Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5644 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5644 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 553/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, quale titolare della ditta individuale «RAGIONE_SOCIALE», rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del controricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del PIEMONTE, n. 805/31/15, depositata in data 10 agosto 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Torino, con sentenza n. 1616/7/14 del 6 maggio 2014, aveva respinto il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno 2009, con il quale erano stati riscontrati costi non inerenti e iva non detraibile, costi non di competenza dell’anno in esame , la non corretta valutazione RAGIONE_SOCIALE esistenze iniziali e un recupero a tassazione non giustificato.
La RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale ha accolto parzialmente l’appello del contribuente, annullando l’avviso di accertamento con esclusione RAGIONE_SOCIALE contestazioni relative ai rilievi nn. 1 e 2 (costi di carburante per euro 3.037,50 e Iva per euro 607,50 non deducibili per incompletezza RAGIONE_SOCIALE schede carburante e costi non di competenza per euro 1.653,41).
3 . I giudici di secondo grado, in particolare, dopo avere rilevato il difetto di motivazione della sentenza di primo grado, hanno affermato che l’Ufficio aveva effettuato una verifica analitica molto approfondita, e il contribuente, sia nel corso della verifica, sia nei successivi contraddittori aveva fornito ampie e dettagliate spiegazioni sulla gestione dell’esercizio, fondate su documentazione giustificativa adeguata e che da tale verifica non emergevano i presupposti di inesattezza, incompletezza e falsità degli elementi presenti in dichiarazione moRAGIONE_SOCIALE Unico e nelle scritture contabili che consentivano la rideterminazione induttiva dei ricavi prevista dall’art. 39, comma 2,
del d.P.R. 600 del 1973; inoltre, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998, per i contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore che dichiaravano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell’applicazione degli studi di settore e avessero regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d. P.R. n. 600 del 1973, erano preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici e la determinazione sintetica del reddito complessivo era ammessa a condizione che il reddito accertabile eccedesse di almeno un terzo quello dichiarato, mentre, nel caso in esame, i ricavi dichiarati erano sostanzialmente congrui rispetto allo specifico studio di settore e, affinché fossero pienamente congrui, nella dichiarazione moRAGIONE_SOCIALE Unico, erano stati aumentati di euro 3.678, portando i ricavi da euro 237.588 a euro 241.266.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce il vizio di motivazione apparente; la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 61 e 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La motivazione della sentenza impugnata, laddove aveva affermato l’insussistenza dei presupposti di inesattezza, incompletezza e falsità degli elementi presenti in dichiarazione moRAGIONE_SOCIALE Unico e nelle scritture contabili che consentissero la rideterminazione induttiva dei ricavi prevista dall’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, era meramente apparente dal momento che era priva di qualsiasi
riferimento alla concreta fattispecie. Infatti, i giudici di secondo grado, dopo aver constatato l’elevato grado di approfondimento della verifica operata dai funzionari dell’Amministrazione, apoditticamente avevano affermato l’assenza di elementi «che consentono la rideterminazione induttiva» senza minimamente indicare a quali «elementi» facessero riferimento.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. NUMERO_DOCUMENTO).
1.3 Nel caso in esame, la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale, dopo avere constatato che i funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE, avevano effettuato una verifica analitica molto approfondita, e il contribuente, sia nel corso della verifica, sia nei successivi contraddittori aveva fornito ampie e dettagliate spiegazioni sulla gestione dell’esercizio, fondate su documentazione giustificativa adeguata, ha affermato che da tale verifica non emergevano i presupposti di inesattezza, incompletezza e falsità degli elementi presenti in dichiarazione moRAGIONE_SOCIALE Unico e nelle scritture contabili che consentivano la rideterminazione induttiva dei ricavi prevista dall’art. 39, comma 2, del d.P.R. 600 del 1973.
1.4 Ciò precisato, il giudice del gravame, nel caso in esame, ha tenuto conto RAGIONE_SOCIALE ragioni fondanti la pretesa nell’avviso di accertamento, prendendo in considerazione la fattispecie concreta, come prospettata nell’avviso di accertamento (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata), ai fini della qualificazione della natura induttiva dell’accertamento
compiuto; peraltro, nella motivazione della sentenza, come sopra diffusamente rilevato, è riportato il percorso logico seguito per addivenire alla conclusione che, nella fattispecie, l’accertamento eseguito dall’Ufficio aveva natura induttiva e ciò in ragione della espressa censura sollevata dai contribuenti nell’atto di appello (oltre che nel ricorso di primo grado), con la quale era stata espressamente dedotta l’illegittimità dell’accertamento induttivo operato ai sensi dell’art. 39, secondo comma, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973 (cfr. pagine 2 e 3 della sentenza impugnata); vi è, in sostanza, una motivazione in ordine alla verifica della mancanza della assoluta inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, tenuto conto degli specifici rilievi contestati nell’avviso di accertamento; la sentenza impugnata ha, dunque, motivato secondo il prudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALE concrete circostanze acquisite al processo e nell’esercizio del potere giurisdizionale tipicamente attribuito al giudice del merito, che, come già detto, non è suscettibile di valutazione in sede di legittimità.
2. Il secondo mezzo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. I giudici di secondo grado avevano ritenuto di annullare l’avviso di accertamento (nelle parti contestate dal contribuente), oltre che per la ritenuta assenza dei presupposti per la rideterminazione induttiva dei ricavi, anche per la supposta violazione dell’art. 10 della legge n. 146/1998, ritenendo che non fosse possibile nel caso di specie un accertamento di tipo induttivo, stante la congruità del contribuente con gli studi di settore (pag. 4 della sentenza di cui si chiede la cassazione). Tale motivazione aveva violato il divieto di ultrapetizione, in quanto il contribuente non aveva mai sollevato né nel ricorso introduttivo, né tanto meno nell’appello, l’obiezione secondo cui non poteva procedersi all’accertamento induttivo, stante la congruità con gli studi di settore, né aveva mai
dedotto l’assenza dei presupposti per procedere alla rideterminazione induttiva dei ricavi.
Il terzo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998, dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Nel caso di specie, l’Ufficio aveva accertato i componenti positivi ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d), del d.P.R. n. 600/1973 (accertamento c.d. induttivo puro) e non già ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, al quale invece rinviava la norma richiamata che i giudici di secondo grado avevano erroneamente ritenuto violata. In sede di verifica i funzionari avevano riscontrato dei fatti certi di evasione rappresentati dall’inesattezza della valorizzazione RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali, RAGIONE_SOCIALE esistenze iniziali e dell’omessa contabilizzazione dei ricavi e tali fatti avevano dimostrato l’inesattezza, incompletezza e falsità degli elementi presenti in dichiarazione MoRAGIONE_SOCIALE Unico e RAGIONE_SOCIALE scritture contabili medesime, risultando così pacifica l’applicabilità al caso di specie dell’accertamento induttivo di cui all’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973. Inoltre, l’applicabilità dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998 era, in ogni caso, esclusa, anche dal fatto che la norma si applicava unicamente nei confronti dei contribuenti che risultassero congrui rispetto alle risultanze degli studi di settore. Nel caso di specie, poi, l’Ufficio aveva rilevato ricavi pari ad euro 3 65.143,00 e dunque superiori del 40% all’ammontare dei ricavi dichiarati, ed inoltre, in valore assoluto, superiore a 50.000,00 euro. I giudici di secondo grado, dunque, avevano applicato falsamente l’art. 10 della legge n. 146 del 1998, senza esaminare i presupposti per la sua applicazione al caso di specie.
3.1 L’esame RAGIONE_SOCIALE esposte censure porta all’accoglimento del secondo motivo, con assorbimento del terzo motivo.
3.2 Ed invero, nel caso in esame, la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale ha accolto parzialmente l’appello del contribuente affermando che i ricavi dichiarati erano sostanzialmente congrui rispetto allo specifico studio di settore e, affinché fossero pienamente congrui, nella dichiarazione moRAGIONE_SOCIALE Unico euro stati aumentati di euro 3.678, portando i ricavi da euro 237.588 a euro 241.266, sicché non trovava applicazione l’art. 10 d ella legge n. 146 del 1998; i giudici di secondo grado, dunque, hanno sostanzialmente affermato che non vi erano i presupposti dettati dall’art. 10 d ella legge n. 146 del 1998, in presenza di ricavi dichiarati congrui rispetto allo specifico studio di settore. E, tuttavia, rileva, nella specie, un’eccezione in senso stretto, ovvero un’eccezione che la legge riserva espressamente al potere di rilevazione della parte o il cui fatto integratore corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile solo in base ad una manifestazione di volontà del titolare (cfr. Cass., Sez. U., 27 luglio 2005, n. 15661; Cass., Sez. U., 7 maggio 2013, n. 10531; Cass., Sez. U., 3 giugno 2015, n. 11377). I giudici di secondo grado, dunque, hanno fatto applicazione dell’art. 10 d ella legge n. 146 del 1998, ritenendo che non sussistessero i presupposti per la sua applicazione e che, di conseguenza, non fosse possibile un accertamento di tipo induttivo, stante la congruità del contribuente con gli studi di settore, nonostante tale eccezione non fosse stata mai sollevata dal ricorrente nel giudizio di primo grado.
3.3 Sussiste, pertanto il vizio lamentato, avendo questa Corte affermato che « il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo RAGIONE_SOCIALE parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione («petitum» e «causa petendi»), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o RAGIONE_SOCIALE richieste RAGIONE_SOCIALE parti»
(Cass., 3 luglio 2019, n. 17897) e che « il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge » (Cass., 5 agosto 2019, n. 20932).
4. Per le ragioni di cui sopra, va accolto il secondo motivo e va rigettato il primo, con assorbimento del terzo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo, con assorbimento del terzo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 16 gennaio 2024.