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Presunzioni inventariali: bassa percentuale non basta

Una società del settore marketing promozionale è stata sanzionata per differenze inventariali, che l’Amministrazione Finanziaria ha presunto essere acquisti non fatturati. Le corti di merito avevano annullato la sanzione, ritenendo lo scostamento percentuale (1,32%) non significativo. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che per superare le presunzioni inventariali legali (d.P.R. 441/1997) non è sufficiente invocare una bassa percentuale di discrepanza. Il contribuente deve fornire una prova contraria specifica, come previsto dalla legge, e non può basarsi su massime di esperienza o su circolari amministrative, che non hanno forza di legge.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Presunzioni Inventariali: la Bassa Percentuale di Scostamento Non Salva dalla Sanzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di accertamenti fiscali: le presunzioni inventariali di acquisti o vendite non fatturate non possono essere superate semplicemente dimostrando che la differenza tra le giacenze reali e quelle contabili è percentualmente bassa. Questo principio rafforza la rigidità della prova contraria a carico del contribuente, che deve attenersi a specifiche modalità previste dalla legge.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore del marketing promozionale, specializzata nella gestione di campagne di fidelizzazione con gadget e oggetti per la grande distribuzione, riceveva un provvedimento di irrogazione di sanzioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria. La contestazione riguardava la mancata regolarizzazione di acquisti di merce per l’anno d’imposta 2007. L’accusa si fondava sulle differenze inventariali emerse durante una verifica fiscale: merci presenti fisicamente in magazzino di cui non era stato documentato né il titolo né la provenienza.

Il Percorso Giudiziario

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) confermava la decisione, rigettando l’appello dell’Amministrazione Finanziaria. La CTR motivava la sua scelta sostenendo che, data la natura dell’attività (gestione di una vasta e disparata quantità di gadget), era plausibile che si generassero differenze tra il magazzino virtuale e quello fisico.
In particolare, i giudici di secondo grado ritenevano che lo scostamento accertato, pari all’1,32% del valore della produzione, non fosse percentualmente significativo e, pertanto, non potesse essere considerato un indice di evasione. La CTR richiamava a supporto anche una circolare della stessa Agenzia delle Entrate.

Le Presunzioni Inventariali e la Decisione della Cassazione

L’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione delle norme sulle presunzioni di acquisto e cessione (d.P.R. n. 441/1997). La Corte Suprema ha accolto il ricorso, cassando la sentenza della CTR e stabilendo principi di diritto molto chiari.

L’Irrilevanza della Percentuale di Scostamento

Il cuore della decisione risiede nella natura delle presunzioni inventariali. Queste sono presunzioni legali “miste”, che consentono al contribuente di fornire una prova contraria, ma solo entro i limiti e con i mezzi di prova specificamente stabiliti dalla legge.
La Cassazione ha affermato che la CTR ha errato nel ritenere sufficiente la “marginalità del dato percentuale” per superare la presunzione. La possibilità che si verifichino errori di conteggio è una “massima di esperienza”, non un “fatto notorio” che esonera il contribuente dall’onere della prova. Un’osservazione statistica non ha la forza di una prova legale idonea a vincere una presunzione stabilita dalla legge.

L’Inefficacia della Circolare Amministrativa e il ruolo delle presunzioni inventariali

Altro punto cruciale è il valore attribuito dalla CTR alla circolare dell’Agenzia delle Entrate. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: le circolari amministrative hanno natura di atti interni e forniscono direttive agli uffici, ma non hanno valore di legge. Di conseguenza, non possono né vincolare il giudice né essere usate per disapplicare una norma di rango primario come quella sulle presunzioni inventariali contenuta nel d.P.R. n. 441/1997.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la disciplina del d.P.R. n. 441/1997 è stata introdotta proprio per fornire un quadro normativo certo per la gestione delle differenze inventariali. La legge presume che i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei locali aziendali siano stati ceduti senza fattura. Allo stesso modo, i beni che si trovano nei locali aziendali, ma di cui non si può dimostrare la provenienza, si presumono acquistati senza fattura.
Per superare queste presunzioni, il contribuente non può limitarsi a considerazioni generiche sulla natura della propria attività o sulla esiguità dello scostamento. Deve, invece, dimostrare in modo puntuale e documentato, secondo le modalità previste dagli articoli 1 e 2 del citato decreto, la legittimità dell’ingresso o della fuoriuscita dei beni dal circuito aziendale. La decisione della CTR, basandosi su elementi non qualificabili come prova ai sensi della normativa specifica, ha effettuato una non corretta sussunzione della fattispecie nella norma, violando la legge.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati. La decisione ha importanti implicazioni pratiche per tutte le imprese: la gestione dell’inventario deve essere rigorosa e documentata. In caso di verifica fiscale, non sarà sufficiente sostenere che le discrepanze sono “normali” o percentualmente irrilevanti. Sarà invece necessario fornire prove specifiche e conformi alla legge per dimostrare la correttezza della propria contabilità di magazzino e vincere le severe presunzioni inventariali previste dal legislatore tributario.

Una piccola differenza percentuale tra l’inventario contabile e quello fisico è sufficiente a superare la presunzione di acquisto in nero?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera constatazione di una bassa percentuale di scostamento non è una prova idonea a superare la presunzione legale. È considerata al più una “massima di esperienza” e non un fatto notorio che esonera il contribuente dal fornire la prova contraria secondo le modalità previste dalla legge.

Una circolare dell’Agenzia delle Entrate può essere usata in giudizio per disapplicare una norma sulle presunzioni inventariali?
No. Le circolari amministrative contengono direttive interne per gli uffici e non hanno valore di legge. Pertanto, non possono escludere l’operatività di un regime presuntivo stabilito da una norma primaria come il d.P.R. n. 441 del 1997.

Che tipo di prova deve fornire il contribuente per vincere le presunzioni di acquisto o cessione non fatturati?
Il contribuente deve fornire una prova contraria che dimostri, con le modalità tassativamente indicate dagli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 441 del 1997, la legittima fuoriuscita dei beni dal circuito aziendale (in caso di presunzione di cessione) o il legittimo ingresso degli stessi (in caso di presunzione di acquisto).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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