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Principio di cassa: onere della prova sul professionista

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32035/2024, ha riaffermato un principio fondamentale per i lavoratori autonomi: l’onere della prova riguardo la data di incasso dei compensi spetta al contribuente. Il caso riguardava un professionista a cui l’Agenzia delle Entrate contestava la mancata dichiarazione di redditi per fatture emesse nel 2012. La Corte ha stabilito che, in base al principio di cassa, spetta al professionista dimostrare che l’incasso è avvenuto in un anno successivo. La sentenza ha anche chiarito che per l’applicazione del regime di IVA ad esigibilità differita è necessario rispettare rigidi requisiti formali sulla fattura, in assenza dei quali si applica il regime ordinario.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Principio di cassa e onere della prova: la Cassazione chiarisce le regole per i professionisti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 32035/2024) ha ribadito un caposaldo della fiscalità per i lavoratori autonomi: l’applicazione del principio di cassa. Questa regola, apparentemente semplice, nasconde insidie legate alla ripartizione dell’onere della prova. La Corte ha chiarito che spetta sempre al professionista dimostrare che un compenso fatturato in un determinato anno sia stato incassato in quello successivo. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I fatti del caso: fatture emesse e incassi contestati

La controversia nasce da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un professionista. L’Ufficio contestava la mancata dichiarazione, nell’anno di imposta 2012, di compensi derivanti da fatture emesse nello stesso anno. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, tali importi dovevano considerarsi incassati nel 2012. Il contribuente, di contro, sosteneva di averli percepiti solo nel 2013, e quindi di doverli dichiarare in tale annualità.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al professionista, sostenendo che l’Ufficio non aveva fornito la prova dell’avvenuto incasso nel 2012 e che richiedere al contribuente di dimostrare un incasso avvenuto in contanti rappresentasse un onere probatorio eccessivamente gravoso. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione contro questa decisione.

Il secondo punto: la gestione dell’IVA

Oltre alla questione dei redditi, l’accertamento riguardava anche il recupero dell’IVA. Il professionista aveva applicato il regime dell’esigibilità differita su alcune fatture, ma senza indicare nel documento i riferimenti normativi che giustificavano tale scelta. La Commissione Regionale, pur riconoscendo l’errore formale, aveva decurtato dal recupero IVA l’imposta relativa alle fatture considerate non incassate nel 2012.

Le motivazioni della Cassazione: il principio di cassa e l’onere della prova

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza regionale e fornendo chiarimenti cruciali su entrambi i punti della controversia.

In primo luogo, i giudici hanno riaffermato la centralità del principio di cassa per la determinazione del reddito dei lavoratori autonomi, come stabilito dall’art. 54 del TUIR. Secondo questo principio, i compensi concorrono a formare il reddito nell’anno in cui vengono effettivamente riscossi, non quando la prestazione viene eseguita o la fattura emessa. Tuttavia, la Corte ha specificato che l’onere di provare che l’incasso è avvenuto in un anno successivo a quello di emissione della fattura spetta esclusivamente al contribuente. Quando l’Agenzia fornisce elementi presuntivi (come in questo caso, basati sul controllo incrociato dei modelli 770 dei sostituti d’imposta), il professionista deve fornire la “prova positiva contraria”, dimostrando di aver incassato il credito in un momento diverso. La potenziale difficoltà di provare pagamenti non tracciabili non è una ragione valida per invertire tale onere.

La disciplina dell’IVA ad esigibilità differita

Sul fronte IVA, la Cassazione ha stabilito che i regimi speciali, come quello dell’esigibilità differita, sono deroghe alla regola generale e devono essere interpretati restrittivamente. Per potersi avvalere di tale regime, è indispensabile che la fattura contenga un’espressa annotazione che si tratta di “operazione con imposta ad esigibilità differita”, con l’indicazione della relativa norma. In assenza di questo requisito formale, il regime speciale non è applicabile e l’IVA diventa esigibile secondo le regole ordinarie, ovvero al momento dell’emissione della fattura, a prescindere dall’incasso. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto errata la decisione dei giudici di merito di escludere dal recupero l’IVA su fatture non incassate, poiché, data l’inapplicabilità del regime speciale, l’imposta era comunque dovuta per intero nel 2012.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per i professionisti

L’ordinanza della Cassazione rafforza due messaggi chiari per tutti i professionisti e lavoratori autonomi. Innanzitutto, è fondamentale mantenere una documentazione contabile impeccabile e precisa, che possa provare senza ombra di dubbio la data di effettivo incasso di ogni compenso. In caso di accertamento, la sola emissione della fattura costituisce un forte indizio che l’incasso sia avvenuto nello stesso anno, e spetta unicamente al contribuente superare questa presunzione. In secondo luogo, l’adozione di regimi fiscali agevolati, come l’IVA per cassa, richiede un’attenzione scrupolosa agli adempimenti formali. Omettere le diciture obbligatorie in fattura può comportare la perdita del beneficio e l’applicazione del regime ordinario, con conseguenze significative in termini di liquidità e sanzioni.

A chi spetta l’onere di provare la data di incasso di una fattura per un lavoratore autonomo?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta sempre al contribuente. A fronte di elementi forniti dall’Agenzia delle Entrate, è il professionista a dover dimostrare che l’incasso è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione della fattura.

Cosa succede se un professionista emette una fattura senza indicare correttamente il regime di IVA ad esigibilità differita?
Se la fattura non riporta l’espressa annotazione che si tratta di un’operazione con IVA ad esigibilità differita e la relativa norma di riferimento, il regime speciale non è applicabile. Di conseguenza, l’IVA si considera esigibile secondo le regole ordinarie, cioè al momento dell’emissione della fattura, indipendentemente dall’effettivo pagamento.

La difficoltà di provare un pagamento in contanti può invertire l’onere della prova a carico dell’Agenzia delle Entrate?
No. La Corte ha chiarito che la potenziale difficoltà nel provare un incasso non tracciabile, come un pagamento in contanti, non è una motivazione sufficiente per spostare l’onere della prova dal contribuente all’Amministrazione Finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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