Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19086 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 19086 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21547/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in CATANIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA – SEZ.DIST. CATANIA n. 2144/2020 depositata il 22/04/2020. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi per le parti l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME e l’Avv.
NOME COGNOME per la parte privata.
FATTI DI CAUSA
La contribuente soc. RAGIONE_SOCIALE opera nell’ambito dell’editoria delle telecomunicazioni ed era destinataria di verifica fiscale da parte della Guardia di Finanza sugli anni di imposta 2006-2010, donde -per quanto interessa questa sede- attinta da avviso di accertamento sull’anno di imposta 2010 per omessa contabilizzazione di contributo ministeriale, iscritto in anno successivo, nonché indebita detrazione di Iva per costi ritenuti non inerenti, relativi a pubblicità e promozione, nonché ad assistenza tecnica.
Pur con diverse sfumature, i gradi di merito erano sostanzialmente favorevoli alla parte contribuente, donde ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a quattro mezzi, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso che, in prossimità dell’udienza, ha depositato altresì memoria ad illustrazione delle proprie ragioni, con costituzione di nuovo difensore.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Vengono proposti quattro mezzi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione degli articoli 36 del decreto legislativo numero 546 del 1992 e 132, secondo comma, numero 4,
del codice di procedura civile, nonché dell’articolo 112 del medesimo codice di procedura civile.
Nella sostanza si lamenta motivazione apparente, per concretarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio a decidendi della sentenza in scrutinio.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 del DPR numero 917 del 1986, dell’articolo 45, terzo comma, della legge numero 448 del 1998.
Nello specifico si contesta che sia stato violato il principio contabile di competenza per l’iscrizione dei contributi in conto esercizio, laddove la società contribuente non hai scritto nell’anno di competenza i contributi assegnati dal Ministero per la sua attività radiotelevisiva.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione degli articoli 19 e 19 bis del DPR numero 633 del 1972 e dell’articolo 109 DPR numero 917 del 1986, nonché dell’articolo 2697 del codice civile.
Nel concreto si contesta la sentenza in scrutinio per aver consentito la detrazione dell’Iva, in assenza del requisito di inerenza per spese di pubblicità e di assistenza tecnica ritenute estranee all’attività della società contribuente appunto.
1.4. Con il quarto ed ultimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 324 del medesimo codice di rito, nonché dell’articolo 124 delle relative disposizioni di attuazione, nonché degli articoli 53 e 54 del decreto legislativo numero 546 del 1992.
In altre parole, viene contestato l’assunto della sentenza in scrutinio laddove conferma l’annullamento della ripresa a
tassazione a fini iva, ritenendo appurato e non contestato dall’ufficio che analoga ripresa a tassazione, per l’anno 2009, fosse stata annullata con sentenza passata in giudicato. A tale proposito, il Patrono erariale evidenzia di avere impugnato tutti i capi di sentenza e di averne chiesto la riunione.
Si può prescindere dalle eccezioni l’inammissibilità per genericità dei motivi sollevate dal difensore della parte privata, poiché tutti i motivi di ricorso sono chiaramente enucleati e ben intelligibili
Con il primo motivo si prospetta censura per motivazione apparente, laddove il concretarsi delle argomentazioni contenute nella sentenza non consente di ricavarne la ratio decidendi.
3.1. Il motivo è infondato.
Ed infatti, deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
Sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019).
3.2. Tale non è il caso in esame, laddove il collegio di secondo grado argomenta in ordine il principio di competenza per l’iscrizione a bilancio dei contributi e della conseguente esposizione in dichiarazione dei redditi, facendo richiamo a corretti principi sanciti da questa Suprema Corte di legittimità.
Ne consegue che il motivo è infondato e non può essere accolto.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione del principio di competenza per avere iscritto nell’anno successivo i contributi assegnati nell’anno precedente.
4.1. Anche il secondo motivo è infondato.
I contributi in questione sono stati erogati in conto esercizio ed erogati in base a specifiche disposizioni di legge e, sia fiscalmente che civilisticamente, rilevano nell’esercizio di competenza. In tema di determinazione del reddito d’impresa, i contributi, esclusi quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili, corrisposti per effetto di decreto di “concessione provvisoria”, pur essendo tassati secondo il principio di cassa, costituiscono, ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione applicabile ratione temporis), sopravvenienze attive e devono pertanto essere iscritti in bilancio, in quanto la situazione giuridica che deriva dal predetto provvedimento amministrativo è di diritto soggettivo, avente ad oggetto la prestazione patrimoniale come definita e liquidata già dalla prima rata, senza che assuma rilevanza l’ipotetica possibilità che l’amministrazione revochi il contributo (che determinerebbe, a propria volta, una sopravvenienza
passiva). I contributi in conto esercizio sono tassati come ricavi e si considerano di competenza dell’esercizio in cui è sorto con certezza il diritto a percepirli (notificazione del provvedimento concessivo, se recettizio, ovvero pubblicazione, se non recettizio, avveramento della condizione, se condizionati, ecc.: Cass., 19430/2018; Cass., 14156/2021).
4.2. Nella specie, la CTR si è uniformata a tale principio, avendo ritenuto che per l’imputazione si dovesse far riferimento alla data del provvedimento di liquidazione del 4.11.2011, successivo all’approvazione del bilancio. Per completezza, vale la pena di ricordare che anche il provvedimento ministeriale di stanziamento -cui può farsi riferimento per ‘la ragionevole certezza’ di cui parla l’art. 109 citato – è intervenuto (24.06.2011) in data successiva all’approvazione del bilancio.
Ne consegue che il motivo è infondato e non può essere accolto.
Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge sull’onere della prova, per aver la sentenza in scrutinio ritenute inerenti le fatture relative alla pubblicità ed all’assistenza tecnica, consentendone la relativa detrazione Iva.
5.1. Il motivo è inammissibile.
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610). Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il
merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
In definitiva, non spetta a questa Suprema Corte di legittimità la valutazione della congruità e coerenza delle fatture per pubblici o assistenza tecnica, in rapporto all’attività principale svolta dalla società contribuente. Il motivo è dunque inammissibile.
Con il quarto motivo si lamenta violazione del giudicato interno, per aver ritenuto definitiva la sentenza della CTP di Catania n. 2957/6/2014 con cui è stata annullata la ripresa a tassazione per l’Iva sull’anno di imposta 2009, in ragione di fatti analoghi alla presente fattispecie. In altre parole, l’annullamento non contestato dall’Ufficio di quella ripresa a tassazione, sarebbe di impedimento alla medesima contestazione in questa sede, risultando preclusa per la definitività della pronuncia di primo grado.
6.1. Il motivo è inammissibile. La sentenza n. 2957/6/2014 risulta oggetto di appello definito con sentenza della CTR della
Sicilia, Sez. Staccata di Catania, n. 2142/6/2020, a sua volta oggetto di ricorso per cassazione, attualmente pendente al rgn. 23049/2020, chiamato in discussione all’odierna udienza.
Non di meno, ciò che viene censurato non è autonoma ratio decidendi che sostiene la sentenza in scrutinio, ma un semplice obiter dictum , che si estende per meno di una riga di motivazione, in cui -per respingere un argomentosi fa riferimento ad abbondanza ad una pronuncia in analoga controversia riferita ad altra annualità, fra le medesime parti, richiamandola impropriamente come definitiva.
Peraltro, è noto che -quando la sentenza è retta da più argomenti, tutti capaci autonomamente di reggerla, l’aggressione, ancorché fondata, ad uno di essi non determina la caducazione della decisione.
6.2. Ed infatti, il giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima ” ratio decidendi “, esamini ed accolga anche una seconda ” ratio “, al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della ” potestas iudicandi “, atteso che l’art. 276 c.p.c., distingue le questioni pregiudiziali di rito dal merito, ma non stabilisce, all’interno di quest’ultimo, un preciso ordine di esame delle questioni; in tale ipotesi, pertanto, la sentenza risulta sorretta da due diverse ” rationes decidendi “, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, sicché l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (cfr. Cass. III, n. 15399/2018).
6.3. Ne consegue che il motivo è inammissibile e tale va dichiarato.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. tredicimila/00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in €. 200,00, rimborso in misura forfettaria del 15%, Iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 01/04/2025.