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Principio di competenza: quando tassare i contributi

Un’azienda editoriale ha ricevuto un contributo ministeriale. L’Agenzia Fiscale sosteneva che dovesse essere tassato nell’anno 2007, applicando il principio di competenza. La Corte di Cassazione ha dato ragione all’azienda, chiarendo che un contributo va tassato solo nell’anno in cui il diritto a percepirlo diventa ‘certo’. In questo caso, la certezza si è manifestata nel 2008 con il provvedimento di liquidazione, quindi l’azienda ha agito correttamente non includendolo nel reddito del 2007.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Principio di competenza e contributi: la Cassazione fa chiarezza sulla certezza del diritto

La corretta determinazione del reddito d’impresa si fonda su regole precise, tra cui spicca il principio di competenza. Questo criterio stabilisce che i componenti positivi e negativi di reddito devono essere imputati all’esercizio in cui maturano, a prescindere dalla loro manifestazione finanziaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su come applicare questo principio ai contributi pubblici, in particolare quando il diritto a percepirli può considerarsi ‘certo’ ai fini fiscali.

Il Caso: Un Contributo Ministeriale Conteso

Una società operante nel settore editoriale era stata destinataria di un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia Fiscale per l’anno d’imposta 2007. L’oggetto della contestazione era l’omessa contabilizzazione di un contributo ministeriale. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, l’azienda avrebbe dovuto iscrivere tale contributo tra i ricavi di quell’anno, in ossequio al principio di competenza.

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società contribuente. L’Agenzia Fiscale, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo la violazione delle norme sulla determinazione del reddito d’impresa (artt. 109 e 85 del TUIR).

L’Applicazione del principio di competenza secondo la Corte

Il fulcro della questione legale ruotava attorno a un concetto fondamentale: quando sorge, con certezza, il diritto a percepire un contributo? La ‘certezza’ è il requisito essenziale affinché un ricavo possa essere imputato a un determinato esercizio fiscale secondo il principio di competenza. Non basta una mera aspettativa o la semplice esistenza di una legge che preveda il contributo; è necessario un atto formale che renda il diritto soggettivo dell’impresa definito e liquido.

La Suprema Corte ha ribadito che i contributi in conto esercizio, pur essendo tassati secondo il principio di competenza, devono essere iscritti in bilancio solo quando l’impresa acquisisce una situazione giuridica di diritto soggettivo. Questo momento si concretizza con un provvedimento amministrativo che definisce la prestazione patrimoniale in modo chiaro.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia Fiscale, ritenendolo infondato. I giudici hanno analizzato la cronologia degli eventi, evidenziando che il provvedimento di liquidazione del contributo era datato 16 settembre 2008. Anche il provvedimento ministeriale di stanziamento dei fondi, che poteva rappresentare un primo passo verso la ‘ragionevole certezza’, era intervenuto nel settembre 2008.

Entrambi gli atti erano successivi alla data di approvazione del bilancio della società per l’esercizio 2007. Di conseguenza, alla chiusura di quell’esercizio, l’azienda non aveva ancora la certezza giuridica di aver diritto a incassare quella somma. Il diritto è sorto con il provvedimento di liquidazione del 2008. Pertanto, la condotta della società, che non ha iscritto il contributo nel bilancio 2007, è stata ritenuta fiscalmente corretta. La Corte ha concluso che il motivo di ricorso era infondato e non poteva essere accolto, condannando l’Agenzia Fiscale al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio cardine per la redazione dei bilanci e la determinazione del reddito imponibile. Per la tassazione dei contributi in conto esercizio secondo il principio di competenza, non è sufficiente l’astratta previsione di un aiuto economico. È indispensabile che il diritto a percepirlo sia divenuto certo e determinato nel suo ammontare entro la chiusura dell’esercizio. La certezza si acquisisce con la notifica o la pubblicazione del provvedimento concessivo definitivo, come un decreto di liquidazione. Le imprese devono quindi prestare massima attenzione alla datazione degli atti amministrativi per evitare contestazioni fiscali, potendo fare affidamento su questo solido orientamento giurisprudenziale.

Quando un contributo in conto esercizio diventa tassabile per un’impresa?
Un contributo in conto esercizio diventa tassabile e deve essere iscritto in bilancio nell’esercizio in cui sorge con certezza il diritto a percepirlo, indipendentemente dalla data dell’effettivo incasso.

Cosa si intende per ‘certezza’ del diritto a percepire un contributo ai fini fiscali?
Per ‘certezza’ si intende il momento in cui la situazione giuridica dell’impresa si trasforma da una mera aspettativa a un vero e proprio diritto soggettivo. Questo avviene, di norma, con la notificazione o pubblicazione del provvedimento amministrativo concessivo o di liquidazione che definisce e quantifica la somma spettante.

Il provvedimento di stanziamento dei fondi da parte di un Ministero è sufficiente a rendere certo il diritto al contributo?
No. Secondo la Corte, anche il provvedimento di stanziamento dei fondi, pur essendo un passo importante, non è di per sé sufficiente a generare la ‘ragionevole certezza’ richiesta per l’iscrizione a bilancio, se successivo all’approvazione del bilancio stesso e se non seguito da un atto formale di liquidazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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