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Principio di competenza: quando registrare i ricavi?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14262/2025, ha chiarito l’applicazione del principio di competenza fiscale. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato a una società la mancata imputazione di alcuni ricavi all’anno fiscale 2001, ritenendo che andassero contabilizzati in quell’esercizio anziché nel successivo. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che i ricavi e i costi la cui esistenza o ammontare non sono oggettivamente determinabili al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi possono essere legittimamente imputati all’esercizio successivo. La decisione sottolinea che uno spostamento meramente formale, che non sottrae materia imponibile al fisco, non viola il principio di competenza.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Principio di competenza e reddito d’impresa: la Cassazione fa chiarezza

Il principio di competenza è uno dei pilastri fondamentali nella determinazione del reddito d’impresa. Stabilisce il corretto anno fiscale in cui imputare costi e ricavi, ma la sua applicazione pratica può generare dubbi e contenziosi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione cruciale, specificando i limiti entro cui un ricavo può essere legittimamente rinviato all’esercizio successivo. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società operante nella distribuzione si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria contestava la violazione del principio di competenza fiscale, sostenendo che alcuni componenti positivi di reddito (come premi, sconti e resi) relativi all’anno 2001 erano stati erroneamente imputati dalla società all’esercizio 2002.

Il caso è approdato prima alla Commissione Tributaria Provinciale, che aveva parzialmente annullato l’atto impositivo limitatamente alle sanzioni, e poi alla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima, accogliendo l’appello della società, aveva annullato integralmente l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte e l’Applicazione del Principio di Competenza

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione dei giudici di secondo grado. Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’allora vigente art. 75 del TUIR (oggi art. 109), che disciplina appunto il principio di competenza.

Secondo la difesa erariale, i requisiti di ‘certezza’ e ‘obiettiva determinabilità’ dei ricavi dovevano sussistere entro la fine dell’esercizio di competenza (nel caso specifico, il 31 dicembre 2001), anche se la loro quantificazione precisa fosse avvenuta solo l’anno seguente. La Corte, tuttavia, ha sposato un’interpretazione più flessibile e pragmatica, allineata alla finalità della norma.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che il principio di competenza mira a bilanciare la necessità di una corretta imputazione temporale dei componenti di reddito con l’esigenza di non imporre al contribuente oneri eccessivamente gravosi. La regola, pertanto, deve essere interpretata nel senso che l’obbligo di contabilizzare ricavi e costi in un determinato esercizio si arresta di fronte a quelle componenti che non sono ancora note al momento della redazione e presentazione della dichiarazione dei redditi.

Se gli elementi necessari per quantificare un ricavo in modo certo e obiettivo non sono disponibili entro tale momento, è legittimo imputare quel ricavo all’esercizio successivo, quando tali elementi diventeranno noti. La Corte ha inoltre richiamato un suo precedente (Cass. n. 2892/2002), secondo cui uno scostamento puramente formale, che non comporta una sottrazione di materia imponibile al fisco ma solo un suo differimento, non costituisce una violazione del principio di competenza.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante criterio guida per le imprese. Viene stabilito che la ‘certezza’ e l’ ‘obiettiva determinabilità’ di un componente di reddito devono essere valutate in un’ottica pratica, tenendo conto delle informazioni effettivamente disponibili al momento della chiusura del bilancio e della preparazione della dichiarazione fiscale. Le aziende possono quindi, con maggiore serenità, posticipare la contabilizzazione di ricavi la cui quantificazione non è ancora oggettivamente possibile, senza temere contestazioni basate su un’interpretazione eccessivamente rigida del principio di competenza.

Quando un ricavo può essere imputato all’esercizio successivo secondo il principio di competenza?
Un ricavo può essere imputato all’esercizio successivo quando la sua esistenza o il suo ammontare non sono determinabili in modo oggettivo al momento della redazione e presentazione della dichiarazione dei redditi.

Spostare un ricavo all’anno successivo costituisce sempre una violazione fiscale?
No. Secondo la Corte, uno scostamento puramente formale che non comporta una sottrazione di materia imponibile (cioè l’imposta viene comunque pagata, solo nell’esercizio successivo) non costituisce una violazione del principio di competenza.

Qual è lo scopo della regola sul principio di competenza secondo la Corte?
Lo scopo è contemperare la necessità di computare tutte le componenti dell’esercizio di competenza con l’esigenza di non addossare al contribuente un onere troppo difficile da rispettare, specialmente quando alcuni dati non sono ancora noti al momento della determinazione del reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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