Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5199 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
Oggetto: tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 687/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto presso il suo studio a LINDIRIZZOAquilaINDIRIZZO ; -controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale dell’Abruzzo, L’Aquila, n. 553/01/2015 pronunciata il 07 maggio 2015 e depositata l’0 8 giugno 2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La contribuente era soggetta ad una verifica fiscale per gli anni d’imposta 2007 -2008. In particolare, a seguito di indagini bancarie, erano state contestate maggiori disponibilità finanziarie per i due anni d’imposta rispetto ai redditi dichiarati per versamenti e prelevamenti extra-contro. Esperito infruttuosamente l’accertamento per adesione, l’Ufficio emetteva due avvisi di accertamento ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, che venivano impugnati dalla contribuente innanzi al Giudice di prossimità. Costituito l’Ufficio, la CTP accoglieva parzialmente i ricorsi, medio tempore riuniti, riducendo il reddito accertato.
Insorgeva con appello la contribuente che produceva nel corso dell’udienza pubblica, previa richiesta di autorizzazione al Collegio, la documentazione relativa ad un assegno di euro 50.000,00. Sulla tardiva ed ex adverso contestata produzione documentale il Collegio si riservava.
Con sentenza n. 553/01/2015 la CTR riteneva ammissibile la produzione documentale offerta dalla contribuente, ancorché tardiva, giacché necessaria ai fini del decidere ex art. 58 d.lgs. 546/1992. Nel merito accoglieva poi parzialmente l’appello promosso, così riducendo ulteriormente il reddito accertato perché, trattandosi di accertamento compiuto nei confronti di un privato, i prelevamenti non potevano essere considerati come maggior reddito e le indagini bancarie potevano fornire solo una ‘ presunzione di reddito ‘, contestabile alla luce di una ‘ plausibile giustificazione di tali versamenti ‘.
Invoca la cassazione della sentenza l’RAGIONE_SOCIALE, che svolge due motivi di ricorso, cui replica la contribuente con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Con il primo motivo di ricorso il patrono erariale lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 58 d.lgs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. error in procedendo .
1.1 In sostanza lamenta l’illegittimità della sentenza per aver la CTR ammesso la produzione tardiva di documentazione relativa ad un assegno di euro 50.000,00, ovvero oltre i termini di cui all’art. 32 d.lgs. citato, e di aver fondato la decisione su detta documentazione poiché ritenuta necessaria ai fini del decidere, tenuto conto che se è ben vero che nell’appello tributario è ammessa la produzione di nuovi documenti, non è men vero che essa debba comunque avvenire entro il termine perentorio stabilito dall’art. 32 d.lgs. citato.
Il motivo è fondato.
2.1 È stato invero affermato che «L’articolo 58 del D. Lgs. n. 546/92 prevede infatti espressamente: «Il giudice d’appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile. È fatta salva la facoltà RAGIONE_SOCIALE parti di produrre nuovi documenti». Dal tenore di quanto previsto dall’articolo 58 si comprende la generale esigenza legislativa di introdurre, nel contenzioso tributario, così come avviene nel processo civile, un giudizio di secondo grado ad istruttoria c.d. “chiusa”. Il primo comma dell’articolo 58 fa espresso divieto di produzione di nuove prove in appello, laddove per nuova prova si deve intendere quella che non è stata dedotta in primo grado, ovvero quella che non è stata ritualmente richiesta dalla parte. Il secondo comma dell’articolo 58, invece, consente espressamente alle parti di produrre in appello nuovi documenti, purché gli stessi abbiano, comunque, attinenza con i motivi espressi
in primo grado. Ciò nonostante, la possibilità di produrre documenti incontra un limite, anche in grado di appello, nell’articolo 32 del D. Lgs. n. 546/92, il quale stabilisce che le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione. E tale termine ha natura perentoria, con la conseguenza che la presentazione tardiva di un documento non consente al giudice di fondare la propria decisione sul documento stesso, poiché l’art.153 cpc prevede che i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo RAGIONE_SOCIALE parti.», all’uopo precisando che «Tale termine, anche in assenza di espressa previsione legislativa, deve ritenersi di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio): con la conseguenza che resta inibito al giudice di appello fondare la propria decisione sul documento tardivamente prodotto anche nel caso di rinvio meramente “interlocutorio” dell’udienza su richiesta del difensore, o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva, essendo la sanatoria a seguito di acquiescenza consentita con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all’osservanza dei termini perentori, ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ. (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2787 del 08/02/2006 Rv. 589768 -01; da ultimo v. anche Cassazione, sentenza 13 novembre 2018, n. 29087)» (Cfr. Cass., V, n. 31637/2019).
2.2 Non può essere condivisa la tesi della contribuente secondo cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non avrebbe fornito la prova di aver contestato la produzione tardiva giacché ciò che rileva è che la produzione in sé sia avvenuta oltre i termini di legge: circostanza, quest’ultima, incontroversa in atti. Sarà dunque onere del Collegio di rinvio riesaminare la questione alla luce RAGIONE_SOCIALE censure mosse dalla ricorrente e della sola documentazione offerta tempestivamente a corredo RAGIONE_SOCIALE tesi esposte.
Il motivo va pertanto accolto.
Con la seconda doglianza l’RAGIONE_SOCIALE finanziari a avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 c.c.
3.1 In sintesi, censura la decisione impugnata per aver la CTR differenziato l’operatività dell’art. 32 citato rispetto al contribuente imprenditore/professionista e a quello privato, ritenendo che per quest’ultimo (i prelevamenti e) i versamenti non potessero essere considerati come maggior reddito e le indagini bancarie potevano fornire solo una ‘ presunzione di reddito ‘, ponendo altresì a carico dell’Ufficio l’onere di fornire elementi concreti.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
4.1 Questa Corte regolatrice ha invero statuito che «in tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti’, Cass. sez. V, 16.11.2018, n. 29572.» (Cfr. Cass., V, n. 2928/2024).
4.2 La CTR ha dunque fatto mal governo dei suestesi principi giacché rimane comunque onere del privato contribuente superare la presunzione prevista dall’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 relativamente ai versamenti, dimostrando che le relative operazioni bancarie sono
già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti proposta, rimanendo escluse dall’inoperatività della presunzione rispetto al privato le sole operazioni di prelevamento.
Anche il secondo motivo va pertanto accolto.
5. In conclusione il ricorso è fondato, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado perché rinnovi il suo giudizio nel rispetto dei principi esposti, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, L’Aquila, i n diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024.