Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12908 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 14/05/2025
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA Interlocutoria
sul ricorso iscritto al n. 15694/2022 R.G. proposto da Casa di Procura Generale della Congregazione delle Suore dell’Apostolato Cattolico (01238530586), in persona del suo legale rappresentante p.t. , Suor NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALEEMAILcomuneEMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 5660/21, depositata il 10 dicembre 2021, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
-con sentenza n. 5660/21, depositata il 10 dicembre 2021, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto da Roma Capitale, così integralmente riformando la pronuncia di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di tre avvisi di accertamento emessi da Roma Capitale per il recupero a tassazione dell’ IMU dovuta dalla contribuente in relazione agli anni dal 2013, 2014 e 2015;
1.1 -il giudice del gravame ha rilevato che:
-l’oggetto dell’imposizione si identificava col possesso di immobili «adibiti ad attività ricettiva ed a casa di ferie, aperte tutto l’anno e rivolte ad un pubblico indifferenziato»;
-detti immobili risultavano «presenti su un sito web (www.casamissionariepallottine.it) che si rivolge ad ospiti singoli ed a gruppi di adulti senza alcuna preclusione verso il pubblico esterno alla congregazione, dispone di 42 camere suddivise in singole e doppie e pratica prezzi in linea con quelli di mercato, praticati dagli operatori turistici»;
-la Congregazione, relativamente ai periodi di imposta in contestazione, aveva «dichiarato redditi sempre superiori a 500.000,00 euro» e, con precedenti pronunce della Commissione tributaria regionale del Lazio, erano stati disattesi i ricorsi proposti dalla contribuente per precedenti periodi di imposta (2007, 2008 e 2009);
-la Casa di Procura Generale della Congregazione delle Suore dell’Apostolato Cattolico ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi;
resiste con controricorso Roma Capitale.
Considerato che:
-il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione del d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, artt. 53, 22 e 16 bis, assumendo che il giudice del gravame aveva omesso di rilevare l’inammissibilità del gravame proposto da controparte siccome non depositata, agli atti, la prova della sua notifica;
si soggiunge, poi, che -così come emerge dal deposito telematico dell’atto di appello detto deposito risultava «privo di allegazione al suo interno delle ricevute di spedizione e di consegna, che non risultano neppure depositate quale file autonomo»;
1.2 -il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alle «dichiarazioni rilasciate dai genitori dei piccoli degenti del Bambin Gesù (rimaste incontestate) ospitati a titolo gratuito» ed ai « certificati delle religiose appartenenti all’Ente, che avevano dimorato nel complesso immobiliare nei periodi di permanenza a Roma, a titolo assolutamente gratuito»; dati probatori, questi, dai quali il giudice del gravame avrebbe dovuto desumere che «in maniera del tutto gratuita era stata fornita ospitalità negli immobili di proprietà dell’Ente, anche a favore delle Religiose in esso dimoranti», quale «circostanza assolutamente sufficiente a dar prova dell’assenza dei requisiti della commercialità.», e atteso (anche) che, sul punto, non si rinveniva alcuna contraria indicazione nella motivazione degli impugnati atti impositivi;
1.3 -il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i ), al d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248, al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 73, comma 1, lett. c ), all’art. 2909 cod. civ., ed all’art. 116 cod. proc. civ.;
deduce, in sintesi, la ricorrente che:
la conclusione cui era pervenuta la gravata sentenza aveva illegittimamente escluso, dal novero delle attività esenti, quelle ricettive che, pertanto, non potevano contrapporsi ex se alle attività di tipo istituzionale;
dette attività ricettive -come comprovato dai dati probatori in precedenza esposti (in relazione al secondo motivo di ricorso) -erano state svolte (a titolo gratuito e) con modalità non commerciali, così che costituiva travisamento della prova il rilievo svolto dal giudice del gravame con riferimento ad una offerta ricettiva indirizzata «ad un pubblico indiscriminato e dietro pagamento di corrispettivi in linea con gli altri operatori del mercato»;
lo stesso dato probatorio offerto da controparte, quanto ai pretesi corrispettivi percepiti, non poteva temporalmente riferirsi ai periodi di imposta in contestazione atteso che «lo screenshot prodotto riporta il … riferimento temporale» del «05/03/2020»;
nessun reddito era «stato ritratto dagli immobili di che trattasi ed i 500.000,00 euro di cui parlano i secondi Giudici sono esclusivamente i volumi d’affari, pari ai costi sostenuti, per tutte le attività in sede nazionale svolte dalle Missionarie, per come chiaramente emerge dalla disamina dei dati prodotti da controparte»;
né migliori dati di valutazione probatoria il giudice del gravame avrebbe potuto trarre da proprie precedenti pronunce che, per un verso, non erano passate in giudicato e che, per il restante, afferivano ad elementi di fattispecie (quella di favore) di natura non tendenzialmente permanente siccome suscettibili di variare dall’uno all’altro periodo di imposta;
1.4 – col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. assumendo, in sintesi, che il
giudice del gravame -nel rilevare che l’attività ricettiva era stata svolta in maniera non dissimile dagli altri operatori del settore, e con redditi superiori ad € 500.000,00 annui -aveva pronunciato in termini apodittici, senza dar conto «dei percorsi logico-giuridici seguiti» oltreché delle ragioni da essa esponente addotte a contestazione di detti dati probatori, in specie della circostanza che detti ricavi dovevano (diversamente) imputarsi a «volumi di affari riferite a tutte le attività svolte in ambito missionario, per altro pari ai costi sostenuti per le attività di che trattasi, a ripro va dell’assenza del perseguimento di qualsivoglia fine di lucro, per come previsto nello statuto dell’Ente Religioso.»; così come, del resto, rimaneva oggetto di travisamento il (supposto) «utilizzo promiscuo del bene»;
1.5 – il quinto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per aver omesso il giudice del gravame di pronunciare sull’eccezione svolta dalla ricorrente in ordine alla richiesta disapplicazione delle sanzioni;
-il primo motivo di ricorso sottopone all’esame della Corte la trattazione di questioni nuove, e di rilevanza nomofilattica, questioni tali da giustificare la loro rimessione in pubblica udienza (Cass. Sez. U., 5 giugno 2018, n. 14437; Cass., 1 agosto 2017, n. 19115; Cass., 6 marzo 2017, n. 5533);
2.1 – trattandosi di ricorso in appello proposto nella vigenza del processo tributario telematico , dall’esame del fascicolo telematico risulta che:
-Roma capitale depositava il ricorso, senza le ricevute dell’avvenuta notifica a mezzo PEC, in data 19 marzo 2020;
il difensore della contribuente depositava al SIGIT, il 30 settembre 2020, istanza per la consultazione temporanea del fascicolo telematico assumendo che «In data 11/03/2020 mi è stato notificato appello della Sentenza richiamata da parte del Roma Capitale in persona del Direttore della Direzione Gestione dei Procedimenti connessi alle Entrate Fiscali Dott. NOME COGNOME» ( dall’esame di detta istanza emerge, pertanto, che la costituzione telematica era avvenuta nei 30 gg. successivi all’eseguita dalla notifica);
il ricorso di Roma Capitale risultava, in effetti, proposto «in persona del Direttore della Direzione Gestione dei Procedimenti connessi alle Entrate Fiscali Dott. NOME COGNOME»;
-nell’atto di controdeduzioni, l’odierna controricorrente assumeva (ancora) che l’atto d’appello era stato notificato al difensore;
2.2 – il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dispone nei seguenti termini:
«Le parti, i consulenti e gli organi tecnici indicati nell’articolo 7, comma 2, notificano e depositano gli atti processuali i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e nei successivi decreti di attuazione. In casi eccezionali, il Presidente della Commissione tributaria o il Presidente di sezione, se il ricorso è già iscritto a ruolo, ovvero il collegio se la questione sorge in udienza, con provvedimento motivato possono autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche» ;
«Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l’originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. All’atto della costituzione in giudizio, il ricorrente deve depositare la nota di iscrizione al ruolo, contenente l’indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell’atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso.
L’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente.» (art. 22, commi 1 e 2);
«Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3.» ( art. 53, comma 2);
2.2.1 – la regula iuris relativa al l’adempimento prescritto ai fini dell’ammissibilità del ricorso (deposito degli atti di notifica) va, quindi, adeguata, se la notifica è stata eseguita a mezzo PEC, alle disposizioni di cui al d.m. 23 dicembre 2013, n. 163, alla cui stregua:
«Le notificazioni e le comunicazioni telematiche sono eseguite mediante la trasmissione dei documenti informatici all’indirizzo di PEC di cui all’articolo 7» (art. 5, comma 1);
«Il ricorso e gli altri atti del processo tributario, nonchè quelli relativi al procedimento attivato con l’istanza di reclamo e mediazione, sono notificati utilizzando la PEC secondo quanto stabilito dall’articolo 5. Il deposito presso la segreteria della Commissione tributaria del
ricorso e degli altri atti di cui al comma 1, unitamente alle relative ricevute della PEC, avviene esclusivamente mediante il S.I.Gi.T.» (art. 9, commi 1 e 2);
2.2.2 -il d.m. 4 agosto 2015 (recante «Specifiche tecniche previste dall’articolo 3, comma 3, del regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111»), a sua volta ( ratione temporis ) prevede che «Ai fini della costituzione in giudizio del ricorrente, il soggetto abilitato e identificato ai sensi dell’art. 4, trasmette al S.I.Gi.T. il ricorso, la ricevuta di PEC che attesta l’avvenuta notifica dello stesso, la procura alle liti, la documentazione comprovante il pagamento del contributo unificato tributario e gli eventuali allegati, previo inserimento dei dati richiesti dal sistema per l’iscrizione a ruolo» (art. 7, comma 1);
2.3 -in tema di notifica eseguita a mezzo del servizio postale, le Sezioni Unite della Corte hanno statuito che nel processo tributario, «non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.» (Cass. Sez. U., 29 maggio 2017, n. 13452);
2.3.1 – in termini più generali, -seppur chiamate a definire questioni connesse alla procedibilità del ricorso per cassazione, – le Sezioni Unite della Corte, hanno, però, rilevato che gli argomenti
utilizzati dalla tradizionale giurisprudenza di legittimità si erano formati «”in ambiente di ricorso analogico” sicchè non sono del tutto compatibili “in ambiente di ricorso nativo digitale”» e che «le regole di accesso al giudizio applicabili al ricorso e gli atti processuali nativi digitali non coincidono con quelle tradizionalmente applicate in ambiente di ricorso analogico.», così che «è necessario un adattamento delle regole applicabili onde evitare che l’applicazione della sanzione dell’improcebilità, sulla base dei principi tradizionali nati “in ambiente di ricorso analogico”, risulti irragionevole o sproporzionata nel diverso “ambiente digitale”.»;
si è (così) rimarcato che:
nel contesto processuale connotato da un ricorso nativo digitale -la cui validità presuppone la sottoscrizione con firma digitale, «fatta salva la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo», e dalla cui notificazione consegue che la parte destinataria «viene così in possesso proprio dell’originale del ricorso notificato, sottoscritto con firma digitale» sulla base dell’art. 2, comma 6, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale -CAD), assume un ruolo cardine la successiva disposizione di cui all’art. 23, comma 2, dello stesso d.lgs., siccome «idonea ad operare anche per verifiche, come quelle relative alla procedibilità del ricorso, che hanno implicazioni pubblicistiche e tradizionalmente non sono nella disponibilità delle parti» (così che andava superato l’orientamento interpretativo tradizionale secondo il quale detta disposizione del CAD, al pari dell’art. 2719 cod. civ., poteva ritenersi applicabile solo al fine di attribuire ad un documento efficacia probatoria tra le parti);
-l’interpretazione delle disposizioni processuali deve convergere con «l’esigenza di consentire la più ampia espansione, nel perimetro di tenuta del sistema processuale, del diritto fondamentale di azione (e,
quindi, anche di impugnazione) e difesa in giudizio (art. 24 Cost.), che guarda come obiettivo al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, alla cui realizzazione coopera, in quanto principio “mezzo”, il giusto processo dalla durata ragionevole (art. 111 Cost.), in una dimensione complessiva di garanzie che rappresentano patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull’Unione Europea, art. 6 CEDU).»; così che «l’applicazione … del PCT deve comunque corrispondere alla finalità per la quale il PCT è stato concepito, cioè quella di essere lo strumento più duttile e funzionale per favorire la semplificazione e l’efficienza del sistema giudiziario, sempre nel rispetto dei principi costituzionali, UE e CEDU.»;
difatti, «il diritto di accesso ad un tribunale (e alla Corte di cassazione), pur prestandosi a limitazioni implicitamente ammesse in particolare per quanto riguarda le condizioni di ammissibilità di un ricorso, viene leso quando la sua regolamentazione cessa di essere utile agli scopi della certezza del diritto e della buona amministrazione della giustizia e costituisce una sorta di barriera che impedisce alla parte in causa di vedere la sostanza della sua lite esaminata dall’autorità giudiziaria competente»;
in una siffatta prospettiva, (anche) il ritardo «apprezzabile» rimarrebbe sterilizzato dal comportamento concludente del destinatario della notifica che, in possesso dell’originale del ricorso in formato digitale, «è in grado di valutarne appieno la conformità alla copia analogica informe (ossia priva di attestazione L. n. 53 del 1994, ex art. 9) che sia stata tempestivamente depositata … dal ricorrente, attestando l’esito di una siffatta verifica tramite il mancato disconoscimento di detta conformità» (v., sul tutto, Cass. Sez. U., 25 marzo 2019, n. 8312; Cass. Sez. U., 24 settembre 2018, n. 22438);
– e, sulla scia dei principi di diritto espressi dalle citate pronunce, ancora di recente si è rilevato -con riferimento alla procedibilità dell’appello ordinario civile che, in caso di notificazione dell’appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica, l’omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell’atto d’impugnazione e della relativa notificazione non determina l’improcedibilità dell’appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell’originale dell’atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di “strumentalità delle forme” processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito» (Cass., 12 marzo 2024, n. 6583 cui adde Cass., 25 ottobre 2024, n. 27677);
2.4 -risultando la disposizione di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 1, funzionale alla verifica officiosa della condizione di ammissibilità dell’appello (Cass., 11 giugno 2018, n. 15182), la quaestio iuris di fondo, di rilevanza nomofilattica, impone la verifica del coordinamento di detta regula iuris con la disciplina del processo tributario telematico che -così come nella fattispecie, con riferimento alla istanza, depositata dal destinatario della notifica dell’appello, per la consultazione temporanea del fascicolo telematico può consentire l’emersione di circostanze idonee a far ritenere rispettato il termine (di 30 gg.) prescritto per la costituzione in giudizio, pur in difetto di deposito delle ricevute di notifica eseguita a mezzo PEC.
P.Q.M.
La Corte, rinvia il ricorso a nuovo ruolo per la sua trattazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024.