Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34726 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34726 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2790/2022 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
–
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PALERMO 10565/2021 depositata il 26/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
n. del
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Sicilia che, riformando la sentenza della C.T.P. di Caltanissetta, ha ritenuto legittimo l’accertamento TYQ01A200891/2016, fondato su verifica bancaria, inerente alla ripresa a tassazione della somma di euro 30.000,00, oggetto di tre versamenti bancari effettuati dal professionista sul suo conto corrente.
La C.T.R., richiamata la presunzione legale di cui all’art. 32, comma 1, n. 2) del d.P.R. 600/1973, ha ritenuto non assolto l’onere probatorio gravante sul contribuente circa la giustificazione dei movimenti bancari, censurando la decisione di prima cura nella parte in cui, non valorizzando la circostanza che la ripresa a tassazione traeva origine da un p.v.c. della Guardia di Finanza, aveva accolto il ricorso in assenza di puntuali riscontri documentali e sulla base di mere presunzioni e semplici congetture.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME formula tre motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per avere la C.T.R. omesso di pronunciare sulle eccezioni di inammissibilità dell’appello formulate dal contribuente, sia in relazione alla
violazione dell’art. 53 d.lgs 546/1992, avendo l’Ufficio appellante mancato di determinare il petitum immediato dell’impugnazione, che in relazione all’inesistenza della notifica dell’appello, effettuata a mezzo PEC, anziché in forma cartacea, come previsto dall’art. 16 d.lgs 546/1992, per il caso in cui il giudizio sia stato instaurato con modalità cartacea.
Con il secondo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 4) c.p.c., della violazione dell’art. 132, comma 2 n. 4) e dell’art. 36, comma 2 n. 4 d.lgs. 546/1992. Lamenta la nullità della sentenza per mera apparenza della motivazione. Rileva che essa si risolve nella semplice ricopiatura -graficamente evidentedi quanto affermato dall’atto di appello dell’Agenzia delle Entrate, in assenza di qualsivoglia confronto tanto con i passaggi argomentativi della sentenza di primo grado -con i quali la C.T.P. aveva ricostruito la neutralità dei versamenti effettuati dal contribuente sul proprio conto- quanto con il copioso materiale probatorio offerto. Osserva che, in particolare, la C.T.R. ha del tutto ignorato l’analitica ricostruzione contabile dei numerosi prelievi effettuati in occasione del soggiorno a Nova Goritza, all’intero della struttura Hotel Casinò Perla, antecedenti i versamenti in contanti del 3 gennaio 2011 effettati presso l’ATM di RAGIONE_SOCIALE della filiale di Gorizia, nonché la documentazione comprovante gli accessi del ricorrente al Casinò e la dichiarazione del suo Direttore, il quale aveva attestato che i pagamenti delle fiches in restituzione avvenivano in contanti. Assume che la sentenza della C.T.R. non ha assolto all’obbligo di verifica dell’efficacia dimostrativa delle prove documentali prodotte, senza offrire alcuna spiegazione delle ragioni per le quali le prove offerte non fossero idonee a superare la presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n.2) del d.P.R. 600/1973, limitandosi a affermare che la sentenza di primo
grado non è fondata ‘su puntuali riscontri documentali’ ma su ‘mere presunzioni e semplici congetture’.
Con il terzo motivo censura, ex art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. 600/1973 e degli artt. 2727 e 2729 c.c.. Sostiene che la sentenza impugnata, nel riconoscere la fondatezza del recupero dell’Ufficio, ha errato sia nel non ritenere che la prova contraria alla presunzione di cui all’art. 32 cit. potesse essere fornita a mezzo di presunzioni semplici, sia nel non riconoscere la sussistenza della prova presuntiva della non assoggettabilità a tassazione della somma di euro 30.000, corrispondente a tre versamenti effettuati all’ATM dell’UNICREDIT della filiale di Gorizia, situata a pochi metri di distanza della struttura dell’Hotel Casinò Perla, ove il ricorrente si era recato più volte per giocare, come dimostrano sia i prelevamenti effettuati in quella struttura, che la documentazione attestante gli accessi, proprio nei medesimi giorni. Rileva che con sentenza passata in giudicato (n.4465/2018) la medesima C.T.R. -con lo stesso Collegio e lo stesso relatoreaveva accolto il ricorso del contribuente, annullando il recupero a tassazione di versamenti effettuati in occasione di altri soggiorni presso la stessa struttura Hotel Casinò Perla, nel periodo febbraio-giugno 2010, sicché ancora più incomprensibile appare la decisione qui impugnata.
Il primo motivo è infondato. Sia l’eccezione relativa all’indeterminatezza delle conclusioni formulate con l’atto di appello, che quella inerente all’inesistenza della notifica dell’atto di appello non possono, infatti, trovare accoglimento.
5.1 Sebbene la C.T.R. non abbia affrontato né l’una, né l’altra eccezione -di cui alle controdeduzioni in grado di appellotuttavia, con riferimento alla prima, la lettura dell’atto di gravame dell’Agenzia delle Entrate (di cui al doc. 8 del fascicolo prodotto da parte ricorrente), consente di affermare la piena
comprensibilità della conclusioni formulate, in relazione ai motivi proposti. Nel richiedere alla C.T.R. di accogliere l’appello proposto, in parziale riforma della decisione di primo grado, l’Ufficio ha inteso ottenere la riforma di quella parte della decisione con la quale si negava la legittimità della ripresa a tassazione della somma di euro 30.000,00, corrispondente ai versamenti effettuati dal contribuente sul proprio conto corrente bancario e ritenuti, a seguito della verifica, privi di giustificazione. Il motivo di appello formulato dall’Agenzia, infatti, censura la sentenza impugnata unicamente su questo punto, sicché è evidente che le conclusioni, lette alla luce delle doglianze proposte, non mancano affatto di specificità.
5.2 Con riferimento, invece, alla seconda eccezione, è sufficiente ricordare che è intervenuta la norma di interpretazione autentica di cui al D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, (con l’art. 16, comma 2) con la quale si prevede che « L’articolo 16-bis, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si interpreta nel senso che le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dai relativi decreti attuativi, indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall’avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche’.
Il terzo motivo è, invece, fondato.
6.1 Va ricordato -come chiarito dalle Sezioni unite di questa che Corte- a seguito della riforma della riforma introdotta di cui all’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, è scomparso ‘il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo
sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata. Il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, in motivazione, richiamata anche dall’Ufficio a sostegno delle proprie conclusioni al motivo sub 1); cfr. anche Sez. U, Sentenza n. 22232 del 3/11/2016; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21257 del 8/10/2014; Sez. 6-3, Sentenza n. 23828 del 20/11/2015; Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Sez. 63, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
6.2 E’ stato recentemente precisato (Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023), che gli estremi della nullità della sentenza per vizio della motivazione, denunciabili ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., possono dirsi integrati quando «non sia possibile individuare il percorso
argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione», ciò non essendo, nondimeno, configurabile nel caso di «una pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata» (cfr. Sez. 3, Ordinanza del 15 novembre 2019, n. 29721). Ovvero qualora la motivazione «risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile)» (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018). Mentre, «costituisce ius receptum il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre solo allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata» (Sez. 6-5, 8 giugno 2022, n. 26477, in motivazione).
6.3 Per altro verso, si è affermato che il vizio di cui all’art. 360, comma 1 , n. 5) cod. proc. civ., relativo all’omesso esame di un fatto storico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
contro
versia), non è integrato dall’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Sez. 2, Ordinanza n. 17005 del 20/06/2024).
6.4 La lettura della sentenza impugnata non consente di escludere che la medesima sia affetta dai vizi denunciati. Sebbene, infatti, la motivazione sia certamente esistente, essa, tuttavia, non è articolata in modo tale da permettere di riscostruirne il fondamento.
6.5 Invero, la C.T.R., dopo avere ricordato che l’accertamento aveva preso le mosse da un processo verbale di constatazione -a seguito di verifica bancariae che il contribuente non aveva offerto ‘adeguati elementi di prova riferibili alla circostanza che le somme versate erano state oggetto di contabilizzazione o che non rilevassero ai fini della determinazione del reddito imponibile in quanto esenti’ , si limita ad affermare che ‘dalla lettura della sentenza gravata emerge che il giudice di prime cure non ha fondato la propria sentenza ‘….su puntuali riscontri documentali…’ ed ha quindi ritenuto (erroneamente) di accogliere il ricorso -sul richiamato puntosulla base di mere presunzioni e semplici congetture inidonee a chiarire la provenienza della somma di euro 30.000,00 versata sul conto’ (l’interpunzione è fedelmente trascritta).
6.6 Ora, sebbene il presupposto dal quale muove la decisione sia quello dell’inversione dell’onere probatorio come configurato dall’art. 32, comma 1, n. 2) del d.P.R. 600/1973, nondimeno, a fronte della decisione del primo giudice -che, espressamente, ricostruisce i prelevamenti presso l’Hotel Casinò Perla a Nova Goritza ed i versamenti del 3 gennaio 20 11 a Gorizia, tutti successivi all’ultimo prelevamento, osservando che la conseguenzialità dei movimenti depone per l’estraneità delle
somme all’attività professionale, stante la non necessità di prelevare, nei giorni 1^ e 2 gennaio 2011, delle somme con carte di credito in Slovenia per l’importo di euro 21.500,00 ove fosse stato effettivamente in possesso della somma di euro 30.000,00, versata il 3 gennaio a Gorizia- la C.T.R. per smentirne il ragionamento si accontenta di affermare che si tratta ‘di mere presunzioni e semplici congetture’ omettendo qualsiasi l’analisi dei documenti prodotti. Ne risulta una motivazione monca, che non affronta affatto il tema della validità della controprova e che, pertanto, non consente di comprendere le ragioni della sua determinazione, in tal modo non consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (Sez. 6-5, 8 giugno 2022, n. 26477, supra citata).
6.7 Al contrario, il giudice di seconda cura, avrebbe dovuto verificare puntualmente le prove offerte e la conseguenzialità temporale dei prelievi dalle carte di credito e dei versamenti sul conto corrente, senza, tuttavia, necessariamente aderire a quanto ricostruito dal primo giudice. E ciò, perché il contenuto dell’onere probatorio da soddisfare è non solo quello della corrispondenza temporale di prelievi e versamenti -perché si può ben prelevare dalle carte di credito per giocare al Casinò ed essere parimenti in possesso di una cospicua somma in contanti derivante da proventi non dichiarati- ma anche quello relativo alla effettiva provenienza dalle vincite al gioco delle somme versate sul conto corrente in Italia. Si tratta di una prova che può certamente essere presuntiva, ma che deve essere data dal contribuente.
Il terzo motivo deve, pertanto, accolto, con assorbimento del quarto. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria della Sicilia, in diversa composizione,
cui è demandata anche la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024