Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16664 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16664 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
Oggetto: Tributi – Avviso di accertamento – IVA – pro rata
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24655/2019 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , quale incorporante del RAGIONE_SOCIALE Novara, Verbano Cusio Ossola RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura speciale in calce al controricorso (PEC: EMAIL
EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 727/02/2018, depositata il 17.04.2018.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del l’11.02.2025 ; Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto il rigetto del ricorso. Sentito, per l ‘ Agenzia delle entrate, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Novara accoglieva i ricorsi riuniti proposti dal RAGIONE_SOCIALE Novara, Verbano Cusio Ossola RAGIONE_SOCIALE, poi incorporato nel RAGIONE_SOCIALE Piemonte RAGIONE_SOCIALE, avverso due avvisi di accertamento, relativi, rispettivamente, agli anni di imposta 2009 e 2010, con i quali l’Ufficio aveva applicato al contribuente il pro rata di indetraibilità dell’IVA rilevando che le cessioni di immobili in regime di esenzione IVA, effettuate dal Consorzio, non potevano dar luogo al ma ntenimento dell’intera detrazione, in quanto l’attività di compravendita immobiliare posta in essere non era occasionale, sia per il numero delle cessioni sia per il loro valore, rispetto al totale delle operazioni attive.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, osservando, per quello che qui ancora interessa, che:
– i beni immobili ceduti non erano beni ‘merce’, ma erano tutti beni strumentali per natura e destinazione, in quanto erano accatastati nelle categorie D/8, A/10, C/1 o riguardavano pertinenze dei predetti immobili, erano regolarmente iscritti nella voce patrimoniale come ‘immobilizzazioni materiali’ ed erano adibiti a depositi commerciali e negozi; il Consorzio non aveva mai svolto attività di compravendita immobiliare, avendo come scopo quello del commercio di prodotti agricoli e di sostegno agli operatori del comparto agricolo;
in particolare, gli immobili di categoria A/4 e A/3 dovevano considerarsi ‘ pertinenze degli immobili strumentali, per natura e per destinazione, ai sensi dell’art. 817 c.c. essendo evidente, e comunque non contestata, l’esistenza contemporanea dell’elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio ad una relazione di complementarietà con quello principale, e dell’elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà di destinare il bene accessorio al servizio o all’ornamento del bene principale ‘;
poiché la cessione riguardava beni strumentali, era esclusa dal calcolo del pro rata, come previsto dall’art. 19 -bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972;
Contro la suddetta decisione l ‘A genzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Il Consorzio resisteva con controricorso, illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione de ll’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la CTR si è limitata ad affermare, con motivazione apparente, che tutti i beni immobili ceduti dal Consorzio andavano esclusi dalla determinazione della percentuale di pro rata, in quanto risultava evidente e non era contestato che erano beni strumentali o loro pertinenze e, quindi, correttamente ceduti in esenzione IVA, senza effettuare alcun richiamo alle risultanze processuali e senza individuare gli specifici beni strumentali di cui gli immobili interessati avrebbero costituito pertinenze, visto che non potevano essere qualificati tali gli immobili inquadrati nelle categorie A/3 (abitazioni di tipo economico), A/4 (abitazioni di tipo popolare) e un terreno edificabile.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 7.04.2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’e sistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’ aspetto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017).
1.3 Solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo” , in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232).
1.4 La sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’ iter logico seguito dai giudici di appello, che hanno ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, escludendo dal calcolo del pro rata la cessione dei beni immobili qualificandoli come strumentali o pertinenze di questi. Le argomentazioni svolte esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il
proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione de ll’art. 115 cod. proc. civ. , per avere la CTR affermato erroneamente che non era contestata la natura di pertinenze di immobili strumentali dei fabbricati ceduti in regime di esenzione di imposta, senza considerare che il principio di non contestazione non si applica alla qualificazione giuridica dei fatti, essendo questa riservata al giudice, e che l’Ufficio aveva contestato la natura strumentale dei beni ceduti, a seguito del deposito delle memorie illustrative in primo grado , nell’atto di appello e nelle memoria illustrative depositate in appello, visto che il tema del contendere era originariamente incentrato sulla corretta individuazione dell”attività propria’ del Consorzio, al fine di valutare se le sistematiche e reiterate cessioni immobiliari potessero concorrere alla formazione del pro rata, dovendosi in ogni caso tenere conto dell’ambito di applicazione del principio di non contestazione nel processo tributario.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 del TUIR e 817 cod. civ., per avere la CTR errato nel qualificare. come strumentali, beni che per natura non lo erano, essendo inquadrati nelle categorie catastali A/3 (abitazione di tipo economico), A/4 (abitazione popolare) ed un terreno edificabile, non illustrando le ragioni per cui gli stessi rientravano nella categoria dei beni strumentali per destinazione o nelle pertinenze di beni strumentali; aggiunge che: lo stesso Consorzio aveva iscritto detti beni tra i fabbricati civili non assoggettandoli ad ammortamento; dagli atti di cessione si evinceva che i l regime di esenzione era quello di cui all’art. 10, comma 8 -bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (e, quindi, relativo a fabbricati non strumentali); le cessioni in argomento sono state qualificate nella dichiarazione dei
redditi del Consorzio come relative a beni non strumentali; i medesimi beni non vengono qualificati come pertinenze negli atti di compravendita; il Consorzio non ha mai prodotto documenti da cui desumere la destinazione dei beni a pertinenze;
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19-bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, perché, nel ritenere strumentali alcuni beni ceduti, la CTR ha erroneamente individuato i criteri per la determinazione della percentuale di detraibilità IVA (cd. pro rata) , non avendo considerato che l’attività di compravendita presentava il carattere di un’attività corrente del Consorzio, sicchè il relativo corrispettivo avrebbe dovuto essere incluso nel calcolo del pro rata, dovendosi includere nel concetto di ‘attività propria del soggetto passivo’ non solo gli atti che tipicamente esprimono il raggiungimento del fine produttivo e commerciale dell’impresa, ma anche quelli ulteriori che si configurano come strumento normale e non meramente occasionale per il conseguimento di detto fine, tenuto conto del loro numero e della loro rilevanza economica in rapporto al complessivo volume d’affari .
Prima di esaminare i predetti motivi, occorre illustrare brevemente il quadro normativo che disciplina il meccanismo del pro rata IVA.
5.1 S econdo l’art. 168 della direttiva IVA, i soggetti passivi hanno il diritto a detrarre l’imposta alle condizioni previste dalla norma. L’art. 173, § 1, poi, prevede che « Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a detrazione di cui agli articoli 168, 169 e 170, sia per operazioni che non danno tale diritto, la detrazione è ammessa soltanto per il prorata dell’IVA relativo alla prima categoria di operazioni ».
5.2 Il pro rata è determinato, su base annuale e per il complesso delle operazioni effettuate dal soggetto passivo, ai sensi degli artt. 174 e 175 della direttiva IVA, e « risulta da una frazione che presenta i seguenti importi: a) al numeratore, l’importo totale del volume d’affari annuo, al netto dell’IVA, relativo alle operazioni che danno diritto a detrazione a norma degli articoli 168 e 169; b) al denominatore, l’importo totale del volume d’affari annuo, al netto dell’IVA, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a detrazione » (art. 174, § 1).
Secondo quanto previsto dall’art. 173, § 2, della direttiva IVA « Gli Stati membri possono adottare le misure seguenti: a) autorizzare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore; b) obbligare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori; c) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi; d) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione secondo la norma di cui al paragrafo 1, primo comma, relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate; e) prevedere che non si tenga conto dell’IVA che non può essere detratta dal soggetto passivo quando essa sia insignificante ».
5.3 Il sistema della detrazione dell’IVA, con specifico riferimento al pro rata, è stato recepito nel nostro ordinamento dagli artt. 19 e 19bis del d.P.R. n. 633 del 1972.
5.4 Secondo l’art. 19, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, nella versione applicabile ratione temporis , « ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi
dell’articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis », che viene calcolata « in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo ».
5.5 L’art. 19 -bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede, poi, che: «Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili, dei passaggi di cui di cui all’articolo 36, ultimo comma, e delle operazioni di cui all’articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d) e f), delle operazioni esenti di cui all’articolo 10, primo comma, numero 27-quinquies), e, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, delle altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del predetto articolo 10, ferma restando la indetraibilità dell’imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni ».
Fra le operazioni escluse dal calcolo della percentuale del pro rata di detrazione vi sono, quindi, anche le cessioni di beni ammortizzabili.
6.1 Per individuare la nozione di ‘bene ammortizzabile’ , in mancanza di una definizione specifica in materia di IVA, occorre procedere sulla base di una ‘interpretazione conforme’, trattandosi di imposta ‘armonizzata’.
6.2 Questa Corte ha recentemente affermato a Sezioni Unite (Cass. Sez. U. n. 13162 del 2024), con riferimento alla diversa questione del rimborso IVA ex art. 30, comma 2, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972, che il concetto di ‘bene ammortizzabile’ non può ess ere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni
normative in materia di imposte dirette (artt. 102 e 103 del d.P.R. n. 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili, dovendosi fare riferimento ‘ alla nozione -ampia e sostanzialmente economica – di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva “rifusa” (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi’. Ed allora appare chiaro che l’applicazione della disposizione legislativa de qua ve necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali) ‘.
Ciò premesso, il secondo motivo è inammissibile, in quanto la censura non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata e non è decisiva, sia perchè il rilievo sulla mancata contestazione riguarda solo le pertinenze e non anche gli altri immobili ceduti, sia perchè il giudizio sulla natura pertinenziale di alcuni immobili non si fonda solo sul principio di non contestazione, ma anche su un accertamento in fatto, effettuato dal giudice di merito, sulla sussistenza del loro rapporto di complementarietà funzionale con il bene principale.
Anche il terzo motivo è inammissibile.
8.1 Sul punto occorre premettere che la collocazione dei beni immobili dell’impresa fra quelli strumentali o fra i beni merce dipende da una scelta imprenditoriale, non sindacabile dall’Amministrazione finanziaria, ove non costituisca un’operazione fraudolenta o esulante dall’oggetto sociale (Cass. n. 16115 del 2007; n. 24720 del 2022 ; n. 11631 del 2023).
8.2 Nella specie, la CTR ha accertato che la concreta destinazione dei beni oggetto di cessione, come impressa dalla società contribuente, era quella di beni strumentali o loro pertinenze ( ‘ l’attività di compravendita immobiliare non è mai stata svolta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE, il cui scopo è il commercio di prodotti agricoli e di sostegno degli operatori del comparto agricolo in generale. Non si tratta pertanto di immobili ‘merci’ ma di beni st rumentali acquistati negli anni e regolarmente iscritti nella voce patrimoniale ‘immobilizzazioni materiali’….Gli immobili di categoria A4 e A3 sono pertinenze degli immobili strumentali, per natura e per destinazione, ai sensi dell’art. 817 c.c. essendo evidente, e non contestata, l’esistenza del bene accessorio ad una relazione di complementarietà con quello principale, e dell’elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà di destinare il bene accessorio la servizio o all’ornamento del bene principale ‘). La contestazione su tale destinazione contrasta con l’accertamento in fatto, svolto dal giudice di appello, sicchè la ricorrente deduce con il predetto motivo solo apparentemente una violazione di norme di legge, ma in realtà mira alla rivalutazione dei fatti, operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 4/07/ 2017), prospettando nel ricorso non l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017).
Il quarto motivo è infondato.
9.1 Come si è già detto sopra, fra le operazioni che l’art. 19 -bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 esclude espressamente dal calcolo della percentuale del pro rata di detrazione vi sono le cessioni di beni
ammortizzabili , trattandosi di beni destinati all’esercizio dell’impresa (cfr. anche Cass. n. 1578 del 2015).
9.2 Non è pertinente il richiamo fatto dalla ricorrente alla sentenza della Corte di giustizia UE del 6 marzo 2008 (causa C-98/07), avendo tale decisione esaminato una fattispecie diversa che riguardava veicoli acquistati da una società di leasing, al fine di concederli in locazione e poi venderli alla scadenza dei contratti di leasing; si trattava, quindi, di beni non compresi nella nozione di ‘beni d’investimento’ perché la loro vendita costituiva parte integrante dell’attività economica usuale di detta società.
9.3 Dalla sentenza impugnata risulta, invece, che il Consorzio non si occupava di vendita o gestione di beni immobili, ma svolgeva un’altra attività e la cessione dei beni immobili era finalizzata alla dismissione di parte dei beni strumentali che il soggetto passivo utilizzava nell’esercizio della sua impresa , per cui la cessione era stata correttamente esclusa dal calcolo della percentuale del pro rata di detrazione.
In conclusione, dunque, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 14.000,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, il 15% sul compenso per rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, l’11 febbraio 2025