Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9635 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9635 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 32911/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
REGIONE PUGLIA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo stud io dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE
-intimata- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 1002/2018 depositata il 26/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il PG che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Sentito il difensore della Regione Puglia che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza n. 1002/3/2017 depositata il 26/3/2018 e non notificata, rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso avanzato dal contribuente avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, con la quale il competente Agente per la riscossione dei tributi aveva agito per il recupero della tassa automobilistica regionale, anno d’imposta 2007, sul veicolo TARGA_VEICOLO di proprietà del COGNOME, ritenendo prive di fondamento le eccezioni di illegittimità della cartella per la mancanza della preventiva notifica dell’avviso di accertamento nonché quella relativa alla intervenuta prescrizione d’imposta.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, il contribuente.
La Regione Puglia resiste con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, subentrata ope legis ad RAGIONE_SOCIALE, è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi – da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi il contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 58 del d.lgs. 546 del 1992 per avere la RAGIONE_SOCIALE.T.R. fondato la propria decisione su una documentazione tardivamente prodotta in primo grado e, pertanto, non utilizzabile nel processo.
Con il terzo motivo lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione dell’art. 132, secondo comma, n.4), cod. proc. civ., essendosi i giudici di appello limitati a riprodurre ‘pedissequamente ed in maniera confusa’ le argomentazioni della sentenza impugnata senza in alcun modo motivare sulle specifiche censure.
Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 cod. civ. relativamente all’affermazione, contenuta in sentenza, dell’applicabilità della prescrizione decennale, i n luogo di quella triennale.
Con il quinto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.lgs. 546 del 1992, in ordine alla conferma, avvenuta con la sentenza di secondo grado, della condanna alle spese in relazione al primo grado.
I primi due motivi del ricorso sono da ritenere fondati, con carattere assorbente, per le ragioni appresso specificate.
5.1. Osserva questo Collegio che, in punto di fatto, risulta acclarato che la C.T.R. ha fondato la sua decisione su documenti tardivamente prodotti nel giudizio di primo grado dalla Regione Puglia la quale non si è costituita in grado di appello, giudizio in cui è rimasta intimata anche RAGIONE_SOCIALE
Tali circostanze emergono chiaramente ed in maniera univoca dalla sentenza di appello – e del resto non sono state in alcun modo contestate in questo grado del giudizio dalla Regione Puglia – ragion per cui appare priva di fondamento la contestazione della Procura Generale, di cui alla memoria in atti, secondo cui il ricorso, sul punto, sarebbe privo di autosufficienza in quanto non risulterebbe nè trascritto né allegato né specificamente allegato in riferimento alla sede processuale ove rinvenirlo, il verb ale dell’udienza dal quale potersi evincere la dedotta tardività della produzione processuale.
5.2. Ciò premesso va richiamato il consolidato orientamento di legittimità, da ultimo ribadito, secondo cui in tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, fa salva la facoltà RAGIONE_SOCIALE parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 c.p.c., ma tale attività processuale deve essere esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza RAGIONE_SOCIALE formalità di cui all’art. 24, comma 1, dovendo tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) cui adempie. (Sez. 5 – , Ordinanza n. 18103 del 24/06/2021, Rv. 661783 – 01); in senso conforme, vedi Cass. n. /2006; Cass. n. /2009; Cass. n. /2013; Cass. n.
655/2014; Cass. n. n. 3661/2015 e Cass. n. 29087/2018).
E’ stato, ancora, precisato che nel processo tributario i fascicoli di parte sono inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio fino al passaggio in giudicato della sentenza, ex art. 25 del d.lgs. n. 546 del 1992, e non possono essere ritirati dalle parti, che possono solo acquisire copia autentica dei documenti e degli atti ivi contenuti; ne consegue che la documentazione depositata tardivamente nel
giudizio di primo grado è utilizzabile in appello, ove acquisita al fascicolo processuale, purché depositata entro il termine perentorio di cui all’art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992. (Sez. 5 – , Ordinanza n. 26115 del 17/11/2020, Rv. 659877 – 01).
5.3. Orbene, nel processo tributario, la produzione di documenti nuovi è ammissibile anche per la prima volta in appello in quanto l’art. 58, comma 2, (che regola appunto il giudizio tributario di appello) fa espressamente “salva la facoltà RAGIONE_SOCIALE parti di produrre nuovi documenti”, ma ciò, però, può avvenire solo con l’atto di appello e non successivamente nel corso del giudizio di appello ed in tal senso, si è affermato che resta inibito al giudice di appello fondare la propria decisione sul documento tardivamente prodotto anche nel caso di rinvio meramente interlocutorio dell’udienza su richiesta del difensore, o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva, essendo la sanatoria a seguito di acquiescenza consentita dalla legge con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all’osservanza di termini perentori ( ). Secondo un indirizzo che appare del tutto consolidato, a fronte del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del soggetto onerato, il giudice tributario non deve acquisire d’ufficio le prove in forza dei poteri istruttori attribuitigli dal , perché tali poteri sono meramente integrativi (e non esonerativi) dell’onere probatorio principale, e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale della parità RAGIONE_SOCIALE parti nel processo, soltanto per sopperire all’impossibilità di una parte di esibire documenti in possesso dell’altra parte (v. Cass. n. /2009). Logico corollario di simile affermazione è che non è consentito sopperire per via giurisdizionale, a mezzo cioè di poteri aventi la ripetuta funzione meramente integrativa, alle deficienze istruttorie di una RAGIONE_SOCIALE parti e soprattutto non è consentito sopperire “all’intervenuta preclusione di facoltà istruttorie ben delineate, quali quelle attinente al deposito di
documenti entro un termine perentorio, la ratio applicativa dell’invocata previsione di cui al (commi 1 e 2) dovendo essere circoscritta dai limiti imposti dal rispetto del principio dispositivo” (vedi, Cass. /2012). 5.4. La disposizione secondo di cui all’art. 25 d.lgs. n. 546 del 1992, secondo cui «
va interpretata in combinato disposto con l’ , che prevede, la facoltà RAGIONE_SOCIALE parti di produrre nuovi documenti in appello, che, tuttavia, può essere esercitata anche al di fuori degli stretti limiti fissati dall’ , ma pur sempre, atteso il richiamo operato dal d.lgs. n. 546, art. 61 alle norme del giudizio tributario di primo grado, entro il termine perentorio sancito dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto. Pertanto i documenti tardivamente depositati nel giudizio di primo grado, vanno esaminati nel giudizio di appello, ove acquisiti al fascicolo processuale, dovendosi ritenere comunque prodotti in grado di appello ed esaminabili da tale giudice in quanto prodotti entro il termine perentorio sancito dal
, applicabile, come detto. anche al giudizio di appello.
5.5. Né a diverse conclusioni può pervenirsi dalla luce dei principi fissati da questa Corte a S.U. con la sentenza n. 4835 del 16/02/2023, secondo cui in materia di prova documentale nel processo civile, il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova” – che opera anche per i documenti, prodotti con modalità
telematiche o in formato cartaceo – comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione.
In senso a detta pronunzia è stato, invero, precisato che: «L’acquisizione della prova documentale ‘precostituita’ come fonte di informazione del giudizio avviene per il tramite RAGIONE_SOCIALE regole sulla produzione e sull’inserimento nei fascicoli processuali, le quali sono essenzialmente finalizzate a garantire il diritto di difesa ed il contraddittorio in favore della controparte. Il diritto al giusto processo impone di verificare che il procedimento di acquisizione RAGIONE_SOCIALE prove sia stato complessivamente equo (Corte europea dei diritti dell’uomo Elsholz c. Germania , n. 25735/94, 13 luglio 2000, § 66; COGNOME c. Slovenia, n. 28621/15, 22 maggio 2018, § 45; COGNOME c. Repubblica ceca, n. 58580/00, 11 gennaio 2005, § 65). Il documento ritualmente prodotto fornisce, così, una rappresentazione immediata e permanente del fatto di causa, in quanto il diritto RAGIONE_SOCIALE parti al procedimento istruttorio di fissazione dei fatti controversi non implica poi una loro volontà costitutiva dell’effetto probatorio del materiale r accolto», ulteriormente rilevandosi che «…Combinando gli effetti dell’acquisizione probatoria dei documenti prodotti e dei limiti devolutivi dell’impugnazione segnati dagli artt. 342 e 346 c.p.c., restano validi i principi più volte enunciati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui il giudice d’appello ha il potere -dovere di esaminare i documenti ritualmente prodotti in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di essi nella parte argomentativa dei motivi formulati o RAGIONE_SOCIALE domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto dei documenti acquisiti giustifichi le
rispettive deduzioni (Cass. Sez. 1, 29 gennaio 2019, n. 2461; Cass. Sez. 3, 7 aprile 2009, n. 8377; Cass. Sez. 1, 20 ottobre 2005, n. 20287; Cass. Sez. 1, 24 dicembre 2004, n. 23976; Cass. Sez. lav., 6 luglio 2004, n. 12351; Cass. Sez. 1, 29 maggio 2003, n. 8599; Cass. Sez. 3, 6 aprile 2001, n. 5149; Cass. Sez. 2, 16 agosto 1990, n. 8304). Il presupposto per la utilizzabilità del documento in appello è, pertanto, sempre e comunque quello della sua ‘rituale’ produzione in primo grado.
5.6. Risulta, quindi, evidente che il giudice del gravame potrà esaminare i documenti irritualmente prodotti in primo grado solamente nell’ ipotesi in cui la parte provveda alla tempestiva costituzione nel processo di secondo grado ed al nuovo deposito secondo le formalità di legge.
5.7. I primi due motivi devono, quindi, essere accolti alla stregua del seguente principio di diritto: «il giudice di appello potrà esaminare i documenti irritualmente prodotti in primo grado solo ove la parte provveda alla tempestiva costituzione nel processo di secondo grado ed al nuovo deposito secondo le formalità di legge mentre laddove gli stessi siano stato tardivamente ed irritualmente prodotti in primo grado (ancorchè sugli stessi l’altra parte abbia interloquito) e la parte che li ha allegati in primo grado sia rimasta intimata in grado di appello, il giudice non potrà esaminarli ai fini del decidere».
In ragione della fondatezza dei superiori motivi -assorbiti gli altri -la sentenza va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso originario del contribuente non essendovi prova della notifica del prodromico avviso di accertamento, con conseguente invalidità della successivo atto di riscossione, fermo restando che, nella specie, il termine di prescrizione è triennale secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (vedi, ex plurimis , Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24595 del 10/08/2022) e non decennale, come ritenuto dalla C.T.R.
Appaiono sussistere i presupposti di legge per disporre la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese RAGIONE_SOCIALE fasi di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della Regione Puglia e dell’RAGIONE_SOCIALE e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente; compensa le spese del merito; condanna la Regione Puglia ed RAGIONE_SOCIALE a rifondere a parte ricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 400.00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data