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Presunzioni tributarie: no a fatti futuri per il Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20740/2025, ha stabilito che la sottoposizione di una società ad amministrazione giudiziaria in un anno successivo non può essere usata come prova presuntiva per giustificare una redditività inferiore in un anno d’imposta precedente. Le presunzioni tributarie devono basarsi su fatti noti, gravi, precisi e concordanti, collegati logicamente al fatto da provare, e non su eventi futuri e slegati dal periodo in accertamento.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzioni tributarie: un evento futuro non può giustificare un reddito passato

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sull’utilizzo delle presunzioni tributarie, stabilendo un principio fondamentale: un evento accaduto in futuro non può essere utilizzato come prova per ridurre la presunta redditività di un’azienda in un anno d’imposta precedente. Questa decisione chiarisce i confini dell’accertamento induttivo e rafforza i requisiti di logica e coerenza temporale che devono guidare l’azione del Fisco e l’analisi dei giudici.

I fatti del caso

Una società operante nel settore della ristorazione riceveva un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava un maggior reddito per l’anno 2015. L’accertamento si basava su un metodo induttivo, applicando una percentuale di redditività media del settore (pari al 56,85%) ai ricavi dell’azienda.

La società impugnava l’atto e i giudici di primo e secondo grado le davano parzialmente ragione, riducendo drasticamente la percentuale di redditività al 5%. La motivazione di questa riduzione si fondava su un singolo fatto: la società era stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria nel 2017, ovvero due anni dopo il periodo d’imposta oggetto di verifica. Secondo i giudici di merito, questo evento successivo era una presunzione valida per ritenere che l’azienda versasse in difficoltà già nel 2015. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando la validità di tale ragionamento presuntivo.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza impugnata. Il cuore della decisione risiede nella violazione dell’art. 2729 del codice civile, che disciplina le presunzioni semplici. I giudici di legittimità hanno affermato che il ragionamento dei giudici di merito era errato perché basato su una presunzione priva dei requisiti di gravità e precisione.

L’errato utilizzo delle presunzioni tributarie

La Cassazione ha chiarito che non è logicamente ammissibile inferire una situazione economica pregressa (la presunta bassa redditività nel 2015) da un evento successivo (l’amministrazione giudiziaria del 2017), soprattutto senza un’analisi concreta che colleghi i due fatti. La sottoposizione ad amministrazione giudiziaria, peraltro, è una misura di prevenzione e non una procedura concorsuale legata a uno stato di crisi, il che rende ancora più debole il nesso logico ipotizzato.

L’errore del giudice di merito è stato quello di attribuire valore di prova a una circostanza futura e slegata, omettendo di considerare elementi ben più pertinenti, come la stessa dichiarazione della società relativa allo studio di settore del 2014, che indicava una redditività analoga a quella media del settore.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito che il controllo di legittimità sulle presunzioni non riguarda la ricostruzione dei fatti, ma la correttezza del ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice. Una presunzione è ‘grave’ quando si fonda su un ragionamento probabilistico solido; è ‘precisa’ quando l’inferenza conduce a un fatto ignoto con un alto grado di probabilità, escludendo altre conclusioni.

Nel caso specifico, la sottoposizione ad amministrazione giudiziaria a due anni di distanza non costituisce una presunzione grave e precisa di una contrazione della redditività. L’evento futuro non è di per sé idoneo a dimostrare una difficoltà economica passata, se non supportato da specifici elementi di prova che ne dimostrino l’incidenza diretta e retroattiva sull’attività d’impresa. Il ragionamento dei giudici di merito è stato quindi censurato perché basato su un’inferenza illogica e non conforme ai paradigmi normativi.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici tributari e per i contribuenti. Le presunzioni tributarie sono uno strumento legittimo, ma il loro utilizzo deve essere rigoroso e ancorato a fatti certi e temporalmente pertinenti. Non si può ‘guardare al futuro’ per giustificare il passato. La decisione rafforza la necessità di un accertamento basato su elementi concreti e su un nesso logico stringente tra il fatto noto e quello da provare, garantendo così maggiore certezza giuridica nei rapporti tra Fisco e contribuente. La causa è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che tenga conto di questi principi.

Un evento futuro, come l’amministrazione giudiziaria, può essere usato come presunzione per giustificare un reddito inferiore in un anno d’imposta precedente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un fatto verificatosi successivamente all’anno d’imposta accertato (nel caso specifico, a due anni di distanza) non può costituire una presunzione grave e precisa di contrazione della redditività, a meno che non venga fornita una prova concreta del suo impatto diretto su quel periodo.

Quali sono i requisiti che una presunzione deve avere per essere valida secondo la Corte?
Una presunzione deve basarsi su un ragionamento probabilistico che abbia i caratteri della gravità e della precisione. La ‘gravità’ implica un solido fondamento logico, mentre la ‘precisione’ richiede che l’inferenza dal fatto noto conduca a quello ignoto con un alto grado di probabilità, senza lasciare spazio ad altre conclusioni.

L’amministrazione giudiziaria è considerata una procedura che dimostra uno stato di crisi o insolvenza dell’impresa?
No. La Corte chiarisce che l’amministrazione giudiziaria non è una procedura concorsuale (come il fallimento) e i suoi presupposti non sono sovrapponibili a quelli dello stato di crisi o insolvenza. È una misura di prevenzione volta a consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, non una prova di difficoltà economiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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