Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22107 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
Oggetto:
cessioni
intracomunitarie – prova
trasferimento beni in altro
SM
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 14660/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (PEC: EMAIL)
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche n. 125/04/21 depositata in data 26/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata tenutasi in data 24/04/2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME;
Rilevato che:
-la società contribuente impugnava l’avviso di accertamento notificato per IVA 2011 con il quale era disconosciuta la detrazione dell’IVA con riguardo a cessioni di vetture a operatori intracomunitari in quanto ritenuta non provata la fuoriuscita dei beni dal territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
la CTP accoglieva il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la sentenza qui gravata la CTR ha accolto l’impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE;
ricorre a questa Corte RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a otto motivi illustrati da memoria; resiste l’Amministrazione Finanziaria con controricorso;
Considerato che:
il primo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del d.L. n. 331 del 1993 sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 3 c.p.c. per avere la CTR, nel caso di cessioni di beni c.d. ‘franco fabbrica’ erroneamente richiesto che la prova ufficiale dell’effettivo trasferimento fisico dei beni oggetto di compravendita al di fuori del territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fosse a carico del venditore, senza nessun rilievo attribuire al fatto che tale prova potesse esser fornita anche attraverso la fattura di vendita, la documentazione bancaria dalla quale risultava traccia RAGIONE_SOCIALE somme riscosse in relazione all’operazione effettuata, i contratti attestanti gli impegni intrapresi tra le parti che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria, la documentazione commerciale che attestava il passaggio di proprietà tra cedente e cessionario, il documento da cui risulta la cancellazione da parte del cedente della registrazione sui pubblici registri italiani degli autoveicoli compravenduti, l’elenco
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
riepilogativo RAGIONE_SOCIALE operazioni intracomunitarie come risultante dagli elenchi INTRASTAT;
il secondo motivo si incentra sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.L. n. 331 del 1993 e degli artt. 18 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 e artt. 23 e 53 Cost. sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 3 c.p.c., per avere la CTR ritenuto in sostanza legittima la pretesa dell’Amministrazione di tassare in capo alla RAGIONE_SOCIALE ricorrente la cessione di auto usate radiate per esportazione dal pubblico registro automobilistico (PRA) soltanto perché quest’ultima non ha esibito la prova documentale attestante il trasporto fisico RAGIONE_SOCIALE stesse fuori dal territorio italiano, in violazione del principio sulla neutralità dell’IVA sancito dagli artt. 18 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, sostanzialmente realizzando una doppia imposizione, vietata dagli artt. 23 e 53 Cost. Nel caso per cui si controverte, secondo parte ricorrente, la CTR ha del tutto trascurato questa realtà effettuale semplicemente soffermandosi su generiche affermazioni; – il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1375 cod. civ. sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 3 c.p.c. per avere la CTR, erroneamente, ritenuto non provata la buona
fede della RAGIONE_SOCIALE;
-il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p. c. sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 3 c.p.c. per avere la CTR mancato di esaminare la documentazione prodotta dalla società ed atta a provare la fuoriuscita dei beni in argomento dal territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
va premesso che nel presente caso la CTR ha accertato che vi è stata ‘consegna diretta della merce all’acquirente dietro assunzione dell’obbligo di trasferire la merce all’estero’; e che quanto alla merce si trattava di vetture ‘senza targa, riconsegnate al PRA per la radiazione’; inoltre ‘l’elenco riepilogativo di tali cessioni era stato presentato all’Ufficio doganale’;
-orbene, secondo una costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’applicazione della disciplina intracomunitaria alla cessione di un bene si verifica solo quando vi sia prova che il potere di disporre del bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente;
tale prova si raggiunge al momento in cui il venditore provi che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro RAGIONE_SOCIALE membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, detto bene abbia lasciato fisicamente il territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE membro di cessione (Corte di Giustizia UE, 26 luglio 2017, Toridas, C-386/16, punto 30; Corte di Giustizia UE, 9 febbraio 2017, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE BC, C-21/16, punto 25; Corte di Giustizia UE, 6 settembre 2012, Mecsek -Gabona, C – 273/11, punto 31; Corte di Giustizia UE, 16 dicembre 2010, RAGIONE_SOCIALE, C 430/09, punto 29). Il diritto dell’Unione mira, pertanto, ad accertare l’esistenza dei requisiti sostanziali in base ai quali l’acquirente abbia acquisito il potere di disporre del bene come proprietario;
-rispetto a tali requisiti la Direttiva IVA 2006/112/CE non predetermina -come del resto riconosce correttamente la stessa Amministrazione finanziaria -quale sia il contenuto o la natura dei mezzi di prova che il cedente deve offrire al fine di dimostrare l’esistenza dei requisiti sostanziali per beneficiare dell’esenzione IVA. Spetta, pertanto agli Stati membri fissare le condizioni alle quali le cessioni intracomunitarie sono da essi esentate ma, nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione (Corte di Giustizia UE, C-21/16, cit., punto 33; Corte di Giustizia UE, C-273-11, cit., punto 36; Corte di Giustizia UE, 9 ottobre 2014, Traum, C – 492/13, punto 27), pena un inammissibile gold plating (ossia una regolamentazione oltre i requisiti minimi imposti dalla legislazione UE);
conformemente a tali principi, si è ritenuto da questa Corte che, in caso di vendita con clausola c.d. ‘franco fabbrica’, che comporti il
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trasferimento della proprietà del bene in capo al cessionario presso il cedente, detto cedente abbia diritto all’esenzione IVA ove fornisca la prova documentale rappresentativa della effettiva dislocazione della merce nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE membro di destinazione (Cass. Sez. V, 12 febbraio 2019, n. 4045). In particolare, si è ritenuto che questa prova non debba essere data a mezzo di elementi di prova predeterminati, ma possa essere raggiunta anche tramite una prova alternativa ricavata da ‘fatti secondari’, da cui desumere la presenza RAGIONE_SOCIALE merci in un territorio diverso dallo RAGIONE_SOCIALE di residenza (Cass. Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 26062; conf. Cass. Sez. V, 1° giugno 2023, n. 15552; Cass. Sez. V, 2 novembre 2022, n. 32330; Cass. Sez. V, 3 marzo 2021, n. 5761; Cass. Sez. VI, 13 gennaio 2021, n. 308; Cass. Sez. V, 12 febbraio 2019, n. 4045, cit.; Cass. Sez. V, 30 gennaio 2019, n. 2578; Cass. Sez. VI, 7 novembre 2016, n. 22539; Cass. Sez. V, 5 agosto 2016, n. 16433). Sono, ad esempio, state ritenute sufficienti allo scopo le ricevute di pagamento – recanti data, timbro ed indicazione del chilometraggio dell’automezzo – sottoscritte dal titolare di una stazione di rifornimento carburante che risulti ubicata al di fuori del territorio di partenza ovvero nel territorio di destinazione RAGIONE_SOCIALE merci (Cass., Sez. V, 28 agosto 2013, n. 19747). D’altro canto, le operazioni intracomunitarie non possono essere equiparate ad operazioni non imponibili ai fini IVA per abbandono del territorio doganale, come nel caso del «visto uscire» (Cass. Sez. V, 26 maggio 2023, n. 14853; Cass. Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 33483), caso per il quale si ritengono inidonei documenti che siano di fonte privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento (Cass. Sez. V, 18 febbraio 2015, n. 3193; Cass. Sez. V, 12 ottobre 2018, n. 25454: Cass., Sez. V, 21 febbraio 2018, n. 4161), laddove nella specie di verte in tema di operazioni che attengono al trasporto intracomunitario di beni (art. 7, comma 1, lett. f) d.P.R. n. 633 del 1972), in cui luogo di partenza e luogo di arrivo
della merce si trovano in due Stati membri diversi e, quindi, all’interno del territorio doganale dell’Unione;
pertanto, nel presente caso è sufficiente una prova fondata su documentazione non derivante da pubbliche amministrazioni, ma anche da soggetti privati, purché ovviamente documentalmente tale; questa Corte ha chiarito infatti che ‘nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto RAGIONE_SOCIALE merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova in questione potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro RAGIONE_SOCIALE membro’ (Cass. n. 2327 del 2/02/2021 e Cass. n. 25587 del 21/09/2021):
precisa poi ulteriormente una analitica recentissima pronuncia di questa Corte (Cass. 8477/2024, punto 3.13) che ‘ secondo le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria, quindi, ai fini della dimostrazione dell’invio dei beni in altro RAGIONE_SOCIALE dell’Unione RAGIONE_SOCIALEpea, può costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto da cui si evince l’uscita RAGIONE_SOCIALE merci dal territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario. Il contribuente deve conservare sia la documentazione bancaria, dalla quale risulti traccia RAGIONE_SOCIALE somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, sia la copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto dei beni in altro RAGIONE_SOCIALE membro’;
la documentazione, quindi, deve riferirsi sia alla cessione, sia al trasporto in altro RAGIONE_SOCIALE membro dell’Unione e deve attestare entrambi i fatti effettivamente come avvenuti;
applicando quindi alla presente situazione i nominati principi, ne deriva che in caso di vendita con clausola «franco fabbrica» il contribuente deve in primo luogo ‘fornire la prova documentale rappresentativa della effettiva dislocazione della merce nel territorio
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE membro di destinazione o di «fatti secondari», da cui desumere la presenza RAGIONE_SOCIALE merci in un territorio diverso dallo RAGIONE_SOCIALE di residenza, ovvero, se la documentazione sia in possesso di terzi non collaboranti e non sia acquisibile da altri soggetti, di aver espressamente concordato, nei contratti stipulati con vettore, spedizioniere e cessionario, l’obbligo di consegna del documento e, a fronte dell’altrui inadempimento, di aver esperito ogni utile iniziativa giudiziaria’ (Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4045 del 12/02/2019);
nel presente caso, in cui vi erano tali impegni contrattuali, non risulta qui esperita alcuna attività compiuta dalla contribuente diretta a ottenere conferma documentale da parte dei cessionari (o dagli stessi, in qualità in questo caso, come dedotto nel contratto, anche di trasportatori) dell’intervenuto trasferimento dei beni al di fuori del territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non risultando sufficiente quindi il semplice impegno contrattualmente assunto dei medesimi acquirenti, impegno del quale non risulti documentalmente il concreto adempimento;
la CTR ha pertanto correttamente ritenuto inidonei a dar prova dell’invio in altro RAGIONE_SOCIALE membro la documentazione prodotta, consistente nei contratti di acquisto dei beni compravenduti con impegno a trasferire gli stessi all’estero;
-essa, infatti, ha accertato in fatto l’insussistenza del la prova documentale del trasferimento dei beni in altro RAGIONE_SOCIALE, unico elemento necessario a dar prova della natura intracomunitaria RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di rilievo;
sotto questo profilo, infatti, l’avvenuta ‘radiazione’ dal PRA dei veicoli (che solo previa re-immatricolazione avrebbero potuto circolare in Italia), la conseguente rimozione RAGIONE_SOCIALE targhe, oltre che (in un caso come quello che ci occupa in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto RAGIONE_SOCIALE merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto) la loro consegna all’acquirente con impegno contrattuale di questi a trasferirli
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all’estero, sono debitamente valutati in fatto dal giudice dell’appello con sindacato non più suscettibile di revisione in questa sede di Legittimità e correttamente ritenuti -come infatti sono – elementi non documentali;
-all’esito, l’accertamento operato dalla CTR risulta quindi intangibile quanto alla conclusione di fatto raggiunta, consistente nella mancata prova della fuoriuscita dei beni medesimi dal territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; mancata prova che resta tale difettando elementi documentali idonei sul punto, in quanto tale inidoneità resta per le dichiarazioni contenute nei contratti stipulati con i cessionari, che si sono impegnati a trasferire i beni al di fuori del territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non risultando però alcun elemento documentale atto a provare l’adempimento di tale impegno;
il quinto motivo si incentra sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 56 del d. Lgs. 546 del 1992 e 112 c.p.c. per omessa pronuncia da parte della CTR sui motivi di ricorso riproposti in sede di appello, sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 4 c.p.c.;
il sesto motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 2 c. Cost. 113 c.p.c., 36 del D. Lgs. n. 546 del 1992, sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 4 c.p.c. per avere la CTR mancato di motivare la propria decisione, non risultando idonee a tale fine le semplici citazioni di precedenti giurisprudenziali; – il settimo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 111, 6 c. Cost., 132 c.p.c. e 36 d. Lgs. n. 546 del 1992, sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 4 c.p.c. per avere la CTR mancato di indicare in motivazione il percorso argomentativo attraverso il quale il
giudice è pervenuto a quel convincimento;
-l’ottavo motivo aggredisce la sentenza impugnata ancora per vizio motivazionale, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 6 c. Cost., 132 c.p.c. e 36 d. Lgs. n. 546 del 1992, sotto il profilo di cui all’art. 360, 1 c. n. 4 c.p.c. per avere la CTR reso motivazione apparente;
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il quinto, sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso possono trattarsi congiuntamente in quanto consistono tutti in censure motivazionali, che risultano infondate;
va ricordato che poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile o ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053);
nel presente caso, non sussistono i presupposti per accogliere i motivi secondo per i principi più volte ribaditi da questa Corte in merito al concetto di motivazione apparente. Il rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Ricorre, quindi, il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile
in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. n. 6758 del 2022);
nella specie la motivazione rispetta i principi innanzi indicati, consentendo di comprendere agevolmente il ragionamento effettuato dal giudice di seconde cure.
conclusivamente quindi, il ricorso è rigettato;
le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 2.410,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2024.