Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 439 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 439 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8665/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 5820/2014 depositata il 30/09/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE, ha impugnato l’avviso di accertamento per il 2006 recante l’accertamento di maggiori
ricavi e il recupero di costi ritenuti indeducibili e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Viterbo ha parzialmente accolto il ricorso, confermando l’accertamento dei maggiori ricavi e annullando l’avviso di accertamento con riguardo ai costi.
Il gravame erariale è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio che ha osservato quanto segue: 1) la discrasia rilevata nell’accertamento rispetto ai costi del marmo peperino (indicati in un primo inventario in euro 5,73/mq e lievitati ad euro 57,30/mq in un secondo inventario) poneva a carico del contribuente l’onere di provare l’effettività del costo mediante fatture d’acquisto che non erano state prodotte, non rilevando il principio di cui all’art. 92 comma 7 TUIR secondo cui le rimanenze iniziali di un esercizio corrispondono a quelle finali dell’esercizio precedente; 2) la CTP era incorsa nel vizio di ultrapetizione laddove aveva escluso il recupero del costo di euro 1.080,79 per spese di pubblicità di cui alla fattura emessa dalla SSD Alba Canino, in quanto nessuna domanda era stata formulata dalla contribuente con riguardo a tale voce; 3) sulla base del principio di correlazione dei costi ai ricavi i costi relativi alla presenza pubblicitaria negli elenchi ‘Pagine Bianche’ – che la CTP aveva riferito al 2006, anno in cui erano state emesse le fatture e ultimate le prestazioni di inserimento negli elenchi -erano stati correttamente imputati dall’Ufficio, per 11/12, al l’anno successivo , poiché gli elenchi furono distribuiti dal dicembre 2006 al gennaio 2007 e, quindi, i presumibili ricavi derivanti da quel costo dovevano essersi realizzati nell’esercizio 2007.
La contribuente ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza fondato su tre motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo la società deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c, la violazione e falsa applicazione dell’art.92
comma 7 e dell’art. 110 comma 8 DPR n. 917/1986, nonché dell’art. 2697 e 2729 c.c., perché il valore iniziale delle rimanenze per un periodo d’imposta deve corrispondere al valore finale del periodo precedente, come regolarmente avvenuto in questo caso; poiché quel valore finale dell’esercizio precedente non era stato contestato, restava preclusa la contestazione della stessa posta, quale valore iniziale delle rimanenze, in relazione all’esercizio successivo.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., perché la CTR erroneamente aveva ritenuto un vizio di ultrapetizione nella sentenza di primo grado, laddove si era annullato il rilievo relativo alle spese di pubblicità con la SSD Alba Canino, in quanto con il ricorso iniziale si era contestato anche questo rilievo.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 108 e 109 DPR n. 917/1986 e dell’art. 2697 c.c., in quanto la CTR aveva erroneamente distinto il momento di sostenimento del costo da quello di completamento del servizio, individuato nella distribuzione degli elenchi che, invece, costituiva prestazione affidata a soggetto terzo e diversa da quella pattuita con la RAGIONE_SOCIALE, relativa all’inserimento della pubblicità negli elenchi .
Il primo motivo è infondato, gli altri due sono fondati e vanno accolti.
Il principio di continuità dei bilanci va coordinato con quello di autonomia di ciascun periodo di imposta, di talché l’amministrazione finanziaria che contesti una posta passiva iscritta in bilancio (nella specie, rideterminando il valore delle rimanenze iniziali), non è tenuta a rettificare anche la posta dell’esercizio precedente (riguardante l’ammontare delle rimanenze finali), non potendosi onerare quest’ultima, in caso di accertamento relativo
all’insussistenza di poste passive di un determinato esercizio, a procedere anche alle rettifiche relative agli anni precedenti (Cass. n. 16691 del 2021); stante l’autonomia dei periodi di imposta, non rileva l’eventuale inerzia dell’Ufficio relativamente alla dichiarazione resa per i periodi di imposta precedenti, contenente la medesima posta, e il termine decadenziale va valutato con riferimento al periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione oggetto di rettifica (Cass. n. 14999 del 2020); in questo caso l’Agenzia ha chiarito che per il periodo precedente era decaduta dal potere impositivo e quindi restava preclusa la possibilità di un accertamento con riferimento a quell’esercizio .
Quanto al secondo motivo, la CTR ha riformato la sentenza di primo grado per ultrapetizione ritenendo che nessuna richiesta fosse stata formulata nel ricorso introduttivo quanto alla fattura della SSD Alba Canino, ma sia pure de relato, era stato contestato anche quel rilievo; infatti, nel ricorso introduttivo, trascritto per autosufficienza, si precisava che « Le ragioni normative addotte per i servizi prestati dalla RAGIONE_SOCIALE valgono anche per le prestazioni richieste alla SSD Alba Canino la quale ha assunto l’impegno delle prestazioni pubblicitarie all’atto del pagamento del corrispettivo avvenuto nel 2006 », cosicché la decisione della CTR si traduce in una omessa pronunzia su questa domanda; non ci si trova, invero, nell’ambito della rilevazione e interpretazione del contenuto della domanda, che è attività riservata al giudice di merito e non è censurabile come violazione dell’art. 112 c.p.c., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto (Cass. n. 27181 del 2023), perché in questo caso manca una motivazione che dimostri come «la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione».
Quanto al terzo motivo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «i costi relativi a prestazioni di servizio sono, a norma
dell’art. 75 (ora 109), secondo comma, lett. b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate, senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o effettuato il pagamento» (Cass. n. 27296 del 2014; Cass. n. 29124 del 2021).
Detti costi possono, tuttavia, essere imputati all’anno di esercizio in cui ne diviene certa, sotto il profilo giuridico, l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, qualora di tali qualità gli stessi siano privi nel corso dell’esercizio di competenza (Cass. n. 2914 del 2021) ma non è questo il caso, perché è incontroverso che la prestazione contrattuale riguardava l’inserimento del nominativo della società sulle ‘Pagine Bianche’, perfezionatasi nel dicembre 2006; pertanto, il costo doveva essere imputato per competenza a quell’esercizio , anche considerato che le regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi, dettate in via generale dall’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986, sono inderogabili (Cass. n. 18035 del 2021).
Conclusivamente, devono accogliersi il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, e la sentenza impugnata deve essere cassata di conseguenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 03/10/2023.