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Principio di competenza: quando tassare i contributi?

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul corretto momento di imputazione fiscale di un contributo ministeriale, applicando il principio di competenza. L’Amministrazione Finanziaria contestava a una società editoriale la mancata contabilizzazione di un contributo nell’anno 2007. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che i ricavi vanno iscritti nell’esercizio in cui sorge con certezza il diritto a percepirli. In questo caso, la certezza è sorta con l’atto di liquidazione del 2008, successivo all’approvazione del bilancio del 2007, rendendo corretta l’operato della società.

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Pubblicato il 29 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Principio di competenza e contributi: la Cassazione fa chiarezza

Il principio di competenza è uno dei cardini del diritto tributario e della contabilità aziendale. Stabilire il corretto anno fiscale in cui imputare un ricavo o un costo è fondamentale per una corretta determinazione del reddito d’impresa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su come applicare questo principio ai contributi in conto esercizio, in particolare quando il diritto a percepirli si consolida in un momento successivo all’anno di riferimento.

I fatti del caso: un contributo ministeriale contestato

Una società operante nel settore dell’editoria e delle telecomunicazioni era stata oggetto di una verifica fiscale che aveva portato a un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007. L’Amministrazione Finanziaria contestava alla società la mancata contabilizzazione, in quell’anno, di un contributo ministeriale destinato a sostenere la sua attività radiotelevisiva.

La società si era difesa sostenendo di aver iscritto il contributo in un anno successivo, in quanto solo allora il suo diritto a percepirlo era divenuto certo e liquido. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione all’azienda contribuente. L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione del principio di competenza fiscale.

L’applicazione del principio di competenza secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha esaminato il motivo del ricorso e lo ha ritenuto infondato, confermando la decisione della Commissione Tributaria Regionale. Il fulcro della questione, secondo i giudici, non è l’anno in cui il contributo è stato stanziato, ma l’anno in cui è sorto con certezza il diritto a percepirlo.

La Corte richiama l’articolo 109 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (d.P.R. 917/1986), che stabilisce che i ricavi e le altre componenti positive si considerano di competenza dell’esercizio in cui il diritto alla loro percezione è diventato certo nell’esistenza e determinabile nell’ammontare. Nel caso di specie, anche se il provvedimento di stanziamento ministeriale era del 31 luglio 2007, tale atto non era sufficiente a rendere il diritto certo.

La certezza del diritto come criterio guida per il principio di competenza

La decisione della Corte si basa sulla distinzione tra la mera aspettativa e un diritto soggettivo consolidato. Un decreto di “concessione provvisoria” o uno stanziamento di fondi non bastano a far sorgere un ricavo tassabile. È necessario un atto successivo che renda il diritto non solo certo nella sua esistenza ma anche liquido, ovvero determinato nel suo importo.

Nel caso analizzato, l’atto che ha conferito tale certezza è stato il provvedimento di liquidazione del 16 settembre 2008. Poiché tale data era successiva all’approvazione del bilancio relativo all’anno 2007, la società ha correttamente imputato il contributo all’esercizio successivo, senza violare il principio di competenza.

Le motivazioni della decisione

I giudici di legittimità hanno spiegato che i contributi in conto esercizio, pur essendo tassati secondo il principio di cassa in alcune circostanze (come le sopravvenienze attive ai sensi dell’art. 88 TUIR), rilevano civilisticamente e fiscalmente nell’esercizio di competenza. Tale competenza si realizza quando il diritto a percepirli è sorto con certezza. Questa certezza si manifesta con la notificazione del provvedimento concessivo (se recettizio), con la sua pubblicazione (se non recettizio) o, come in questo caso, con l’atto di liquidazione che ne definisce l’esatto ammontare. L’eventuale possibilità di revoca del contributo da parte dell’amministrazione non incide sulla certezza iniziale del diritto, ma potrebbe al più generare una sopravvenienza passiva in un esercizio futuro.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale per le imprese che ricevono finanziamenti pubblici: la tassazione di un contributo non è legata al momento della promessa o dello stanziamento, ma al momento in cui l’azienda acquisisce un diritto soggettivo certo e quantificabile alla sua percezione. La Corte ha quindi rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria e l’ha condannata al pagamento delle spese processuali, fornendo un’interpretazione chiara e coerente del principio di competenza fiscale che offre maggiore certezza giuridica alle imprese.

Quando un contributo in conto esercizio diventa tassabile per un’impresa?
Un contributo in conto esercizio diventa tassabile e deve essere contabilizzato nell’esercizio in cui sorge con certezza il diritto a percepirlo e il suo ammontare è oggettivamente determinabile, secondo il principio di competenza.

Lo stanziamento dei fondi da parte di un Ministero è sufficiente per rendere un contributo tassabile?
No, secondo la sentenza, il mero provvedimento di stanziamento non è sufficiente a rendere il diritto certo. È necessario un atto successivo, come il provvedimento di liquidazione, che definisca in modo certo e liquido il diritto dell’impresa.

Cosa succede se un contributo viene concesso in via provvisoria?
Anche in caso di concessione provvisoria, i contributi sono considerati sopravvenienze attive e devono essere iscritti in bilancio quando la situazione giuridica che ne deriva è di diritto soggettivo, ovvero quando la prestazione patrimoniale è definita e liquidata, a prescindere dalla possibilità che l’amministrazione possa revocarla in futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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