Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26175 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26175 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22496/2022 R.G. proposto da:
COGNOME Avv. NOMECOGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME;
– ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1282/2022 della Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, depositata in data 18.3.2022, non notificata.
IRAP
–
libero professionista
–
avvocato – presupposto
impositivo
–
giudizio di rinvio-.
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME, esercente la professione di avvocato, impugnava davanti alla C.T.P. di Latina l’avviso di accertamento TKF0A1101605/2014, emesso dall’Agenzia delle Entrate di Latina, sulla base del P.V.C. dell’1.2.2012, avente ad oggetto il recupero dell’IRAP non versata per l’anno di imposta 2009, oltre interessi e sanzioni, assumendo l’insussistenza del presupposto impositivo per difetto di autonoma organizzazione.
La C.T.P., nella resistenza dell’Agenzia delle Entrate, accoglieva il ricorso.
La C.T.R. del Lazio, sez. distaccata di Latina, adita dall’Agenzia delle Entrate, la quale lamentava che la C.T.P. non avesse considerato, fra l’altro, lo studio di settore trasmesso dallo stesso contribuente e le risultanze dell’Anagrafe tributaria, accoglieva il gravame con sentenza n. 3410/19/2017 .
COGNOME NOME proponeva ricorso per cassazione, che veniva accolto da questa Corte con ordinanza n. 19775/2019.
La C.T.R. del Lazio, sez. distaccata di Latina, in sede di rinvio, accoglieva – con la sentenza richiamata in epigrafe -il gravame dell’Agenzia delle Entrate.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso quest’ultima decisione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
E’ stata fissata l’adunanza camerale del 7.5.2025.
In data 22.4.2025 la parte ricorrente ha depositato memoria.
Con decreto del 27.8.2025 è stata disposta la riconvocazione del collegio per l’adunanza camerale, in modalità da remoto, del 19.9.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo- rubricato «omessa motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. -vizio dell’elusione della sentenza rescindente », il ricorrente assume che questa Corte, richiamati principi di diritto in ordine a ciò che non rappresenta presupposto dell’Irap, ha devoluto – con la precedente ordinanza di cassazione con rinvio n. 19775/2019 -alla CTR in diversa composizione un duplice accertamento ai fini della cognizione e decisione: quello circa la natura dell’attività svolta dai terzi collaboratori e quello della rilevanza di tale attività concretamente svolta.
Prospetta il ricorrente che, considerato il passo motivazionale sub nn. 5.5.1. e 5.5.2. della pronuncia impugnata, sarebbe evidente invece come la CTR non abbia tenuto in alcun conto di quanto è stato disposto con il rinvio del supremo Collegio, non avendo accertato con carattere di concreta unidirezionalità critica la natura dell’attività svolta dall’avvocato COGNOME
Si aggiunge che la CTR era vincolata ad accertare dapprima la natura dell’apporto dell’avvocato COGNOME nonché, alla luce di tale accertamento, adeguatamente motivato, era tenuta ad accertarne la rilevanza, sempre sostenuta da adeguata motivazione. La CTR, invece, avrebbe inteso fondare il proprio convincimento su un dato numerico, anche relativo ad annualità estranee antecedenti e persino successive a quelle dell’accertamento gravato, che invece costituiva oggetto e limite non valicabile della cognizione, pervenendo ad una apodittica conclusione. Oltre a ciò, la CTR aveva valutato con rilievo di decisività la prestazione dell’avvocato COGNOME anche per altre annualità, senza considerare che tale annualità non erano state oggetto di alcun accertamento ed imposizione di Irap. Infine, la C.T.R. aveva disatteso quanto indicato nell’ordinanza di cassazione con rinvio a proposito delle attività che non erano indicative del presupposto dell’autonoma organizzazione, quali domiciliazioni, sostituzioni e consulenze esterne.
Il motivo è infondato.
Si legge nella motivazione della pronuncia impugnata: 5.5.1. « In proposito, va considerato che nell’atto di accertamento, a tali compensi dichiarati, va aggiunta la somma erogata a professionisti (tutti avvocati) di euro 7.710,00 (per un totale di euro 12.100,00) riscontrati nell’accesso breve dai documenti e dalle interrogazioni dell’Anagrafe tributaria inerenti il mod. 770/2010 -anno 2009presentato dalla parte, somma in relazione alla quale non vi sono contestazioni della parte nel ricorso introduttivo. E al punto 5.5.4. « Invero, dalla documentazione in atti, risulta che l’avv. COGNOME a) si è avvalso per la sua attività professionale di altri professionisti e, tra essi, quanto meno, per più annualità, dell’avv. NOME COGNOME sicché stante la sua qualifica, egli non può aver plausibilmente svolto mansioni meramente esecutive…»
1.1. Tanto premesso, questa Corte (v., tra le più recenti, Cass. n. 8000/2024), ha ricordato che in caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio fondato sulla deduzione della infedele esecuzione dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento, il sindacato della SRAGIONE_SOCIALE si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto giudice di rinvio, per effetto di tale affidamento e dell’osservanza dei relativi limiti, la cui estensione varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto per violazione di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in quanto, nella prima ipotesi, egli è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti, già acquisiti al processo, mentre, nel secondo caso -che si attaglia alla fattispecie in esame -, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della motivazione, non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al
giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento. In quest’ultima ipotesi, poi, il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente od implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni o sopperire ai difetti argomentativi riscontrati» (cfr., pure, Cass. n. 2652/2018).
1.2. La C.T.R. ha adeguatamente valutato il peso ponderale delle collaborazioni con terzi professionisti, tutti esercenti la professione di avvocato, evidenziando che tra essi l’Avv. COGNOME il quale peraltro collaborava con lo studio da alcuni anni, non svolgeva certamente mansioni di carattere meramente esecutivo, compiendo pertanto l’accertamento demandatogli, sorretto da congrua motivazione, in ossequio al principio richiamato nell’ordinanza di questa Corte n. 19775/2019, estrapolato dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 9451/2016 ed al principio, parimenti richiamato, secondo cui il presupposto dell’autonoma organizzazione ricorre quando il professionista di avvalga, pur senza formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcun incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio (v. Cass. 1136/2017). Né risulta dalla sentenza impugnata che fosse stato dedotto o documentato che i collaboratori avvocati di cui si era pacificamente avvalso e, tra essi, l’avv. COGNOME si fossero limitati alla mera domiciliazione,
dovendosi sicuramente escludere che potesse trattarsi di sostituzioni obbligatorie per legge in caso di impedimento.
Con il secondo motivo, di deduce « nullità della sentenza per motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. », relativamente al passaggio motivazionale di cui al punto 5.5.4. della pronuncia impugnata, che manifesterebbe univoci caratteri di abnormità.
Secondo il ricorrente la valutazione dei beni strumentali non costituiva oggetto del perimetro di accertamento e di cognizione del disposto rinvio e, pertanto, non avrebbe dovuto determinare e/o concorrere all’ iter di formazione della decisione e motivo di questa. In secondo luogo, la Corte di cassazione, contrariamente all’assunto della C.T.R., aveva – con l’ordinanza n. 19775/2019 -sicuramente censurato tale profilo, ritenendolo implicitamente non decisivo ai fini della legittima imposizione del tributo Irap. In terzo luogo, in ordine all’apprezzamento critico del valore dei beni strumentali, la CTR non aveva motivato l’attribuita qualificazione di eccedenza rispetto a ciò che aveva inteso considerare come minimo necessario, non indicando né il parametro di riferimento superato il quale il valore fosse considerato eccedente, né il parametro di riferimento che costituiva il minimo necessario. Né può essere in disparte la non applicazione da parte della CTR dei principi di governo della fattispecie relativi alla non rilevanza decisiva del valore dei beni strumentali. Tale rilievo rappresenta definitiva ratifica della legittimità della non ponderazione di questo profilo da parte della Corte nella sentenza di rinvio ed elusione della fondatezza e legittimità della assunta valorizzazione critica che la CTR invece ha inteso operare ai fini della decisione.
Da quanto dedotto, discenderebbe il vizio della motivazione apparente ex articolo 360 numero 4 c.p.c., ma anche l’elusione della sentenza rescindente, sempre con derivato effetto di nullità della pronunzia gravata.
Anche il secondo motivo è infondato.
2.1. In primo luogo, questa Corte, nell’ordinanza n. 19775/2019, che ha disposto il rinvio, non ha ritenuto implicitamente irrilevante o non decisivo il requisito dell’impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, in assenza di organizzazione, quanto piuttosto, in coerenza la doglianza proposta, ritenuto non compiutamente indagato il requisito dell’avvalimento in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore , il quale esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
2.2. In secondo luogo, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, ove il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Sez. 1 30 giugno 2020 n. 13248; Sez. 1, 18 giugno 2018 n. 16057; n. 27112 del 2018; n. 22022 del 2017; Sez. 6-5, 7 aprile 2017 n. 9097 e n.
9105; Sez. U 3 novembre 2016 n. 22232; Sez. U 5 agosto 2016 n. 16599; Sez. U 7 aprile 2014, n. 8053 ed ancora Cass. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009).
2.3. Nel caso di specie, la C.T.R. ha puntualmente elencato le fonti di prova del proprio convincimento e ritenuto che il valore dei beni strumentali accertato (euro 101.633,00) ed il fatto che tra i beni ammortizzabili indicati nel relativo registro vi fossero due immobili, tre computer e consistenti mobili ed arredi per un ufficio di circa 90 mq, integrasse il requisito dell’eccedenza rispetto al minimo necessario per esercitare la professione legale, sicché la sentenza soddisfa per tale parte il ‘minimo costituzionale’.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.5.2025 e, a seguito di riconvocazione, del 19.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME