Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27265 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 21/10/2024
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza n. 944, depositata il 9 luglio 2018, della Commissione tributaria regionale della Liguria;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024, dal AVV_NOTAIO.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6324/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (cod.fisc.:CODICE_FISCALE), in persona del suo Presidente p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (c.f.: CODICE_FISCALE), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia (p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente – contro
Rilevato che:
-con sentenza n. 944, depositata il 9 luglio 2018, la Commissione tributaria regionale della Liguria ha rigettato l’appello proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di una cartella di pagamento (n. 05620100007852835000) notificata in esito all’iscrizione a ruolo dei tributi dovuti dalla contribuente a titolo di imposte di registro ed ipocatastali;
il giudice del gravame ha rilevato, in sintesi, che -ricorrendo tra l’agente della riscossione e l’Ente impositore un litisconsorzio di natura meramente facoltativa -nella fattispecie, la prova della compiuta notifica dell’atto presupposto (un avviso di accertamento con copia della notifica eseguita a mezzo del servizio postale) era stata tardivamente introdotta (solo) con l’atto di appello , atteso che «poteva e doveva essere prodotta in primo grado; peraltro, tale tardività non risulta giustificata per causa alla stessa non imputabile.»;
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
-col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39, agli artt. 103, 106 e 269 cod. proc. civ., al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 14 e 23, commi 1 e 3, assumendo, in sintesi che -sollecitata espressamente dall’agente della riscossione, regolarmente costituitosi in giudizio, la chiamata in causa dell’Ente impositore e riproposta, quale motivo di appello, la questione relativa all’omessa autorizzazione alla chiamata in causa di detto Ente -tanto il giudice del primo grado, quanto quello del gravame, avevano omesso di
provvedere su detta istanza, così erroneamente presupponendo che la chiamata in causa del terzo potesse avvenire direttamente ad opera di essa esponente piuttosto che, come dovuto, dietro autorizzazione del giudice;
ne conseguiva, pertanto, che -se ritualmente autorizzata la chiamata in causa dell’Ente impositore il giudice del gravame non avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità della produzione documentale;
-il secondo motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, deducendo l’RAGIONE_SOCIALE che , secondo dicta della stessa giurisprudenza di legittimità, la produzione di nuovi documenti in appello deve ritenersi perfettamente ammissibile, alla stessa stregua del tenore testuale dell’art. 58, cit.;
-va, in via pregiudiziale, rilevata la ritualità della notifica del ricorso, essendosi statuito che, in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c. e che, tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330, comma 1, seconda ipotesi, c.p.c., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione. (così Cass. Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916);
-tanto premesso, il secondo motivo -dal cui esame consegue l’assorbimento del primo motivo è fondato e va accolto;
-la Corte, secondo un consolidato orientamento interpretativo formulato anche con riferimento alla posizione della parte rimasta contumace nel primo grado del giudizio (v., ex plurimis , Cass., 16 novembre 2018, n. 29568) – ha ripetutamente rimarcato che:
alla luce del fondamentale principio di specialità, espresso dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 (in forza del quale, nel rapporto tra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima), deve farsi esclusiva applicazione del disposto del d.lgs. cit., art. 58, comma 2, che ha espressamente previsto e consentito la produzione di nuovi documenti in appello ;
le parti hanno, quindi, facoltà di produrre nuovi documenti in appello, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 58, al di fuori RAGIONE_SOCIALE condizioni poste dall’art. 345 cod. proc. civ., anche quando non sussista, pertanto, l’impossibilità di produrli in primo grado, ovvero si tratti di documenti già nella disponibilità RAGIONE_SOCIALE parti (Cass., 29 marzo 2023, n. 8859; Cass., 30 giugno 2021, n. 18391; Cass., 28 giugno 2018, n. 17164; Cass., 11 aprile 2018, n. 8927; Cass., 22 novembre 2017, n. 27774; Cass., 6 novembre 2015, n. 22776);
l’irrituale produzione di un documento nel giudizio di primo grado non assume rilievo nella definizione della controversia, salvo eventualmente per quanto riguarda la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali, in quanto, comunque, il documento può essere legittimamente valutato dal giudice di appello, in forza del disposto del
D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, comma 2 (Cass., 19 dicembre 2017, n. 30537);
i documenti tardivamente depositati nel giudizio di primo grado, vanno esaminati nel giudizio di appello, ove acquisiti al fascicolo processuale, dovendosi ritenere comunque prodotti in grado di appello ed esaminabili da tale giudice in quanto prodotti entro il termine perentorio sancito dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, applicabile anche al giudizio di appello (Cass., 7 marzo 2018, n. 5429; Cass., 24 febbraio 2015, n. 3661);
-né, ratione temporis , possono trovare applicazione, nella fattispecie, le nuove disposizioni in tema di prove in appello portate dal riformulato art. 58, cit. [qual sostituito dal d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, art. 1, comma 1, lettera bb) ; v. l’art. 4 , comma 2, di detto d.lgs. quanto all’applicazione del principio tempus regit actum );
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa, anche per la disciplina RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024.