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Principio di competenza e contributi: la Cassazione

Una società editoriale ha ricevuto un avviso di accertamento per la mancata contabilizzazione di un contributo ministeriale nell’anno 2010. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando che, in base al principio di competenza, i contributi vanno imputati all’esercizio in cui sorge la certezza giuridica del diritto a percepirli, e non necessariamente nell’anno di riferimento. Nel caso specifico, tale certezza si è manifestata l’anno successivo. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili le censure relative alla detraibilità IVA e all’errata applicazione del giudicato.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Principio di Competenza e Contributi: La Cassazione Fa Chiarezza

La corretta imputazione temporale di ricavi e costi è una delle sfide più complesse per le imprese. Il principio di competenza fiscale, sancito dall’art. 109 del TUIR, stabilisce che i componenti positivi e negativi di reddito vanno attribuiti all’esercizio in cui ne sorge la certezza giuridica, non a quello dell’incasso o del pagamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19086/2025, offre un importante chiarimento sull’applicazione di questo principio ai contributi in conto esercizio, delineando con precisione il momento in cui un’impresa deve tassarli.

I Fatti del Caso: L’Avviso di Accertamento

Una società operante nel settore editoriale e delle telecomunicazioni era stata destinataria di un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2010. L’Agenzia delle Entrate contestava principalmente due punti: l’omessa contabilizzazione di un contributo ministeriale, ritenuto di competenza del 2010, e l’indebita detrazione dell’IVA su costi per pubblicità e assistenza tecnica, giudicati non inerenti all’attività d’impresa. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società contribuente. L’Amministrazione finanziaria ha quindi proposto ricorso per Cassazione, basandosi su quattro motivi.

L’Applicazione del Principio di Competenza per i Contributi

Il cuore della controversia risiedeva nel secondo motivo di ricorso, con cui l’Agenzia contestava la violazione del principio di competenza. Secondo il Fisco, il contributo doveva essere tassato nel 2010, anno a cui si riferiva. La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, confermando l’orientamento dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ribadito un concetto fondamentale: i contributi in conto esercizio sono tassati come ricavi e si considerano di competenza dell’esercizio in cui sorge con certezza il diritto a percepirli. Questa certezza non deriva dalla mera richiesta o da un’assegnazione provvisoria, ma dalla notificazione del provvedimento concessivo definitivo o dalla sua pubblicazione. Nel caso di specie, sia il provvedimento di stanziamento (giugno 2011) che quello di liquidazione (novembre 2011) erano intervenuti in data successiva all’approvazione del bilancio del 2010. Di conseguenza, correttamente la società non aveva imputato tale ricavo all’esercizio 2010.

Inerenza dei Costi e Limiti del Giudizio di Legittimità

Con un altro motivo, l’Agenzia delle Entrate contestava la detrazione dell’IVA su fatture per pubblicità e assistenza tecnica, sostenendo la mancanza del requisito di inerenza. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile. I giudici hanno ricordato che la valutazione sulla congruità, coerenza e inerenza dei costi rispetto all’attività d’impresa è un accertamento di fatto, riservato in via esclusiva al giudice di merito. La Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimità, non può riesaminare il merito della vicenda processuale, ma solo controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni della sentenza impugnata. Chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove e le fatture significa sconfinare in un ambito che non le compete.

La questione del Giudicato e l’Obiter Dictum

Infine, l’Agenzia lamentava che la Commissione Tributaria Regionale avesse erroneamente considerato definitiva una sentenza relativa all’anno d’imposta precedente (2009) su fatti analoghi. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che il riferimento alla precedente sentenza era un mero obiter dictum, ovvero un’argomentazione aggiuntiva e non fondamentale per sorreggere la decisione. La sentenza impugnata si basava su altre e autonome rationes decidendi (plural di ratio decidendi), pienamente sufficienti a giustificare l’esito del giudizio. Pertanto, anche se la censura sul punto fosse stata fondata, non avrebbe comunque portato all’annullamento della decisione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Sul principio di competenza, ha stabilito che la certezza giuridica del diritto a percepire un contributo, e quindi la sua rilevanza fiscale, si acquisisce solo con l’atto formale e definitivo di concessione, non prima. Sulle questioni di inerenza dei costi, ha riaffermato la propria incompetenza a rivalutare i fatti, dichiarando il motivo inammissibile. Infine, ha chiarito che un obiter dictum contenuto in una sentenza non ne costituisce il fondamento logico-giuridico e la sua eventuale erroneità è irrilevante se la decisione è sorretta da altre autonome motivazioni.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio a tutela del contribuente: i ricavi, inclusi i contributi pubblici, devono essere tassati solo quando il diritto a percepirli è giuridicamente certo e definito, non sulla base di mere aspettative o atti provvisori. Questo garantisce che la tassazione avvenga su basi concrete e non su proventi futuri e incerti. Inoltre, la pronuncia ribadisce i confini invalicabili tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, sottolineando come la valutazione delle prove e dei fatti (come l’inerenza dei costi) spetti unicamente ai giudici di primo e secondo grado.

Secondo quale principio si tassano i contributi in conto esercizio?
I contributi in conto esercizio si tassano secondo il principio di competenza. Ciò significa che sono considerati ricavi e vengono imputati fiscalmente all’esercizio in cui sorge con certezza il diritto a percepirli, indipendentemente dalla data dell’effettivo incasso.

Quando sorge la ‘certezza’ del diritto a percepire un contributo ai fini fiscali?
La certezza del diritto sorge con la notificazione del provvedimento concessivo (se recettizio) o con la sua pubblicazione (se non recettizio). Nel caso analizzato, i provvedimenti di stanziamento e liquidazione sono stati emessi nell’anno successivo a quello di riferimento, pertanto la certezza si è manifestata solo in quel momento.

Può la Corte di Cassazione decidere se un costo è ‘inerente’ all’attività di un’impresa?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito se un costo sia inerente o meno. La valutazione della congruità, coerenza e inerenza delle spese è un accertamento di fatto riservato esclusivamente ai giudici di merito (Commissioni Tributarie). Un ricorso in Cassazione che chiede una rivalutazione dei fatti è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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