Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3160 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3160  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO per procura a margine del ricorso;
–  ricorrente
–
Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato;
  controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata n. 464/3/14, depositata il 9 settembre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
 L’RAGIONE_SOCIALE  notificava  avviso  conseguente  all’accertamento  di maggior reddito per l’anno 2003, recuperando a tassazione interessi  passivi  dallo  stesso  dedotti  con  minore  imposta  per  € 31.810,00 per un acquisto immobiliare in realtà avvenuto nel 2004. Il contribuente proponeva così ricorso che la CTP respingeva. Adìta la CTR in sede d’appello, la stessa respingeva il gravame proposto
Deduzione interessi
dal contribuente. Ricorre quindi in cassazione quest’ultimo con due motivi. L’RAGIONE_SOCIALE resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.  109  e  110,  TUIR,  osservandosi  che  erroneamente  la  CTR aveva  ritenuto,  così  avallando  tanto  la  sentenza  di  primo  grado come l’atto impositivo, che gli interessi andavano dedotti nel 2004.
Invero  a  parere  del  contribuente  essendo  incontestato  che  egli aveva versato nel 2003 interessi passivi per € 472 mila, sarebbe indifferente se il contratto fosse stato stipulato prima o dopo il loro versamento,  dal  momento  che  si  tratta  di  oneri  che  afferiscono all’impresa e dunque non possono essere riferiti ad una particolare gestione aziendale o ritenuti accessori di un particolare costo, come affermato da questa Corte nella sent.  n. 21467/2014.
Dunque, dimostrata l’inerenza anche a mezzo delle relative fatture, il costo andava riconosciuto.
2 .Il motivo è inammissibile. Invero esso è incentrato sull’inerenza del costo derivante da interessi passivi, così come il precedente di questa Corte sopra riportato e richiamato a fondamento dell’assunto  errore  della  CTR.  Viceversa,  la  questione  non  attiene all’inerenza,  cioè  alla  riferibilità  del  costo  alla  gestione  aziendale, bensì all’esercizio rispetto al quale il costo dev’essere imputato, se il 2003 piuttosto che il 2004.
In altri  termini il richiamo del precedente (cui da ultimo si allinea Cass.  4  maggio  2023,  n.  11642)  afferisce  alla  non  necessità  di indagine  circa  la  riferibilità  del  costo  per  interessi  passivi  alla gestione aziendale, ma non deroga affatto al principio di competenza  d’imputazione degli stessi, come  stabilito in via generale  e  non  derogato  dalla  disciplina  sulla  deduzione  degli interessi stessi recata dall’art. 96, TUIR.
Nella  specie  l’amministrazione  finanziaria  non  ha  affatto  posto  in discussione  con  il  suo  atto  impositivo  impugnato  l’inerenza,  ma
appunto (senza disconoscere la prima) la (mera) competenza, per cui in tali termini il ricorso appare del tutto fuori centro rispetto alla ratio che  sorregge  la  sentenza  impugnata  così  come  appunto  lo stesso  provvedimento  impositivo  laddove  infatti  si  stabilisce  che ‘gli  interessi  in  questione  erano  di  competenza  dell’anno  2004’, quindi inerenti ma relativi alla competenza di un altro esercizio.
In definitiva il motivo non si confronta con la ratio della decisione, il suo contenuto e la stessa portata del provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE, ma attiene a una questione tutt’affatto estranea alla fattispecie.
Le spese seguono la soccombenza del ricorrente.
Sussistono  i  presupposti  processuali  per  dichiarare  l’obbligo  di versare,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1quater ,  del  d.P.R.  30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto  dall’art.  1,  comma  17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente  al  pagamento  delle  spese  che  liquida  per  il  giudizio  di legittimità in € 4.100,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono  i  presupposti  processuali  per  dichiarare  l’obbligo  di versare  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023