed eterogenee fattispecie normative di audizione preventiva del contribuente, ad esempio in materia di determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche (art. 38 co. 7^ d.P.R. 600/73); di utilizzazione accertativa degli studi di settore (art. 10 co. 3 bis legge 146/98); di controlli formali o automatizzati delle dichiarazioni dei redditi (artt. 36 bis e 36 ter d.P.R. 600/73); di contestazione della clausola generale di abuso del diritto o elusione fiscale (art. 10-bis, commi 6, 7 e 8 Statuto).
Il parametro discretivo della ‘armonizzazione’ viene poi da sempre legittimato nella necessaria conformazione del diritto interno all’art. 41 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, secondo il quale: ‘ Diritto ad una buona amministrazione 1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione. 2. Tale diritto comprende in particolare: -il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio, -il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, -l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. (…) ‘.
Ebbene, l’ordinanza di rimessione suscita oggi una ulteriore rivisitazione del tema, questa volta sotto il particolare angolo visuale del contenuto di quella prova (di resistenza) che il contribuente deve
fornire in giudizio qualora voglia ottenere l’annullamento dell’atto impositivo per il fatto di non essere stato preceduto -nei casi in cui ciò sia necessario trattandosi, come detto, di tributi armonizzati fatti oggetto di verifiche a tavolino -da contraddittorio endoprocedimentale.
E vale pure precisare che questa rivisitazione sarà, per forza di cose, ancora rivolta al passato, cioè all’assetto legislativo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 6 bis legge 212/2000, introdotto dall’art. 1 co. 1^ lett.e) d.lgs n.219/2023, come interpretato ex art. 7 bis d.l. 39/2024 conv. c.m. in legge 67/2024.
Disposizione innovativa, questa, che -salvo talune eccezioni indicate nel co. 2^ o desumibili dall’art. 7 bis da ultimo citato: atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni come individuati con decreto Mef 24.4.2024, già connotati per disciplina speciale loro propria da forme di interlocuzione con l’Amministrazione, nonché in caso di fondato pericolo per la riscossione introduce nell’ordinamento il principio generale di obbligatorietà del contraddittorio secondo la fattispecie interlocutoria della comunicazione dello ‘schema d’atto’, con termine per controdeduzioni da parte del contribuente ed obbligo per l’Amministrazione di motivazione specifica dell’atto in punto osservazioni non accolte.
Si tratta di una previsione che va anche considerata – per un verso -alla luce del rinnovato regime di invalidità dell’atto impositivo, rientrando la contravvenzione alle regole di partecipazione del contribuente al procedimento accertativo tra le violazioni di legge che rendono senz’altro annullabile l’atto avanti al giudice tributario ex art. 7 bis Statuto, e -per altro -in più stretto accostamento al procedimento amministrativo, già da tempo caratterizzato da un obbligo partecipativo generalizzato ex art. 7 segg. legge 241/90,
disciplina del ‘giusto procedimento’ che, non a caso, eccettuava espressamente (art. 13.2) proprio i procedimenti tributari siccome regolati da norme loro proprie.
§ 4.2 Tornando al punto centrale della questione, dalle Sezioni Unite del 2015 si evince la netta presa di distanza di due opposte tesi ricostruttive, entrambe da ritenersi inaccettabili proprio per la radicalità delle conseguenze alle quali porterebbero.
In base alla prima (di pratica abolizione della prova di resistenza) la violazione del contraddittorio preventivo rileverebbe ex se , cioè per il solo fatto di essersi realizzata ed indipendentemente dal vaglio degli elementi che il contribuente avrebbe potuto addurre se fosse stato sentito. In questo modo, tuttavia, si giungerebbe ad annullare l’atto impositivo in conseguenza e per effetto della sola inottemperanza formale all’obbligo di audizione, quand’anche nessun tipo di concreto pregiudizio sia derivato -per questa ragione -al contribuente. La tutela del contraddittorio amministrativo sarebbe, in definitiva, di carattere puramente procedurale e fine a se stessa, non necessariamente causativa dello sviamento dell’istruttoria accertativa, il che finirebbe per snaturare lo stesso principio, originatosi nel processo ma proprio anche dell’ambito giuspubblicistico, di strumentalità delle forme.
In base alla seconda prospettazione (di identificazione della prova di resistenza in quella di infondatezza nel merito della pretesa fiscale), il contribuente dovrebbe invece dimostrare che, se fosse stato sentito, avrebbe potuto addurre elementi di tale significato e conclusività da rendere palese la fondatezza nel merito della propria opposizione e, per ciò solo, l’illegittimità dell’atto. In questa maniera, tuttavia, il procedimento verrebbe ad appiattirsi sul processo, e la tutela del contraddittorio preventivo verrebbe di nuovo, anche se per motivi opposti, di fatto svuotata di contenuto (‘ precetto senza
sanzione ‘), perché negata ai contribuenti con torto, ed invece accordata (solo) ai contribuenti con ragione, vale a dire a quei contribuenti che già sono in grado di ottenere, ed ottengono, l’annullamento giurisdizionale dell’atto per motivi di merito, quindi tutt’affatto diversi dalla mancata audizione preventiva.
Tra i due poli si pone un ampio e sfumato ventaglio di possibilità che già le Sezioni Unite del 2015 regolarono facendo espresso richiamo proprio alla giurisprudenza CGUE secondo la quale, nei tributi armonizzati, ‘ la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione fiscale determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento ‘avrebbe potuto comportare un risultato diverso ‘ (SU cit.).
Non occorre che il contribuente dimostri che, se sentito, l’atto avrebbe ‘certamente’ avuto un esito differente, bensì solo che tale ipotesi (SU cit.) ‘ non va totalmente esclusa in quanto (egli) avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale’ (cfr.: Corte Giust. 1 ottobre 2009, in C -141/08, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, punto 94; 2 ottobre 2003, in C 194/99, Thyssen Stahl/Commissione, punto 31; 8 luglio 1999, causa C -51/92, RAGIONE_SOCIALE/Commissione, punto 81)’ .
Sicchè il criterio (intermedio) che impone di verificare se l’osservanza del contraddittorio ” avrebbe potuto comportare un risultato diverso ” del procedimento impositivo, deve essere inteso (SU cit.) ‘ nel senso che l’effetto della nullità dell’accertamento si verifichi allorché, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo
al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali .’
Per dare un senso all’istituto, occorre quindi che il contribuente: a. prospetti ‘ in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato ‘; b. dimostri che la deduzione di queste ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), ‘ si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali (esso) è predisposto ‘.
Secondo i giudici rimettenti, proprio qui si insedierebbe una discrasia o, quantomeno, un difetto di coordinamento tra il criterio nazionale così dettato dalle Sezioni Unite nel 2015 (per le quali, in sostanza, basterebbe la prova della non pretestuosità o non strumentalità delle deduzioni obliterate a causa della mancata audizione), ed il criterio invece evincibile dalla CGUE, nominalmente richiamato anch’esso dalle SU ma da esse poi non del tutto coerentemente esplicitato, (secondo cui il contribuente è invece chiamato ad una soglia dimostrativa più alta e rigorosa, incentrata sulla concreta idoneità di quelle deduzioni a ragionevolmente sortire un esito diverso del procedimento impositivo).
§ 4.3 Come evidenziato nell’ordinanza di rimessione, questa divaricazione ricostruttiva non ha trovato saldatura nella giurisprudenza della Sezione Tributaria successiva al 2015, in realtà segnata da letture non del tutto univoche del contenuto della prova di resistenza nelle verifiche Iva.
Un primo gruppo di pronunce richiede, ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova in questione, che il contribuente abbia allegato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia
proposto un’opposizione meramente pretestuosa, correlando la valutazione di non pretestuosità alla astratta ‘ rilevanza’ delle difese non potute svolgere in relazione all’addebito contestato, ossia la loro idoneità ad incidere sull’esito del procedimento, senza accenno a valutazioni giudiziali di tipo prognostico sui diversi possibili esiti procedimentali (così Cass.n. 5229/19; n. 20747/19; n. 1505/20; n. 14628/20; n. 4965/21; n. 30259/21; n. 37234/22, non tutte massimate).
In base ad un secondo indirizzo, si è invece ritenuta necessaria la verifica in concreto dell’impatto del vizio sul procedimento, talora inasprendo il contenuto della prova di resistenza mediante la richiesta al contribuente della dimostrazione della idoneità delle ragioni addotte (adducibili) ad incidere a suo favore sull’esito finale dell’accertamento (tra le altre, Cass.n. 26538/20; n. 27782/20; n.19958/22; n. 3118/23; n. 26068/23; n. 8037/24, non tutte massimate).
Un terzo orientamento, poi, pare voler annullare ogni pratica differenza tra i due criteri; così in Cass.n. 20436/21, come segue massimata (Rv. 66200201): ‘ In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa’ .
§ 5.1 Si reputa che, a ben vedere, il ragionamento esposto dalle Sezioni Unite nel 2015 già contenesse in sé tutti gli elementi logici e giuridici per la composizione del quadro interpretativo in completa
sintonia con le indicazioni unionali, del resto da esse espressamente ed adesivamente ricostruite.
Nella fondamentale decisione RAGIONE_SOCIALE (sentenza 3.7.2014, in cause riunite C-129/13 e C-130/13: in particolare, §§ 38, 39, 42, 79 e 82) si ha la più precisa messa a fuoco del ‘ right to be heard’ , nel senso della invalidità dell’atto impositivo, non in ogni caso di inottemperanza, ma solo quando il vizio di carenza di contraddittorio produca, come effetto, una lesione sostanziale per il contribuente, consistente nella preclusione per l’interessato della facoltà di presentare osservazioni che, valutate criticamente dall’amministrazione, avrebbero potuto condurre ad un esito diverso del procedimento impositivo: ‘ the outcome of the procedure might have been different ‘.
Si osservava in sentenza che ‘ quando il diritto dell’Unione non fissa né le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa né le conseguenze della violazione di tali diritti, tali condizioni e tali conseguenze rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività )»; fermo restando che proprio il principio di effettività « non esige che una decisione contestata, in quanto adottata in violazione dei diritti della difesa, sia annullata in tutti i casi. Infatti, una violazione dei diritti della difesa determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso» . Si tratta di un ragionamento di natura proiettiva (‘ avrebbe potuto’,
‘might’, ‘pouvait’ ) che trova radice in decisioni anteriori, così in sentenza Sopropé, EU:C:2008/746 e nella stessa giurisprudenza CGUE richiamata dalle Sezioni Unite.
Nelle pronunce CGUE successive al 2015, il contenuto ‘unionale’ della prova di resistenza non è mutato, venendo sempre ricondotto -da un lato -all’esigenza di una lesione sostanziale del diritto di difesa del contribuente e -dall’altro alla necessità della dimostrazione da parte di questi di un esito non certamente ma potenzialmente diverso del procedimento (sentenza 17 dicembre 2015, causa C-419/14, Web Mind Licenses, punto 84 in materia Iva; sentenza 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16 in materia Iva; sentenza 20 dicembre 2017, Prequ, C-27616, punto 36 in materia doganale).
Nella sentenza 16 ottobre 2019, in causa C-189/18, Glencore (ma così anche in sentenza 4 giugno 2020, in causa C-430/19, SC C.F., punto 37) si è affermato che la violazione del diritto di difesa in fase endoprocedimentale ( sub specie di diritto di accesso al fascicolo contenente atti di un processo penale in cui erano implicati determinati fornitori della società ricorrente e atti relativi ai controlli effettuati presso gli stessi fornitori) non può dirsi sanata dal semplice fatto che l’accesso al fascicolo sia poi stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale, stabilendosi che sia il giudice nazionale a valutare l’esistenza in concreto di una violazione dei diritti della difesa ‘ in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame’ (punto 44).
Con la sentenza 18 giugno 2020, RQ, C-831/18 (punti 105 e 106), è stato poi ribadito che la valutazione giudiziale di incidenza della violazione del diritto di essere ascoltato sulla legittimità del provvedimento impugnato deve essere effettuata ‘ in funzione delle
circostanze di fatto e di diritto specifiche di ciascun caso di specie ‘, precisandosi che ‘ non si può obbligare un ricorrente che deduce la violazione dei suoi diritti della difesa a dimostrare che la decisione dell’istituzione dell’Unione interessata avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che una simile ipotesi non è totalmente esclusa ‘, in coerenza con quanto già affermato nella cit. sentenza del 1^ottobre 2009, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE/Consiglio, C-141/08 P, EU:C:2009:598 (punto 94).
Rilevante è anche la sentenza 4 giugno 2020, SEAE, C-187/19 (punto 69) in cui è stato specificato che il diritto di essere ascoltato persegue un duplice obiettivo perché, da un lato, esso ‘serve all’istruzione del fascicolo e all’accertamento dei fatti nel modo più preciso e corretto possibile’ (piena cognizione di causa) e, dall’altro, ‘consente di assicurare una tutela effettiva dell’interessato’, permettendo ‘all’autorità competente di correggere un errore o all’interessato di far valere gli elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia, o meno, adottata o abbia un contenuto piuttosto che un altro’.
Si tratta di affermazioni, queste ultime, che ben evidenziano la duplice natura che l’istituto del contraddittorio preventivo endoprocedimentale presenta (anche ed innanzitutto) per il diritto unionale, in quanto funzionale non solo al diritto di difesa del contribuente ed alla ‘parità delle armi’ in fase amministrativa secondo quanto evincibile dall’art. 41 della Carta di Nizza, ma anche alla buona amministrazione, atteso l’interesse del Fisco a dirigere l’istruttoria accertativa nel modo più informato, mirato ed efficiente possibile.
§ 5.2 E’ dunque alla luce di questi principi (come si è visto, già precedentemente stabiliti e poi confermati e precisati) che anche le SU del 2015 si fecero carico di osservare -quanto a limiti di rilevanza
della violazione del contraddittorio -che (pag.35): ‘ avendo il giudice nazionale, in ogni caso, l’obbligo di garantire la piena effettività del diritto dell’Unione, il riscontro di una violazione dei diritti di difesa, in particolare del diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di provvedimento lesivo, determina l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento ‘avrebbe potuto comportare un risultato diverso’ (cfr.: Corte Giust. 3.7.2014, in causa C -129 e C130/13, RAGIONE_SOCIALE, punti 78 – 82 e la precedente giurisprudenza ivi richiamata ‘. Soffermandosi in special modo sui tributi armonizzati, ebbero ancora ad osservare le SU del 2015 che (pag. 41): ‘ Gli esposti rilievi e il tenore della giurisprudenza comunitaria appena richiamata, inducono, quindi, a ritenere che la limitazione della rilevanza della violazione dell’obbligo del contraddittorio, all’ipotesi in cui la sua osservanza ‘avrebbe potuto comportare un risultato diverso’ del procedimento impositivo, vada inteso nel senso che l’effetto della nullità dell’accertamento si verifichi allorché, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali ‘.
In tanto, dunque, gli elementi difensivi pretermessi possono ritenersi vacui, fittizi e strumentali, in quanto totalmente inidonei -con valutazione ex ante ed in concreto -a determinare un ‘ risultato diverso’ del procedimento impositivo, come inteso dal diritto UE; da qui la, pure ricordata, violazione dei doveri di lealtà, collaborazione e buona fede da parte del contribuente che lamenti di non essere stato sentito senza però essere in grado di provare la possibile e concreta incidenza istruttoria della sua mancata audizione.
Questa conclusione è d’altra parte confortata anche da ulteriori elementi ricostruttivi.
Va intanto osservato che -ferme le indubbie peculiarità del procedimento tributario – il principio di effettività della lesione da mancata partecipazione dell’interessato trova riscontro anche nel procedimento amministrativo, dal momento che l’art. 21 octies della legge 241/90 stabilisce appunto che la violazione delle norme sul procedimento non comporta l’annullamento dell’atto ‘ qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ‘, aggiungendosi quindi che il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento ‘qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ‘.
Sulla questione è inoltre intervenuto anche il Giudice delle leggi (C.Cost. n. 47/2023) il quale -nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla CTR della Toscana, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 12, comma 7, cit. nella parte in cui non estende il diritto al contraddittorio preventivo alle indagini ‘a tavolino’ ha ribadito l’esigenza dell’osservanza del contraddittorio preventivo endoprocedimentale nei casi e secondo i criteri eurounitari, fermo restando che l’inottemperanza a questo obbligo -secondo quanto affermato dalla Corte di legittimità – può portare all’invalidità dell’atto impositivo solo se il contribuente assolva alla prova di resistenza, allegando le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede procedimentale ed il conseguente ‘ pregiudizio sostanziale subito’.
La Corte Costituzionale, pur auspicando e sollecitando un intervento legislativo organico in materia (poi in effetti intervenuto), ha dunque
anch’essa mostrato di voler intendere e recepire, dandolo per assodato, un contenuto della prova di resistenza ispirato a canoni di concretezza ed effettività del danno da omissione, il che ancora una volta riporta alla nozione eurounitaria del (non certo ma) possibile ‘differente risultato’.
Nello stesso senso va poi letto anche l’elemento interpretativo evincibile dall’art. 5 ter co. 5^ legge 218/97 (introdotto dal d.l. n.34/2019) sull’accertamento con adesione, stabilendo questa disposizione che, nel caso di mancato avvio del contraddittorio tramite invito, l’avviso di accertamento è invalido ‘ qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato ‘. Sicchè l’unico elemento normativo (del previgente quadro legislativo) che si è occupato più da vicino del contenuto della prova di resistenza (anche se con riguardo ad una fattispecie del tutto particolare) ha testualmente richiamato il requisito di ‘concretezza’ dimostrativa, da logicamente riguardarsi nell’incidenza pratica delle ragioni obliterate sull’esito dell’azione accertativa.
§ 5.3 Il compendio legislativo che prevede particolari e dedicate forme di contraddittorio preventivo converge nell’attribuire all’audizione lo scopo di mettere il contribuente in condizione di fornire ‘ chiarimenti’ , ‘ dati’ , ‘ notizie rilevanti’ , ‘ elementi’ , ‘ informazioni’ (v. artt. 36 bis, 36 ter, 37 bis, 38 d.P.R. 600/73, 10 bis Stat.), volti a segnalare all’Amministrazione la presenza di eventuali errori nella già intrapresa (ma ancora in divenire) attività di accertamento, ovvero a dedurre la presenza di fatti non considerati, così come l’insussistenza di fatti invece considerati ed erroneamente posti a carico del contribuente.
Analogamente, anche l’ampia casistica giurisprudenziale di legittimità che, come si è detto, si è sviluppata sul tema delle
verifiche Iva e doganali ha sempre fatto leva sulla natura fattuale, materiale, circostanziale -non giuridica – degli elementi deducibili dal contribuente in sede di contraddittorio.
Il che ben si spiega considerando – da un lato – che le questioni di stretta interpretazione giuridica (ben inteso, considerate in sé, cioè svincolate dai fatti materiali dai quali originano) sono per loro natura demandate alla giurisdizione senza che, come condivisibilmente osservato dal Procuratore Generale, neppure se ne possa del resto immaginare la deduzione in un giudizio di tipo prognosticocausalistico; e dall’altro – che il contraddittorio preventivo ha appunto natura ‘endoprocedimentale’, non processuale, così da essere funzionale alla costruzione istruttoria della fattispecie impositiva (che nel processo si chiede invece di demolire) mediante l’allegazione di fatti e circostanze di cui l’Amministrazione non è a conoscenza, operando essa da una sfavorevole posizione iniziale di asimmetria informativa che può essere colmata solo con l’apporto conoscitivo del contribuente. E lo stesso accollo della prova di resistenza a carico di questi trova giustificazione proprio in questa strutturale asimmetria e nella correlata vicinanza al contribuente dell’elemento da acquisire.
Di ciò è del resto consapevole la stessa Amministrazione Finanziaria che, nel fornire indicazioni operative agli Uffici sull’istituto dell’accertamento con adesione di cui all’art.5 ter d.lvo n.218/97 cit. (v. Circ. AdE n. 17 del 22 giugno 2020), ha segnalato che l’obbligo del contraddittorio preventivo ‘ rafforza l’intero impianto del procedimento accertativo, anche al fine di prevenire la fase contenziosa ‘, in maniera tale che la valorizzazione del confronto anticipato in fase di accertamento ‘ assume un ruolo centrale nell’assicurare la corretta pretesa erariale e, in generale, nello spingere i contribuenti medesimi ad incrementare il proprio
adempimento spontaneo, così da ridurre, conseguentemente, il tax gap ‘.
Il temperamento dialogico del carattere autoritativo ed inquisitorio dell’accertamento risponde perciò ad un interesse qualificato della stessa Amministrazione.
L’oggetto della prova di resistenza viene allora ad ulteriormente circoscriversi, nel senso che la potenzialità di quel ‘risultato diverso’ che si è visto costituire il suo nucleo dimostrativo fondamentale deve essere comprovata appunto con la specifica indicazione dei fatti e delle informazioni mancate, in una con la loro concreta e ragionevole idoneità ad orientare l’Amministrazione a non più adottare il provvedimento impositivo, oppure ad adottarlo con un contenuto oggettivamente o soggettivamente più mite.
Ciò è reso possibile dal fatto che il contenuto dell’atto impositivo, per quanto certamente di natura vincolata e non discrezionale, costituisce pur sempre il prodotto di una determinata ricostruzione storica e valutazione economica della serie di tutti gli elementi integrativi, ex art. 53 Cost., della fattispecie legale di prelievo.
E siccome -lo si è detto -il contraddittorio ha natura preventiva ed attiene all’indirizzo della fase amministrativa dell’accertamento: a. i fatti in esso deducibili non sono necessariamente gli stessi che possono essere dedotti in sede giurisdizionale; b. la ripetibilità della deduzione in sede giurisdizionale non salva dall’invalidità l’atto di imposizione; c. la ‘evidenza’ del fatto o della deduzione in sede amministrativa non coincide con i requisiti della ‘prova’ da fornire nel processo.
Richiesto di annullare l’atto impositivo per violazione del contraddittorio, pertanto, il giudice di merito dovrà compiere -prima ed indipendentemente dal giudizio di fondatezza dell’impugnazione -una valutazione rispondente ai tipici canoni della prognosi postuma ex
ante (perché riguardata al momento dell’omesso contraddittorio preventivo), ispirata a parametri di fattualità, specificità, concretezza, probabile idoneità causale dell’elemento tralasciato a sortire un risultato diverso del procedimento impositivo, solo per questa via escludendosi il carattere meramente pretestuoso, vacuo e strumentale dell’istanza.
§ 6. In definitiva, a composizione del dissidio interpretativo individuato dall’ordinanza di rimessione, vanno affermati i seguenti principi di diritto:
con riguardo alla disciplina applicabile prima dell’entrata in vigore dell’art. 6 bis legge 212/2000, come introdotto dall’art. 1 co. 1^ lett.e) d.lgs.n. 219/2023, come richiamato ed interpretato ex artt. 7 e 7 bis d.legge n. 39/2024 convertito c.m. in legge n. 67/2024, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali cc.dd. ‘a tavolino’, l’Amministrazione finanziaria è gravata da un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale esclusivamente per i tributi “armonizzati” mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.
sempre con riguardo alla disciplina previgente ed alle verifiche ‘a tavolino’ su tributi armonizzati, la violazione dell’obbligo di contraddittorio procedimentale comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto gli elementi in fatto che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, fittizia o strumentale, tale essendo quella non idonea, secondo una valutazione probabilistica ex ante spettante al giudice di
merito, a determinare un risultato diverso del procedimento impositivo .
§ 7. L’unico motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate va quindi accolto.
Diversamente da quanto eccepito dalla COGNOME e come già osservato nell’ordinanza di rimessione, la circostanza che esso sia formulato -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -per violazione e falsa applicazione delle norme sul contraddittorio preventivo e sulla prova non costituisce un infingimento volto a surrettiziamente aggirare il divieto di un nuovo esame fattuale in sede di legittimità (per giunta precluso, come omesso esame ex art.360, co. 1^ n.5, cod.proc.civ., dalla sussistenza nella specie di una pronuncia ‘doppia conforme’ di merito). Piuttosto, la doglianza attinge in pieno al sostrato tecnico-giuridico della prova di resistenza, lamentandosi con essa che il giudice di appello avrebbe errato nell’individuare il raggiungimento di questa prova nel mero difetto di pretestuosità, là dove si trattava di esigere, in capo alla contribuente, una prova di tipo più rigoroso e puntuale, secondo quanto si è detto in ordine ai parametri eurounitari ed al requisito del ‘risultato diverso’.
E’ quindi evidente come ci si muova all’interno della sfera di interpretazione ed applicazione delle norme di governo della prova di resistenza, che è cosa ben diversa dalla contestazione (questa si inammissibile in sede di legittimità) della delibazione probatoria come resa nel giudizio di merito.
E di ciò si trae definitiva conferma nello stesso argomentare della Commissione Tributaria Regionale, la cui ragione decisoria esclusiva ed assorbente (nel confermare l’annullamento dell’avviso Iva per difetto di contraddittorio preventivo) è consistita in un vaglio parziale perché limitato alla natura non meramente pretestuosa delle contestazioni che la COGNOME, se sentita, avrebbe potuto opporre;
convincimento, questo, che il giudice territoriale ha poi ritenuto di poter corroborare con un elemento di per sè non dirimente, secondo cui tali contestazioni tanto meno pretestuose dovevano apparire, in quanto ‘ampiamente esplicitate sia nell’atto introduttivo (e recepite dalla Commissione Tributaria Provinciale) che con l’appello ‘.
Secondo quanto si è fin qui osservato, è pertanto mancata ogni dovuta considerazione sia della natura fattuale e non esclusivamente giuridica delle deduzioni impedite dall’omesso contraddittorio endoprocedimentale; sia della loro attinenza e rilevanza nella fattispecie concreta; sia, ancora, della loro potenziale idoneità, indipendentemente dalla fondatezza, a deviare in senso favorevole alla COGNOME l’esito dell’istruttoria accertativa.
Di tutto ciò dovrà farsi carico il giudice di rinvio, il quale provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M. La Corte
-accoglie il ricorso;
-cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Campania in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili in data