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Principio di competenza: la Cassazione sui canoni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33303/2024, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una società. La Corte ha stabilito che, per la determinazione del reddito d’impresa (IRES e IRAP), vige il principio di competenza economica, secondo cui i canoni di locazione concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui maturano, a prescindere dall’effettivo incasso. Questo si differenzia dal criterio di cassa valido per l’IVA. Inoltre, ha ribadito che l’emissione di note di accredito è legittima solo nelle specifiche ipotesi previste dalla legge.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Principio di competenza vs cassa: la Cassazione fa chiarezza su IRES, IRAP e IVA

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 33303/2024 offre un’importante lezione sulla netta distinzione tra i criteri di tassazione ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA. Il caso analizzato riguarda la corretta applicazione del principio di competenza per i canoni di locazione, un tema cruciale per la determinazione del reddito d’impresa. La Suprema Corte ha chiarito che le regole valide per l’IVA non possono essere estese automaticamente a IRES e IRAP, che seguono logiche fiscali differenti e ben definite dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

I fatti di causa

Una società s.r.l. riceveva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per l’anno 2009, con cui venivano contestate maggiori imposte dovute a titolo di IRES, IRAP e IVA. Il contenzioso nasceva dalla discrepanza tra i canoni di locazione previsti contrattualmente e quelli effettivamente fatturati e dichiarati dalla società. La contribuente aveva ridotto l’importo dei canoni a causa di difficoltà economiche, supportando tale riduzione con l’emissione di note di credito.
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società. In particolare, la Commissione Regionale (CTR) aveva ritenuto corretto il comportamento della contribuente, basando la propria decisione sul principio secondo cui, per le prestazioni di servizi, l’operazione si considera effettuata ai fini IVA al momento del pagamento del corrispettivo. Poiché l’importo pagato corrispondeva a quello fatturato, la CTR non aveva ravvisato alcuna irregolarità.

I motivi del ricorso e il principio di competenza

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due motivi principali.
In primo luogo, ha lamentato la violazione dell’art. 109 del TUIR. L’Agenzia ha sostenuto che la CTR avesse erroneamente applicato il criterio di cassa, tipico dell’IVA per le prestazioni di servizi, alla determinazione del reddito d’impresa (IRES e IRAP). Per queste imposte, invece, vige il principio di competenza economica. Secondo tale principio, i ricavi derivanti da contratti di durata, come la locazione, devono essere imputati all’esercizio in cui maturano, indipendentemente dalla data dell’effettivo incasso. Pertanto, la società avrebbe dovuto dichiarare i ricavi per l’importo contrattualmente pattuito per il 2009, anche se non interamente riscossi.
In secondo luogo, l’Agenzia ha contestato la violazione dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972, sostenendo che la CTR avesse ritenuto legittime le note di accredito senza verificare la sussistenza delle condizioni tassative previste dalla legge per la loro emissione (come nullità, annullamento, revoca o risoluzione del contratto).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondati entrambi i motivi del ricorso.
Sul primo punto, ha confermato che la CTR ha commesso un errore di diritto nel confondere i criteri di tassazione. Per IRES e IRAP, l’art. 109 del TUIR è inequivocabile: i ricavi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza. Per i canoni di locazione, la competenza matura pro rata temporis, ovvero in base al decorso del tempo, a prescindere dal fatto che il canone sia stato pagato, pagato in misura ridotta o non pagato affatto. La Corte ha ribadito che i canoni non riscossi possono, al più, essere dedotti come perdite su crediti, ma solo al verificarsi di determinate condizioni, e non semplicemente esclusi dal reddito imponibile.
Sul secondo motivo, la Corte ha specificato che l’emissione di una nota di accredito per variare l’imponibile IVA è consentita solo nelle ipotesi tipizzate dall’art. 26 del D.P.R. 633/1972. Un semplice accordo tra le parti per la riduzione del canone non rientra automaticamente tra queste cause. La CTR, quindi, avrebbe dovuto verificare se la modifica contrattuale potesse essere inquadrata in una delle fattispecie legali che legittimano la variazione in diminuzione dell’imponibile, cosa che non ha fatto, limitandosi a prendere atto dell’emissione dei documenti.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale della fiscalità d’impresa: la netta separazione tra le regole di determinazione del reddito e quelle relative all’Imposta sul Valore Aggiunto. Per le imprese, la lezione è chiara: i ricavi da contratti di locazione devono essere imputati a bilancio e dichiarati secondo il principio di competenza, mentre eventuali canoni non riscossi devono essere gestiti secondo le specifiche norme sulle perdite su crediti. Allo stesso modo, l’utilizzo delle note di accredito deve avvenire nel rigoroso rispetto delle condizioni previste dalla normativa IVA.

Secondo quale principio si tassano i canoni di locazione ai fini IRES e IRAP?
I canoni di locazione, ai fini delle imposte sui redditi come IRES e IRAP, si tassano secondo il principio di competenza economica. Ciò significa che concorrono a formare il reddito imponibile nell’esercizio in cui maturano, indipendentemente dal fatto che siano stati effettivamente incassati.

È sufficiente un accordo tra le parti per ridurre un canone per poter emettere una nota di accredito IVA?
No. La Corte ha chiarito che l’emissione di una nota di accredito per ridurre l’imponibile IVA è possibile solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 26 del D.P.R. 633/1972, come la risoluzione, la revoca o l’annullamento del contratto. Un semplice accordo di riduzione non è di per sé sufficiente.

Il criterio di cassa valido per l’IVA nelle prestazioni di servizi si applica anche alle imposte sui redditi?
No. La sentenza ribadisce che il criterio di cassa (rilevanza del pagamento), valido per l’IVA su alcune operazioni, non si applica alla determinazione del reddito d’impresa (IRES, IRAP), che è invece governata dal principio di competenza economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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