Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2025
PISANO NOME.
-intimato –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA SEZ. DISTACCATA COGNOME n. 5880/2018, depositata in data 18 dicembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate direzione provinciale di Caltanissetta provvedeva ad emettere avviso di accertamento ai fini IRPEF, per l’anno 2006, con il quale rideterminava sinteticamente il reddito complessivo di NOME COGNOME ex art. 38, quarto comma e ss.,
Avv. Acc. IRPEF 2006
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17969/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un reddito di € 61.749,00 per l’anno 2006; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità da parte del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: fabbricato proprietario ed autoveicoli.
Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Caltanissetta; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Caltanissetta, con sentenza n. 266/03/2015, accoglieva il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche il contribuente, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 5880/07/2018, depositata in data 18 dicembre 2018, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Il contribuente è rimasto intimato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, cosi rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto sufficiente ad integrare la prova contraria la sola dimostrazione dell’esistenza di disponibilità finanziarie, non accertando il fatto che quest’ultime erano state effettivamente impiegate, almeno verosimilmente, in relazione alle spese attenzionate dall’Ufficio.
Il motivo di ricorso proposto è fondato.
2.1. Lo strumento del «redditometro» collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. 30 dicembre 1991, n. 413 e il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
2.2. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del
valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
2.3. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese
contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi.
Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014).
2.4. Ebbene, alla stregua dei principi summenzionati, deve ritenersi errata la decisione della C.t.r. qui impugnata laddove ha dato rilievo alla sola dimostrata disponibilità di un reddito d’impresa e di quello del coniuge atti a giustificare il maggior reddito accertato dall’Ufficio in capo al contribuente, senza fare cenno alcuno, quindi, anche alla intervenuta dimostrazione dell’effettivo utilizzo dei redditi diversi addotti dal contribuente per sostenere le spese attenzionate dall’Ufficio, anche solo rilevando la presenza di indici sintomatici che ciò potesse essere realmente accaduto. La motivazione della decisione della C.t.r., dunque, manca dell’attestazione dell’intervenuta prova contraria anche in relazione a quest’ultimo aspetto.
In conclusione, va accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo affinché, in
diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado della Sicilia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 16 gennaio 2025.