Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15221 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15221 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO – IRPEF 2007.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13539/2016 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa, unitamente all’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale autenticata in data 4 maggio 2016 dal AVV_NOTAIO, n. 253742 rep.,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 2822/04/2015, depositata il 16 dicembre 2015;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
viste le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
– Rilevato che:
1. L’RAGIONE_SOCIALE, in data 5 novembre 2011, notificava a COGNOME NOME l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale veniva accertato nei confronti della predetta contribuente, per l’anno d’imposta 200 7 , un maggior reddito di € 96.217,05 e un reddito di capitale prodotto all’estero di € 21.057,75.
Tali atti venivano emesso a seguito di attività di verifica effettuata dalla Guardia di Finanza, che traeva origine dalle informazioni riguardante la contribuente acquisite presso l’amministrazione fiscale francese m ediante i canali di collaborazione informativa internazionale previsti dalla Direttive 77/799/CEE del Consiglio del 19 dicembre 1977 e dalla convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia, stipulata il 5 ottobre 1989 e ratificata in Italia con la legge 7 gennaio 1992, n. 20, sulla base di una lista di persone fisiche (c.d. lista COGNOME, giunta in possesso RAGIONE_SOCIALE autorità italiane) detentrici di disponibilità finanziarie presso la Banca HSBC Private Bank di Ginevra per gli anni 2005-2006-2007.
Nell’ambito di tali indagini, veniva accertata la disponibilità, da parte della COGNOME, di somme di denaro presso la banca HSBC Private Bank di Ginevra; tali somme, detenute in Svizzera, erano soggette alle norme sul monitoraggio fiscale,
ai sensi dell’art. 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, conv. dalla legge n. 4 agosto 1990, n. 227.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento in questione dinanzi alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di Forlì la quale, con sentenza n. 221/01/2011, pronunciata il 24 ottobre 2011, lo accoglieva, annullando l’atto impositivo.
Interposto gravame dall’Ufficio , la Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, con sentenza n. 2822/04/2015, pronunciata il 24 novembre 2015, e depositata in segreteria il 16 dicembre 2015, accoglieva l’appello, dichiarando legittimo l’avviso di accertamento impugnato, e compensando integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 25 gennaio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. AVV_NOTAIO civ.
E’ intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 1, del d.l.
n. 167/1990, conv. dalla legge n. 227/1990; 12, commi 2 e 2bis , del d.l. 1° luglio 2009, n. 78, conv. dalla legge 3 agosto 2009, n. 102; 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente) e 11 disp. prel. cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. AVV_NOTAIO civ.
Deduce, in particolare, la contribuente che erroneamente la C.T.R. aveva rigettato l’eccezione, sollevata nel giudizio di merito, di violazione del principio di irretroattività della norma tributaria, di cui all’art. 3 della legge n. 212/2000, con riferi mento all’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 (norma che prevede che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi di cui all’art. 4 del d.l. n. 167/1990, debbono presumersi costituite, ai fini fiscali, da redditi sottratti a tassazione) , essendo quest’ultima una norma che solo apparentemente aveva carattere procedimentale, mentre in realtà aveva carattere sostanziale, in quanto incidente sulla procedura di acquisizione della prova, e quindi tale presunzione sarebbe potuta valere solo per gli accertamenti successivi al l’anno d’imposta 2009.
1.2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma 2, d.P.R. n. 600/1973; 12, commi 2 e 2bis , del d.l. n. 78/2009, conv. dalla legge n. 122/2009; 3, comma 1, della legge n. 212/000 e 11 disp prel. cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. AVV_NOTAIO civ.
Deduce, in particolare, la ricorrente che, nel caso di specie, non avrebbe potuto applicarsi il raddoppio dei termini per l’accertamento previsto dall’art. 12, comma 2 -bis , del d.l. n.
78/2009, trattandosi di disposizione non avente efficacia retroattiva, e che quindi non avrebbe potuto applicarsi all’accertamento in oggetto , riguardante l’anno 200 7.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso la contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 38, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973; 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3) e num. 4), cod. AVV_NOTAIO civ.
Rileva la ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe erroneamente valutato il materiale probatorio acquisito, mancando i requisiti di gravità, precisione e concordanza degli indizi, consistenti nella sola fiche contabile e mancando ulteriori elementi di riscontro.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso la COGNOME eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009, conv. dalla legge n. 10 2/2009, in relazione all’art. 32, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973; 6 del d.l. n. 167/1990, conv. dalla legge n. 227/1990, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. AVV_NOTAIO civ.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che erroneamente la RAGIONE_SOCIALETRAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto legittimo l’accertamento impugnato, in quanto emesso in assenza di preventiva richiesta di fornire la prova contraria a fronte della presunzione legale di cui all’art. 6 del d.l. n. 167/1990, e comunque ella non era stata posta in condizione di poter esercitare tutte le proprie difese.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo va disatteso, in ragione di quanto di seguito esposto.
La contribuente, invero, deduce l’erronea applicazione del principio di irretroattività della norma tributaria ex art. 3 della legge n. 212/2000, in riferimento all’art. 12, comm a 2, del d.l. n. 78/2009, conv. dalla legge n. 102/2009.
L’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 , in particolare, prevede che «In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e RAGIONE_SOCIALE finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto RAGIONE_SOCIALE limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate».
Ora, non può certo essere ripercorso in dettaglio il dibattito dottrinale sulla natura sostanziale o piuttosto processuale RAGIONE_SOCIALE presunzioni legali relative, che, come anche di recente osservato, costituisce ancora “il vero punctum dolens ” nell’ambito della disciplina generale RAGIONE_SOCIALE presunzioni legali, su cui, infatti, si sono soffermati tanto gli studiosi del processo civile quanto quelli del diritto civile sostanziale; questione poi che, nell’ambito del diritto tributario, caratterizzato dal
cospicuo ricorso agli accertamenti di natura presuntiva, assume indubbiamente un rilievo particolare.
Tuttavia non può farsi a meno di notare come, pur da autorevole dottrina processual-civilistica, non si sia mancato di porre in risalto come le presunzioni, in quanto ispirate alla finalità di facilitare la tutela di situazioni giuridiche, sotto tale profilo siano indubbiamente appartenenti al diritto sostanziale, mentre, in quanto espedienti di tecnica legislativa imperniati sulla distribuzione dell’onere della prova, finiscano, sotto tale profilo, con l’assumere rilevanza come limiti o predeterminazioni dell’assetto dell’onere probatorio.
Il problema, in effetti, è reso ancor più arduo dal fatto che, specialmente con riferimento al settore del diritto tributario, non tutte le presunzioni legali relative sono certamente riconducibili allo schema classico secondo cui, salva la prova contraria, la legge riconnette ad un fatto noto l’esistenza di un altro fatto ignoto.
Venendo specificamente alla previsione normativa in esame, è dato rilevare come essa, rispetto alla disciplina, anteriore alla sua entrata in vigore, di cui al citato d.l. n. 167 del 1990, art. 6, quale applicabile ratione temporis al presente giudizio, che stabiliva, alle condizioni ivi previste, la presunzione legale, pur sempre relativa, di fruttuosità RAGIONE_SOCIALE somme in denaro dei certificati di massa o dei titoli trasferiti o costituiti all’estero senza che ne fossero dichiarati i redditi effettivi, in misura pari al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta, riconnette direttamente all’omissione di dichiarazione la presunzione legale relativa di evasione, stabilendo, in effetti, l’equipollenza tra omissione di
dichiarazione e la costituzione RAGIONE_SOCIALE succitate disponibilità nei paesi a regime fiscale privilegiato mediante redditi sottratti a tassazione.
In tal caso – come pur si è autorevolmente osservato sul piano della dottrina generale del diritto civile – la presunzione legale relativa non può inquadrarsi perfettamente nell’ambito del fenomeno probatorio, restando pur sempre il fatto dell’equipollenza, piuttosto che l’evento da provare, ad essere oggetto di prova contraria.
Ritiene quindi la Corte che debba essere confermato l’indirizzo già espresso in materia (Cass. 19 dicembre 2019, n. 33893 e da Cass. 2 febbraio 2018, n. 2662, ed ulteriormente confermato da Cass. 21 dicembre 2018, n. 33223 e da Cass. 30 gennaio 2019, n. 2562), con le seguenti ulteriori precisazioni.
2.1.1. La prima può essere espressa nel principio secondo cui «La presunzione legale relativa di evasione introdotta – con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato – dal d.l. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura procedimentale», non incidendo meramente sul metodo di accertamento, né soltanto processuale, non essendo riferibile esclusivamente al riparto dell’onere della prova, come ancora ulteriormente desumibile, secondo quanto già rilevato dai precedenti conformi citati, dalla collocazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di presunzioni tra quelle sostanziali, nel codice civile, nonché, in generale (cfr. Cass. sez. lav. 19 marzo 2014, n. 6332), sempre riguardo al principio di distribuzione
dell’onere probatorio, più che per la sedes materiae , perchè consistenti in regole di giudizio che comportano una decisione di merito. D’altronde, una differente interpretazione potrebbe, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione.
2.1.2. L’ulteriore precisazione attiene all’interpretazione dell’ incipit del citato d.l. n. 78/2009, art. 12, comma 2, così come convertito dalla legge n. 78 del 2009 «In deroga ad ogni vigente disposizione di legge…», segnatamente se esso possa intendersi come deroga espressa all’art. 11 disp. prel. c.c. ed alla legge n. 212 del 2000, art. 3, comma 1 (Statuto del contribuente).
Invero, al riguardo, non può farsi a meno di osservare, avuto riguardo all’art. 12 preleggi, come all’interpretazione letterale della norma debba comunque affiancarsi quella sistematica che consenta di rilevare l’intenzione del legislatore. Ebbene, come è dato evincere anche del d.l. n. 78/2009, art. 12, successivi commi in esame, quale risultante a seguito della legge di conversione, non vi è dubbio che la disposizione abbia la precipua finalità di avvantaggiare la posizione del Fisco sul piano dell’accertamento, dando per certo, salva la prova contraria, il fatto della costituzione degli investimenti ed attività finanziarie non dichiarati nei menzionati Paesi o territori a regime fiscale privilegiato mediante redditi sottratti a tassazione; sicché appare coerente concludere nel senso che l’inciso sopra indicato debba intendersi in modo che la deroga espressa ivi contenuta sia da porre in relazione agli ordinari strumenti accertativi.
2.1.3. Stante dunque l’inapplicabilità, ratione temporis , agli accertamenti riguardanti gli anni 2005, 2006 e 2007, del d.l. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, entrato in vigore successivamente, deve tuttavia rilevarsi che, con riferimento ad accertamento basato essenzialmente sul disposto del citato d.l. n. 78/2009, art. 12, ritenuto inapplicabile, laddove il fisco ricorrente denunci anche la violazione dell’art. 2729 c.c., la Corte possa rinviare – ove ne ricorrano i presupposti – al giudice di merito il riesame dei medesimi fatti, sub specie di presunzione semplice.
A tal proposito si ribadisce, infatti, quanto già ritenuto, ugualmente in fattispecie inerente a c.d. lista COGNOME, da Cass. 14 novembre 2019, n. 29632, ovverosia: «La circostanza che la presunzione legale di evasione stabilita dal d.l. n. 78 del 2009, art. 12 comma 2, non sia suscettibile di applicazione retroattiva agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore, non preclude all’Ufficio di provare l’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti occultamente in paesi a fiscalità privilegiata, anche sulla base di presunzioni semplici gravi, precise e concordanti (d.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 2 con riguardo alla rettifica del reddito RAGIONE_SOCIALE persone fisiche), senza fare ricorso alla presunzione legale in oggetto».
A tal fine occorre considerare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, civile e tributaria, in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purché grave e preciso, dovendo il requisito della “concordanza”
ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi (Cass. 26 settembre 2018, n. 23153); con riferimento alla materia tributaria, il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza di redditi maggiori di quelli dichiarati può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purché grave e precisa (Cass. 22 dicembre 2017, n. 30803; con specifico riferimento alla “lista COGNOME“, Cass. 12 febbraio 2018, n. 3276, secondo cui l’Amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su un unico indizio, se grave e preciso, cioè dotato di elevata valenza probabilistica (nella specie, risultanze della cd. “lista COGNOME ‘) . Resta, dunque, confermato il principio di diritto secondo cui: «La presunzione legale relativa di evasione introdotta con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato dal d.l. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura procedimentale e di deroga espressa all’art. 11 preleggi e all’art. 3 dello statuto del contribuente; laddove il fisco ricorrente denunci anche la violazione dell’art. 2729 c.c. la Corte può rinviare al giudice di merito il riesame dei medesimi fatti addotti, sub specie di presunzione semplice» (conf. anche Cass. 14 novembre 2019, n. 29633).
Sulla scorta di quanto sin qui evidenziato, allora – ed operandosi in correzione della motivazione della sentenza impugnata ex art. 384, quarto comma, cod. AVV_NOTAIO civ., stante la conformità a diritto del dispositivo di rigetto della stessa anche alla stregua dell’ulteriore esame dei restanti motivi di
ricorso deve ritenersi comunque legittima l’utilizzazione della scheda cliente riepilogante gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute dalla ricorrente presso la Banca HBSC, in quanto formante un elemento indiziario forte e sufficiente ha fondare la presunzione della natura reddituale RAGIONE_SOCIALE somme in questione (in assenza, tra l’altro, di prove in senso contrario), e dunque a prescindere dalla presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2, d.l. n. 78/2009, cit. (ancora in tal senso Cass. 28 febbraio 2022, n. 6509).
2.2. Anche il secondo motivo è infondato.
L’accertamento in oggetto riguarda l’anno 2 007, e quindi la notifica dell’avviso di accertamento nel l’anno 2011 è comunque tempestiva ex art. 43 d.P.R. n. 600/1973.
2.3. Il terzo motivo deve ritenersi inammissibile.
Con il motivo in esame, infatti, viene sostanzialmente contestata la valutazione di merito operata dalla C.T.R., che comunque appare effettuata correttamente, avendo la C.T.R. legittimamente utilizzato la documentazione acquisita in atti (pacificamente utilizzabile secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di lista COGNOME: cfr. v. le ordinanze “gemelle” del 28 aprile 2015 nn. 8605 e 8606, nonché l’ordinanza n. 9670 del 13 maggio 2015 e le sentenze del 19 agosto 2015 nn. 16950 e 16951; più di recente, v. Cass. 28 febbraio 2022, n. 6509; Cass. 19 dicembre 2019, n. 33893; Cass. 5 dicembre 2019, n. 31779); ulteriori elementi indiziari provengono, peraltro, dagli altri dati presi in considerazione della C.T.R., quali la puntualità e coincidenza RAGIONE_SOCIALE informazioni acquisiti, gli estremi della carta d’identità, l’indirizzo del propri o domicilio/residenza ed il fatto che uno dei nominativi di
riferimento, tale COGNOME NOME, risultasse avere svolto attività di intermediazione finanziaria in Forlì alle dipendenza della RAGIONE_SOCIALE, società di cui la COGNOME è legale rappresentante.
2.4. Il quarto motivo, infine, è infondato.
L ‘art. 32, comma 1, d.P.R. n. 600/1973 , invero, è inconferente al caso di specie, posto che l’art. 6 del d.l. n. 167/1990 non radica alcuna pregiudizialità e, in ogni caso, la contribuente è stata posta in condizione di esercitare tutte le difese opportune, già dal momento della convocazione presso gli Uffici della G.d.F.
3. Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la ricorrente tenuta al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna COGNOME NOME alla rifusione, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024 .