Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23573 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20319/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 1339/2016 depositata il 16/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1339/2016 depositata in data 16/02/2016, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 16122/2014, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE contro l’avviso di accertamento e l’atto di contestazione relativi all’anno d’imposta 2008.
La CTR -dato atto che nell’ipotesi di accertamento induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 l’ufficio non era tenuto all’instaurazione del contraddittorio preventivo, in quanto non espressamente previsto dalla norma -ha ritenuto che, nel caso di specie, mancasse il requisito dell’antieconomicità su cui l’amministrazione finanziaria aveva fatto leva per giustificare l’accertamento. La presunta antieconomicità della gestione avrebbe dovuto, infatti, essere dimostrata tramite criteri oggettivi, rilevati attraverso indici-spia desunti dalla previa ispezione delle scritture contabili, dai movimenti finanziari, dal libro degli inventari e dal bilancio d’esercizio (es. la redditività del capitale investito nell’impresa, la redditività de gli investimenti e delle vendite) ovvero altri parametri desunti dalla prassi economico-aziendale. Diversamente, l’accertamento impugnato era sostenuto solamente da una presunzione semplice. La contribuente aveva: a) dichiarato un reddito fiscale positivo nell’anno d’imposta interessato dall’accertamento; b) chiarito e document ato di operare in un periodo congiunturale avverso in ragione della crisi del settore edilizio e del mercato immobiliare; c) dimostrato di essere congrua e coerente con lo studio di settore di appartenenza; d) giustificato,
in modo ragionevole, che lo scostamento tra prezzi di cessione degli immobili e prezzi o valore di mercato era da imputare alla diversa tipologia di immobili, alle diverse rifiniture che caratterizzavano le unità abitative e che i valori dichiarati nei rogiti notarili erano in linea con le valutazioni automatiche previste per la tassazione dell’imposta di registro, con l’applicazione delle rendite catastali alle unità immobiliari.
2.1. La CTR ha, poi, rilevato che la metodologia di calcolo induttivo era stata individuata prescindendo dai valori di mercato vigenti nella zona censuaria di riferimento (ovvero da tipologie di compravendita relative a immobili simili), per assumere, quale criterio di rettifica, esclusivamente il prezzo-valore di riferimento (cat. A/2) di Euro 1.351,11 a mq esteso e applicati alla vendita di tutte le abitazioni civili dello stesso fabbricato. Tale criterio è, tuttavia, inidoneo, in quanto -essendo omogeneo per tutte le unità immobiliari -si scontra con la ragionevole giustificazione sostenuta dalla contribuente appellata circa la diversa valutazione delle unità vendute, imputata alle diverse tipologie dei singoli immobili e alle diverse rifiniture possedute dagli stessi. Si tratta, poi, di un criterio di rettifica incentrato su una presunzione semplice, dal momento che il prezzo o valore di rettifica degli immobili e dei boxes assunto dall’amministrazione finanziaria non può esser ritenuto fatto noto ex art. 2727 cod. civ.
2.2. Con riferimento, infine, alla violazione del divieto di doppia imposizione la contribuente aveva dimostrato che si trattava di tre acconti contabilizzati già nell’anno d’imposta 2006, per cui la tassazione anche nel 2008 avrebbe determinato proprio la violazione di tale divieto.
Contro la sentenza della CTR l’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.1. Con tale motivo viene censurata la seguente affermazione contenuta nella sentenza impugnata: « … non è stato fatto buon governo della normativa sugli accertamenti presuntivi ex art. 39 c. i lett. d) DPR n. 600/73 essendo stato sostenuto l’accertamento de quo da una sola presunzione semplice, l’antieconomicità che, dovendo comunque sempre essere accertata e non solo denunciata, non può costituire di per sé automaticamente da sola, presunzione grave e precisa e concordante da giustificare un accertamento induttivo …»
1.2. Ad avviso di parte ricorrente il dato da cui muovere è che erano state evidenziate gravi incongruenze rappresentate dalla vendita di immobili con prezzi non in linea con i valori di mercato e con ingiustificate oscillazioni tra beni-merce con caratteristiche similari e ubicati nello stesso stabile (con prezzi variabili da Euro 884,66 a mq a Euro 1.315,11 a mq, v. prospetto a pag. 6 del ricorso in cassazione).
1.3. La ricorrente evidenzia, poi, che il prospetto di dettaglio delle rimanenze iniziali e finali non appariva attendibile, in quanto non rispettava il disposto normativo di cui agli artt. 15 d.P.R. n. 600 del 1973 e 93 d.P.R. n. 917 del 1986, non essendo stata operata la distinzione tra immobili finiti e in corso di costruzione e in assenza di raggruppamento per categorie omogenee con indicazione degli estremi identificativi di ciascun immobile. Di conseguenza, non solo le gravi irregolarità contabili e le numerose incongruenze
economiche riscontrate dimostravano l’inattendibilità delle scritture contabili, ma l’analisi della contabilità evidenziava l’illogicità e incongruenza dei ricavi di vendita scaturiti dai rogiti stipulati nel 2008, con valori prossimi a quello catastale, ma del tutto lontani da quelli reali, evidenziando una condotta antieconomica.
1.4. In conclusione, mentre la ricostruzione analitico-induttiva dei ricavi è stata fatta considerando i dati contabili scaturenti dalle scritture contabili esibite in sede di controllo (considerato che i prezzi di vendita sono stati assunti sulla base delle transazioni eseguite dalla società per immobili similari), diversamente la contribuente non ha supportato le proprie eccezioni con alcun valido elemento documentale o probatorio.
1.5. Il primo motivo è infondato. In realtà, con esso si tende a sovvertire il ragionamento presuntivo svolto, proponendo una diversa lettura del peso degli elementi valorizzati dal giudice di merito; va al riguardo ribadito che una tale denuncia non si può prospettare quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito (fra varie, Cass. n. 9054 del 2022). Si è anche precisato, con specifico riguardo all’antieconomicità, che il principio di inerenza dei costi deducibili, esprimendo una correlazione in concreto tra costi ed attività d’impresa, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da considerazioni di natura quantitativa; l’antieconomicità di un costo -intesa come sproporzione tra la spesa e l’utilità che ne deriva, avuto riguardo agli ulteriori dati contabili dell’impresa – può, tuttavia, fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza, e in questo caso, ove il contribuente indichi i fatti che consentano di ricondurre il costo all’attività d’impresa, l’Amministrazione è tenuta a dimostrare, anche
con il ricorso ad indizi, gli ulteriori elementi addotti in senso contrario, evidenziando, in particolare, l’inattendibilità della condotta del contribuente (fra varie, Cass. n. 33568 del 2022; Cass. n. 19232 del 2024). Nel caso in esame, la CTR, nel confermare la sentenza di primo grado, con motivazione adeguata, ha escluso la mancanza di inerenza, facendo leva sulle difficoltà congiunturali, nonché sugli ulteriori elementi sunteggiati in narrativa.
Con il secondo motivo è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 75 d.P.R. n. 917 del 1986 nella versione applicabile ratione temporis.
2.1. La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver avallato la tesi della contribuente, ritenendo taluni elementi positivi di reddito in particolare tre acconti già contabilizzati nell’anno d’imposta 2006 e già sottoposti a tassazione nuovamente considerati anche per l’anno d’imposta 2008, integrando, in tal modo, un’ipotesi di doppia imposizione . Viene, quindi, richiamato l’art. 75 d.P.R. n. 917 del 1986, evidenziando che le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito sono tassa tive, sia per il contribuente che per l’amministrazione finanziaria, con la conseguenza che il recupero a tassazione di ricavi nell’esercizio di competenza non può trovare ostacolo nella circostanza che siano dichiarati in un diverso esercizio.
2.2. O ccorre rilevare, preliminarmente, l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità svolta dalla società contribuente a pag. 18 del controricorso, evidenziando che l’amministrazione finanziaria non avrebbe adeguatamente censurato, in sede di appello, il capo della sentenza di primo grado relativo alla doppia imposizione. Difatti, in primo luogo, la parte della sentenza del giudice di prime cure citata dalla controricorrente (« già in sede di
accertamento con adesione avrebbe dovuto riconoscere la perdita avvenuta nel 2006 in riduzione dei maggiori imponibili accertati nell’anno 2008, mentre per le somme considerate ai fini IVA non vi era stata tanto una omessa fatturazione, quanto piuttosto una imputazione economica in un esercizio differente, in disparte che per ciascuna operazione imponibile va emessa una fattura al momento dell’effettuazione dell’operazione ») non fa riferimento al divieto di doppia imposizione nei termini in cui è stato trattato dal giudice d’appello. In secondo luogo, dalla lettura della sentenza impugnata emerge -nella parte finale dell’esposizione, v. pag. 2 che era stata la società contribuente ad aver eccepito « la violazione del principio della doppia imposizione relativamente ai tre acconti versati dai compratori nell’anno 2006 essendo stati ripresi a tassazione dell’Ufficio anche per l’anno d’imposta 200 8».
2.3. Ciò premesso in punto di ammissibilità del secondo motivo di ricorso, lo stesso deve ritenersi fondato.
Questa Corte ha, infatti, precisato che, in tema di determinazione del reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei componenti del reddito sono tassative ed inderogabili, sicché non è consentito al contribuente -e neanche all’Amministrazione -ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo del reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come “esercizio di competenza” (Cass., 03/12/2024, n. 30938).
Di conseguenza, non poteva assumere rilievo la circostanza che i ricavi fossero già stati dichiarati nel periodo d’imposta relativo all’anno 2006, essendo dirimente il rispetto del principio di competenza, quale criterio (generale) scolpito dall’art. 109, comma 1, t.u.i.r., in mancanza di diverse disposizioni.
L’art. 109 cit. così recita « 1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente
Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni. 2. Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza: a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di alt ro diritto reale… ».
Ove il contribuente effettui lo scomputo in un altro periodo di imposta e venga effettuato il conseguente recupero a tassazione, non è violato il principio di divieto di doppia imposizione, in ragione della possibilità di presentare istanza di restituzione della somma versata in eccedenza, entro il termine di decadenza di cui all’art.38 d.P.R. n.602 del 1973, decorrente, ex art. 2935 cod. civ., dalla data nella quale si è formato il giudicato sulla legittimità del recupero delle ritenute non effettuate nell’anno di competenza (Cass., 07/07/2018, n. 2928; Cass., 22/09/2022, n. 27818; coerente, in relazione alla medesima contribuente, Cass. 7/08/2025, n. 22858, punto 2.3).
Si rende, quindi, necessaria una nuova valutazione da parte del giudice del rinvio in merito alla verifica dell’esercizio in cui sia stato stipulato l’atto o alla data in cui si sia verificato l’effetto traslativo, se diversa e successiva, non essendo rilevante che la contribuente avesse contabilizzato gli acconti percepiti in un diverso esercizio.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, mentre deve essere rigettato il primo motivo.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.