Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 922 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 922 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9411/2016 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 5160/2015 depositata il 02/10/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME era invitato a prestare chiarimenti sugli anni di imposta 2005 e 2006 in quanto dall’anagrafe tributaria e da altre fonti risultava la disponibilità di beni indice di maggior capacità contributiva, tali da rideterminare il reddito in via sintetica in misura superiore al 25% rispetto a quanto dichiarato. All’esito del contraddittorio preventivo, svoltosi con due incontri, per l’anno 2006 il reddito era rideterminato in €.163.116,00, rispetto agli €. 4.124,00 dichiarati.
La parte contribuente adiva il giudice di prossimità, lamentando che fosse stato ricompreso nella rideterminazione del reddito anche un fondo rustico, con vocazione agraria, bene strumentale di egli contribuente, che svolgeva attività di imprenditore agricolo. Rimarcava specificamente che i beni strumentali non concorrono alla rideterminazione del reddito secondo il meccanismo del cosiddetto redditometro.
Altresì evidenziava di avere una disponibilità economica connessa al finanziamento per la realizzazione di un caseificio, messo in opera precedentemente, con anticipazioni proprie, ma il cui contributo era stato erogato a consuntivo proprio negli anni 2005 e 2006.
Il giudizio di primo grado rideterminava in ribasso la ripresa a tassazione, facendo leva sul carattere strumentale del fondo rustico, ma manteneva impregiudicata la ripresa a tassazione per il resto, non riconoscendo per avvenuta la dimostrazione di disponibilità del maggior reddito.
Proponevano appello tanto la parte pubblica quanto la parte privata, ciascuna per i capi di propria soccombenza, ma il giudizio esitava in una conferma della sentenza di primo grado.
Propone quindi ricorso per cassazione la parte contribuente affidandosi ad unico motivo di doglianza, mentre il Patrono erariale si è riservato di spiegare difese in pubblica udienza.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di doglianza.
Con l’unico motivo di ricorso si propone censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile, lamentando nullità della sentenza per violazione dell’articolo 38, commi 5 e 6, del DPR numero 600 del 1973. Nello specifico si lamenta che non sia stata ritenuta fornita la prova contraria della maggiore disponibilità di fondi, provenienti dal finanziamento del caseificio, giunto a consuntivo della sua realizzazione, per essere stato messo in opera con fondi propri e non con il finanziamento che è arrivato successivamente alla messa in opera.
Nella sostanza, si evidenzia che i soldi per realizzare il caseificio erano già nella disponibilità della parte e che -dopo averlo realizzato a proprie spese- ha ricevuto il contributo. Pertanto, il contributo non va agganciato alla realizzazione del caseificio, bensì considerato come partita di giro per la restituzione delle somme private anticipate per la sua messa in opera.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
È vero che questa Corte ha più volte sostenuto che la prova contraria a carico del contribuente ha ad oggetto non soltanto la disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati per un significativo arco temporale compatibili con gli incrementi patrimoniali verificatisi, ma anche la dimostrazione di circostanze sintomatiche che ne denotino l’utilizzo per effettuare proprio le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della “durata” del relativo possesso (Cass. n. 4492 del 2022; Cass. n. 16433 del 2021; Cass. n. 14068 del 2020; Cass. n. 29067 del 2018; Cass. n. 19132 del 2019).
Pertanto, in tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”), per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità, alla loro entità ed alla durata del relativo possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (Cass. n. 4492 del 2022; Cass. n. 16433 del 2021; Cass. n. 16637 del 2020).
In definitiva, l’art. 38 cit. richiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi, occorrendo che il contribuente dimostri che debba escludersi che i suddetti redditi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertati, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati (Cass. n. 16433 del 2021; Cass. n. 14068 del 2020; Cass. n. 7389 del 2018), occorrendo dunque che il contribuente dimostri non solo la “coincidenza temporale” tra la disponibilità della somma e il pagamento da cui è dipeso l’incremento patrimoniale, ma anche la “durata” del possesso, ossia la prova che non vi sia stata soluzione di continuità nella disponibilità della somma dal momento in cui tale disponibilità è stata conseguita e quello dell’esborso patrimoniale (Cass. n. 4492 del 2022; Cass. n. 16433 del 2021; Cass. n. 14068 del 2020; Cass. n. 7389 del 2018).
Sul punto, la sentenza in scrutinio dedica un solo capoverso, il quinto di pagina quattro. Vi si legge una formale adesione, acritica, alla sentenza di primo grado, non autonomamente e logicamente valutata, senza confrontarsi con le puntuali deduzioni di parte
privata, riportate nel ricorso per Cassazione come stralci degli atti processuali dei gradi di merito.
Il ricorso è quindi fondato, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito perché riesamini la questione e prenda specifica posizione in ordine alle disponibilità economiche della parte negli anni 2005 e 2006.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Lazio -Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 12/12/2024.