Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2290 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2290 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7527/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
COGNOME NOME COGNOME
-intimata- avverso SENTENZA di C.T.R. della Toscana n. 742/2020 depositata il 23/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Toscana, resa in sede di rinvio, con la quale sono stati accolti gli appelli riuniti proposti da NOME COGNOME avverso le sentenze della C.T.P. di Siena di rigetto dell’impugnazione del silenziorifiuto dell’istanza di rimborso delle somme versate a titolo IRPEF negli anni di imposta 2008 e 2011, relativamente ai canoni di locazione collegati al ‘INDIRIZZO, sito in Siena e censito al catasto del medesimo comune al Foglio 133, Particelle 181, 182 e 183.
La C.T.R., richiamata la normativa applicabile (art. 11, comma 2 l. 413/1991 e art. 3 l. 1089/1939), nonché i principi enucleati dalla sentenza di cassazione con rinvio e dalla giurisprudenza di legittimità in materia, ritiene errata la sentenza della C.T.P., nella parte in cui ha considerato scindibile dal fabbricato che lo ospita il tabernacolo affrescato, colpito dal vincolo di interesse storicoartistico. Osserva che il criterio ‘quantitativo’ assunto dal giudice di prima cura, è stato sconfessato dalla Suprema Corte, e che il tabernacolo affrescato è da ritenere inscindibile dall’edificio sia dal punto materiale, che artistico. E’, invero, lo stesso atto impositivo a descrivere il tabernacolo come ‘opera muraria intonacata, dalla forma di una finestra sormontata da un timpano’ risalente alla fine del ‘500 e di un affresco raffigurante un calvario ed un gruppo di donne pie dei primi del ‘900. Rileva che ritenere separabile l’opera, a mezzo di opportuno tecniche, appare in contrasto con quanto emergente dalla fotografie dell’edificio, da cui risulta evidente che l’opera costituisce un tutt’uno con la facciata che la ospita. L’inscindibilità tecnica si accompagna a quella artistica ed economica, non solo perché il
tabernacolo è storicamente legato alla facciata, che ne garantisce la visibilità al pubblico, ma perché la manutenzione dell’edificio e della facciata sono indispensabili per la tutela e la conservazione dell’opera. Osserva ancora che oltre all’onere manutentivo del supporto materiale la proprietaria dell’edificio, proprio per questa ragione, ha recentemente provveduto al restauro di tutti gli elementi del fabbricatograva sul proprietario il dovere di conservazione dell’opera vincolata e non, come sostenuto, un mero obbligo di intangibilità, ciò costituendo un vero e proprio onere aggiuntivo. Ed infatti, secondo l’art. 32 del d.lgs 42/2004 il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali. Mentre, a mente dell’art. 34 del medesimo d.lgs., gli oneri imposti o eseguiti direttamente dal Ministero, sono a carico dei proprietari, possessori o detentori. La disciplina conferma che le limitazioni che gravano sulla proprietà tanto da assicurare il diritto di prelazione dello Stato, in caso di trasferimenti -peraltro il proprietario è soggetto a penale responsabilità in caso di danneggiamento ex art 733 c.p.- giustificano il beneficio anche in ipotesi di vincolo parziale, in alcun modo differenziato dal legislatore, rispetto al vincolo totale.
La contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula tre motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 158 e 383 c.p.c., per avere uno dei giudici (NOME COGNOME) del Collegio che ha deciso la sentenza in sede di rinvio, composto il Collegio che ha emesso la sentenza cassata.
Con il secondo deduce, in subordine, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per mancanza di effettiva
motivazione, ai sensi degli artt. 36, n. 4 d.lgs 546/1992 e 132, n. 4 c.p.c.. Assume che l’oggetto del giudizio di rinvio era quello di stabilire se la parte vincolata costituisse un elemento inscindibile dall’edificio e senza la quale il medesimo sarebbe stato privato delle sue intrinseche caratteristiche storico- artistiche. Rileva che la decisione è immotivata, al di là dell’apparenza del ragionamento. Innanzitutto, infatti, il vincolo non si estende all’affresco, come già chiarito dalla Suprema Corte, inoltre, il mandato contenuto nell’ordinanza di cassazione con rinvio, ineriva alla valutazione dell’inscindibilità del tabernacolo dal resto dell’edifici, sotto il profilo delle dimensioni, della collocazione, della funzione degli oneri manutentivi e di conservazione. La C.T.R., nondimeno, ha ritenuto, senza esplicitare alcuna argomentazione, l’opera inscindibile, solo perché la separazione creerebbe un danno irreparabile, laddove, invece, la C.T.P. aveva più correttamente affermato che il tabernacolo può essere asportato con opportune tecniche. L’assenza di reale motivazione colpisce la sentenza anche nella parte in cui afferma la sussistenza dell’inscindibilità artistica, posto che il giudice del rinvio, in modo autoreferenziale, sostiene che la separazione comporterebbe un danno irreparabile alle caratteristiche peculiari dell’opera che ne hanno consigliato la sottoposizione a vincolo. Invero, è omesso sulla base di quali cognizione tecniche la C.T.R. abbia formulato un simile giudizio.
Con il terzo motivo, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., deduce, in via ulteriormente gradata, la violazione dell’art. 11 comma 2 l. 413/1991 e degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c.. Segnala che, contrariamente a quanto risultante dalla sentenza gravata, non sono agli atti immagini che dimostrino l’impatto del tabernacolo sull’intero palazzo, essendo presente unicamente una fotografia che ritrae solo il tabernacolo, non essendo così possibile operare una simile valutazione. Ciò, tuttavia, comporta il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla contribuente.
D’altro canto, e questo dipende proprio dal difetto di prova sul punto, è rimasto indimostrato il nesso fra l’edificio ed il tabernacolo, non desumibile dal vincolo del Ministero dei Beni culturali. Osserva che sotto il profilo economico, il cui approfondimento era sollecitato dall’ordinanza di rinvio, gli ingenti costi affrontati dalla contribuente sono rimasti una mera allegazione, non essendovi comunque elementi per sostenere che si tratti di costi ulteriori rispetto agli ordinari interventi di manutenzione, posto che, fra l’altro, nessuna richiesta alla Sovraintendenza è mai stata formulata. Rileva che il richiamo, operato dalla C.T.R., all’art. 32 d.lgs 42/2004, conduce a conclusioni erronee, posto che il Ministero competente può e non deve imporre interventi, tanto che i proprietari possono provvedervi personalmente. In definitiva, la C.T.R. non ha adempiuto al mandato assegnatole dalla Suprema Corte.
Il primo motivo deve essere accolto con assorbimento dell’esame dei restanti motivi.
Risulta, infatti, dall’allegato 4) al ricorso in discussione, che il Collegio della C.T.R. della Toscana che ha pronunciato la sentenza n. 2100/16/2016, che ha deciso in sede di appello sulla sentenza n. 504/2014 della C.T.P. di Siena, era composto dai giudici: NOME COGNOME in qualità di Presidente, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di componenti del Collegio.
Il Collegio che ha pronunciato la sentenza n. 742/4/2020 della C.T.R. della Toscana che ha deciso, in sede di rinvio, sulla sentenza della C.T.P. di Siena n. 504/2014, era composto dai giudici NOME COGNOME in qualità di Presidente, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di componenti del Collegio.
Il giudice NOME COGNOME ha, dunque, composto sia il Collegio del giudizio di appello, che il Collegio che ha giudicato in sede di rinvio, a seguito della cassazione della sentenza n.
2100/16/2016, disposta con Ordinanza di questa Sezione n. 5894 del 30 gennaio 2019.
E’, dunque, provato che la decisione assunta in sede di rinvio è stata pronunciata da un Collegio composto con uno dei giudici che faceva parte del Collegio che ha pronunciato la sentenza cassata, con conseguente mancato rispetto del principio dell’alterità del giudice del rinvio, sussistendo identità personale di uno dei componenti di entrambi i Collegi. Ciò integra la violazione dell’art. 158 c.p.c. per difetto di costituzione del giudice, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui se ‘il giudizio di rinvio si svolge davanti allo stesso magistrato persona fisica (in caso di giudizio monocratico) o davanti ad un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, essendo violata la statuizione sull’alterità, sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 cod. proc. civ., senza che occorra fare ricorso alla ricusazione (art. 52 cod. proc. civ.), essendosi già pronunciata la sentenza cassatoria sull’alterità. (Sez. U, Sentenza n. 5087 del 27/02/2008, Rv. 601949). Ed invero, come anche recentemente ribadito, la sentenza che dispone il rinvio ex art. 383, comma 1, c.p.c. contiene una duplice statuizione, di competenza funzionale, nella parte in cui individua l’ufficio giudiziario davanti al quale dovrà svolgersi il giudizio rescissorio (che potrà essere lo stesso che ha emesso la pronuncia cassata o un ufficio territorialmente diverso, ma sempre di pari grado), e sull’alterità del giudice rispetto ai magistrati persone fisiche che hanno pronunciato il provvedimento cassato (da ultimo: Sez. 2, Sentenza n. 2114 del 29/01/2021).
La sussistenza della nullità insanabile di cui all’art. 158 c.p.c. impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, che
dovrà giudicare in diversa composizione e provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024