Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33303 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33303 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6466/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 3175/2017 depositata il 14/07/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 3175/2017 depositata in data 14/07/2017, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 2437/2016, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva accolto, in parte, il ricorso proposto dal contribuente contro l’avviso di accertamento con il quale era stata contestata la debenza delle maggiori imposte a titolo di IVA, IRES e IRAP per l’anno 2009.
La CTR ha ritenuto che , ai sensi dell’art. 3 d.P.R. 26/10/1972, n. 633, le prestazioni di servizi, soggette a IVA solo se rese verso corrispettivo, si considerano effettuate all’atto del relativo pagamento. Prima di tale momento non esiste nessun obbligo, ma solo la facoltà di emettere fattura o di pagare l’imposta. Ha, quind i, richiamato la giurisprudenza secondo la quale, ai fini della determinazione del periodo d’imposta cui riferire il versamento dell’acconto sul corrispettivo di un contratto prelimi nare di compravendita immobiliare, assume rilievo il momento del versamento della somma con emissione della relativa fattura, che costituisce operazione imponibile ex art. 6, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1973 (come modificato dal d.P.R. 30/12/1981, n. 793), secondo il quale, in tale ipotesi, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato. Nella specie è corretto quanto statuito dal giudice di primo grado, secondo il quale, dalle risultanze della contabilità allegata agli atti, risultava che, quanto
pagato dalla società, corrispondeva esattamente a quanto fatturato dalla contribuente. Difatti, dalle note di credito allegate e dai bilanci depositati presso il registro delle imprese dalla appellata e dalle due società locatrici vi era corrispondenza tra i ricavi delle vendite e delle prestazioni dichiarate per l’anno 2009 da RAGIONE_SOCIALE e i costi per il godimento di terzi dichiarati dalle società conduttrice (al netto, per RAGIONE_SOCIALE, delle rate di ulteriori locazioni finanziarie) nei relativi bilanci.
La riduzione, per l’anno 2009, del canone inizialmente concordato è confermata dalla rimodulazione, al ribasso, dei canoni previsti per l’anno 2010 e dalle difficoltà economiche sofferte dalla contribuente nel medesimo periodo, comprovate anche dalla sospensione delle rate del contratto di leasing. La correttezza del comportamento della contribuente trova conferma, anche ai sensi dell’art. 2729 c.c., nel fatto che quest’ultima, nel 2008, in assenza di problemi economici, aveva emesso due fatture di vendita per importi conformi a quelli stabiliti nel contratto di locazione.
2.1. La CTR ha, infine, rilevato l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalla parte vittoriosa in primo grado.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La parte intimata non si è costituita.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata contestata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 t.u.i.r. e dell’art. 6, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La ricorrente ha premesso che sono pacifiche le circostanze relative alla stipulazione dei contratti di locazione con RAGIONE_SOCIALE (il primo dei quali, in data 24/10/2008, con decorrenza dal 01/11/2008, per un corrispettivo annuo di Euro 600.000 e il
secondo, in data 24/12/2009, con decorrenza dal 01/01/2010 per un importo pari a Euro 240.000) e RAGIONE_SOCIALE (il primo, in data 27/10/2008, con decorrenza dal 01/11/2008, per il corrispettivo di Euro 90.000 e il secondo, in data 27/12/2009, per il minor corrispettivo di Euro 60.000). Ha quindi contestato che la sentenza impugnata, abbia fatto riferimento all’art. 6 d.P.R. n. 633 del 1972, norma che concerne, tuttavia, solamente l’IVA. Diversamente, il principio che regola la determinazione del reddito d’impresa è quello della competenza economica, alla luce di quanto previsto dall’art. 109 t.u.i.r.
Per i contratti di durata, quindi, i compensi si considerano conseguiti e le spese di considerano sostenute alla data in cui maturano i corrispettivi (regola del cd. pro rata temporis ). L’imputazione all’esercizio di competenza deve, quindi, far riferimento alle quote di costi o di ricavi in corso di maturazione alla chiusura dell’esercizio, a nulla rilevando l’aspetto finanziario. Ha quindi richiamato l’art. 2424 bis c.c. in materia di ratei e risconti, secondo il quale in tale voce devono essere iscritti i costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell’esercizio, ma di competenza di esercizi successivi. Anche secondo l’art. 2423 bis c.c., ai fini della redazione del bilancio, occorre tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento. A tal fine i ricavi sono conseguiti al momento della cessione dei beni o della prestazione dei servizi oggetto del processo produttivo. La sentenza impugnata erra, quindi, nell’equiparare la tassazione del regime dei redditi rispetto a quello dell’IVA. Anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la CTR avrebbe dovuto tener conto, quanto meno ai fini IRES e IVA, della sottofatturazione nei confronti d i tali società, dal momento che il volume d’affari
dichiarato non corrispondeva all’importo delle fatture. Ai fini delle imposte dirette, infatti, la dichiarazione dei ricavi (per Euro 336.726) non è conforme ai contratti di locazione del 24/10/2008 che prevedevano un canone di locazione pari a Euro 600.000.
1.2. La decisione si rivela errata, anche per la determinazione del volume d’affari a fini IVA. Sul punto la parte rileva (pag. 10 del ricorso) che: « la contribuente, nel caso in cui il corrispettivo per la locazione fosse stato effettivamente diverso (e minore) rispetto a quello pattuito, così come dedotto nel ricorso introduttivo, come anche nell’ipotesi in cui il pagamento fosse stato del tutto omesso, ben avrebbe potuto, alla luce del sopra citato insegnamento di Cass. civ. n. 21621/2015, fatturare la minor somma effettivamente percepita ovvero non emettere affatto la fattura. Più correttamente, in questo caso, la contribuente avrebbe dovuto, invece, dedurre i canoni maturati per competenza e non riscossi come perdite su crediti.»
1.3. Il motivo di ricorso è fondato: in base all’art. 109, comma 1, t.u.i.r. i ricavi concorrono a formare il reddito per l’esercizio di competenza e quest’ultimo, ai sensi del comma 2, lett. b) , della norma appena richiamata, in caso di corrispettivi per canoni di locazione, deve essere individuato con riferimento alla data di maturazione dei corrispettivi. Deve essere, quindi, data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale, in tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi conseguiti, ai sensi dell’art. 109, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986, alla data di maturazione dei medesimi, in quanto, fino all’eventuale risoluzione del contratto, non possono essere qualificati componenti positivi dei quali non sia certa l’esistenza o la determinazione dell’ammontare, a prescindere dalla concreta corresponsione (Cass., 11/05/2018, n. 11556).
1.4. Nel caso di specie risulta che l’avviso di accertamento fosse stato emesso non solo per le riprese a titolo di IVA, ma anche di IRES e IRAP. Il giudice di secondo grado ha, tuttavia, fatto riferimento all’art. 6 d.P.R. n. 633 del 1972, incentrando, co nseguentemente, le sue valutazioni solamente in relazione al criterio che regola il pagamento dell’IVA, senza tener conto del principio di competenza che regola, invece, le imposte sui redditi ex art. 109 t.u.i.r.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La sentenza impugnata ha richiamato le note di accredito prodotte dalla società, ritenendole rilevanti ai fini della decisione. Tali note – contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR -non possono essere ritenute rilevanti, poiché non rispettano quanto previsto dall’art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972. In base a tale norma è possibile portare in detrazione l’imposta, ex art. 19 d.P.R. n. 633 del 1 972, nell’ipotesi in cui un’operazione , successivamente alla registrazione della fattura, venga meno in tutto o in parte o ne sia ridotto l’ammontare imponibile, a causa della dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione o simili o per mancato pagamento, in tutto o in parte, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive. La parte ricorrente rileva che, considerato l’intervallo temporale esistente tra i contratti, stipulati nell’ottobre 2008 e nel dicembre 2009, le asserite modifiche contrattuali non potevano legittimamente giustificare la valida emissione delle note di accredito.
2.2. Il motivo di ricorso è fondato, perché la CTR ha omesso di valutare che l’ emissione della nota di accredito rientrasse tra le ipotesi previste nell’art. 26 d.p.r. n. 633 del 1972. Come rilevato nel motivo di ricorso, la sentenza impugnata ha ritenuto che: « A
ulteriore conferma della correttezza del comportamento tenuto dalla contribuente va rilevato, anche ai sensi dell’art. 2729 C.C. che la stessa, per il 2008, in assenza, evidentemente, di problematiche economiche, emetteva due fatture di vendita per importi conformi a quelli stabiliti nei contratti di locazione.» .
2.3. Tale argomentazione non si confronta, tuttavia, con quanto previsto nell’ art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972, che disciplina le ipotesi in cui successivamente all’emissione e alla registrazione della fattura venga meno in tutto o in parte l’ammontare imponibile.
In particolare, la sentenza impugnata non tiene conto delle ipotesi tipizzate nell’art. 26, comma 2 e 3-bis d.P.R. n. 633 del 1972 che determinano il venir meno dell’operazione per la quale sia stata emessa la fattura, successivamente alla registrazione ex artt. 23 e 24 d.P.R. n. 633 del 1972, basandosi sul mero riscontro dell’avvenuta emissione della nota di credito, senza alcuna verifica in ordine all’effettiva sussistenza dei requisiti sostanziali per la sua emissione.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è fondato e deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12/12/2024.