Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14674 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14674 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7281/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE,
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 3116/21/2016, depositata in data 12 settembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno
d’imposta 2008. L’RAGIONE_SOCIALE -procedeva ad accertare, ex artt. 67, comma primo, lett. b, e 68 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), una maggiore plusvalenza di € 21.250,00 relativa alla vendita di un appartamento sito in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, avvenuta nel 2008, in questo modo rettificando la plusvalenza dichiarata dalla contribuente di € 18.621,00 nel Mod. NUMERO_DOCUMENTO (quadro RL) quale reddito diverso da sottoporre a tassazione separata per l’anno d’imposta 2008; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della dichiarazione nell’atto pubblico di vendita del 31 gennaio 2008 di un prezzo di € 16.750,00 per l’immobile oggetto di cui è causa, immobile in precedenza acquistato dalla contribuente, come risulta da atto stipulato in data 24 gennaio 2005, a fronte di un prezzo di € 60.000,00.
Avverso l’avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 535/01/2015, rigettava il ricorso della contribuente, condannandola al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Contro tale decisione proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, ribadendo la piena legittimità del proprio operato.
Con sentenza n. 3116/21/2016, depositata in data 12 settembre 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame della contribuente, confermando quanto statuito in primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 19 marzo 2024 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Opponibilità al Fisco del contratto simulato -violazione dell’art. 10 della Legge 27 luglio 2000, n. 212 e artt. 1 e 8 preleggi cod. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha ritenuto opponibile all’ufficio il prezzo reale di € 38.000,00 pagato dalla stessa per l’acquisto dell’immobile nel 2005, indicato in atto non registrato (preliminare di compravendita,) ma provato per la data certa tramite la produzione di assegni bancari, rispetto a quello simulato di € 16.750,00, indicato in atto registrato (atto pubblico di compravendita) e corrispondente al valore catastale rivalutato dell’immobile, allorquando le norme fiscali consentivano, e continuano a farlo, che l’imposta di registro fosse corrisposta sul valore catastale e non sul prezzo reale.
2. Il motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte è consapevole del principio enunciato in Cass. 05/02/2024, n. 3194), secondo cui «Se è vero che la regola di cui all’art. 2704 cod. civ. stabilisce che la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è opponibile ai terzi, se non dal giorno in cui essa è stata registrata, e se è vero che, in base alla normativa tributaria vigente, il concetto di terzo, cui fa riferimento l’art. 2704, primo comma, cod. civ., ricomprende anche l’Amministrazione finanziaria, quale titolare di un diritto di imposizione collegato al negozio documentato e suscettibile di pregiudizio per effetto di esso, come, ad esempio, attraverso fittizie retrodatazioni (cfr. Cass. 17/12/2008, n. 29451; Cass 03/03/2000, n. 2402 per le agevolazioni in tema di Iva; Cass. 11/04/2014, n. 8535), è pur vero, che, l à dove manchino le situazioni tipiche di certezza contemplate dalla norma in parola, la data della scrittura privata è opponibile ai terzi qualora sia dedotto e dimostrato un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorit à̀ della formazione del documento (Cass. 03/08/2012, n. 13943).
L’assenza di un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata possa ritenersi opponibile nei confronti dei terzi, consente, dunque, al giudice di merito di valutare, col suo prudente apprezzamento, se sussiste un fatto, diverso dalla registrazione, che sia idoneo nei termini riferiti specifica attitudine a dimostrare l’anteriorit à̀ della formazione del documento – a dare certezza alla data della scrittura privata (Cass. 12/09/2016, n. 17926; Cass. 21/07/2021, n. 20723)».
2.1. Tuttavia, non può essere obliterata la obiettiva valutazione della posizione giuridica soggettiva del contribuente che intende avvalersi di una dichiarata violazione di norme tributarie integrata al momento del primo acquisto.
Innanzitutto, la disposizione invocata, ossia l’art. 52 del d.P.R 1986 n. 131 (l’unica , tra quelle citate, in vigore già al momento dell’acquisto dell’8/11/2004) riguarda esclusivamente l’imposta di registro, che ha caratteri e disciplina totalmente diversi rispetto a quella RAGIONE_SOCIALE imposte dirette sulla plusvalenza.
Inoltre, come riconosciuto nel ricorso, la specifica limitazione alla rettifica prevista nel comma 4 dell’art. 52 , non escludeva affatto l’obbligo RAGIONE_SOCIALE di dichiarare il corrispettivo reale, atteso che la dichiarazione di un valore inferiore a quello reale concretava una condotta comunque sanzionata dall’ordinamento . Infatti, così recita, in apertura, il primo comma RAGIONE_SOCIALE stesso art. 52 : ‘ L’ufficio, se ritiene che i beni o i diritti di cui ai commi 3 e 4 dell’a rticolo 51 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni’. Inoltre, il successivo art. 72 sanziona in ogni caso l’occultamento, anche parziale, del corrispettivo convenuto.
2.2. In materia, costituisce principio giurisprudenziale (Cass. 28/10/2000, n. 14250) reiterato in molti arresti, quello secondo cui ‘In tema di imposta di registro, con riguardo alla
compravendita di immobile, la circostanza che i contraenti abbiano fatto riferimento, ai fini della dichiarazione del valore del bene, alla cosiddetta valutazione automatica, sulla base dei parametri di cui all’art. 52, quarto comma, del d.P.R. n. 131 del 1986, se pone l’amministrazione nella condizione di non poter contestare tale valore, non esclude, invece, l’applicabilità di sanzioni ex art. 72 del citato decreto, ove la stessa amministrazione venga a conoscenza che è stato corrisposto, per l’atto ci cui si tratta, un prezzo superiore al valore dichiarato . (conformi Sez. 5, Sentenza n. 10808 del 24/07/2002; Sez. 3, Sentenza n. 12113 del 23/05/2006; Sez. 5, Sentenza n. 14952 del 28/06/2006; Sez. 5, Sentenza n. 2718 del 04/02/2011)’.
2.3. Successivamente, con l’art. 35, comma 22, del d.l. n. 223/2006, si è inoltre previsto che “le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito”, e che, “se viene occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, le imposte sono dovute sull’intero importo di quest’ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal 50% al 100% per cento della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’articolo 71 del medesimo d.p.r. n. 131 del 1986”. Pertanto, per usufruire della norma esentativa degli accertamenti “induttivi”, non è sufficiente indicare in atto un qualsiasi corrispettivo (simulato) superiore al valore catastale, ma occorre indicare il reale corrispettivo pattuito”. Inoltre, il contribuente ha dichiarato apertamente di aver occultato in parte, il corrispettivo pattuito e, in tal caso, le imposte sono dovute sull’intero importo di quest’ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal 50% al 100% per cento della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’articolo 71 del medesimo d.p.r. n. 131 del 1986.
2.4. Infine, in RAGIONE_SOCIALE, il contribuente non può invocare e trarre beneficio da una condotta dichiaratamente ‘elusiva’ (cfr. ricorso pg 4), realizzata attraverso la combinazione del preliminare (integrante il negozio dissimulato) con l’atto di acquisto, così mirando a conseguire benefici fiscali immotivati ed illeciti sotto il profilo tributario, inopponibili all’Amministrazione finanziaria, in applicazione di un principio RAGIONE_SOCIALE antielusivo desumibile dall’art. 53 Cost.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che. ‘In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio RAGIONE_SOCIALE antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione’ (Cass. 23/12/2008, n. 30055).
Nel caso di specie, non si tratta di accertare uno specifico abuso del diritto commesso dal contribuente con l’atto d’acquisto a quo , ma di applicare il richiamato principio RAGIONE_SOCIALE, che preclude al
contribuente di trarre vantaggi fiscali ulteriori da una precedente condotta elusiva ed illecita sotto il profilo tributario, da lui stesso ammessa e definita come tale.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 19 marzo 2024.