Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14802 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14802 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6164/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata a in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENEZIA n. 317/2016 depositata il 29/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, a seguito di verifica fiscale per l’anno 2009 culminata con PVC 5 ottobre 2012, essendo stato riscontrato che, anche per gli anni precedenti, si erano erroneamente considerate come occasionali o accessorie, ai fini del pro-rata di detrazione, operazioni di finanziamento che, invece, rientravano pienamente nell’attività propria dell’impresa, venivano spiccati due distinti avvisi di accertamento per recuperi IVA e, segnatamente, l’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO, per il 2007, notificato in data 2 novembre 2012 e l’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO per il 2008, notificato in data 8 luglio 2013.
La società impugnava gli atti che la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Treviso annullava, in accoglimento dei ricorsi riuniti.
Il gravame erariale veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Veneto con la sentenza in epigrafe: secondo i giudici d’appello, si era trattato di accertamento ‘a tavolino’, cosicché non era richiesto il rispetto del contraddittorio ai sensi dell’art. 12 comma 7 legge n. 212/2000 previsto soltanto in caso di accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso i locali del contribuente; inoltre, gli atti impugnati erano stati sottoscritti da impiegato della carriera direttiva munito di delega di firma da parte del Capo dell’ufficio che, sebbene non allegata agli avvisi, era stata prodotta in giudizio; nel merito, infine, si è ritenuta la fondatezza dell’accertamento, osservandosi che l’attività di finanziamento svolta dalla società rientrava a pieno titolo nell’attività principale come dimostrato anche dalle « percentuali di incidenza in continua crescita ».
La società proponeva ricorso per revocazione di questa sentenza, in quanto affetta da un errore di fatto risultante dagli atti, e la CTR del Veneto, con ordinanza n. 523/2016, disponeva la sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione fino
alla comunicazione della decisione sulla revocazione, respinta con sentenza n. 395/2017.
La società ha proposto, quindi, ricorso per la cassazione della sentenza fondato su quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della l. n. 212/2000 e dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto ha errato il Giudice del merito laddove ha escluso « la ricorrenza della garanzia obbligatoria del contraddittorio anticipato pur in presenza di una pretesa erariale radicata nel diritto dell’Unione europea (in specie, in punto di Imposta sul Valore Aggiunto -IVA) ».
Con il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della l. n. 212/2000, in quanto la CTR erroneamente ha escluso che si versi, nel caso in esame, in ipotesi di ‘verifica fiscale’ ai fini dell’art. 12 comma 7 l. n. 212/2000; infatti, la pretesa relativa agli anni 2007 e 2008 traeva comunque origine dalla verifica condotta per il 2009 alla cui conclusione, con PVC datato 5 ottobre 2012, aveva immediatamente fatto seguito, senza attendere il decorso del termine dilatorio di sessanta giorni, la notifica in data 2 novembre 2012 dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno 2007.
Sotto il terzo motivo propone tre distinte doglianze con riferimento alla questione della delega: a) in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973, in quanto, a differenza della CTP che correttamente non aveva riconosciuto l’efficacia di delega di firma alle ‘disposizioni organizzative’ prodotte , prive di «indicazione di nominativi» ma riferite solo alle qualifiche (area di staff, ufficio
legale, ecc.), la CTR ha dato rilevanza, quali valide deleghe di firma, ad atti ‘in bianco’ ovvero a nomine organizzative prive di delega alla sottoscrizione ovvero a deleghe inefficaci in quanto riportanti limiti di importi inferiori a quelli oggetto degli atti impugnati; b) nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la CTR ha omesso di esaminare i controversi profili di validità ed efficacia RAGIONE_SOCIALE deleghe prodotte; c) in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione poiché la CTR ha dato rilievo ad atti inidonei a valere quali deleghe di firma.
Con il quarto motivo deduce , in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 19 comma 5 e 19 bis comma 2 del d.P.R. n. 633/1972, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia 14 dicembre 2016, C-378/15, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, laddove la CTR non ha escluso dal calcolo del pro-rata le operazioni finanziarie svolte dalla società.
E’ opportuno muovere dal secondo motivo, che è fondato con riguardo all’annualità 2007. Ricorre la violazione dell’art. 12 comma 7 in quanto quell’atto è stato emesso non a seguito di accertamento ‘a tavolino’ ma, come risulta dalla stessa sentenza impugnata, « sulla base degli elementi acquisiti nel corso della verifica »; il fatto che la verifica fosse stata disposta per un anno diverso (l’anno 2009) non esclude l’esigenza di rispettare il contradditorio e il termine dilatorio previsto dall’art. 12 comma 7 cit. prima di emettere l’avviso di accertamento con riguardo ad ogni anno di imposta per il quale sono emerse, sulla base del PVC, violazioni che importano recupero di imposta. Lo stesso avviso relativo al 2007 si riferisce al PVC del 5 ottobre 2009 come « spunto e derivazione » del nuovo atto ma non nega la conseguenzialità dell’atto impositivo rispetto alle risultanze di quel processo verbale.
L’accoglimento del motivo assorbe gli altri, con riguardo all’avviso di accertamento per il 2007.
Passando agli altri motivi, relativamente all’avviso per il 2008, le prime due doglianze sono infondate, atteso che l’avviso per il 2008 venne emesso a distanza di oltre nove mesi dal PVC; oltretutto, la lesione del contraddittorio con riferimento ai tributi armonizzati avrebbe richiesto, per l’annullamento dell’atto impositivo, il superamento della c.d. prova di resistenza (Cass. sez. un., n. 24823 del 2015), cioè la prova che « in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso » (Corte giust., 3 luglio 2014, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , in C-129/13 e C-130/13, punti 80 e 82), da verificarsi « caso per caso » (Cass. n. 22644 del 2019) attraverso la « concreta valutazione » RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte dal contribuente (Cass. n. 701 del 2019; Cass. n. 31997 del 2023), il quale non ha offerto puntuali e specifici elementi di giudizio oltre la generica deduzione che « se vi fosse stato il contraddittorio anticipato (..) l’Ufficio impositore avrebbe senz’altro appreso (..) che le operazioni passive non dovevano entrare nel calcolo del prorata proprio perché occasionali ».
Il terzo motivo deve essere disatteso.
7.1. La doglianza sub a), concernente in particolare le deleghe in bianco e i provvedimenti organizzativi, è infondata alla luce del prevalente orientamento di questa Corte secondo cui « La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza
necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa » (Cass. n. 11013 del 2019; Cass. n. 28850 del 2019).
7.2. La doglianza sub b) è infondata perché non ricorre una omessa pronunzia ma il rigetto implicito di tutte le questioni sollevate con riguardo alla delega, una volta affermato che « l’Amministrazione ha prodotto tale delega per cui non sussiste nullità dell’atto »; va rammentato, in proposito, che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020), il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione RAGIONE_SOCIALE parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito (Cass. n. 12652 del 2020; Cass. n. 12131 del 2023).
7.3. Quella sub c) è inammissibile, perché manca il fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso; infatti, la censura ex n. 5 dell’art. 360 comma 1 deve riguardare un fatto storico, principale o secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, la cui esistenza risulti dalla
sentenza o dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti e avente carattere decisivo (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017), senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE prove acquisite nel corso del relativo giudizio ( ex multis , v. Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017); in questo caso non si indica alcun fatto storico decisivo ma si insiste per una diversa valutazione di quegli atti.
Il quarto motivo, infine, è inammissibile e comunque infondato.
8.1. Va premesso che, secondo l’art. 19 comma 5 d.P.R. n. 633/1972 nella versione applicabile ratione temporis , « ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis », che viene calcolata « in base al rapporto tra l’ammontare RAGIONE_SOCIALE operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato RAGIONE_SOCIALE operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo »; secondo il comma 2 di quest’ultima disposizione, ai fini del calcolo della percentuale di detrazione, non si tiene conto, « quando non formano oggetto dell’attività’ propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, RAGIONE_SOCIALE altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del predetto articolo 10 »; tra queste, al n. 1, rientrano proprio « le prestazioni di servizi concernenti la concessione e la negoziazione
di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti e le operazioni di finanziamento» .
8.2. Secondo la ricorrente, la CTR avrebbe operato una indebita sovrapposizione tra i due piani di indagine, quello RAGIONE_SOCIALE operazioni che non formano oggetto dell’attività propria e quello RAGIONE_SOCIALE attività accessorie, ritenendo che accessorietà coincida con occasionalità ed estraneità all’attività propria e dando rilievo al dato quantitativo dell’incidenza RAGIONE_SOCIALE operazioni esenti rispetto al totale RAGIONE_SOCIALE operazioni imponibili, in contrasto con la giurisprudenza unionale che ha considerato non dirimente quel dato.
8.3. La doglianza è inammissibile perché non indica con puntualità e chiarezza la violazione o falsa applicazione della normativa di riferimento in cui sarebbe incorsa la CTR che, con apprezzamento di merito incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato, ha accertato che l’attività di finanziamento non era accessoria od occasionale e rientrava a pieno titolo in quella principale. La stessa citazione della pronuncia della Corte di giustizia non si accompagna ad argomentazioni che evidenzino il contrasto della sentenza impugnata con la giurisprudenza unionale, la quale non esclude il rilievo indiziario dell’entità dei redditi provenienti da attività finanziarie ai fini dell’accertamento del carattere dell’accessorietà (Corte giust., 14 dicembre 2016, C -378/15, RAGIONE_SOCIALE , punto 47: « l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva può costituire un indizio del fatto che tali operazioni non debbano essere considerate accessorie »).
8.4. Il motivo è comunque infondato, perché la CTR non si è discostata dai principi affermati da questa Corte, secondo cui costituiscono proventi di un’attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità IVA pro rata, quelli derivanti da una attività svolta in modo assolutamente occasionale e, quindi, estranea a quella propria di impresa del
contribuente, la cui occasionalità va accertata in concreto e non sulla base RAGIONE_SOCIALE mere previsioni statuarie (Cass., n. 5970 del 2013; Cass. n. 5970 del 2014), avuto riguardo all’attività svolta in modo prevalente dall’impresa, con particolare attenzione all’ammontare complessivo dei ricavi derivanti dall’una, rispetto a quelli provenienti dall’altra attività (Cass. n. 16674 del 2022; Cass. n. 12689 del 2020; Cass., n. 8813 del 2019; Cass., n.6486 del 2018; Cass., n. 2902 del 2019; Cass., n. 7654 del 2017; Cass., n. 4613 del 2016; Cass., n. 6574 del 2008). Oltre agli atti che tipicamente esprimono il raggiungimento del fine produttivo enunciato nell’atto costitutivo dell’ente, occorre avere riguardo a quei soli atti ulteriori che si raccordino con detto fine secondo parametri di regolarità causale o che siano comunque ad esso legati da un nesso di carattere funzionale non meramente occasionale (Cass. n. 6194 del 2001; Cass. n. 9762 del 2003; Cass. n. 11073 del 2006; Cass. n. 6574 del 2008), mentre gli atti che si pongono come meramente strumentali e occasionali rispetto al fine dell’impresa, non possono che essere esclusi dalla determinazione del pro-rata di riduzione dell’imposta detraibile (Cass. n. 5970 del 2014; Cass. n. 12689 del 2020).
8.4.1. In questo caso l’accessorietà è stata esclusa sulla base di considerazioni fattuali in linea con i principi sopra riportati: la CTR non si è limitata a rilevare che l’attività di finanziamento rientrava nell’oggetto sociale della società (comprendente « concessione di finanziamenti in qualsiasi forma ») ma ha sottolineato che « la distinzione tra attività principale ed accessoria va determinata in relazione a quella concretamente, effettivamente e realmente esercitata », rilevando che la società « si propone al mercato con il doppio ruolo di incubatore e investitore », che comprende fisiologicamente anche attività di finanziamento, in coerenza con la definizione offerta dalla stessa ricorrente come « ‘holding’ di partecipazioni, avente lo scopo di far nascere nuove imprese, farle
crescere, concedendo loro finanziamenti, servizi commerciali e amministrativi di supporto » (v. pag. 2 del ricorso).
8.4.2. La CTR ha poi evidenziato che tale attività era stata svolta dalla società, costituita nel 2005, con una incidenza « in continua crescita » sul complessivo volume d’affari, sino al 27% nel 2010, confermando così che « quella finanziaria è una componente dell’attività principale che si è sviluppata nel corso degli anni ». Quest’ultimo accertamento è aderente alla invocata giurisprudenza unionale secondo cui « la composizione della cifra d’affari del soggetto passivo costituisce un elemento rilevante per determinare se talune operazioni debbano essere considerate come «accessorie» (Corte giust. 14 dicembre 2016, C-378/15, cit., punto 49).
Conclusivamente, accolto il secondo motivo di ricorso limitatamente all’avviso di accertamento per il 2007 e rigettati gli altri, la causa deve essere rinviata al giudice del merito che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini in motivazione, rigettati gli altri, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/11/2023.