Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25577 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25577 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26050/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente principale-
contro
NOME COGNOME
-intimato- nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , successore «ex lege» di RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa «ope legis»
-controricorrente/ricorrente in via incidentale- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 2239/17 depositata il 13 aprile 2017
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 settembre 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata da RAGIONE_SOCIALE, notificava a NOME COGNOME un atto di intimazione ex art. 29, comma 1, lettera a), del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, con il quale lo invitava a provvedere entro sessanta giorni al pagamento delle somme portate da trentotto cartelle esattoriali e da un avviso di accertamento esecutivo.
Il Pavia reagiva proponendo ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale, nel contraddittorio dell’Amministrazione Finanziaria e dell’agente della riscossione, in parziale accoglimento delle ragioni addotte dal contribuente, così statuiva: (a)dichiarava il difetto di giurisdizione dell’adìto giudice speciale con riferimento ai crediti di natura non tributaria; (b)dichiarava la prescrizione dei crediti tributari portati da alcune delle cartelle presupposte; (c)annullava l’impugnata intimazione per la parte riferibile alle altre cartelle per crediti tributari e all’avviso di accertamento esecutivo, rilevando l’assenza di valida prova della rituale notifica degli atti prodromici.
La pronuncia veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che con sentenza n. 2239/17 del 13 aprile 2017, resa nella dichiarata contumacia del contribuente e di Equitalia RAGIONE_SOCIALE.p.a., rigettava l’appello dell’Amministrazione Finanziaria.
Rilevava il collegio regionale che non potevano essere utilizzati a fini decisori i documenti prodotti nel giudizio di primo grado dall’Agenzia delle Entrate per dimostrare l’avvenuta regolare notificazione dell’avviso di accertamento presupposto dall’impugnata intimazione di pagamento, in quanto il relativo deposito era stato effettuato dopo la scadenza del termine di cui all’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso
per cassazione affidato a un solo motivo.
Il Pavia è rimasto intimato.
Con tempestivo controricorso l’Agenzia delle Entrate – RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), successore «ex lege» di RAGIONE_SOCIALE, ha impugnato in via incidentale la medesima sentenza sulla base di un unico mezzo di gravame.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
(A)Ricorso principale
Con l’unico motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 113 c.p.c..
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver dichiarato inutilizzabili ai fini della decisione i documenti prodotti nel giudizio di primo grado, sia pure tardivamente, dall’Agenzia delle Entrate e dalla stessa ridepositati in appello, volti a dimostrare l’avvenuta regolare notificazione dell’avviso di accertamento esecutivo presupposto dall’intimazione oggetto di causa.
1.2 Il motivo -da inquadrare correttamente nel paradigma del n. 4) dell’art. 360, comma 1, c.p.c., siccome diretto a far valere un preteso «error in procedendo» commesso dal collegio regionale (sulla possibilità di riqualificare d’ufficio la sussunzione del motivo di ricorso per cassazione erroneamente intitolato cfr., ex multis , Cass. n. 759/2025, Cass. n. 17842/2024, Cass. n. 1802/2019)- è fondato.
1.3 Dopo aver riportato il testo della norma recata dall’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, secondo la quale «le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione» , la Commissione regionale ha osservato che,
« nel caso di specie, l’Ufficio si e (ra) … costituito nel giudizio di primo grado solo in data 23 febbraio 2016, rispetto all’udienza di trattazione fissata sotto la data del 1° marzo 2016» .
1.4 Da qui ha tratto la conclusione che i documenti di cui si discute non fossero utilizzabili per la decisione.
1.5 Così argomentando, i giudici di seconde cure sono effettivamente incorsi nella dedotta violazione dell’art. 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, avendo essi trascurato di considerare che detta norma, nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lettera bb), del D. Lgs. n. 220 del 2023, espressamente prevede che nel giudizio d’appello «è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti».
1.6 Tale facoltà, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è esercitabile anche se i documenti erano preesistenti all’introduzione del giudizio di primo grado (cfr. Cass. n. 297/2025, Cass. n. 33573/2022, Cass. n. 29470/2021); né la loro tardiva produzione in prime cure impedisce al giudice di appello di esaminarli, ove la parte provveda a un nuovo deposito nel rispetto del termine fissato dall’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. n. 9635/2024, Cass. n. 26115/2020, Cass. n. 5429/2018).
1.7 Non si è, inoltre, mancato di precisare che anche l’eventuale inosservanza del termine suindicato deve ritenersi sanata qualora il documento fosse già stato prodotto, benché irritualmente, in primo grado; e ciò perchè nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in maniera definitiva nel fascicolo d’ufficio fino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che i contendenti abbiano la possibilità di ritirarli ( arg. ex art. 25, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992), con la conseguenza che la documentazione presente al loro interno è da considerarsi automaticamente e ‘ritualmente’ acquisita al giudizio di impugnazione (cfr. Cass. n.
11545/2025, Cass. n. 31758/2024, Cass. n. 34756/2023, Cass. n. 5429/2018).
1.8 Dai surriferiti princìpi di diritto si è discostata la CTR, onde la sentenza in scrutinio risulta affetta da «error in procedendo» .
(B)Ricorso incidentale
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, ricondotto nell’alveo dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 29, comma 1, 36 e 61 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
2.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente dichiarato la contumacia di RAGIONE_SOCIALE.p.a. nel giudizio di secondo grado.
2.2 Alla CTR laziale sarebbe, infatti, sfuggito che il predetto agente della riscossione aveva spiegato autonomo appello avverso la sentenza di primo grado, il quale, per mero disguido imputabile allo stesso ufficio giudiziario, non era stato riunito con quello precedentemente proposto dall’Agenzia delle Entrate.
2.3 Il ricorso è infondato.
2.4 Al momento della proposizione del proprio appello avverso la sentenza n. 5200/1/2016 resa dalla CTP di Roma il 7 marzo 2016, introdotto in via principale con separato ricorso, RAGIONE_SOCIALE ben sapeva che la medesima pronuncia era già stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate.
2.5 L’anzidetta circostanza, peraltro mai posta in discussione dall’odierna ricorrente, emerge chiaramente dall’esame diretto dei fascicoli dei causa, consentito alla Corte dalla natura processuale del vizio denunciato.
Inequivoci, in tal senso, il tenore dell’intestazione dell’atto di appello in discorso ( ) e le indicazioni ivi contenute (pag. 6, righi 2-5: ).
2.6 Tanto premesso, va notato che, ai sensi dell’art. 54 del D. Lgs. n. 546 del 1992, le parti diverse dall’appellante debbono costituirsi nei modi e termini di cui al precedente art. 23 depositando apposito atto di controdeduzioni (comma 1), nel quale può essere proposto, a pena d’inammissibilità, appello incidentale (comma 2).
2.7 Orbene, dalle allegazioni svolte nell’odierna sede di legittimità dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE, successore «ex lege» di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., non si evince che quest’ultima avesse replicato all’appello dell’Agenzia delle Entrate mediante il deposito di un atto di controdeduzioni, o quantomeno informato la CTR dell’avvenuta proposizione da parte sua di un autonomo appello avverso la stessa sentenza già impugnata dalla prefata Agenzia; né può pretendersi che la Corte ricerchi d’ufficio gli atti e i documenti che eventualmente offrano la prova di ciò (sull’argomento cfr. Cass. Sez. Un. n. 20181/2019: «La Corte di Cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in ‘error in procedendo’, è anche giudice del fatto e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ‘ex officio’, né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale’ di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l’emenda dell’errore denunciato» ; id. , ex multis,
Cass. n. 7052-7053/2022, Cass. n. 22706/2025).
2.8 In un simile contesto, lungi dal potersi fondatamente imputare ai giudici regionali di aver erroneamente dichiarato la contumacia di una parte, il vero problema da risolvere consiste nello stabilire se la mancata riunione degli appelli separatamente proposti in via principale da due diversi contendenti contro la stessa pronuncia di primo grado abbia determinato la nullità della sentenza, ora qui impugnata, con la quale è stato deciso soltanto uno di essi, e precisamente quello notificato per primo.
2.9 Al quesito va data risposta negativa, dovendo nel caso di specie trovare applicazione la «regula iuris» , più volte affermata da questa Corte (cfr., ex multis , Cass. Sez. Un. n. 15843/2009, Cass. n. 17260/2012, Cass. n. 13849/2020, Cass. n. 18844/2021, Cass. n. 33297/2023, Cass. n. 10324/2024), secondo la quale, per quanto qui rileva, la parte cui sia stata notificata l’altrui impugnazione, qualora proponga separatamente la propria avverso la medesima sentenza in via principale, anziché in via incidentale, è tenuta a mettere il giudice in condizione di conoscere la simultanea pendenza dei due procedimenti, onde dare modo allo stesso di provvedere alla loro riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c., norma applicabile anche alle controversie tributarie in virtù del rinvio operato nell’art. 49 de l D. Lgs. n. 546 del 1992 alle disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile; in difetto, la mancata riunione delle due impugnazioni non incide sulla validità della pronuncia relativa alla prima.
(C)Statuizioni conclusive
Per le ragioni illustrate, va accolto il ricorso principale e respinto quello incidentale.
3.1 Si impone, pertanto, ai sensi degli artt. 383, comma 1, e 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione parziale della gravata sentenza, in relazione all’impugnazione accolta, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria
di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della questione controversa uniformandosi ai seguenti princìpi di diritto: «Nel processo tributario, ai sensi dell’ art. 58, comma 2, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’ art. 1 del D. Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, è consentita la produzione di nuovi documenti in grado di appello, anche se tali documenti erano già esistenti al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado» ;
«La tardiva produzione di documenti in primo grado non preclude la loro utilizzabilità nel successivo giudizio di appello, poiché nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio fino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi contenuta è da ritenersi acquisita automaticamente e ‘ritualmente’ nel giudizio di impugnazione».
3.2 Allo stesso giudice viene rimessa anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
Non deve farsi luogo nei confronti dell’ADER all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, essendo ad essa applicabile in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, come modificato dall’art. 22, comma 1, del D.L. n. 34 del 2023, convertito in L. n. 56 del 2023- la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), del citato D.P.R., prevedente la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale;
cassa la gravata sentenza, in relazione all’impugnazione accolta, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 10 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME