Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19095 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19095 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n.r.g. 3864/2022, proposto da:
COGNOMERAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale indica il proprio indirizzo di poste elettronica certificata
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 5655/2021 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 7 luglio 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3
luglio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di verifica fiscale inerente all’anno d’imposta 20 13, l’amministrazione finanziaria notificò a RAGIONE_SOCIALE -ed ai soci per imputazione ex art. 5 TUIR -un avviso di accertamento contenente ripresa a tassazione del reddito a fini Irap, Irpef e Iva, sul rilievo di ricavi non fatturati e costi non deducibili, oltre all’irrogazione di sanzioni.
L’avviso fu impugnato dalla società e dai soci innanzi alla C.T.P. di Napoli, che respinse il ricorso.
La sentenza di prime cure fu confermata, a seguito dell’appello dei contribuenti, con la decisione indicata in epigrafe.
I giudici regionali, per quanto in questa sede ancora di interesse, ritennero che nella specie non si fosse verificata alcuna violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale e che al riguardo, in ogni caso, i contribuenti non avevano dimostrato le ragioni che avrebbero potuto far valere ove sentiti nel corso delle operazioni.
Osservarono, inoltre, che l’accertamento era stato adeguatamente motivato per effetto del richiamo a lle risultanze dell’attività di verifica compendiate nel processo verbale di constatazione, rispetto alle quali le controdeduzioni dei soci non apparivano persuasive, specie in punto all’entità dei costi deducibili sui maggiori redditi accertati.
I contribuenti tutti hanno impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a sei motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Amministrazione ha depositato controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è denunziata nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 1 e 36 del d.lgs. n. 546/1992 e 111 della Costituzione.
I ricorrenti evidenziano di aver contestato innanzi ai giudici d’appello l’illegittimità dell’accertamento conseguente alla presenza di «numerose anomalie nell’operato sia della Guardia di Finanza che dell’Agenzia delle entrate», consistenti, in particolar e, in errori materiali nella consultazione dei files excel donde i verificatori avevano tratto riscontro delle omissioni contabili, nonché nell’erronea considerazione come «operazioni a nero» di semplici annotazioni, che consistevano in «tracce di operazioni poi non perfezionate, ovvero diversamente perfezionate, ovvero perfezionate con l’emissione (non di fattura, ma) di scontrino fiscale».
Di tali deduzioni, contenute in apposito motivo di appello, la C.T.R., non aveva tenuto alcun conto; con il che la decisione doveva ritenersi nulla per omessa pronunzia ovvero, in caso di ritenuta sussistenza di statuizione implicita, per omessa motivazione sulla stessa.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’art. 12, della l. n. 212/2000 nonché dell’art. 41, comma 2, CDFUE, in relazione alla ritenuta insussistenza di violazioni del principio del contraddittorio in fase endoprocedimentale.
La sentenza impugnata, in particolare, è sottoposta a critica nella parte in cui ha rigettato il relativo motivo di gravame; il ricorso, in proposito, sottolinea che l’accertamento si è svolto nei locali dell’impresa, e non ‘a tavolino’, e che, al fine di sostenere l’eccezione di invalidità dell’atto, era sufficiente da parte loro «enu nciare» le ragioni di opposizione (come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 24823/2015), anziché «dimostrarle», come statuito dalla C.T.R.
Con il terzo motivo, deducendo la violazione degli artt. 7 della l. n. 212/2000 e 3 della l. n. 241/1990, i ricorrenti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata anche in punto alla motivazione dell’atto impositivo, osservando che i giudici d’appello avevano ritenuto assolto il relativo obbligo per effetto del richiamo al p.v.c. che, tuttavia, non era stato notificato.
Il quarto motivo denunzia nuovamente la nullità della sentenza in relazione agli artt. 1 e 36 del d.lgs. n. 546/1992, 132 cod. proc. civ. e 111 della Costituzione.
I ricorrenti assumono di aver sottoposto alla C.T.R., tramite motivi di gravame, plurimi elementi donde potevano desumersi « l’assoluta irragionevolezza e la totale implausibilità del maggior reddito recuperato sulla scorta dell’unico elemento costituito dalla documentazione extracontabile valorizzata dall’AdE », assumendo che i giudici d’appello avrebbero statuito, sul punto, con motivazione «totalmente insussistente, nella sostanza radicalmente omessa o quantomeno apparente».
Il quinto motivo, formulato «alternativamente o cumulativamente» al precedente, denunzia la stessa violazione sotto forma di contrasto con gli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
Ove, infatti, si volesse ritenere soddisfatto l’obbligo di motivazione della sentenza d’appello, la stessa andrebbe censurata per il grave malgoverno delle norme applicabili in tema di presunzioni, ed in particolare perché i giudici regionali avevano commesso un errore di sussunzione nell’individuare i fatti posti a base del ragionamento presuntivo, ovvero considerato i relativi elementi in modo atomistico e non in concorso fra loro.
Infine, con il sesto motivo i ricorrenti lamentano una violazione dell’art. 53 Cost. e dell’art. 39, del d.P.R. n. 600/1973 , osservando che, in punto alla determinazione dei costi relativi ai maggiori ricavi
accertati, la C.T.R. aveva avallato il criterio adoperato dall’Ufficio -il quale aveva imposto la preventiva prova di inerenza -e non, invece, il metodo di determinazione per via induttiva (senza prova né verifica di inerenza), quantunque ciò fosse dovuto dal fatto che, nella specie, l’accertamento era stato condotto con m etodo induttivo puro.
7. In relazione al secondo, con il quale la sentenza d’appello è censurata nella parte concernente il rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, il Collegio osserva che la relativa decisione presuppone la soluzione della controversa questione dei limiti della cd. prova di resistenza, che il contribuente è tenuto a fornire laddove, come nel caso di specie, lamenti, in presenza di un accertamento svoltosi in loco e concernente (anche) tributi armonizzati, che dalla mancata attuazione del contraddittorio sia derivato uno specifico pregiudizio.
Come osservato in ricorso, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24823/2015, hanno chiarito, in punto al contenuto della prova di resistenza, che l’accertamento deve ritenersi nullo ove , in sede giudiziale, risulti che se vi fosse stato il contraddittorio procedimentale esso avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non puramente fittizi o strumentali.
La sentenza in questione, in particolare, ha precisato che «non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (…), e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale,
sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto».
Con tale decisione, pertanto, le Sezioni Unite hanno scelto di attestarsi su un criterio minimale, quasi in termini di mera possibilità, superato il quale la prova può ritenersi comunque raggiunta.
La giurisprudenza di legittimità successiva al 2015 è parsa tuttavia, sul punto, oscillante; a volte, infatti, è stato ritenuto necessario verificare in concreto l’impatto che la violazione del principio del contraddittorio ha avuto sull’esito del provvedimento (v. ad es. Cass. 19958/2022), mentre in altre pronunzie si è continuata a reputare sufficiente l’enunciazione, da parte del contribuente, del le ragioni che avrebbe potuto far valere innanzi agli accertatori (così Cass. n. 11685/2021).
Per tale motivo la questione del contenuto e dei limiti della cd. prova di resistenza è stata rimessa alla Sezioni Unite con l’ordinanza n. 7829 del 22/03/2024.
Ed invero, poiché la decisione delle Sezioni Unite risulta di imminente pubblicazione e riveste carattere dirimente ai fini della decisione sul motivo di ricorso in scrutinio, si impone il rinvio della causa a nuovo ruolo in attesa della relativa pubblicazione.
P.Q.M.
La Corte rinvia il giudizio a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione rimessa con l’ordinanza n. 7829/2024.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema