Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16386 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16386 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 7941/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in VERONA VICOLO CIECO COGNOME INDIRIZZO DOM. DIG., presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO n. 1092/2021 depositata il 21/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1092/2021 depositata in data 21/09/2021, ha respinto l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE ( hinc: il contribuente) contro la sentenza n. 475/2017 con la quale la Commissione Provinciale di Verona aveva, a sua volta, respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento, con il quale erano stati recuperati a tassazione i costi relativi alle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE poiché ritenute prive di idonea documentazione atta a dimostrare l’effettivo sostenimento dei costi indicati.
1.1. Le vicende relative al contenzioso da cui è scaturito il presente giudizio traggono origine da un contratto di appalto stipulato dall’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE, che ha assunto l’impegno di seguire e completare sei unità abitative da realizzare sulla proprietà della committente nel Comune di Zevio, pattuendo il trasferimento e la proprietà di alcuni beni immobili in permuta per l’esecuzione delle opere. Successivamente RAGIONE_SOCIALE è subentrata ad RAGIONE_SOCIALE quale appaltatrice di RAGIONE_SOCIALE risultando, tuttavia, al contempo anche quale subappaltatrice di RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione delle opere residue.
In esito ai lavori RAGIONE_SOCIALE ha quindi emesso le fatture sia nei confronti della committente RAGIONE_SOCIALE (per Euro 333.216), ricevendo, al contempo, da RAGIONE_SOCIALE sei fatture (per un totale di Euro 429.000,00) . La ripresa oggetto dell’atto impositivo impugnato
riguarda le componenti di costo relative alle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE
La CTR ha ritenuto che, nonostante l’esplicita richiesta dell’ufficio, la contribuente non avesse fornito, in sede di risposta, la documentazione richiesta relativa al contratto di subappalto con la RAGIONE_SOCIALE, la documentazione contabile e bancaria relativa al conto 304018 « merci/materiali per la produzione», il dettaglio dei materiali acquisiti (con i relativi documenti di trasporto) e il registro IVA vendite. Risultava, poi, incontestato che la RAGIONE_SOCIALE non avesse presentato dichiarazioni fiscali obbligatorie per l’anno 2005. Solo in sede di ricorso è stata prodotta dal contribuente la documentazione idonea a comprovare l’effettivo sostenimento dei costi contestati e, in particolare, la dichiarazione sottoscritta da RAGIONE_SOCIALE, datata 12/12/2015, dove il titolare dichiarava di aver ricevuto da parte di RAGIONE_SOCIALE Euro 305.000, di cui Euro 90.000 per delega della RAGIONE_SOCIALE con prelievo in contanti dal conto dell’odierna parte ricorrente e successiva dazione in favore della stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che si trovava in difficoltà con il sistema bancario. Veniva, poi, prodotta la notifica preliminare allo Spisal e alla Direzione Provinciale del lavoro dell’intervento edilizio, il contratto di appalto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la richiesta di agibilità per i lavori eseguiti di cui il direttore dei lavori risultava essere il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
2.1. La CTR, in via preliminare, ha ritenuto fondata l’eccezione di tardiva produzione della documentazione sollevata dall’Agenzia delle Entrate, dal momento che i documenti prodotti dalla ricorrente erano stati esplicitamente e puntualmente richiesti, in sede di invito al contraddittorio, al contribuente e al suo consulente e non erano stati prodotti in quella sede. Considerando, poi, la restante documentazione (prodotta dal contribuente anteriormente e
successivamente al ricorso e non specificamente richiesta dall’amministrazione) , non potevano considerarsi assolti gli oneri probatori gravanti su RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r. La documentazione prodotta prova, infatti, solamente il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE per l’esecuzione dei lavori appaltati dalla RAGIONE_SOCIALE e l’esecuzione dei lavori che possono aver interessato anche il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, ma non è stata, tuttavia, sufficientemente provata l’esistenza dei costi nella misura dedotta, né la loro entità o congruità, essendo inesistenti documenti dotati di certezza sui pagamenti intercorsi (effettuati mediante danaro contante e non attraverso bonifici che attestino data e quantità dei pagamenti intercorsi). Gli estratti conto bancari prodotti in giudizio non sono sufficienti a provare, con ragionevole certezza i pagamenti, considerate le numerose uscite in contanti e in periodi successivi al 2013, così come sono controproducenti e poco chiare le dichiarazioni del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, anche in relazione ai pagamenti eseguiti, in parte, da RAGIONE_SOCIALE e in parte da RAGIONE_SOCIALE per somme che, nel loro insieme, non coincidono con l’entità dei costi dichiarati dal contribuente.
Contro la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R. 29/09/1973, n. 600 nella parte in cui la CTR ha accolto l’eccezione di tardiva produzione della documentazione sollevata dall’amministrazione finanziaria.
Con il secondo motivo è stata contestata la violazione dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Con il terzo motivo è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la violazione dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r. e 2697 c.c.
In via preliminare, occorre rilevare che il primo motivo di ricorso riguarda la questione relativa alla tardiva produzione da parte del contribuente della documentazione richiesta dall’amministrazione finanziaria in sede di invito al contraddittorio. La norma evocata a fondamento del primo motivo di ricorso (art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973) è interessata da una questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, in data 08/07/2024 (n. 165/2024).
In particolare, secondo quanto si legge nell’ordinanza di rimessione i dubbi di incostituzionalità dell’art. 32, comma 3 , d.P.R. n. 600 del 1973 riguardano:
« a) l’art. 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’art. 6 della CEDU, l’art. 47 della Carta di Nizza, l’art. 14 dell’ICCPR in relazione agli artt. 24 e 111 della Costituzione, in quanto nega a priori la ricorribilità ad un Giudice naturale precostituito per legge in riferimento alla delibazione dei dati e documenti a proprio favore (vedi § 4.1) oggetto del divieto; L’art. 32, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, infatti, sottrae al Giudice il potere di giudicare le prove a favore della tesi del cittadino contenute nei dati, documenti etc. oggetto del divieto di utilizzazione, e si trasforma perciò in una negazione del diritto al processo attraverso la negazione del diritto di adire, in relazione a quelle prove, un Giudice imparziale precostituito per legge, all’interno di una pubblica udienza e della difesa che in essa si
svolge; b) l’art. 10 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’art. 6 della CEDU, l’art. 47 della Carta di Nizza, l’art. 14 dell’ICCPR in relazione all’art. 24 e 111 della Costituzione, in quanto nega il diritto ad avere una udienza pubblica ove esporre la propria difesa in relazione alle prove contenute nei documenti esclusi; (vedi § 4.2) c) l’art. 10 della Dichiarazione Universale, l’art. 6, comma 2, lettere c) e d) della CEDU in relazione agli artt. 24 e 111 della Costituzione; l’art. 47 della Carta Fondamentale di Nizza e l’art. 14, comma 3, dell’ICCPR ove sono indicati i diritti scaturenti come corollari dal diritto base, nella interpretazione costituente diritto vivente fornita dalla giurisprudenza di legittimità (vedi § 4.3); l’e sclusione della utilizzabilità dei dati documenti etc. viola in sé il principio del diritto alla difesa come istituto generale. (vedi § 4.3); d) altresì l’art. 32 è in contrasto (vedi § 4.4) con il principio della parità delle armi di cui: all’art. 10, della Dichiarazione universale, nel quale è riconosciuto il diritto ad una udienza «equa» in «posizione di piena uguaglianza»; all’art. 6, comma 3, lettera d) della CEDU; all’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali della UE; al comma 3 dell’art. 14 dell’ICCPR ove si garantisce «piena uguaglianza»; e) l’art. 14, comma 3, lettera g) dell’ICCPR che garantisce il diritto a silenzio, in relazione agli artt. 24 e 111 della Costituzione e nella interpretazione data dalla Corte costituzionale con ordinanze n. 202 del 2004, n. 485 e n. 291 del 2002. (vedi § 4.5) Si è detto del contrasto con l’art. 24. L’impedimento all’utilizzazione in giudizio di un mezzo di prova, oltre che indurre come si è visto una violazione del diritto al giusto processo e al derivato diritto di difesa, frustra lo scopo costituzionale di garantire il ricorso ad un giudizio equo perché impedisce l’assunzione di prove e quindi viola i principi internazionali relativi al diritto di presentare ricorso ed essere giudicato da un Giudice precostituito per legge, indipendente e autonomo. Infatti, il
risultato processuale della norma è che l’azione, in parte qua , è del tutto impedita. Si è già osservato che secondo il brocardo «difendersi provando» l’impedimento alla prova incide sull’azione, impedendola. Il divieto dell’art. 32, comma 3, del decre to del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 in sostanza incide non sulla fase funzionale del processo ma su quella genetica obliterando sul nascere l’azione. »
Il collegio, ritenuto che la soluzione della questione di illegittimità costituzionale posta con l’ordinanza n. 165/2024, sia astrattamente idonea a incidere sulla decisione del primo motivo di ricorso, ritiene opportuno disporre il rinvio della causa a nuovo ruolo, in data successiva alla pubblicazione della decisione assunta dalla Corte costituzionale in merito alla questione di illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973.
…
P.Q.M.
rinvia la causa a nuovo ruolo, in data successiva alla pubblicazione della decisione della Corte costituzionale sull’ordinanza di rimessione n. 165/2024 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma.
Così deciso in Roma, il 31/01/2025 e a seguito di riconvocazione in