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Prova contraria redditometro: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4731/2025, ha accolto il ricorso di una contribuente contro un accertamento basato sul “redditometro”. La Corte ha chiarito che, per fornire la prova contraria, è sufficiente dimostrare la disponibilità di ulteriori redditi (esenti o già tassati) attraverso idonea documentazione, come gli estratti conto, senza dover provare la specifica destinazione di tali somme a coprire le spese contestate. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per non aver analizzato la documentazione prodotta e per aver applicato un principio errato, richiedendo una prova di correlazione diretta non prevista dalla legge.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prova contraria redditometro: basta dimostrare la disponibilità di fondi

Un recente intervento della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui limiti e le modalità della prova contraria al redditometro. Con l’ordinanza in esame, i giudici supremi hanno stabilito che per superare un accertamento sintetico, il contribuente non è tenuto a dimostrare il collegamento diretto tra le somme extra-reddito e le specifiche spese contestate, ma è sufficiente provare l’esistenza e la durata del possesso di tali fondi.

I Fatti di Causa: L’Accertamento Sintetico

Il caso ha origine da due avvisi di accertamento ai fini IRPEF emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una contribuente per gli anni 2007 e 2008. L’Amministrazione finanziaria, utilizzando lo strumento del redditometro, aveva rideterminato sinteticamente il reddito della signora basandosi su alcuni indicatori di capacità contributiva, quali il possesso e l’acquisto di immobili, l’acquisto di partecipazioni societarie e spese di viaggio.

La contribuente aveva impugnato gli atti, ottenendo una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, in appello, la Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente riformato la decisione, accogliendo il gravame dell’Ufficio. Avverso quest’ultima sentenza, la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata interpretazione delle norme sulla prova contraria.

I Limiti della prova contraria redditometro secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi di ricorso presentati dalla contribuente, incentrati sull’errore del giudice di merito nel pretendere una prova eccessivamente rigorosa. Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/73, che disciplina l’accertamento sintetico.

Secondo la Suprema Corte, il redditometro introduce una presunzione legale relativa: una volta che l’Ufficio dimostra l’esistenza di elementi indicativi di capacità contributiva (le cosiddette “spese-indice”), scatta l’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente. Quest’ultimo può superare la presunzione dimostrando che il maggior reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

Il punto cruciale chiarito dall’ordinanza è come fornire tale prova. Non è necessario, afferma la Corte, dimostrare che specifici redditi esenti o già tassati siano stati utilizzati per coprire le singole spese contestate. È invece sufficiente fornire una prova documentale che attesti:

1. L’entità degli ulteriori redditi o delle disponibilità finanziarie.
2. La durata del loro possesso.

Questa prova, che può essere fornita ad esempio con l’esibizione degli estratti dei conti correnti, ha lo scopo di ancorare a fatti oggettivi la disponibilità di risorse economiche aggiuntive, rendendo verosimile che queste siano state utilizzate per sostenere le spese che hanno generato l’accertamento.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale avesse errato nel non attenersi a questi principi. I giudici di secondo grado, pur dando atto che la contribuente aveva prodotto documentazione bancaria (anche relativa al coniuge), non avevano analizzato nel dettaglio la natura e gli importi di tali somme, né la durata del loro possesso. Invece, si erano limitati ad applicare un vecchio e superato orientamento giurisprudenziale che richiedeva una specifica correlazione tra la provvista finanziaria e la spesa, un onere probatorio considerato eccessivo e non richiesto dalla norma.

In sostanza, il giudice di merito non può limitarsi a un esame sommario, ma deve procedere a un’analisi analitica di tutta la documentazione prodotta dal contribuente. Richiedere una prova “diabolica” come quella della destinazione specifica di ogni somma equivarrebbe a vanificare il diritto di difesa del cittadino.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso, in diversa composizione, attenendosi al principio di diritto enunciato: per la prova contraria al redditometro, è sufficiente che il contribuente dimostri, tramite idonea documentazione come gli estratti conto, di aver avuto a disposizione somme (derivanti da redditi esenti, già tassati o da altre fonti) sufficienti e per un periodo congruo a giustificare la maggiore capacità di spesa presunta dall’Amministrazione finanziaria. Questa decisione rafforza le garanzie per il contribuente, definendo con maggiore chiarezza i contorni di una prova difensiva cruciale nel contenzioso tributario.

Cos’è il redditometro e come funziona?
Il redditometro è uno strumento con cui l’Agenzia delle Entrate può presumere il reddito di un contribuente basandosi su determinati beni o spese (come immobili, auto, viaggi). Se la spesa sostenuta risulta sproporzionata rispetto al reddito dichiarato, l’Agenzia presume un reddito maggiore.

Per difendersi da un accertamento con redditometro, devo dimostrare come ho speso ogni singolo euro?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è necessario provare il collegamento diretto tra una specifica entrata (es. una donazione) e una specifica spesa (es. l’acquisto di un immobile). È sufficiente fornire la prova documentale di avere avuto la disponibilità di ulteriori somme per un periodo di tempo congruo.

Che tipo di documenti sono validi per fornire la prova contraria?
La prova deve essere documentale. Gli estratti dei conti correnti bancari sono considerati idonei a dimostrare sia l’entità delle somme disponibili (redditi esenti, già tassati, etc.) sia la durata del loro possesso. Il giudice deve analizzare analiticamente tale documentazione senza limitarsi a un esame sommario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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