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Pro-rata di detraibilità: quando un’attività è occasionale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12468/2025, ha rigettato il ricorso di un contribuente in tema di pro-rata di detraibilità IVA. I giudici hanno stabilito che, per escludere un’attività esente dal calcolo del pro-rata, il contribuente ha l’onere di provare la sua natura meramente occasionale e accessoria rispetto a quella principale. Nel caso specifico, il notevole volume d’affari generato dall’attività di intermediazione finanziaria rispetto a quella immobiliare ha smentito tale occasionalità, rendendo legittima l’applicazione del pro-rata da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Pro-rata di detraibilità IVA: quando un’attività secondaria non è più occasionale?

Il calcolo del pro-rata di detraibilità IVA rappresenta una delle questioni più delicate per professionisti e imprese che svolgono attività miste, ovvero sia operazioni imponibili che operazioni esenti da IVA. La regola generale prevede che l’IVA assolta sugli acquisti sia detraibile solo in parte, in proporzione al volume d’affari delle operazioni imponibili. Tuttavia, la normativa esclude da questo calcolo le operazioni esenti che hanno carattere accessorio o occasionale. Ma come si determina, in concreto, l’occasionalità? Con l’ordinanza n. 12468/2025, la Corte di Cassazione torna sul tema, delineando con precisione i confini dell’onere probatorio a carico del contribuente.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato ha origine dal ricorso di un professionista, la cui attività principale era la mediazione immobiliare, contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria aveva contestato la detrazione integrale dell’IVA, applicando il meccanismo del pro-rata di detraibilità. La ragione risiedeva nel fatto che il contribuente, oltre all’attività immobiliare, aveva svolto anche operazioni di intermediazione finanziaria, esenti da IVA.

Il professionista sosteneva che tale attività finanziaria fosse stata del tutto occasionale e accessoria rispetto a quella principale, e che quindi i relativi proventi non dovessero incidere sulla percentuale di detrazione. Dopo un complesso iter giudiziario, la questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sul pro-rata di detraibilità

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nell’affermazione del principio secondo cui l’onere di dimostrare la natura occasionale e accessoria di un’attività esente grava interamente sul contribuente. Una prova che, nel caso di specie, non è stata fornita in modo adeguato.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno basato la loro decisione su due pilastri fondamentali:

1. Mancanza di Prova del Collegamento Funzionale: Il contribuente non è riuscito a dimostrare che le operazioni di intermediazione finanziaria fossero funzionalmente collegate e accessorie a quelle di mediazione immobiliare. Per essere considerata “accessoria”, un’operazione non deve avere una generica utilità, ma deve formare un tutt’uno con l’operazione principale, completandola o rendendola possibile. Il professionista non ha provato, ad esempio, che i servizi finanziari fossero prestati agli stessi clienti delle compravendite immobiliari e nell’ambito della medesima operazione.

2. Il Peso del Volume d’Affari: L’argomento più schiacciante è stato quello quantitativo. L’attività di intermediazione finanziaria aveva generato un volume d’affari di quasi 41.000 euro, a fronte dei soli 5.149 euro derivanti dalla mediazione immobiliare. Secondo la Corte, un’attività che produce un fatturato otto volte superiore a quella dichiarata come principale non può in alcun modo essere definita “occasionale”. Questo dato oggettivo, non contestato dal contribuente, smentiva di per sé la tesi difensiva.

La Corte ha ribadito che la valutazione dell’occasionalità non può basarsi su mere previsioni statutarie o affermazioni di principio, ma deve essere accertata in concreto, analizzando parametri oggettivi come la regolarità e, soprattutto, l’incidenza economica dell’attività sul totale dei ricavi dell’impresa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito a tutti i contribuenti con regimi di attività misti. Per poter escludere i proventi di un’attività esente dal calcolo del pro-rata di detraibilità IVA, non è sufficiente affermarne l’occasionalità. È indispensabile poter provare, con documentazione certa e dati oggettivi, due condizioni: la natura strumentale e accessoria dell’attività rispetto a quella principale e la sua marginalità economica. Il volume d’affari si conferma come l’indicatore principe per questa valutazione. In assenza di una prova rigorosa, l’applicazione del pro-rata da parte del Fisco è da considerarsi pienamente legittima.

Chi deve provare che un’attività esente IVA è occasionale per evitare il pro-rata di detraibilità?
L’onere della prova grava interamente sul contribuente. Egli deve dimostrare con elementi concreti e oggettivi che l’attività esente è meramente occasionale e accessoria rispetto a quella principale.

Il volume d’affari è un elemento decisivo per qualificare un’attività come occasionale?
Sì, è un elemento fondamentale. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che un’attività esente che genera un volume d’affari otto volte superiore a quello dell’attività principale non può essere considerata occasionale.

Cosa si intende per attività “accessoria” a quella principale ai fini IVA?
Un’attività è considerata accessoria quando non ha un’autonoma rilevanza per il cliente, ma costituisce un tutt’uno con l’operazione principale, avendone la funzione di integrarla, completarla o renderla possibile. Una semplice utilità generica non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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